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Lodi della Vergine Madre - Omelia II

Autore: San Bernardo di Chiaravalle

OMELIA II

1. Non v’è dubbio che la Regina delle Vergini canterà con le altre, anzi, prima tra le altre Vergini, quel canto nuovo che è ad esse sole riservato nel Regno di Dio. Ma oltre quel cantico che le sarà comune con tutte e sole le vergini, penso che essa rallegrerà la città di Dio con un carme più dolce ed elegante, di cui nessun’altra delle vergini sarà in grado di esprimere e far risuonare le dolci melodie, perché riservato a lei sola, la vergine madre, e madre di un Dio. Ho detto che Maria è degna di lode non semplicemente perché è madre, ma per il Figlio che essa ha generato. È infatti Madre di Dio, e Dio, volendo glorificare singolarmente la sua Madre nei Cieli, ebbe cura di prevenirla in terra con una grazia singolare, in modo che concepisse in modo ineffabile, rimanendo intatta, e partorisse senza pregiudizio della sua integrità. Un tale parto conveniva alla Vergine, e Figlio della Vergine non poteva che essere Dio. Perciò il Creatore degli uomini, dovendo nascere da una creatura umana per farsi uomo, dovette scegliersi fra tutte, o piuttosto formarsi una tale madre che fosse degna di lui e a lui gradita. Volle pertanto fosse vergine e immacolata colei da cui egli doveva nascere immacolato per lavare le macchie di tutti: volle anche che fosse umile la madre che avrebbe generato lui, mite e umile di cuore, dando a tutti un necessario e salutarissimo esempio di queste virtù. Diede dunque alla Vergine la maternità dopo averle prima ispirato il voto di verginità e averla decorata con il merito dell’umiltà. Diversamente come avrebbe potuto nel seguito l’Angelo chiamarla piena di grazia, se vi fosse stato in lei qualcosa, anche minima, che non fosse dalla grazia?

2. Ricevette dunque Maria il dono della verginità perché fosse santa di corpo, lei che avrebbe concepito e partorito il Santo dei Santi; e ricevette il dono dell’umiltà per essere santa anche nella mente (spirito). Adorna di queste virtù come di gemme, e splendente di bellezza nel corpo e nello spirito, questa vergine regale, ammirata dai celesti comprensori per la sua bellezza e la sua grazia, ha attirato su di sé gli sguardi dei cittadini del cielo, sicché fu preso d’amore per lei il cuore del Re, che le mandò il celeste messaggero.
Questo è quello che l’Evangelista vuole dirci quando parla di un Angelo mandato da Dio alla Vergine. Da Dio, dice, ad una Vergine, vale a dire dall’eccelso ad un’umile fanciulla, dal Signore alla serva, dal Creatore ad una creatura. Quanta degnazione da parte di Dio! Quanta grandezza nella Vergine! Correte, madri, correte figlie, correte tutte voi che dopo di Eva e pr colpa di Eva siete partorite e partorite nella tristezza. Avvicinatevi al talamo verginale, entrate, se potete, nella camera avvolta di pudore della vostra sorella. Ecco, Dio manda un messaggio alla Vergine, ecco, l’Angelo parla a Maria. Accostate l’orecchio alla parete, e ascoltate quello che le annunzia, forse porterà consolazione anche a voi.

3. Rallegrati, padre Adamo, ma soprattutto tu, o madre Eva, esulta, voi che foste i progenitori di tutti gli uomini, ma ne foste pure uccisori, e, cosa più triste, prima uccisori che progenitori. Consolatevi entrambi per questa figlia, e per tale figlia; ma Eva maggiormente, che fu la prima causa del male, e ne trasfuse l’obbrobrio in tutte le donne. Sta per venire il tempo in cui tale obbrobrio sarà tolto, e l’uomo non avrà più motivo di lamentarsi della donna; cercando infatti imprudentemente di scusare se stesso, non aveva esitato ad accusarla crudelmente dicendo: La donna che hai dato, mi ha offerto di quelfrutto, e io ne ho mangiato (Gen 3, 12). Perciò corri, o Eva, da Maria, corri, madre dalla figlia; risponda la figlia per la madre, essa tolga la vergogna della madre, essa sia soddisfazione al padre per la madre, perché ecco, se l’uomo è caduto per causa della donna, d’ora in poi non si rialzerà se non per merito di una donna.
Che cosa dicevi Adamo? La donna che mi hai dato, mi ha offerto di quelfrutto, e io ne ho mangiato. Son queste parole piene di malizia che aumentano, più che togliere, la colpa. Tuttavia la Sapienza vinse la malizia quando Dio trovò nel tesoro inesauribile della sua pietà quell’occasione di perdono che aveva inutilmente tentato di far nascere da te quando ti interrogò. Ecco, ti viene data una donna in cambio di un’altra donna, una donna prudente invece di quella sciocca, umile, al posto di quella superba, la quale ti porge, in cambio del frutto della morte, il sapore della vita, e invece dell’amarezza di un cibo velenoso ti procura la dolcezza di un frutto. Cambia pertanto le tue parole di scusa iniqua in parole di ringraziamento, dicendo: «Signore, la donna che mi hai dato mi ha offerto il frutto della vita, e io ne ho mangiato, e divenne nella mia bocca più dolce del miele, perché per esso mi hai ridato la vita». Ecco, per questo fu mandato l’Angelo alla Vergine. O Vergine mirabile e degnissima di ogni onore! O donna sopra ogni altra veneranda e meravigliosa, che ha riparato il male dei progenitori e ridato la vita ai loro discendenti!

4. Fu mandato, è detto, l’Angelo ad una Vergine: vergine di corpo, vergine di mente, vergine di condotta, vergine insomma, quale la descrive l’Apostolo, santa nel corpo e nello spirito; e non la prima venuta o trovata per caso, ma scelta da secoli, predestinata dall’Altissimo e da lui preparata per sé, custodita dagli Angeli, predetta dai Padri, promessa dai Profeti. Scruta le S. Scritture, e vedi se è vero quello che dico. Vuoi che anch’io ne riporti qualche testimonianza? Per citarne alcune poche tra tante, non ti sembra che parli di questa vergine quando Dio dice al serpente: Porrò inimicizie tra te e la donna? (Gen 3, 15). E se ancora dubiti che si tratti proprio di Maria, ascolta quel che segue: Essa ti schiaccerà il capo (ivi). A chi è riservata questa vittoria se non a Maria? Fu essa senz’alcun dubbio che schiacciò il capo velenoso, perché ha resa vana ogni suggestione del maligno sia rispetto alle lusinghe della carne, sia rispetto alla superbia della mente.

5. E a chi altra pensava Salomone se non a Maria quando diceva: Chi troverà una donna forte? (Pr 31, 10) Conosceva infatti quell’uomo saggio la debolezza di questo sesso, il suo corpo fragile, la sua mente portata alla lascivia. Ma avendo letto che Dio aveva promesso, e lo trovava conveniente, che fosse vinto da una donna colui che per mezzo di una donna aveva vinto, pieno di ammirazione diceva: Chi troverà una donna forte?Come per dire: Se dunque la salvezza di noi tutti, e la restituzione dell’innocenza, e la vittoria sul nemico è posta nelle mani di una donna, la si deve prevedere di una eccezionale fortezza, perché possa essere idonea ad un’opera tanto grande. Ma dove trovarla? Ma perché non sembri di dire così perché dispera di trovarla, soggiunge profetando: Il pregio di lei è come delle cose portate da lontano, dagli ultimi confini della terra (Pr 31, 10) , cioè non vile, non piccolo, non mediocre, non terreno, ma celeste, non dal cielo prossimo alla terra, ma disceso dal più alto dei cieli.
Che cosa infine significava quel roveto veduto da Mosè, dal quale uscivano fiamme, ma che non si consumava se non Maria che partorisce senza provarne dolore? Che cosa figurava la verga di Aronne che fiorì senza essere innaffiata, se non Maria che concepì, pur non conoscendo uomo? Isaia enuncia il grande mistero di questo prodigio dicendo: Uscirà un pollone dal ceppo di Lesse, e un fiore spunterà dalla sua radice (Is 11, 1) , intendendo per verga la vergine, e per fiore della Vergine il suo Divin Figlio.

6. Ma se qui per fiore intendiamo Cristo, ciò sembrerà contrario a quanto dicevamo sopra, che cioè Cristo non è il fiore, ma il frutto: si può rispondere che la Verga di Aronne non solo mise fiori, ma anche fronde e fece frutto, e Cristo è simboleggiato in tutte queste cose, vale a dire nel fiore, nel frutto e nelle stesse fronde. Della verga di Mosè non si parla né di frutto, né di fiore, ma si dice che l’acqua da essa percossa si divide per lasciar passare il popolo, ovvero viene fatta scaturire dalla roccia per il popolo assetato. Non c’è alcun inconveniente che Cristo venga figurato da diverse cose sotto aspetti diversi, e nella verga sia significata la sua potenza, nel fiore la sua fragranza, nel frutto la dolcezza del suo sapore, e anche nelle fronde sia raffigurata la premurosa protezione che egli offre ai piccoli che ricorrono a lui, e che non cessa di proteggere all’ombra delle sue ali, sia dall’ardore dei desideri carnali, sia dalle afflizioni che provengono loro da parte degli empi. Buona e desiderabile ombra sotto le ali di Gesù, dove egli riserva un sicuro rifugio ai fuggiaschi e un gradito refrigerio agli affaticati. Abbi pietà di me, Signore Gesù, abbi pietà di me, poiché in Te confida l’anima mia, e all’ombra delle tue ali io mi rifugio, finché sia passato il pericolo (Sal 56, 2). Nel passo di Isaia però, il fiore simboleggia il Figlio, la verga è figura della Madre, perché la verga fiorì senza il germe, e la vergine concepì senza opera di uomo. Il verde della verga non fu menomato dallo spuntare del fiore, né fu leso il pudore della Vergine quando questa divenne madre.

7. Citiamo ancora qualche altro passo della S. Scrittura che bene si adatta alla Vergine Madre e al suo divin Figlio. Che cosa significa quel vello di Gedeone, che, tosato dalla carne, ma senza ferire la carne, viene posto sull’aia, e ora è la lana, ora è l’aia ad essere bagnata dalla rugiada, se non la carne assunta (dal Verbo) dalla carne della Vergine senza offesa della sua verginità? In essa, come rugiada discesa dal cielo, si infuse tutta la pienezza della divinità, di modo che da tale pienezza tutti noi ricevessimo, non essendo veramente senza di essa che terra arida. Con questo fatto di Gedeone concorda molto bene quel detto profetico del Salmo: Scenderà come pioggia sul vello, e come acqua che irrora la terra (Sal 71, 6) dove è significata la stessa cosa detta prima, cioè l’aia impregnata di rugiada. Dio infatti fece dapprima scendere la pioggia abbondante, che aveva destinato al suo popolo (Sal 67, 10), nel seno della Vergine, scendendovi silenziosamente egli stesso in modo placido e senza strepito di umane operazioni; in seguito poi, per bocca di predicatori si diffuse in tutto il mondo, non più come rugiada sul vello, ma come pioggia che irrora la terra, questa volta con un certo quale strepito di parole, e risonanza di miracoli. Quelle nubi che portavano quest’acqua, cioè gli Apostoli, si erano difatti ricordati dell’ordine ricevuto quando erano stati inviati: Quanto vi dico nelle tenebre, ditelo alla luce, e ciò che udite all’orecchio, predicatelo sopra i tetti (Mt 10, 27). E così fecero: infatti per tutta la terra si sparse il loro suono, e fino ai confini del mondo le loro parole (Sal 18, 5).

8. Sentiamo anche Geremia che unisce nuovi ai vecchi vaticini, e non potendo mostrare presente il Messia, ne desiderava con ardore la venuta e con fiducia la prometteva: Dio, dice egli, ha creato una cosa nuova sulla terra: la donna cingerà l’uomo (Ger 31, 22). Chi è questa donna? E chi è questo uomo? E se è un uomo, come può essere cinto da una donna? O se può essere cinto da una donna, che razza di uomo è? E per parlare più chiaro, come può uno essere un uomo adulto e contemporaneamente nel seno di sua madre? Questo significa infatti essere cinto da una donna. Noi per uomini intendiamo coloro che, passata l’infanzia, la puerizia, l’adolescenza e la gioventù, sono arrivati vicino alla vecchiaia. Chi dunque ha raggiunto una tale maturità, come può essere cinto da una donna? Se avesse detto: «Una donna cingerà un bambino», ovvero «la donna cingerà il fanciullo», non sarebbe sembrato neppure una novità, né avrebbe fatto meraviglia. Ma disse invece: l’uomo; e perciò noi cerchiamo di comprendere quale sia questa novità che Dio ha operato sulla terra, che cioè la donna cingesse l’uomo, e questi riuscisse ad adattare le sue membra al piccolo seno della Vergine. Che miracolo è mai questo? Pub forse l’uomo, come chiedeva Nicodemo, entrare una seconda volta nel seno di sua madre e nascere di nuovo (Gv 3, 4)?

9. Ma io considero il concepimento e il parto verginale, per vedere se tra le parecchie cose nuove e meravigliose che vi scorge chi lo esamina con diligenza, vi trovi anche la novità che ho riferita dal Profeta Geremia. Ora qui ci è dato di scorgere la lunghezza che si fa breve, la larghezza che si fa stretta, l’altezza che si abbassa, la profondità che diventa piana. Ivi si può vedere la luce che non splende, il Verbo che si fa infante, cioè non parla, l’acqua che ha sete, il pane che ha fame. Vi puoi vedere, se fai attenzione, la potenza che è sorretta, la sapienza che è istruita, la fortezza che è sostenuta, infine, Dio divenuto lattante, lui che rifocilla gli Angeli, Dio che vagisce, ed è colui che consola i miseri. Vi vedrai rattristarsi la gioia, trepidare la fiducia, soffrire la salute, morire la vita, diventare debole la fortezza. Ma quello che è più meraviglioso, si vede qui la tristezza che rende lieti, la paura che dà coraggio, la passione che salva, la morte che dà la vita, l’infermità che rende robusti (che dà la forza). Chi non vi troverà quello che cercavo? Non è forse facile tra queste cose riconoscere la donna che circonda l’uomo quando si vede Maria che avvolge nel suo seno Gesù, l’uomo riconosciuto da Dio? Direi che Gesù fu uomo non solo quando già era detto uomo profeta, potente in opere e in parole, ma anche già quando la Madre carezzava le membra ancora tenere del Dio bambino nel suo grembo o quando ancora veniva formato nel suo seno. Era dunque Gesù un uomo prima ancora di nascere, non per età, ma per sapienza, non quanto al vigore del corpo, ma dell’animo, per la maturità dei sensi, non per lo sviluppo delle membra. Non ebbe infatti minore sapienza, o piuttosto non fu meno Sapienza Gesù appena concepito che quando nacque, quando fu piccolo di quando fu cresciuto.
Sia dunque nascosto nell’utero, sia quando vagiva nel presepio, sia quando più grandicello interrogava i dottori nel tempio, sia quando già uomo maturo insegnava al popolo, fu certamente ugualmente pieno di Spirito Santo. Né ci fu un’ora in tutta la sua vita in cui a quella pienezza che ebbe nell’utero fin dalla concezione, sopravvenisse qualche diminuzione, o vi si aggiungesse alcunché, ma perfetto fin dal principio, dal principio fu pieno dello Spirito di sapienza e di intelligenza, dello Spirito di consiglio e di fortezza, dello Spirito di scienza e di pietà e dello Spirito del timore del Signore.

10. Non ti faccia impressione quello che trovi scritto di lui in un altro passo: Gesù poi cresceva in sapienza, età e grazia presso Dio e presso gli uomini (Lc 2, 52). Poiché quanto è detto qui circa la sapienza e la grazia, si deve intendere non secondo ciò che era, ma secondo ciò che appariva; cioè, non che egli acquistasse qualcosa di nuovo che prima non aveva, ma sembrava che così avvenisse quando egli lo voleva. Tu, o uomo, quando cresci, non lo fai né quando, né quanto vuoi, ma la tua crescita è regolata e la tua vita ordinata, anche se tu non te ne accorgi. Il bambino Gesù invece, che dispone la tua, disponeva egli stesso la sua, e quando voleva e a chi voleva appariva sapiente, quando e a chi voleva appariva più sapiente, quando e a chi voleva si mostrava sapientissimo, sebbene in sé fosse sempre sapientissimo. Similmente anche, pur essendo sempre stato pieno di ogni grazia che gli spettava, sia presso Dio che presso gli uomini, la dimostrava a suo piacimento ora più, ora meno, secondo che conosceva convenire ai meriti di chi lo vedeva, o al bene della loro anima. Ma è chiaro che Gesù ebbe sempre un animo virile, anche se non sempre si presentò come un uomo fatto. Perché poi dovrei dubitare che egli fosse uomo fin dal seno materno, mentre non metto in dubbio che da allora fosse Dio? È infatti meno essere uomo che essere Dio.

11. Ma vedi se anche questa novità di Geremia non ci venga molto chiaramente spiegata da Isaia, che già ci ha parlato sopra dei fiori spuntati sulla verga di Aronne. Ecco, dice, la Vergine concepirà e partorirà un figlio (Is 7, 14). Ecco la donna, cioè la Vergine. Vuoi sapere anche chi sia l’uomo? E il suo nome sarà Emmanuele, vale a dire Dio con noi. La donna pertanto che cinge l’uomo è la Vergine che concepisce Dio. Vedi come concordino bene le cose meravigliose e le mistiche espressioni dei Santi. Vedi come sia stupendo questo singolare miracolo compiutosi riguardo alla Vergine e nella Vergine, miracolo preceduto da tanti altri miracoli, e da tanti oracoli promesso. Unico in realtà fu lo Spirito dei Profeti, e medesime sono le cose che essi previdero e predissero, anche se in modi, segni e tempi diversi. Ciò che fu mostrato a Mosè nel roveto ardente, ad Aronne nella verga e nel fiore, a Gedeone nel vello e nella rugiada, lo previde apertamente Salomone nella donna forte e nel suo prezzo, Geremia più chiaramente predisse nella donna che cinge l’uomo, chiarissimamente Isaia dichiarò circa la Vergine e l’Emmanuele, e infine Gabriele col suo saluto indicò la Vergine stessa. È infatti quella medesima di cui dice l’Evangelista: Fu inviato l’Angelo Gabriele da Dio ad una Vergine sposa di Giuseppe.

12. Ad una Vergine, dice, sposata. Perché sposata? Essendo eletta vergine, e, come è stato spiegato, una vergine che doveva concepire e partorire, fa meraviglia che essa fosse sposata, non dovendo poi consumare le nozze. Si potrà forse dire che questo sia capitato per caso? Non c’è da ricorrere al caso quando c’è una ragionevole causa a spiegarlo, una causa molto utile e necessaria e davvero degna del disegno divino. Dirò il mio pensiero, anzi quanto ne hanno pensato i Padri, prima di me. La ragione per lo sposalizio di Maria fu la stessa che ci fu per il dubbio di Tommaso. Era infatti usanza presso i Giudei che dal giorno dello sposalizio fino alle nozze propriamente dette, le spose fossero affidate alla custodia dello sposo, perché conservassero tanto più attentamente per sé la loro pudicizia quanto maggiormente si mostravano a lui fedeli. Come pertanto Tommaso dubitando e palpando diventa un tenace confessore della risurrezione, così anche Giuseppe, sposando Maria e sorvegliandola accuratamente nel tempo in cui gli era affidata, divenne un fedelissimo teste della sua pudicizia. Ottima convenienza delle due cose, e del dubbio di Tommaso, e dello sposalizio di Maria. Ci poteva essere infatti per noi un simile pericolo di inganno circa la verità della fede nell’uno e della castità nell’altra; ma con molta prudenza e bontà fu disposto che, al contrario, donde si temeva il sospetto, emergesse la ferma certezza. Io infatti, che sono debole, credo più facilmente a Tommaso che dubita e palpa che non a Cefa che sente e crede nella risurrezione di Cristo, e sono più facilmente persuaso della continenza della Madre dalla testimonianza dello Sposo che la custodisce e la conosce per esperienza, che non dalla protesta che la stessa Vergine ne fa per la sua coscienza.
Chi, mi domando, vedendola non sposata e gravida non l’avrebbe detta meretrice e non Vergine? Ma non era conveniente che si dicesse tale cosa della Madre del Signore. Era più sopportabile e più onesto che per un certo tempo si pensasse che Cristo era nato da un normale matrimonio che non da fornicazione.

13. Ma si dirà: «Non poteva Dio fornire qualche segno chiaro per cui non fosse infamata la nascita di Cristo, né venisse incriminata la Madre?». Lo poteva certamente, ma non poteva restare nascosto ai demoni quello che fosse conosciuto dagli uomini. Ora era necessario che l’arcano disegno divino fosse nascosto per qualche tempo al Principe di questo mondo, non che Dio potesse essere impedito o avesse qualcosa da temere da quello nel caso che avesse voluto compiere la sua opera apertamente; ma perché lui, che ha fatto quanto voleva non solo con potenza, ma anche con sapienza, come in tutte le sue opere è solito osservare certe norme di convenienza rispetto alle circostanze e ai tempi, così anche in questa sua così magnifica opera della nostra redenzione, ha voluto far mostra non solo di potenza, ma anche di prudenza. E pur potendo agire in modo diverso a suo piacimento, egli preferì tuttavia operare la riconciliazione dell’uomo con lui in quel modo e ordine con cui era caduto; sicché, come il diavolo per prima sedusse la donna, e poi fece cadere l’uomo per mezzo della donna, così prima fosse sedotto da una donna vergine, e poi venisse vinto apertamente dall’uomo Cristo; e così, mentre il disegno pietoso del Signore raggirava la frode della malizia, e la potenza di Cristo schiacciava la forza del maligno, Dio apparisse più prudente del diavolo e più forte di lui. Così conveniva che la Sapienza incarnata vincesse la spirituale malizia, per cui non solo si estendesse da un’estremità all’altra con forza, ma tutto disponesse anche con soavità. Si estese da una estremità all’altra, cioè, dal cielo fino all’inferno. Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti (Sal 138, 8). Da ambedue le parti si estese con forza, quando dal cielo cacciò il superbo, e negli inferi spogliò l’avaro. Ma conveniva che tutto disponesse con soavità, le cose celesti e le terrene, in quanto, cacciando dal cielo il ribelle, stabilisse gli altri nella pace, e venendo qui sulla terra a debellare l’empio, lasciasse a noi il tanto necessario esempio della sua umiltà e mansuetudine, e così, secondo il discernimento della divina Sapienza, apparisse soave ai suoi e forte ai nemici. Che cosa infatti avrebbe giovato che il diavolo fosse vinto da Dio, se noi rimanevamo superbi? Fu dunque necessario che Maria fosse sposata a Giuseppe: con questo il Santo veniva nascosto ai cani, la verginità veniva comprovata dallo sposo, veniva provveduto alla verecondia e all’onore della Vergine. Nulla di più saggio e di più degno della divina provvidenza. Con questa sola decisione veniva ammesso un testimonio ai segreti celesti e nello stesso tempo ne veniva escluso il nemico, e si conservava integro l’onore della Vergine Madre. Del resto, quando mai un uomo giusto avrebbe potuto perdonare ad una donna adultera? Ora sta scritto: Ma Giuseppe suo sposo, essendo giusto e non volendo denunziarla, pensò di rimandarla segretamente (Mt 1, 19). È detto bene: essendo giusto non volle denunziarla, perché, come non sarebbe stato giusto se, conoscendola colpevole, avesse consentito al suo peccato, similmente non sarebbe stato giusto se, persuaso della sua innocenza, l’avesse condannata. Essendo pertanto giusto, e non volendola esporre a condanna, decise di lasciarla segretamente.

14. Perché volle lasciarla? Dico, non il mio, ma il parere dei Padri. Giuseppe volle licenziare Maria per la stessa ragione per cui S. Pietro allontanava da sé il Signore dicendo: Allontanati da me, Signore, perché sono un uomo peccatore (Lc 5, 8); per lo stesso motivo anche il Centurione non voleva che il Signore entrasse in casa sua, dicendo: Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto (Mt 8, 8). Così dunque anche Giuseppe, ritenendosi indegno e peccatore, andava dicendo a se stesso che egli non doveva più oltre condurre vita comune con una donna di cui riconosceva con tremore la superiorità e la mirabile dignità. Egli vedeva tremando nella sposa gestante un certissimo indizio della divina presenza, e non potendo penetrare il mistero, voleva lasciarla. Pietro fu atterrito vedendo la grandezza della potenza, il Centurione fu spaventato dalla maestà della presenza di Cristo. Tremò anche Giuseppe, considerando come uomo la novità di questo così grande miracolo, la profondità di questo mistero; perciò pensò di licenziare di nascosto Maria. C’è da meravigliarsi se Giuseppe si ritiene indegno di essere il compagno della Vergine gravida, quando leggiamo che Santa Elisabetta non poteva stare alla presenza di lei se non con timore e riverenza? Disse infatti: A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me? (Lc 1, 43). Perciò dunque Giuseppe aveva deciso di lasciarla. Ma per quale ragione di nascosto, e non apertamente? Perché non si ricercasse la causa del ripudio, di cui si esigeva da lui una ragione. Ora, quale risposta avrebbe potuto dare lui, uomo giusto, ad un popolo di dura cervice, a un popolo incredulo e contraddittore? Se diceva quello che pensava, ciò che sapeva della purezza della Vergine sposa, i Giudei increduli e crudeli non avrebbero forse schernito lui e lapidata lei? Come avrebbero creduto alla Verità che nel seno di Maria taceva, coloro che l’avrebbero poi disprezzato quando avrebbe alzato la voce nel tempio? Che cosa avrebbero fatto a lui che ancora non appariva quei tali che in seguito gli avrebbero empiamente messo le mani addosso anche quando rifulgeva per miracoli? A ragione dunque Giuseppe, uomo giusto, per non essere costretto a mentire o a diffamare la sposa innocente, decise di lasciarla segretamente.

15. Se poi qualcuno pensasse diversamente e ammettesse che in realtà Giuseppe, come uomo, aveva dei dubbi sul conto di Maria, e appunto per questo sospetto non volle abitare con lei, senza tuttavia volerla esporre al disonore come sospetta, poiché era anche pio, e che perciò abbia pensato di lasciarla, rispondo brevemente che anche questo richiedeva un intervento chiarificatore di Dio. E così continua l’Evangelista: Mentre egli stava pensando a queste cose, di lasciarla cioè segretamente, gli apparve in sogno l’Angelo e gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria tua sposa: poiché quel che è nato in lei è opera dello Spirito Santo (Mt 1, 20). Per queste ragioni dunque Maria andò sposa a Giuseppe, o piuttosto, come dice l’Evangelista, ad un uomo di nome Giuseppe. Lo chiamava uomo, virum, non perché marito, ma perché uomo di virtù. O piuttosto perché, secondo l’Evangelista, è detto non semplicemente uomo, ma il suo uomo, così chiamato perché tale era ritenuto. Dovette dunque esser chiamato «il suo uomo» perché così doveva essere creduto, come meritò non di essere, ma di essere chiamato padre del Salvatore, come afferma l’Evangelista: Gesù aveva circa trent’anni quando cominciò il suo ministero, ed era ritenuto figlio di Giuseppe (Lc 3, 23). Non fu dunque marito della madre, né padre del Figlio, sebbene per una certa e, come fu detto, necessaria disposizione divina, tale sia stato per un certo tempo chiamato e creduto.

16. Chi e quale uomo sia stato questo Giuseppe lo possiamo congetturare da questo titolo con cui meritò di essere onorato da Dio, di essere detto e creduto padre di Dio (anche se nel senso di padre nutrizio) , lo deduciamo dal suo stesso nome di Giuseppe, che significa aumento. Nello stesso tempo pensiamo a quell’ antico grande Patriarca venduto in Egitto, e riconosciamo che il nostro, non solo ne ha ereditato il nome, ma ne ebbe la castità, l’innocenza e la grazia. A quel modo infatti che l’antico Giuseppe, venduto e condotto in Egitto per l’invidia dei fratelli, prefigurò la vendita di Cristo, questo, fuggendo l’invidia di Erode, portò Cristo in Egitto. Quello, restando fedele al padrone non volle peccare con la moglie di lui; questi, riconoscendo vergine la sua padrona, Madre del Suo Signore, la custodì fedelmente, mantenendosi vergine anche lui. A quello fu data l’intelligenza di sogni misteriosi; a questo fu dato di conoscere e di essere partecipe dei misteri celesti. L’antico Giuseppe mise in serbo il frumento, non per sé, ma per tutto il popolo; il nostro ricevette dal cielo il pane vivo, da conservare sia per sé che per tutto il mondo. Non v’è dubbio che sia stato un uomo buono e fedele questo Giuseppe al quale andò sposa la Madre del Salvatore. Servo fedele e prudente, dico, che il Signore scelse a sostegno della sua Madre, per provvedere al sostentamento della sua carne, e perché fosse sulla terra il solo coadiutore del grande disegno di Dio, a lui fedelissimo. Si dice inoltre che egli fosse della stirpe di Davide (Lc 1, 27). Veramente dalla famiglia di Davide, veramente discendeva da stirpe regale questo Giuseppe, nobile per nascita, ancor più nobile per i sentimenti. Vero figlio di Davide, non degenere dal padre suo. Davvero figlio di Davide, non solo per la carne, ma per la fede, per la santità, per la devozione; Dio lo ha trovato come un altro Davide secondo il suo cuore, lo mise a parte del segretissimo e sacratissimo arcano del suo cuore, come a un altro Davide manifestò le cose recondite e occulte della sua sapienza, e gli concesse di conoscere il mistero che nessuno dei principi di questo mondo conobbe. Infine ebbe la gioia, non solo di vedere e udire colui che molti re e profeti avrebbero desiderato di vedere, e non lo videro, di udirlo e non l’udirono, ma anche di portarlo in braccio, di guidarne i passi, di abbracciarlo, baciarlo, nutrirlo e custodirlo.
Si deve credere che, non solo Giuseppe, ma anche Maria discendesse dalla casa di Davide. Se non fosse così, non sarebbe andata sposa ad un uomo della casa di Davide. Erano dunque entrambi della casa di Davide; ma in Maria si compì la verità che il Signore aveva giurato a Davide, mentre Giuseppe restava come un testimonio consapevole dell’adempimento di questa promessa.

17. Il versetto si conclude così: Il nome della Vergine era Maria (Lc 1, 27). Diciamo brevemente qualche cosa anche su questo nome che viene interpretato «Stella del mare», e si adatta molto bene alla Vergine Madre. Essa infatti molto opportunamente viene paragonata ad una stella, perché come la stella emette raggi senza alcuna lesione di sé, così la Vergine partorì il Figlio senza danno della sua verginità. Né il raggio diminuisce lo splendore della stella, né il Figlio reca pregiudizio all’ integrità della Madre. Essa è dunque quella nobile stella sorta da Giacobbe, i cui raggi illuminano tutto il mondo, il cui splendore rifulge nei cieli e penetra negli inferi, e avvolgendo tutta la terra, e riscaldando più le menti che non i corpi, alimenta le virtù e distrugge i vizi. Essa è quella stella splendidissima e meravigliosa stella necessariamente elevata sopra questo mare grande e spazioso, radiosa per i suoi meriti, luminosa per i suoi esempi.
O tu che, nell’ ondeggiare delle vicende di questo mondo, più che camminare per terra, hai l’impressione di essere sballottato tra i marosi e le tempeste, non distogliere gli occhi dal fulgore di questa stella se non vuoi essere inghiottito dalle onde. Se soffiano i venti delle tentazioni, se t’incagli negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria. Se sei sbattuto dai cavalloni della superbia, dell’ambizione, della detrazione, della gelosia, guarda la stella, invoca Maria. Se l’ira, o l’avarizia o la concupiscenza della carne sembrano sconquassare la navicella del tuo spirito, guarda Maria. Se turbato dell’enormità dei tuoi peccati, confuso per la coscienza della tua turpitudine, atterrito al pensiero del tremendo giudizio di Dio, cominci a sentirti risucchiare dal baratro della tristezza, dall’abisso della disperazione, pensa a Maria. Nei pericoli, nelle angustie, nelle incertezze, pensa a Maria, invoca Maria. Maria ti sia sempre sulla bocca, sempre nel tuo cuore; e per ottenere l’aiuto della sua preghiera, non cessare di imitarne gli esempi. Seguendo lei, non andrai fuori strada, pregando lei non ti verrà meno la speranza, pensando a lei non sbaglierai. Se Maria ti regge, non cadrai, sotto la sua protezione non avrai timore, se essa ti guida non ti stancherai, se essa ti è propizia arriverai; e così sperimenterai in te stesso quanto a proposito sia stato detto: E il nome della Vergine era Maria.
Ma adesso è bene che ci fermiamo un poco, onde non sembri che noi abbiamo dato uno sguardo allo splendore di tanta luce solo di passaggio. Infatti, per usare le parole dell’apostolo: È cosa buona per noi stare qui (Mt 17, 4), e ci piace contemplare dolcemente in silenzio ciò che non riesce a spiegare un faticoso discorso. Intanto, dalla devota contemplazione di questa scintillante stella, ci disporremo con più fervore alle considerazioni che seguiranno.

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