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Lodi della Vergine Madre - Omelia III

Entrato dunque l’Angelo da lei disse: Ave, piena di grazia.

Autore: San Bernardo di Chiaravalle

OMELIA III

1. Volentieri, quando mi sembra opportuno, mi servo delle parole dei Santi, affinché almeno la bellezza dei recipienti renda più gradevole al lettore quanto in essi io gli servo. Comincerò ora dalle parole del Profeta: Guai a me, non perché, come il Profeta, ho taciuto, ma perché ho parlato, poiché io sono un uomo dalle labbra immonde (Cfr. Is 6, 5). Ahimè quante cose vane, quante cose false, quante cose turpi mi sovviene di aver vomitato da questa immondissima bocca, con la quale presumo ora di pronunziare parole celesti! Temo grandemente di sentirmi rivolgere da un momento all’ altro il rimprovero: Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza? (Sal 49, 16). Oh se anche a me venisse portato, non un solo carbone, ma un grande globo di fuoco che consumasse interamente la molta e inveterata ruggine dalla mia libidinosa bocca! Così potrei essere degno di commentare con il mio povero discorso il dolce e casto dialogo tra l’Angelo e la Vergine. Dice dunque l’Evangelista: E l’Angelo, entrato da lei, da Maria, cioè, disse: Ave, piena di grazia, il Signore è con te. Dove è entrato da Lei? Nel segreto, penso, della sua modesta stanzetta, dove forse ella, a porte chiuse, pregava in segreto il Padre suo. Sono soliti i santi Angeli essere presenti a coloro che pregano, e si compiacciono di coloro che vedono innalzare le mani pure nell’orazione; essi sono felici di offrire a Dio l’olocausto della santa devozione e farlo salire a lui come ostia di soave odore.
Quanto fossero gradite al cospetto di Dio le orazioni di Maria, lo diede a vedere l’Angelo, che, entrato da lei, la salutò con tanta riverenza. Né fu difficile all’Angelo entrare per la porta chiusa nella stanza della Vergine, potendo egli, per la sua natura, data la sottilità della sua sostanza, penetrare ovunque desideri, senza essere impedito da qualsivoglia serratura. Agli spiriti angelici non sono di ostacolo le pareti, ma tutte le cose visibili e tutti i corpi, per quanto solidi e spessi sono per essi penetrabili e aperti. Non c’è dunque da supporre che l’Angelo abbia trovato aperta la porta della Vergine, il cui proposito era di fuggire la compagnia degli uomini, di evitarne la conversazione, sia perché non ne venisse turbato il silenzio che favoriva la sua preghiera, sia per non esporre alla tentazione la sua virtù. La prudentissima Vergine teneva dunque chiusa anche in quel momento la porta della sua stanza, chiusa per gli uomini, non per gli Angeli. Questi perciò vi potevano entrare, ma nessun uomo vi aveva facile accesso.

2. Entrato dunque l’Angelo da lei disse: Ave, piena di grazia, il Signore è con te. Leggiamo negli Atti degli Apostoli che anche Stefano era pieno di grazia, e che anche gli Apostoli furono pieni di Spirito Santo, ma in modo molto diverso da Maria. Del resto, né in S. Stefano abitò corporalmente la pienezza della divinità, come in Maria, né gli Apostoli concepirono come lei per opera dello Spirito Santo. Ave, disse, piena di grazia; il Signore è con te. Che meraviglia se era piena di grazia lei, con la quale stava il Signore? Ma quello piuttosto che fa meraviglia è che colui che aveva mandato l’Angelo alla Vergine fu trovato che stava con la Vergine. Fu dunque Dio più veloce dell’Angelo, poiché Egli prevenne sulla terra il suo pur sollecito ambasciatore? Non c’è da stupirsene. Infatti, mentre il Re stava nel suo recinto (nella sua dimora), il nardo della Vergine esalò il suo profumo (Ct 1, 11), e quel fumo aromatico salì al cospetto della sua gloria, e trovò grazia agli occhi del Signore, mentre i circostanti esclamavano: Chi è costei che sale dal deserto, come colonna di fumo (che si sprigiona) dagli aromi di mirra e d’incenso? (Ct 3, 6). E subito il Re, uscendo dal suo luogo santo, esultò come un gigante che percorre la via, e benché partito dalla sommità del cielo, spronato da vivissimo desiderio, con rapido volo giunse prima del messaggero alla Vergine che aveva amata, che si era scelta, dalla cui bellezza era stato affascinato. Vedendolo venire da lontano, la Chiesa piena di gioia e di esultanza grida: Eccolo che viene saltellando sui monti, valicando le colline (Ct 2, 8).

3. Con ragione il Re è rimasto affascinato dalla bellezza della Vergine. Questa aveva infatti messo in pratica gli ammonimenti che Davide suo padre le aveva rivolti: Ascolta, o figlia, guarda e porgi l’orecchio e dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre, e se farai questo, il Re s’invaghirà della tua bellezza (Sal 44, 11. 12). Udì la Vergine, e vide, non come alcuni che, udendo, non ascoltano, e vedendo non capiscono, ma essa ha udito e creduto, ha veduto e ha compreso. Porse il suo orecchio, cioè, all’obbedienza e il suo cuore alla disciplina, e dimenticò il suo popolo e la casa di suo padre, perché non si curò di aumentare il suo popolo dandogli figli, né si preoccupò di dare un erede alla casa di suo padre; ma considerò come immondezza quanto avrebbe potuto avere dalla casa paterna di cose di questa terra, pur di guadagnare Cristo. Né venne meno al proposito, anche quando accettò Cristo come figlio, e non mancò al suo intendimento di restare vergine. Bene pertanto è detta piena di grazia, perché conservò la grazia della verginità, e acquistò inoltre la gloria della maternità.

4. Ave, disse, piena di grazia, il Signore è con te. Non disse: «Il Signore è in te», ma: il Signore è con te. Dio infatti che per la sua sostanza semplice è ugualmente tutto dappertutto, nelle creature razionali lo è in modo diverso che nelle altre, ed è presente ancora in modo diverso, quanto agli effetti, secondo che sono buone o cattive. Nelle creature irrazionali Egli è, senza però che esse lo comprendano. Da tutte le creature razionali Dio può essere compreso per la cognizione, ma solo dai buoni è posseduto anche per l’amore. Nei soli buoni dunque egli è in modo da essere anche con loro per la concordia della volontà. Infatti, mentre essi sottomettono le loro volontà alla giustizia, talmente che non disdice che Dio voglia ciò che essi vogliono, per il fatto che non dissentono dalla sua volontà, uniscono spiritualmente Dio a se stessi. Così avviene in tutti i Santi, ma in modo speciale in Maria, nella quale fu tanto grande il consenso che, non solo unì a sé la sua volontà, ma anche la sua carne, formando dalla sua sostanza e da quella della Vergine un solo Cristo, o piuttosto dalle due risultasse un solo Cristo: il quale, anche se non tutto da Dio, né tutto dalla Vergine, fu tuttavia tutto di Dio e tutto della Vergine, né due figli, ma un solo figlio dell’uno e dell’altra. Disse dunque: Ave, o piena di grazia, il Signore è con te. E non solo è con te il Signore Figlio che tu rivesti della tua carne, ma anche il Signore Spirito Santo per opera del quale concepisci, è il Signore Padre che ha generato colui che tu concepisci. Il Padre, dico, è con te, lui che fa anche tuo il suo Figlio. È con te il Figlio, il quale, per compiere in te il mirabile mistero (della sua incarnazione), in modo meraviglioso dischiude per sé il tuo seno, lasciandoti intatto il segno della tua verginità. È con telo Spirito Santo, che con il Padre e il Figlio santifica il tuo seno. Dunque, il Signore è con te.

5. Benedetta tu fra le donne (Lc 1, 28). Mi piace aggiungere a queste parole di Elisabetta quelle che seguono: E benedetto il frutto del tuo grembo (Lc 1, 42). Non perché tu sei benedetta è benedetto il frutto del tuo grembo; ma tu sei benedetta perché egli ti ha prevenuta con la dolcezza delle sue benedizioni. Veramente è benedetto il frutto del tuo grembo, nel quale sono benedette tutte le genti, dalla cui pienezza anche tu hai ricevuto insieme con gli altri, sebbene in modo differente dagli altri. E perciò tu sei certamente benedetta, ma tra le donne, egli invece è benedetto non tra gli uomini, non tra gli angeli, ma, dice l’Apostolo, egli è Dio sopra tutte le cose benedetto nei secoli (Rm 9, 5).

6. Benedetto dunque il frutto del tuo grembo. Benedetto per il suo profumo, benedetto per il sapore, benedetto per la sua bellezza. Sentiva la fragranza di questo frutto odoroso colui che diceva: Ecco l’odore del mio figlio, come l’odore di un campo pieno che il Signore ha benedetto (Gen 27, 27). Non è forse veramente benedetto colui che il Signore ha benedetto? Del sapore di questo frutto esclamava uno che lo aveva gustato: Gustate e vedete come è soave il Signore (Sal 33, 9), e altrove: Quanto è grande la tua bontà, Signore! La riservi per coloro che ti temono (Sal 30, 20). E un altro ancora: Se pure avete gustato che è dolce il Signore (1 Pt 2, 3). E lo stesso Frutto, ci invita a sé dicendo: Chi mangia di me avrà ancora fame, e chi beve di me avrà ancora sete (Eccli 24, 29). Così diceva appunto a causa della dolcezza del suo sapore, per cui, una volta gustato, eccita maggiormente l’appetito.
Frutto veramente buono, che per le anime che hanno fame e sete della giustizia è cibo e bevanda. Abbiamo parlato dell’odore, abbiamo detto del sapore: diciamo ora della bellezza. Se infatti quel frutto di morte (del paradiso terrestre) fu non solo gustoso al palato, ma anche, come dice la Scrittura, bello a vedersi, quanto più dobbiamo cercare la bellezza vivificante di questo frutto della vita, nel quale, come attesta il Sacro testo, gli Apostoli desiderano fissare lo sguardo? (1 Pt 1, 12). Vedeva in spirito questa bellezza, e bramava di vederla anche con gli occhi del corpo colui che diceva: Da Sion lo splendore della sua bellezza (Sal 49, 2). E perché non ti sembri che parli di una bellezza ordinaria, pensa a quanto è scritto in un altro salmo: Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia, perciò Dio ti ha benedetto per sempre (Sal 44, 3).

7. Benedetto dunque il frutto del tuo seno, che Dio ha benedetto fin dall’eternità, e per la cui benedizione tu pure sei benedetta fra le donne, perché non è possibile che una pianta cattiva produca un frutto buono. Benedetta tu, dico, fra le donne, perché sei sfuggita a quella generale maledizione: Nel dolore partorirai i tuoi figli (Gen 3, 16), e anche quell’altra, secondo la quale in Israele è maledetta la donna sterile (Es 23, 26), e sei stata favorita di una singolare benedizione, evitando la sterilità e il dolore nel parto. Dura necessità e pesante giogo per tutte le figlie di Eva! Se partoriscono, lo fanno nel dolore; se non partoriscono sono considerate maledette. E per evitare il dolore devono rinunciare a partorire, e sono costrette a farlo se vogliono evitare la maledizione. Che cosa farai, o Vergine, che senti, che leggi queste cose? Se divieni madre, lo sarai nel dolore; se resti sterile incorrerai nella maledizione. Che cosa scegli, o Vergine prudente? Sono alle strette da ogni parte (Dn 13, 22), dice lei; tuttavia, è meglio per me incorrere nella maledizione e rimanere casta piuttosto che concepire cedendo alla concupiscenza e poi partorire giustamente nel dolore. Di qua infatti vedo la maledizione, ma non il peccato; di là invece c’è il peccato e insieme la sofferenza. E poi, questa maledizione che altro è se non la disistima degli uomini? In realtà la donna sterile è detta maledetta solamente perché è oggetto di disonore e di disprezzo come cosa inutile e improduttiva, e questo unicamente in Israele. Ma a me non importa nulla di dispiacere agli uomini, dal momento che posso come vergine casta offrirmi a Cristo. O Vergine prudente, o Vergine devota, chi ti ha insegnato che a Dio piace la verginità? Quale legge, quale giustizia, quale pagina del Vecchio Testamento prescrive o consiglia o esorta a vivere non carnalmente nella carne e a condurre sulla terra una vita angelica? Dove avevi letto, o Vergine beata: La sapienza della carne è morte (Rm 8, 6), e: Non seguite la carne nei suoi desideri? (Rm 13, 14). Dove avevi letto delle vergini che cantano un canto nuovo che nessun altro può cantare e che seguono l’Agnello ovunque vado,? (Ap 14, 3-4). Dove avevi letto che sono lodati coloro che si son fatti eunuchi per il regno dei cieli? (Mt 19, 12). Dove avevi letto: Noi viviamo nella carne, ma non militiamo secondo la carne (2 Cor 10, 3) ; e che fa bene chi sposa la sua figliola, e chi non la sposa fa meglio? (1 Cor 7, 38). Dove avevi sentito dire: Vorrei che tutti voifoste come me? (1 Cor 7, 7). E: Secondo il mio parere è meglio per l’uomo se rimane così (1 Cor 7, 40)? Riguardo alle Vergini, dice non ho nessun ordine del Signore, ma do un consiglio (1 Cor 7, 25). Ma tu non hai avuto né precetto, né consiglio, né esempio, tranne l’unzione che di tutto ti istruiva, e la divina Parola, viva ed efficace, fattasi tuo maestro prima di farsi tuo Figlio, che ti istruiva la mente prima di rivestirsi della tua carne. Tu consacri dunque la tua verginità a Cristo, e non sai che devi offrirti a Lui anche come madre. Scegli di essere disprezzata in Israele, e per piacere a colui al quale ti sei offerta non temi di incorrere nella maledizione della sterilità, ed ecco che la maledizione si muta in benedizione, e la sterilità viene ricompensata con la fecondità.

8. Apri il seno, o Vergine, dilata il tuo grembo, prepara il tuo utero, perché ecco sta per compiere in te grandi cose colui che è potente, talmente che, invece della maledizione d’Israele, tutte le generazioni ti chiameranno beata. Non aver timore della fecondità, perché non ti toglierà l’integrità. Concepirai, ma senza peccato. Sarai gravida, ma senza sentire il peso. Partorirai, ma senza tristezza. Non conoscerai uomo, e partorirai un figlio. Quale figlio? Sarai madre di colui che ha Dio per Padre, il Figlio dello splendore del Padre sarà la corona della tua carità. La Sapienza del cuore del Padre, sarà il frutto del tuo grembo verginale. Insomma, darai alla luce Dio, e da Dio concepirai. Fatti dunque animo, Vergine feconda, casta puerpera, madre intatta, perché non sarai ormai più maledetta in Israele, né annoverata tra le sterili. E se ancora tu fossi considerata maledetta da Israele secondo la carne, non perché sterile, ma perché invidiata per la tua fecondità, ricordati che anche Cristo portò la maledizione della croce, e nei cieli ti ha benedetta come sua madre; ma anche sulla terra tu sei chiamata benedetta dall’Angelo e giustamente proclamata beata da tutte le generazioni della terra. Benedetta dunque tu fra le donne, e benedetto frutto del tuo grembo.

9. Maria, udito ciò, fu turbata alle sue parole, e si domandava che cosa potesse significare quel saluto (Lc 1, 29). È proprio delle vergini, che sono veramente tali, essere sempre timorose e mai sicure, e per evitare le cose pericolose, stanno in guardia anche dove non c’è pericolo, sapendo che esse portano un tesoro prezioso in vasi di creta, e che è sommamente arduo vivere come angeli in mezzo agli uomini, camminare sulla terra alla guisa degli abitatori del cielo, e condurre una vita casta in una carne mortale. E perciò qualunque cosa accada di nuovo o d’improvviso le insospettisce, quasi vi potesse essere nascosta un’insidia, un tranello teso contro di loro. Ecco perché anche Maria si turbò al discorso dell’Angelo. Si turbò, non si agitò. Sono turbato, dice il Salmista, e senza parole. Ripenso ai giorni passati, ricordo gli anni lontani (Sal 76, 5-6). Così dunque anche Maria si turbò e rimase senza parole, ma pensava che cosa significasse quel saluto. Il turbarsi fu proprio della verecondia verginale, il non agitarsi derivò dalla sua fortezza, il tacere e pensare dalla prudenza. Pensava poi che cosa significasse quel saluto. Sapeva, la vergine prudente, che spesso l’angelo di Satana si trasforma in angelo di luce, e perché era certamente umile e semplice, non si attendeva affatto dall’Angelo Santo alcunché di simile; e per questo pensava che cosa significasse quel saluto.

10. Allora l’Angelo osservò la Vergine, e accorgendosi facilmente dei pensieri che si rivolgevano nella sua mente, la consola, la rassicura, e chiamandola familiarmente per nome, la persuade con benignità a non aver paura. Non temere, dice Maria, hai trovato grazia presso Dio (Lc 1, 30). Non c’è qui nessun inganno, nessuna falsità. Non sospettare nessun raggiro, nessuna insidia. Non sono un uomo, ma uno spirito, un Angelo di Dio, non di Satana. Non temere, Maria: hai trovato grazia presso Dio. Oh se sapessi quanto piace all’Altissimo la tua umiltà, quanta sublimità ti è riservata presso di lui, non ti giudicherei indegna né che un angelo ti parli, né che egli ti onori con il suo ossequio. Perché mai infatti penseresti di non meritare la grazia degli angeli, dal momento che hai trovato grazia presso Dio? Hai trovato ciò che cercavi, hai trovato quello che nessuno prima di te è riuscito a trovare, hai trovato grazia presso Dio. Quale grazia? La pace tra Dio e gli uomini, la distruzione della morte, la restaurazione della vita. Questa è la grazia che hai trovato presso Dio. E questo ne è per te il segno: Ecco concepirai e partorirai un Figlio, egli porrai nome Gesù (Lc 2, 12). Comprendi, Vergine prudente, dal nome del Figlio promesso quanto grande e quanto speciale grazia sia quella che tu hai trovato presso Dio. E lo chiamerai Gesù. La ragione di questo nome viene data da un altro Evangelista, che mette in bocca all’Angelo questa interpretazione: Egli infatti salverà il suo popolo dai loro peccati (Mt 1, 21).

11. Leggo (nella S. Scrittura) che vi furono in passato due altri Gesù, i quali erano figura di quel Gesù di cui stiamo parlando: furono entrambi dei capi, uno di essi fece uscire il suo popolo da Babilonia, l’altro lo introdusse nella terra promessa. Questi due difendevano dai nemici coloro a cui presiedevano, ma forse che li salvavano dai loro peccati? Ma questo nostro Gesù salva dai suoi peccati il suo popolo, e lo introduce nella terra dei viventi. Egli infatti salverà il suo popolo dai loro peccati. Chi è costui che rimette anche i peccati? (Lc 7, 49). Oh si degni il Signore Gesù annoverare anche me peccatore tra il suo popolo, perché salvi anche me dai miei peccati! Infatti è davvero beato quel popolo che ha per Dio questo Signore Gesù, perché Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati. Temo però che molti dicano di appartenere al suo popolo mentre egli non li considera dei suoi; temo che a parecchi, i quali sembrano appartenere al suo popolo in quanto sono molto religiosi, egli dica un giorno: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me (Mt 15, 8). Conosce infatti il Signore Gesù quelli che sono suoi; conosce coloro che egli ha scelto fin da principio. Perché mi chiamate, dice egli, «Signore, Signore», e nonfate quello che dico? (Lc 6, 46). Vuoi sapere se appartieni al suo popolo, o piuttosto, vuoi essere del suo popolo? Fa’ quello che Gesù dice, ed egli ti considererà del suo popolo. Fa’ ciò che comanda nel Vangelo il Signore Gesù, quello che comanda nella Legge e nei Profeti, quello che comanda per mezzo dei suoi ministri che sono nella Chiesa; obbedisci ai suoi rappresentanti, i tuoi superiori, non solo quando sono buoni e miti, ma anche a quelli difficili, e impara da Gesù stesso che è mite ed umile di cuore, e apparterrai al beato popolo suo che si è scelto come erede, sarai anche tu del suo popolo, degno di lode, che Dio ha benedetto dicendo: Tu sei opera delle mie mani, o Israele, mia eredità (Is 19, 25). E perché non pensi con invidia che si parli qui di Israele secondo la carne, te ne dà una prova dicendo: Un popolo che non conoscevo mi ha servito, all’udirmi subito mi obbedivano (Sal 17, 45).

12. Ma sentiamo che cosa lo stesso Angelo pensi di colui al quale ha già imposto il nome prima ancora che fosse concepito. Dice infatti: Questi sarà grande, e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo (Lc 1, 32). È detto bene grande egli che meriterà di essere chiamato Figlio dell’Altissimo. Come non sarebbe grande, lui la cui grandezza non ha confini? E chi è grande come il nostro Dio? (Sal 76, 14). Davvero grande chi è tanto grande quanto Altissimo, perché lui pure è l’Altissimo. Il Figlio dell’Altissimo infatti non crederà di fare un furto considerandosi uguale all’Altissimo. Giustamente deve essere giudicato di aver pensato ad un furto Lucifero, il quale, creato dal nulla e costituito nella forma angelica, osò paragonarsi al suo Creatore, pretendendo per sé quello che è proprio del Figlio dell’Altissimo, il quale non fu fatto, ma da Dio generato nella forma di Dio. L’Altissimo Padre, per quanto onnipotente, non poteva però formare una creatura simile a sé, come non poteva generare un Figlio che non gli fosse uguale. Ma solo l’Unigenito, che non fece ma generò onnipotente da onnipotente, Altissimo da Altissimo, eterno da coeterno, in tutto può paragonarsi a lui, senza commettere né rapina, né ingiuria. A buon diritto dunque questi sarà grande, lui che sarà chiamato Figlio dell’Altissimo.
È quello che comanda per mezzo dei suoi ministri che sono nella Chiesa; obbedisci ai suoi rappresentanti, i tuoi superiori, non solo quando sono buoni e miti, ma anche a quelli difficili, e impara da Gesù stesso che è mite ed umile di cuore, e apparterrai al beato popolo suo che si è scelto come erede, sarai anche tu del suo popolo, degno di lode, che Dio ha benedetto dicendo: Tu sei opera delle mie mani, o Israele, mia eredità (Is 19, 25). E perché non pensi con invidia che si parli qui di Israele secondo la carne, te ne dà una prova dicendo: Un popolo che non conoscevo mi ha servito, all’udirmi subito mi obbedivano (Sal 17, 45).

13. Ma sentiamo che cosa lo stesso Angelo pensi di colui al quale ha già imposto il nome prima ancora che fosse concepito. Dice infatti: Questi sarà grande, e sarà chiamato Figlio dell’Altissmo (Lc 1, 32). È detto bene grande egli che meriterà di essere chiamato Figlio dell’Altissimo. Come non sarebbe grande, lui la cui grandezza non ha confini? E chi è grande come il nostro Dio? (Sal 76, 14). Davvero grande chi è tanto grande quanto Altissimo, perché lui pure è l’Altissimo. Il Figlio dell’Altissimo infatti non crederà di fare un furto considerandosi uguale all’Altissimo. Giustamente deve essere giudicato di aver pensato ad un furto Lucifero, il quale, creato dal nulla e costituito nella forma angelica, osò paragonarsi al suo Creatore, pretendendo per sé quello che è proprio del Figlio dell’Altissimo, il quale non fu fatto, ma da Dio generato nella forma di Dio. L’Altissimo Padre, per quanto onnipotente, non poteva però formare una creatura simile a sé, come non poteva generare un Figlio che non gli fosse uguale. Ma solo l’Unigenito, che non fece ma generò onnipotente da onnipotente, Altissimo da Altissimo, eterno da coeterno, in tutto può paragonarsi a lui, senza commettere né rapina, né ingiuria. A buon diritto dunque questi sarà grande, lui che sarà chiamato Figlio dell’Altissimo.

14. Ma perché questi sarà e non piuttosto «è» grande, egli che è sempre ugualmente grande, non ha di che crescere, né sarà maggiore dopo essere concepito che prima? O forse ha detto appunto: sarà, perché egli che era grande Dio, sarà un grande uomo? Bene, dunque: questi sarà grande: grande uomo, grande dottore, grande profeta. Così si dice di lui nel Vangelo: Un grande Profeta è sorto fra noi (Lc 7, 16). E un certo minore Profeta promette che verrà quello stesso grande Profeta: Ecco, dice, verrà un grande Profeta, che restaurerà Gerusalemme (Zc 12, 1-9). E tu, o Vergine lo partorirai piccolo, lo nutrirai piccolo, piccolo lo allatterai; ma vedendolo piccolo, pensalo grande. Sarà, infatti, grande, perché Dio lo magnificherà al cospetto dei re, così che lo adorino tutti i re, e tutte le nazioni servano a lui. L’anima tua perciò magnifichi il Signore, perché egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo. Sarà grande, e grandi cose farà per te lui che è potente, e il suo nome è santo. Quale nome infatti può essere più santo di quello di colui che sarà chiamato Figlio dell’Altissimo? Anche da noi piccoli sia magnificato il grande Signore, che per farci grandi, ha fatto se stesso piccolo. Un pargolo, dice il Profeta, ci è nato, ci fu dato un figlio (Is 9, 6). È nato per noi, non per sé, che nato in modo molto più mirabile del Padre prima dei tempi, non aveva bisogno di nascere nel tempo della madre. Non è nato per gli Angeli, i quali possedendolo grande, non lo cercavano piccolo. Per noi dunque è nato, a noi fu dato perché a noi era necessario.

15. Profittiamo di questo pargolo nato e dato a noi, realizzando quello per cui ci è nato e ci fu donato. Si è fatto nostro, usiamone a nostro vantaggio, si è fatto nostro Salvatore, usiamone per la nostra salvezza. Eccolo il pargolo in mezzo a noi. O Pargolo desiderato dai piccoli! O veramente pargolo, ma per la malizia, non per la sapienza! Sforziamoci di diventare come questo pargolo; impariamo da lui che è mite e umile di cuore, affinché non sia senza ragione che il grande Dio si è fatto piccolo uomo, perché non sia morto invano, invano sia stato crocifisso. Impariamo la sua umiltà, imitiamo la sua mansuetudine, abbracciamo la sua dilezione, partecipiamo ai suoi dolori, laviamoci nel suo sangue. Offriamolo come propiziazione per i nostri peccati, perché per questo egli è nato ed è stato a noi dato. Offriamolo agli occhi del Padre, offriamolo anche agli occhi suoi, perché da una parte il Padre non risparmiò il proprio Figlio, ma per noi tutti lo ha sacrificato, e dall’altra il Figlio stesso annientò se stesso, prendendo la forma di servo. Egli ha consacrato se stesso alla morte, ed è stato annoverato tra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori (Is 53, 12) perché non perissero. Non possono perdersi coloro per i quali il Figlio prega che non periscano, e per i quali il Padre consegnò alla morte il Figlio perché vivano. Dobbiamo dunque sperare il perdono ugualmente da entrambi tutti e due uguali per la pietà e misericordia, che hanno pari potenza nella volontà, un’unica sostanza nella divinità, nella quale un solo Spirito Santo vive e regna con loro Dio per tutti i secoli dei secoli.