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Libro della Vita - Capitolo 38

Autore: Santa Teresa d'Avila

CAPITOLO 38

In cui parla di alcune straordinarie grazie che il Signore le fece, sia per la rivelazione di qualche segreto del cielo, sia per altre grandi visioni e notizie di cui si degnò di favorirla. Parla degli effetti che le lasciavano e il grande vantaggio che ne traeva la sua anima.

1. Una notte, mentre stavo così male che volevo sottrarmi dal fare orazione, presi un rosario per pregare vocalmente, cercando di non raccogliermi col pensiero, anche se esteriormente lo ero, perché mi trovavo in un oratorio. Ma contro il volere di Dio ben poco giovano questi sforzi. Ben presto fui presa da un rapimento di spirito così violento che mi fu impossibile resistere. Mi parve di trovarmi in cielo; le prime persone che v’incontrai furono mio padre e mia madre, e vidi tali meraviglie – in così breve spazio di tempo come ce ne vuole per dire un’Ave Maria – che ne rimasi trasecolata, sembrandomi una grazia straordinaria. Quanto alla brevità del tempo, può darsi che sia stato anche più lungo, ma a me parve proprio brevissimo. Ebbi il timore che si trattasse di un inganno; sebbene non mi sembrasse tale, non sapevo che cosa fare, perché sentivo una gran vergogna di parlarne con il confessore, e non credo che fosse per umiltà, ma per il fatto che, probabilmente, si sarebbe burlato di me dicendo: «Ma vedi un po’ che san Paolo o che san Girolamo abbiamo qui, che riesce a vedere le cose del cielo!». Poiché solo questi gloriosi santi avevano avuto tali visioni, i miei timori crescevano e non facevo che piangere a dirotto, sembrandomi di non approdare a nulla. Infine, benché assai a malincuore, andai dal confessore al quale non osavo mai tacere alcuna cosa, nemmeno ciò che più mi costava dire, per il grande timore che avevo d’essere ingannata. Egli, vedendomi così travagliata, mi consolò molto e mi disse tante cose adatte a togliermi di pena.

2. Con l’andare del tempo, mi è accaduto, e talvolta mi accade ancora questo: il Signore mi scopre via via più grandi segreti; siccome non c’è nulla da fare per l’anima, se vuol vedere più di quello che egli le mostra, essendole impossibile, ogni volta io non vedevo più di quello che il Signore voleva farmi vedere. Era però tanto, che il meno di ciò che mostrava era sufficiente a lasciarmi sbigottita e ad avvantaggiarmi l’anima nel farle conoscere e disprezzare tutte le cose del mondo. Io vorrei poter dare un’idea del meno che vedevo, ma pensando come riuscirvi, trovo che è impossibile, perché solo la differenza tra la luce che vediamo qui e quella che appare lì, dove tutto è luce, non permette alcun confronto; di fronte ad essa perfino la luce del sole sembra molto offuscata. Insomma, neanche la più raffinata immaginazione riuscirà mai a descrivere non solo quella luce, ma neppure una delle grandi meraviglie che il Signore mi ha svelato, dandomi, insieme, una gioia così straordinaria che non si può esprimere, essendo tutti i sensi pervasi da un godimento di tale alto grado e di così gran dolcezza che non ci sono parole per dirlo; e, pertanto, è meglio non aggiungere altro.

3. Una volta rimasi più di un’ora in questo stato durante il quale mi sembrava che il Signore mi facesse vedere cose meravigliose, standomi molto vicino, finché mi disse: «Guarda, figlia mia, che cosa perdono coloro che mi sono nemici. Non tralasciare di farglielo sapere». Ahimè, Signor mio, quanto poco potranno giovare le mie parole a chi è reso cieco dalle sue azioni, se la Maestà vostra non gli dà luce! Alcune persone a cui l’avete data si sono certo migliorate per la conoscenza delle vostre grandezze, senonché le vedono, mio Signore, rivelate a un essere così miserabile e vile come son io, che mi pare già molto se vi sia stato qualcuno che mi abbia creduto. Siano benedetti il vostro nome e la vostra misericordia poiché io, per lo meno, ho riscontrato un evidente miglioramento spirituale. L’anima mia, dopo queste visioni, avrebbe voluto starsene sempre lassù, e non tornare più a vivere nel mondo di cui le era rimasto un gran disprezzo per tutto. Mi sembrava spazzatura, e capisco quanta bassezza sia da parte nostra fermarsi a occuparsene.

4. Una volta, mentre stavo con quella signora di cui ho parlato ed ero in preda a una crisi di cuore, perché, come ho detto, ho avuto forti attacchi di questo male, anche se ora non è più così, mi accadde che ella, caritatevole com’era, mi facesse tirar fuori gioielli d’oro e di pietre preziose – ne aveva di gran valore, specialmente uno di diamanti molto pregiati –, convinta, certo, di sollevarmi, mentre io tra me e me sorridevo di compassione nel vedere in che cosa gli uomini ripongono la loro stima, ricordando quello che il Signore ci tiene preparato, e pensavo che, malgrado ogni mio sforzo, non sarei mai riuscita a tenere quelle cose in qualche conto, a meno che il Signore non mi togliesse il ricordo di altre. Ciò conferisce all’anima una superiorità così grande che non credo possa esser compresa se non da chi la possiede: è un distacco totale e assoluto, che non comporta alcuno sforzo da parte nostra perché opera esclusiva di Dio, il quale fa vedere così al vivo queste verità che esse restano talmente impresse da rendere evidente che non avremmo potuto acquistarle da noi in quel modo e in così breve tempo.

5. Mi restò anche ben poco timore della morte, di cui sempre ho avuto molta paura; ora essa mi sembra cosa assai facile per chi serve Dio, perché in un attimo l’anima si vede libera da questo carcere e attinge il suo riposo. E mi pare che il volo dello spirito in cui Dio mostra tante meraviglie nei rapimenti di cui ho detto, sia molto simile a quando, uscita dal corpo, l’anima si vede in un attimo nel possesso di ogni bene. Lasciando da parte i dolori con cui si è strappati alla vita, perché non bisogna badarci, io credo che la morte di coloro i quali abbiano amato veramente Dio e abbiano rinunciato alle cose di quaggiù, debba essere molto dolce.

6. Quella visione mi aiutò anche molto, credo, a conoscere la nostra vera patria e a capire che qui noi siamo pellegrini. È una gran cosa vedere ciò che ci attende in cielo e sapere dove dovremo vivere. Come, quando ci si deve trasferire stabilmente in un altro paese, ci è di grande aiuto, per sopportare la fatica del viaggio, l’aver già visto che è un paese dove si può star assai confortevolmente, così è per l’anima alla quale, con questa visione, riesce facile considerare le cose del cielo e procurare di stabilire lì la sua conversazione. Questo è di gran profitto perché solo la vista del cielo induce l’anima al raccoglimento; avendo, infatti, il Signore voluto mostrarci qualcosa di quel che vi è lassù, mi viene fatto di pensare – e mi accade spesso – che coloro nei quali trovo compagnia e conforto siano quelli di lassù, i soli a sembrarmi veramente vivi, mentre questi di quaggiù mi paiono così morti che nessuno potrebbe farmi compagnia, specialmente quando sono presa da quegli slanci d’amore.

7. Tutto ciò che vedo con gli occhi del corpo mi appare sogno e finzione; non desidero se non quello che ormai ho visto con gli occhi dell’anima e, sentendomene ancora lontana, questo, per me, equivale a morire. Infine, è enorme la grazia che il Signore fa dando simili visioni, perché sono di grande aiuto all’anima anche per portare la pesante croce della vita, ove nulla la soddisfa, tutto la disgusta. E se il Signore non volesse, a volte, cancellarle dalla memoria quanto ha visto, benché poi torni a ricordarsene, non so come resisterebbe a vivere. Sia egli sempre benedetto e lodato! Piaccia a Sua Maestà, per il sangue versato da suo Figlio per me, che, avendomi voluto far intendere qualcosa di beni così eccelsi, io possa cominciare in qualche modo a goderne e non mi accada quanto avvenne a Lucifero che, per colpa sua, perse tutto. Non lo permetta, essendo quello che egli è, perché a volte io lo temo molto, anche se, d’altra parte, mi sento quasi sempre sicura della misericordia di Dio che, avendomi liberata da tanti peccati, non vorrà ritirare da me la sua mano, perché io abbia a perdermi. Io supplico la signoria vostra, padre, di chiedere sempre questo al Signore per me.

8. Ma tutte le suddette grazie non sono così grandi, a mio parere, come quella di cui parlerò, per molti motivi, specialmente per i molti beni che io ne trassi e la grande forza di cui l’anima restò corroborata, sebbene, anche considerato a sé, ognuno di questi vantaggi sia così grande che non si possono stabilire confronti.

9. Una vigilia della Pentecoste, dopo la Messa, me ne andai in un luogo molto appartato, dove spesso mi ritiravo a pregare e mi misi a leggere nel Cartusiano ciò che riguardava questa festa. Leggendo i segni dai quali gli incipienti, i proficienti e i perfetti possono capire se lo Spirito santo è in loro, considerati questi tre stati, mi parve – a quanto potevo giudicare – che, per la bontà di Dio, tale spirito fosse anche in me. Ne ringraziai il Signore e mi ricordai di aver letto lo stesso passo altre volte, quando ero del tutto priva di quei segni: ciò mi appariva così chiaramente come ora vedevo l’opposto in me; pertanto, riconobbi l’importanza della grazia concessami dal Signore e, considerando il luogo che mi ero meritata nell’inferno per i miei peccati, rendevo grandi lodi a Dio per il cambiamento operatosi nella mia anima, tale che mi sembrava di non riconoscermi. Mentre facevo queste considerazioni fui presa da un gran rapimento, senza che ne capissi il motivo; pareva che l’anima volesse uscirsene dal corpo, incapace di contenersi in sé e di attendere oltre un tanto bene. Era un trasporto così impetuoso e, a mio giudizio, così diverso da quello avuto altre volte, che non potevo dominarmi. Non capivo cosa avesse né cosa volesse la mia anima per essere così turbata. Cercai un appoggio, non potendo reggermi neppure seduta perché mi veniva meno ogni forza fisica.

10. In questo stato, vidi sulla mia testa una colomba molto diversa dalle nostre perché non aveva penne, come queste, e le sue ali erano fatte di piccole conchiglie che emanavano un grande splendore. Era più grande delle solite colombe e mi pareva di udirne il frullo delle ali. Avrà volato per lo spazio di un’Ave Maria, ma l’anima nello stato in cui era, fuori di se stessa, la perse di vista; il mio spirito, in compagnia di un così gradito ospite, si rasserenò, mentre, a mio parere, una grazia così sublime avrebbe dovuto turbarlo e sbigottirlo; ma appena cominciai a godere di quell’apparizione, scomparve ogni timore, venne, col godimento, la pace, e io rimasi in estasi.

11. La gioia di questo rapimento fu grandissima. Passai la maggior parte di quella festa così sbalordita e istupidita, da non sapere che cosa facessi né come avessi potuto essere oggetto di un favore e di una grazia così eccelsi. Dalla grande gioia mi pareva di non udire né vedere nulla. Mi accorsi di aver fatto, da quel giorno, un enorme progresso per un più elevato amor di Dio e per l’aumento di forza nelle virtù. Sia egli benedetto e lodato per sempre! Amen.

12. Un’altra volta vidi la stessa colomba sulla testa di un padre dell’Ordine di san Domenico, salvo che mi sembrò che i raggi e lo stesso splendore delle ali si estendessero molto di più; intesi con ciò che egli avrebbe condotto molte anime a Dio.

13. Un’altra volta vidi nostra Signora che poneva un manto bianchissimo indosso al Presentato di questo stesso Ordine, di cui ho parlato qualche volta. Mi disse che, per il servizio che le aveva reso nell’aiutare la fondazione di questo monastero, gli dava quel manto come segno che ella avrebbe sempre vegliato, d’allora in poi, sulla purezza dell’anima sua, evitandogli di cadere in peccato mortale. Sono sicura che è stato così perché di lì a pochi anni morì, e furono tali sia la sua vita, tutta intessuta di penitenza, sia la sua morte, tutta improntata a santità, che non c’è da averne alcun dubbio. Un frate che aveva assistito alla sua morte mi disse che, prima di spirare, gli aveva detto che san Tommaso gli stava vicino. Morì pieno di gioia e del desiderio di abbandonare questo esilio. In seguito mi è apparso qualche volta, circonfuso di gloria, e mi ha detto alcune cose. Era così dedito all’orazione che alla fine della sua vita, pur volendo evitarla a causa della grande debolezza, non vi riusciva, perché soggetto di continuo ai rapimenti. Mi scrisse poco prima di morire chiedendomi a quale mezzo avrebbe potuto far ricorso, perché appena finiva di celebrare la Messa, restava a lungo in estasi, senza poterlo evitare. Infine, Dio gli diede il premio per il molto che lo aveva servito in tutta la sua vita.

14. Ho visto anche alcune delle grandi grazie elargite dal Signore al rettore della Compagnia di Gesù di cui talvolta ho fatto menzione, ma non voglio qui parlarne per non dilungarmi troppo. Una volta ebbe a soffrire una grande pena per una spietata persecuzione che gli procurò una profonda afflizione. Mentre, un giorno, ascoltavo la Messa, nel momento dell’elevazione vidi Cristo in croce: m’incaricò di riferirgli alcune sue parole di conforto, con altre intese a prevenirlo di ciò che sarebbe accaduto, ricordargli quello che egli aveva patito per lui e prepararlo a soffrire ancora. Ne ebbe gran conforto e coraggio, ed è poi tutto avvenuto come il Signore mi aveva detto.

15. Grandi cose ho visto, inoltre, circa tutto l’Ordine di questo padre, che è quello della Compagnia di Gesù: ne ho visto a volte i religiosi in cielo con in mano bianche bandiere e, ripeto, ho visto altre cose ancora, degne di molta ammirazione; pertanto nutro una grande venerazione per quest’Ordine, avendo trattato molto con i suoi membri, la cui vita è apparsa conforme a quanto su di essi Dio mi ha fatto capire.

16. Una sera, mentre ero in orazione, il Signore cominciò a dirmi alcune parole che mi fecero tornare in mente quanto la mia vita fosse stata cattiva e mi riempirono di confusione e di dolore perché, anche se non pronunciate con rigore, producono un tale sentimento di pena da far morire. Serve di più, per conoscere la nostra miseria, una sola di queste parole che più giorni passati a considerarla in continuazione, perché in esse è scolpita una innegabile verità. Mi ricordò, dunque, le affezioni e la vanità che avevo avuto e mi disse che dovevo apprezzare molto che egli mi permettesse di concedere a lui il mio affetto, dopo averlo così male impiegato, e che si degnasse di accettarlo. Altre volte mi disse di ricordarmi del tempo in cui sembrava che io avessi per onore andare contro il suo; altre, di ricordarmi ciò che gli dovevo, avendomi egli fatto maggiori grazie proprio mentre io più l’offendevo. Quando commetto qualche mancanza, e non sono mai poche, Sua Maestà me le fa vedere in modo tale che mi sento annientare e, poiché ne ho sempre molte, ciò avviene di frequente. Mi accadeva a volte, dopo aver ricevuto un rimprovero dal confessore, di voler trovare conforto nell’orazione e di sentirmi lì rimproverare davvero.

17. Tornando, dunque, a quello che dicevo, quando il Signore cominciò a ricordarmi la mia misera vita, pur mettendomi a piangere, siccome allora – a quanto mi pareva – non avevo commesso nulla di male, pensai che mi volesse fare qualche grazia, perché di solito, prima che io riceva qualche grande favore dal Signore, egli mi umilia profondamente per farmi vedere più chiaramente quanto sia indegna di meritarlo. Pensavo, dunque, che così facesse. Di lì a poco, infatti, il mio spirito fu preso da un tale rapimento che mi parve quasi d’essere uscita dal corpo, per lo meno non mi rendevo conto di vivere in esso. Vidi l’umanità sacratissima di Cristo in così smisurata gloria come non mai. Mi si offrì alla vista in modo chiaro e ammirabile nel seno del Padre: non saprei, però, dire in che forma, perché mi parve di essere in presenza della divinità senza vedere nulla. Rimasi così stupita e fuori di me, che credo di aver passato vari giorni senza poter rinvenire. Mi sembrava d’aver sempre presente quella maestà del Figlio di Dio, quantunque non nella forma di allora. Questo lo capivo bene, ma tale vista resta così impressa nell’immaginazione che – per quanto sia trascorsa rapidamente – non si può dimenticarla per qualche tempo, ed è di grande conforto e anche profitto.

18. Ho avuto questa stessa visione altre tre volte. A mio giudizio, è la più elevata di quante il Signore me ne abbia concesse e produce effetti straordinari. Sembra che purifichi l’anima in modo sorprendente e che tolga quasi ogni forza alla nostra sensualità. È una grande fiamma che sembra bruciare e distruggere tutti i desideri della vita. Sebbene, grazie a Dio, io non li avessi ormai rivolti a cose vane, tuttavia mi fu ben chiaro come tutto quaggiù è vanità e quale vanità delle vanità siano gli imperi del mondo. È un grande insegnamento per elevare i desideri alla pura verità. Resta il suggello di una devozione che io non so spiegare, ma che è molto diversa da quella che possiamo qui procurarci da noi. L’anima prova terrore nel pensare come abbia osato e come qualcuno possa osare di offendere una maestà così grande.

19. Ho già parlato altre volte degli effetti di queste visioni e cose simili, ma, come ho detto, i vantaggi sono più o meno grandi; quelli di quest’ultima, peraltro, sono grandissimi. Quando andavo a comunicarmi e mi ricordavo della imponente maestà che avevo visto, pensando che quella stessa cosa era nel santissimo Sacramento, e spesso il Signore me la faceva vedere nell’ostia, i capelli mi si rizzavano in testa e mi sentivo annientare. Oh, Signor mio, se voi non velaste la vostra grandezza, chi oserebbe venire a voi tante volte per unire con la vostra immensa Maestà un’anima così piena di sozzure e di miserie? Siate benedetto, Signore! Vi lodino gli angeli e tutte le creature per aver commisurato tutto alla nostra debolezza, in modo che, godendo di così sovrane grazie, non ci atterrisca la vostra gran potenza, tanto da non farci osare di goderne, deboli e misere creature come siamo.

20. Ci sarebbe potuto accadere come a quel contadino la cui avventura sono certa che andò così: aveva trovato un tesoro che superava di molto i suoi modesti desideri. Vedendosene in possesso, fu preso da una tale malinconia che a poco a poco venne a morire, unicamente di tristezza e della preoccupazione di non sapere che farne. Se non l’avesse trovato d’un colpo, ma glielo avessero dato poco per volta, sostenendolo con esso, sarebbe stato più felice di quando era povero e non gli sarebbe costato la vita.

21. Oh, ricchezza dei poveri, come mirabilmente sapete sostentare le anime a cui, senza che vedano d’un colpo così grandi ricchezze, le andate mostrando a poco a poco! Io, nel contemplare una così grande maestà celata in così piccola cosa come è un’ostia, non posso fare a meno di ammirare la vostra grande sapienza. Non so come il Signore mi dia forza e coraggio per avvicinarmi a lui; se egli, che mi ha fatto e mi fa così straordinarie grazie, non me li desse, non mi sarebbe possibile dominarmi e rinunziare a proclamare a gran voce così grandi meraviglie. Cosa non deve, dunque, provare una miserabile come me, carica di abominazioni, che ha speso la sua vita avendo così poco timore di Dio, nell’avvicinarsi a questo Signore di così grande maestà, quando vuole che la mia anima lo veda? Come può accostare la sua bocca che ha proferito tante parole contro di lui a quel corpo gloriosissimo pieno di purezza e di misericordia? L’anima che non lo ha servito prova più rammarico e afflizione per l’amore che manifesta quel volto di tanta bellezza con quella sua espressione tenera e dolce, di quanto non provi timore per la maestà che in lui vede. Che cosa, allora, avrò provato io che ho visto due volte ciò che dirò?

22. Certo, mio Signore e gloria mia, starei quasi per dire che, in qualche modo, in queste grandi afflizioni della mia anima ho fatto qualcosa in vostro servizio. Ahimè! Non so cosa dico, quando scrivo queste cose e mi sembra, quasi, di non esser io a parlare, perché, richiamandole alla memoria, mi sento turbata e quasi fuori di me; ma, poiché non possiamo avere neppure un pensiero buono se voi non ce lo date, non c’è motivo per alcuna gratitudine; io sono la debitrice, Signore, e voi l’offeso.

23. Un giorno, mentre andavo a comunicarmi, vidi con gli occhi dell’anima, più chiaramente che con quelli del corpo, due demoni, di un aspetto abominevole. Mi pareva che le corna cingessero la gola del povero sacerdote e vidi il mio Signore con la maestà che ho detto, fra quelle mani, nell’ostia che egli si preparava a darmi, segno evidente che erano mani di uno che lo offendeva: capii che quell’anima si trovava in peccato mortale. Come poter dire, Signor mio, l’orrore di vedere la vostra bellezza in mezzo a così abominevoli figure? I demoni stavano innanzi a voi come sbigottiti e tremanti ed era evidente che sarebbero fuggiti volentieri, se voi li aveste lasciati andar via. Ne ebbi tale turbamento che non so come potei comunicarmi e rimasi in gran timore ritenendo che, se si trattava di una visione proveniente da Dio, egli non avrebbe permesso che io vedessi lo stato peccaminoso di quell’anima. Ma il Signore stesso mi disse di pregare per lui, aggiungendo che l’aveva permesso per farmi conoscere il valore delle parole della consacrazione, in virtù delle quali Dio è lì presente, per quanto possa essere indegno il sacerdote che le pronuncia e per mostrarmi la sua grande bontà nel porsi fra le mani di un suo nemico, pur di operare il mio bene e quello di tutti. Mi resi conto allora di quanto i sacerdoti siano obbligati più degli altri ad essere virtuosi, di come sia atroce ricevere indegnamente questo santissimo Sacramento e di quanto potere abbia il demonio su un’anima in peccato mortale. Ne trassi gran vantaggio e più chiara conoscenza di ciò che dovevo a Dio. Sia egli benedetto per sempre!

24.Un’altra volta mi accadde una cosa analoga che mi spaventò moltissimo. Mi trovavo in un luogo dov’era morta una certa persona che, a quanto seppi, era vissuta assai male e per molti anni; ma negli ultimi due anni era stata inferma e in alcune cose sembrava si fosse emendata. Morì senza confessarsi; ciò nonostante, mi pareva che non avrebbe dovuto dannarsi. Senonché, mentre ne vestivano e avvolgevano la salma nel lenzuolo funebre, vidi una quantità di demoni che prendevano quel corpo come se volessero giocarci, ma anche farne giustizia, perché con grossi arpioni se lo passavano l’un l’altro, il che fu causa di un grande spavento. E, vedendolo portare alla sepoltura con gli onori e le cerimonie d’uso per tutti, pensavo alla bontà di Dio che, non volendo che quell’anima fosse infamata, faceva rimanere occulto il fatto che gli era stata nemica.

25. Ero quasi inebetita per quello che avevo visto. Durante tutto l’Ufficio non notai alcun demonio, ma quando il corpo fu calato nel sepolcro, era tale il numero di quelli che stavano già dentro per prenderlo, che io rimasi come fuori di me di fronte a tale spettacolo e mi ci volle non poco coraggio per dissimulare il mio turbamento. Mi chiedevo che cosa avrebbero fatto di quell’anima, se s’impadronivano in quel modo del suo misero corpo. Piacesse al Signore che questo che io vidi – spettacolo davvero spaventoso – potessero vederlo tutti coloro che si trovano in peccato mortale, perché mi pare che sarebbe assai efficace per indurli a vivere come si deve. Tutto ciò mi ha fatto conoscere meglio quanto debba a Dio e da quali mali egli mi abbia liberata. Finché non ne parlai con il mio confessore mi rimase una gran paura, nel dubbio che fosse un inganno del demonio per infamare quell’anima, benché non fosse proprio in fama di santità; è certo che, quando me ne ricordo, inganno o no, mi si rinnova la paura.

26. Giacché ho cominciato a parlare di visioni di morti, voglio dire alcune cose che il Signore si è compiaciuto di farmi conoscere a proposito di qualche anima. Ne dirò poche, per essere breve, e perché non le ritengo necessarie, cioè di alcun profitto. Mi annunciarono che era morto un religioso nostro ex provinciale, che al momento del decesso lo era di un’altra provincia, col quale io avevo avuto rapporti e a cui ero debitrice di alcuni buoni servigi. Era un uomo pieno di virtù, ma non appena seppi della sua morte, rimasi molto turbata, temendo della sua salvezza, perché era stato superiore per vent’anni, il che mi è sempre causa di gran timore, sembrandomi assai pericoloso aver la direzione delle anime. Pertanto, in grande agitazione, mi recai in un oratorio, ove offrii in suo suffragio tutto il bene che avevo fatto nella mia vita, ed essendo ben poca cosa, supplicai il Signore di supplire con i suoi meriti a ciò di cui aveva bisogno quell’anima per uscire dal purgatorio.

27. Mentre stavo chiedendo questo al Signore con tutto il fervore possibile, mi sembrò di vederlo uscire dalla terra, alla mia destra, e salire al cielo con indicibile letizia. Egli era ormai molto vecchio, ma io lo vidi dell’età di circa trent’anni, e forse anche meno, con un grande splendore nel viso. Questa visione scomparve presto; ne rimasi, però, così confortata, che la sua morte non poté più darmi pena, malgrado vedessi molte persone assai afflitte per lui, che era molto amato. Era così grande la consolazione della mia anima, che non me n’importava più nulla, né era possibile dubitare che la visione fosse buona, voglio dire che non fosse un’illusione. Non erano passati più di quindici giorni dalla sua morte; tuttavia, non trascurai di raccomandare che si pregasse per lui, e lo feci anch’io, salvo che non potevo farlo con quell’impegno che ci avrei messo se non avessi avuto quella visione. Quando, infatti, il Signore mi mostra l’ascesa al cielo di un’anima, e poi voglio raccomandargliela, non posso fare a meno di pensare che è come fare elemosina a un ricco. Seppi in seguito – perché morì assai lontano da qui – quale morte Dio gli aveva concesso. Fu di così grande edificazione che lasciò tutti pieni di meraviglia, così per la lucidità di mente come per le lacrime e l’umiltà con cui era spirato.

28. Era morta in questa casa da poco più di un giorno e mezzo una monaca che era una gran serva di Dio. Mentre una religiosa stava leggendo una lezione dell’Ufficio dei defunti che si recitava nel coro per lei, io stavo in piedi, per aiutarla a dire il responsorio. A metà della lezione la vidi e mi parve che la sua anima uscisse dalla stessa parte della precedente visione e se ne andasse in cielo. Questa non fu una visione immaginaria, come la prima; fu come le altre di cui ho parlato, ma sono tutte visioni che non lasciano dubbi.

29. Sempre in questa mia stessa casa morì un’altra monaca, di circa diciotto o vent’anni. Era stata sempre ammalata, ma, ciò nonostante, gran serva di Dio, sempre assidua al coro e molto virtuosa. Pensai che, certamente, non sarebbe passata per il purgatorio, avendo sofferto tante malattie da avere molti meriti perché le fosse risparmiato. Infatti, circa quattro ore dopo la sua morte, mentre si recitavano le Ore prima di seppellirla, la vidi uscire dal medesimo luogo e andarsene in cielo.

30. Un giorno, mentre ero in un collegio della Compagnia di Gesù, in preda a quelle grandi sofferenze di anima e di corpo che qualche volta, come ho detto, avevo e tuttora ho, mi sentivo talmente affranta da essere incapace – a quanto ricordo – anche di concepire un buon pensiero. La notte stessa era morto in quella casa un fratello della Compagnia: mentre lo raccomandavo a Dio come potevo e ascoltavo la Messa che un altro padre gesuita celebrava in suo suffragio, caddi in un profondo raccoglimento e lo vidi salire in cielo con molta gloria, accompagnato dal Signore. Capii che egli lo accompagnava per un particolare favore.

31. Era molto ammalato anche un religioso del nostro Ordine, di straordinaria virtù: mentre ascoltavo la Messa, entrai in raccoglimento e vidi che era morto e che saliva al cielo senza passare per il purgatorio. A quanto seppi dopo, era morto nella stessa ora in cui l’avevo visto. Mi stupii del fatto che non fosse passato per il purgatorio; ma mi fu detto che, essendo stato un religioso fedelmente rispettoso della sua Regola, le Bolle dell’Ordine gli erano state utili a renderlo esente dal purgatorio. Non so perché mi fu rivelato questo, ma credo perché capissi che l’abito non fa il monaco; voglio dire che non basta portare l’abito religioso per godere dei benefici di questo stato di maggior perfezione che è la vita monastica.

32. Non voglio parlar oltre di queste cose perché, come ho detto, non c’è motivo di farlo, anche se sono molte le visioni di cui il Signore mi ha fatto la grazia. Ma in tutte quelle che ho avuto non ho mai visto nessun’anima che abbia evitato di entrare nel purgatorio, tranne quella del padre anzidetto, quella del santo fra Pietro d’Alcántara e quella del padre domenicano di cui ho parlato. Di alcuni il Signore si è compiaciuto di farmi vedere il grado di gloria che hanno e il posto che occupano in cielo, e grande è la differenza che c’è tra gli uni e gli altri.