L’importante è che non si veda! Perché mettiamo sotto al tappeto la polvere delle divergenze
Meditazione per la Sesta domenica di Pasqua (anno C)
Autore: Gaetano Piccolo
«E davvero lo Spirito Santo, rendendo testimonianza a Cristo e rendendo straordinariamente forti i suoi testimoni
liberò gli amici di Cristo da ogni timore e tramutò in amore
l’odio dei nemici».
Sant’Agostino, Omelia 92,2
Autentiche divergenze o falsa armonia?
Dobbiamo temere non davanti a quei contesti in cui emergono divergenze e punti di vista differenti, ma laddove tutto sembra in armonia. Quando non emergono opinioni differenti, suggerimenti o critiche, vuol dire che siamo davanti a una forzatura innaturale che deve destare sospetti. Sappiamo bene che sia in ambito politico che in quello ecclesiale, i problemi sono emersi proprio in quei contesti in cui tutto sembrava uniforme e omogeneo.
Le letture di questa domenica sembrano invece suggerire che l’azione stesso dello Spirito si esprime laddove diamo la possibilità al confronto e al dialogo. In genere chi detiene il potere cerca invece di mettere a tacere le voci di dissenso, nascondendole sotto la coltre di un apparente consenso. È preoccupante persino quando nell’opinione pubblica non viene dato spazio a prospettive diverse che, giuste o sbagliate, aiutano a metterci in discussione e a rendere, eventualmente, più solide e convincenti le nostre posizioni.
Visioni differenti
Le divergenze sono state una tappa fondamentale nella prima comunità cristiana. Proprio attraverso la discussione, talvolta anche accesa, e il confronto, è stato possibile discernere le spinte dello Spirito Santo. Nella comunità di Antiochia (cf At 14) era avvenuta chiaramente una spaccatura, non su cose secondarie, ma su questioni fondamentali, si trattava infatti di capire come compiere la volontà di Dio, sembrava infatti che la grazia ricevuta nella morte e risurrezione di Gesù togliesse valore alla legge di Mosè.
Si scontrano fondamentalmente due visioni, quella dei cristiani giunti nella Chiesa dal mondo pagano e il gruppo di coloro che provengono invece dal giudaismo e che sono quindi legati a una tradizione precedente. Per affermare la propria posizione, qualcuno si è incaricato di diffondere delle indicazioni senza avere però alcun incarico ufficiale. Il rischio è che si generi nella Chiesa una grande confusione, dove però il vero problema non è tanto quello di una certa arbitrarietà nei comportamenti, quanto il fatto di non capire che cosa vuole veramente il Signore. Occorre perciò creare un spazio per ascoltare insieme lo Spirito, che parla proprio attraverso il confronto e il dialogo.
Strategie
Si arriva così a quello che viene chiamato il Concilio di Gerusalemme (cf At 15), dove vengono mandati non solo Paolo e Barnaba, ma anche altre persone che sono ritenute affidabili per un compito simile. Paolo e Barnaba restano sicuramente dei punti di riferimento, ma la discussione non viene limitata al loro contributo. Ciò non vuol dire sminuire il loro servizio, tant’è che viene detto espressamente che essi hanno consegnato la loro vita (Cf At 15,26), usando quindi un verbo, paradidomi, molto significativo in questo contesto e che richiama la consegna che Gesù stesso ha fatto della sua vita.
Paolo e Barnaba, pur potendo recarsi a Gerusalemme via mare, utilizzando una modalità più veloce, decidono di intraprendere il viaggio a piedi, attraversando le catene montuose, probabilmente per incontrare le altre comunità cristiane disseminate lungo la strada. La loro strategia è quella di raccontare la bella accoglienza ricevuta dai pagani, suscitando con il loro racconto la gioia negli ascoltatori. Paolo e Barnaba forse hanno intuito che la condivisione della gioia per l’opera di Dio è molto più incisiva, soprattutto tra la gente semplice, rispetto a complessi ragionamenti teologici, che Paolo sarebbe stato sicuramente capace di fare.
Una comunità che si mette in gioco
Gerusalemme diventa così il luogo dove può risuonare il salmo 66 che ascoltiamo in questa domenica: «Gioiscano le nazioni e si rallegrino, perché tu giudichi i popoli con rettitudine». È bello perciò ascoltare come seconda lettura il passo del libro dell’Apocalisse in cui Gerusalemme è cantata come la città in cui il Tempio è il Signore Dio stesso, l’Onnipotente e l’Agnello (Ap. 21,22).
Ogni Concilio, non solo quelli ufficiali, ma ogni luogo in cui cerchiamo di ascoltare la voce dello Spirito Santo diventa spazio in cui lasciamo a Dio la parola. Al contrario, di solito, quando proviamo a confrontarci con le opinioni degli altri, ci ritroviamo per lo più davanti alla strenua difesa delle proprie posizioni, a un dialogo finto, dove tutto è in realtà già deciso, e talvolta persino al disprezzo e all’ostracismo preventivo verso le posizioni degli altri.
La lettura di questo passo degli Atti degli Apostoli ci fa però anche riflettere sul fatto che proprio quella comunità di Gerusalemme che si è aperta al confronto con posizioni differenti, è stata poi la comunità emarginata e messa da parte, vivendo così fino in fondo il messaggio di Cristo.
La pace oltre le divergenze
Il modo in cui gestiamo le divergenze permette anche di raggiungere una pace autentica o falsa. Nella parte del lungo discorso di addio che Gesù rivolge ai discepoli e che ascoltiamo in questa domenica, ci rendiamo conto, come sarà poi più chiaro nelle apparizioni del Risorto, che il dono di Dio è la pace vera, non una pace preconfezionata, ma quella che emerge dalle divergenze affrontate in maniera onesta, accettando le sfide come occasione per ascoltare quello che lo Spirito vuole suggerire.
L’esperienza della prima comunità cristiana ha mostrato che per arrivare alla pace è stato necessario che ciascuno facesse un passo indietro, lasciando un po’ di spazio non solo all’altro, ma a Dio stesso, affinché potesse far sentire la sua voce. Dal racconto degli Atti degli Apostoli è evidente infatti che la prima comunità cristiana è convinta dell’azione dello Spirito: «È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi…» (At 15,28). Lo Spirito opera, agisce, parla e per questo è possibile discernere, cioè riconoscere la direzione che Dio ci sta indicando per il nostro bene.
Divisione o crescita?
La prima comunità cristiana ha dato credito alla Parola di Gesù, per questo lascia parlare il Paraclito, l’avvocato difensore, che prende posizione per noi, davanti all’Accusatore, colui che vuole dividere, colui che prova a usare le divergenze per spezzare, per irrigidire le posizioni, per umiliare.
Questo allora dobbiamo tenere bene in mente: le divergenze possono essere lo spazio che offriamo al Nemico per distruggerci oppure il luogo del confronto, in cui alla fine quello che emerge dal dialogo non è più la mia posizione o la tua, ma la voce di un Terzo, al quale abbiamo dato la possibilità di parlare.
Leggersi dentro
Come affronti le divergenze: cercando di coprire, provando a discernere o accentuando le divisioni?
Sei disposto a fare un passo indietro per lasciar emergere la voce dello Spirito?