10 minuti

Lessico della Vita Interiore XI : la Gioia

Le parole della spiritualità 11

Autore: Enzo Bianchi

Epilogo GIOIA : Credente nell’Evangelo, nella buona notizia, il cristiano risponde con la gioia all’eventodella salvezza portata da Gesù Cristo. La gioia è dunque coestensiva alla fede cristiana;non è una possibilità, ma una responsabilità del credente. Responsabilità che discendedall’evento pasquale con cui Dio ha resuscitato Gesù Cristo e dischiuso agli uomini lasperanza della resurrezione. Tutto il Vangelo è racchiuso fra l’annuncio della grandegioia della nascita del Salvatore a Betlemme (cfr. Luca 2,10-11) e la gioia esplosaall’alba del primo giorno dopo il sabato, il giorno della resurrezione (cfr. Matteo 28,8).Ma per comprendere cosa significhi che la vita cristiana è segnata dalla gioia occorreinterrogarsi sull’esperienza umana della gioia. Se anche non riusciamo a definirla inmodo esauriente, pure della gioia noi tutti abbiamo un’esperienza. È come un verticedell’esistenza, una sensazione di pienezza in cui la vita appare nella sua positività, comepiena di senso e meritevole di essere vissuta. Con Hans Georg Gadamer potremmocogliere la gioia come rivelazione: «La gioia non è semplicemente una condizione o unsentimento, ma una specie di manifestazione del mondo. La gioia è determinata dallascoperta di essere soddisfatti». Nell’esperienza della gioia la nostra quotidianità conosceuna sorta di trasfigurazione: il mondo si dona a noi e noi entriamo nella gioiosagratitudine: «Il solo rapporto della coscienza alla felicità è la gratitudine» (Th. W.Adorno). Si è grati di essere nella gioia. La gioia è esperienza di pienezza di senso cheapre il futuro dell’uomo consentendo la speranza. Essa connota un determinato rapportocon il tempo: vi può infatti essere una gioia dell’attesa (l’attesa dell’arrivo di unapersona cara, l’attesa di una nascita ecc.), una gioia per una presenza, e una gioia delricordo (o, se si vuole, il ricordo della gioia: la gioia vissuta nel passato viene ri-esperitanel ricordo e grazie ad esso). Questo è particolarmente evidente nella festa, che è lagioia di essere insieme: quando inizia e quando finisce la festa? Non è facile rispondereperché la festa esiste già nella gioia di chi l’attende e la prepara, ed esiste ancora nellagioia di chi la ricorda. Ma poi la gioia è connessa all’esperienza positiva dell’altro edell’incontro con l’altro. È significativa la formula di saluto di molte culture: il grecochaíre (lett. «rallégrati») è augurio di gioia nel momento dell’incontro con l’altro; maanche lo shalom ebraico (e termini affini in altre lingue semitiche) augura all’altro unasituazione in cui possa sperimentare la gioia. Insomma, possiamo dire che la gioia èesperienza che coinvolge la totalità dell’esistenza umana e che emerge con forza neimomenti dell’amore (le gioie dell’amicizia e dell’amore) e della convivialità (dove ilmangiare insieme è celebrazione per eccellenza della gioia di vivere e di vivereinsieme).Credo non sfugga a nessuno come queste dimensioni siano assunte e innestatein Cristo nell’eucaristia: è «con gioia» che il cristiano rende grazie («Ringraziate congioia il Padre», Colossesi 1,12) e l’eucaristia è gioia nella memoria dell’evento pasqualerivissuto nell’oggi e atteso nel suo compimento escatologico quando verrà il Signorenella gloria. Ed è gioia, espressa particolarmente dal «bacio santo», per la comunioneche la presenza del Cristo crea fra i credenti: «Vedersi insieme gli uni gli altriall’eucaristia è sorgente di una gioia traboccante» (Gerolamo). Questa gioia «in Cristo»è dunque una gioia umanissima, non dimentica delle dimensioni corporee e relazionalidella stessa, e così essa culmina nel pasto eucaristico, dove il simbolo conviviale sicarica, in Cristo, della dimensione di profezia del banchetto escatologico. Vi è infattiuna dimensione escatologica della gioia cristiana, che si evidenzia soprattutto come«gioia anche nelle tribolazioni» (2 Corinti 7,4; Colossesi 1,24), cioè come gioia che nonviene meno pur nelle situazioni di sofferenza e di contraddizione.Questo non significacerto dire che il cristiano non conosca più tristezze o dolori che escludonoassolutamente la compresenza della gioia. Ma significa che la gioia cristiana abita nelprofondo del credente e consiste nella sua vita nascosta con Dio. È la gioia indicibile egloriosa (1 Pietro 1,8-9) di chi ama Cristo e già vive con lui nel segreto della fede. È lagioia che nessuno può estirpare perché nessuno può impedire al cristiano di amare ilSignore e i fratelli anche in situazioni estreme: i martiri sono lì a ricordarcelo. È la gioiaa caro prezzo di chi assume la condizione di temporalità e mortalità e fa del suoineluttabile scendere verso la morte una salita al Padre, un cammino pieno di speranzaverso il Signore, verso l’incontro con Colui il cui volto tanto ha cercato nei giorni dellasua esistenza. Per questo la gioia nel Nuovo Testamento è un comando apostolico:«Rallegratevi senza posa nel Signore, lo ripeto, rallegratevi» (Filippesi 4,4): essa infattiè una dimensione di cui già si può fare esperienza, ma è anche gioia veniente alla qualeacconsentire, gioia piena nell’incontro definitivo, faccia a faccia con il Signore. Essendouna sua responsabilità, il cristiano deve esercitarsi alla gioia, da un lato per sconfiggerelo spiritus tristitiae che sempre lo minaccia, dall’altro perché non può privare il mondodella testimonianza della gioia sgorgata dalla fede. È la gioia dei credenti, infatti, chenarra al mondo la gloria di Dio! Questo, infatti, chiedono gli uomini: «Mostri il Signorela sua gloria: e voi credenti fateci vedere la vostra gioia!» (cfr. Isaia 66,5).

Link alla fonte »