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Lui e Io - Il diario spirituale di Gabrielle Bossis (III Parte)

Dal 1945 al 1948

Autore: Gabrielle Bossis

1945

18 gennaio 1945 – Ora santa. “Tutte le briciole del mio tempo sono tue. Fino a quelle che saranno le ultime della mia vita. Anche se non avessi la forza di offrirtele…”.
«Io so quel che mi appartiene nei cuori. Lo hai notato? Chi ha poco, conosce bene quel che ha… E io, se guardo il numero dei viventi, constato che la mia è una parte molto piccola. Per questo, ho bisogno di quelli che mi consolano con la loro intima confidenza, quelli che si sono detti: “Tutto il mio essere è suo” e lo vivono. Perché se fossero solo parole…
Certo. Le tue dolci parole mi piacciono perché sono sincere. Non temere di ripetermele. Piene di grazia, esse traducono il tuo animo. Ma soltanto un atto di virtù ne è la prova. Spesso un atto prepara l’altro. Perciò ti chiedo di entrare molte volte al giorno nella cella dei segreti, nel cenacolo delle confidenze. Quando mi avrai detto tutto, rimarrai in silenzio, sempre sul mio cuore e capirai. Tu conosci già la forza della solitudine; questa settimana, prova la vita del raccoglimento. Certo! Anche per strada. Non sono forse dappertutto?
Oh! che bell’esercizio, andare in cerca del proprio Dio-Amore… “Dov’è, Lui che mi vede? Lo avevo appena stretto a me, che se n’è andato rapidamente e non so dove sia fuggito… Chi potrà restituirmelo?”.
E i sospiri interiori della tua anima sono la mia vita, mi toccano e mi riconducono a te. Non sono io, il più impaziente?
In cielo, mi possiederai senza chiamarmi. Ma ora, usa il tuo fascino provandomi la tua fede con i tuoi desideri di me. Chiamami nelle tue mattine. Lo conosco bene questo tuo grido! Non privarmene!…».
24 maggio 1945 –
«Sopporta le spine d’ogni giorno per amore mio. Questo prepara la tua anima alla virtù eroica. Comprendi che l’unione con Dio non è altro che fare la volontà di Dio.
Capisci che per ognuno arriva un momento che richiede una virtù suprema: ognuno ne otterrà la grazia con l’accettazione amorosa dei pesi quotidiani.
Vedi dunque che i piccoli lavori abitudinari sono di grande valore per l’anima che li svolge nell’affettuosa ubbidienza a me. Non ti ho detto che nulla è piccolo ai miei occhi? Che tutto verte sul modo amoroso di agire?».
2 luglio 1945 – “Signore, che ognuna delle mie visite porti a tutti gioia e pace! Ma sono abbastanza pura?”. «Chi è puro? Non vi sono che peccatori o purificati.
Guai a coloro che s’inorgogliscono di non soccombere alle tentazioni che non subiscono». 13 settembre 1945 – Dopo la Comunione.
«Ricordati che devi dare gioia e tutto ciò che è gioia.
Non senti che è la tua missione? Allora, fai nascere le occasioni di rallegrare:
sii il genio della gioia».
18 ottobre 1945 –
«Mettiti di fronte al mio volto. Ora, svolgi la tua anima. Distendila come un tessuto dispiegato ricordando le tue colpe. Quelle di ieri, quelle di oggi.
Tu me le mostri senza dire nulla. E tuttavia, è una preghiera; te ne stai umile dinanzi alla tua miseria ostentata ed è la preghiera più eloquente.
La voce del giusto si leva durante il giorno e durante la notte. Qual è il suo grido, se non quello dell’umiltà?
Vedi? Anche le tue mancanze possono avvicinarti a me. Sèrvitene per farne amore di riparazione, amore di contrizione. Tutto deve portare all’amore.
E mi incontrerai. Non avrò fatto, io, più che metà del cammino?».
8 novembre 1945 –
«Consideri la morte come una festa che vuoi preparare fin d’ora?
Con quanta cura prepari i tuoi ricevimenti terreni?
E la riunione di Lassù, non vale forse tutte le delicatezze? Affrettati, mia diletta! Le foreste degli anni sono ingiallite come l’oro.
La tua anima, piena di linfa, arriverà agli ultimi sprazzi di luce, poi rientrerà nella sua sorgente, lasciando lo sguardo di quaggiù per un sole più bello.

1946

19 settembre 1946 –
«Non vuoi lasciarmi prendere gioia da te? Tu mi credi infinitamente felice; ma pensa alla gioia contingente che voi potete procurarmi e che mi è negata in tanti cuori!
Questa è la tua occasione di consolarmi.
Un uomo aveva molti figli che amava d’un affetto misurato su ciascuno. Prevedeva ogni dettaglio e cercava solo di renderli felici.
Alcuni si stancarono d’un tale amore e lo lasciarono con insolenza.
Altri trascinati da questo esempio, se ne andarono con meno scalpore ma con la stessa ingratitudine. Altri ancora furono tentati dal piacere dell’indipendenza e si allontanarono pieni di orgoglio. Quest’uomo rimase solo con l’ultima delle sue figlie, che gli dimostrò una devozione così fedele, una tale volontà di riparare le ferite causate dai fratelli che quest’uomo, per la presenza di questa unica figlia, per il suono puro della sua voce, per i suoi gesti che cercavano soltanto di piacergli, dimenticò le colpe ingiuriose e il proprio dolore.
Vuoi essere tu questa presenza per me? Vuoi donarmi tutte le tue azioni?».
“Signore, sono così piccola”.
«Unisciti a me. Ti farò grande».
24 ottobre 1946 – Scendevo sulla terrazza dicendogli: “Vieni con me”.
«Dimmelo spesso e nel tuo lungo viaggio verso la morte ti accompagnerò ancora». Ma io pensavo che, in quel momento supremo, avrei avuto bisogno anche della Santa Vergine. «Come potrebbe, Lei, non essere vicina a coloro che recitano l’intero rosario, ogni giorno della loro vita?
Tu le chiedi centocinquanta volte al giorno di pregare per te nell’ora della tua morte…».
Ora santa. “Mio Dio, ti ho amato oggi come desideravi che ti amassi?”.
«Mi hai amato soprattutto quando non hai fatto la tua volontà, come stamani quando ti hanno pregata di andare a fare il catechismo in Parrocchia, e avresti preferito rimanere con me nella tua camera. Ma, al servizio degli altri, sei al mio servizio.
Mi è gradito che tu sia duttile nell’ubbidienza. Non esitare mai. Va’ avanti. Credi. Così, mi proverai che il tuo amore non è fatto di sole parole. È come un amore sostanziale che mi è dolcissimo. I santi si ingegnavano a calpestare la loro volontà per amor mio. Per loro, questo era “fare la prova”. Prova anche tu. Tutto ti sorriderà quando tutto sarà per me».
21 novembre 1946 –
«Ogni anima ha il suo modo di amare. Non privarmi del tuo. Io vi conosco e apprezzo i vostri modi peculiari. Dal principio del mondo, nessuna anima assomiglia ad un’altra: è questo che forma la sinfonia delle mie delizie. Non ne ho diritto? Ma non esigo nulla. Aspetto. E quando mi appagate, la mia gioia è grande. Dunque, non aver paura di darmi. Impara a farmi doni. Molto semplicemente, come una figliolina.
Sii piccola e rimani vicina al tuo “Grande Amico”. Entra in me, tanto da perdere perfino il ricordo di te. Considera tanto i miei interessi, che i tuoi non ti occupino più se non in rapporto con la mia Gloria».
12 dicembre 1946 –
«Pensa ai miei pensieri, e dirai le mie parole.
Quale edificazione, figlia mia. Quale leva… Prova».
19 dicembre 1946 –
«Io aspetto ciò che tu vuoi donarmi come un povero alla tua porta… Cerca qual è il momento in cui mi hai fatto più piacere oggi. Non sarà forse quello in cui sei stata più semplicemente piccola con i piccoli?».

1947

2 gennaio 1947 – Ora santa. Lo adoravo e gli auguravo dei cuori.
«Mai tu mi augurerai sufficiente amore da placare la mia sete! Sì, dammi dei cuori per mezzo della tua amabilità verso tutti. Anche verso i peccatori. Attirali a te con l’intenzione di darmeli. Fa’ l’opera mia, mia piccola collaboratrice.
Non perdere nulla della nostra unione, figlia mia, in nessun momento».
16 gennaio 1947– Pensavo al 5 % di sconto e mi domandavo: “La santità sarà più accessibile?”. «La santità non è un’addizione: un solo atto d’amore può fare un santo nell’istante della morte, nell’abbandono e nella fiducia più assoluta. Questa fiducia mi onora tanto! Io sono come Sansone. Perdo la mia forza di Giudice quando un’anima mi esprime la fedeltà del suo amore. Non che questo amore sia un grande amore, ma è il più grande che essa è in grado di offrirmi. Allora essa mi tocca sul vivo e sono incline a piegarmi alla sua volontà, che adotto come mia».
18 febbraio 1947– Ora santa.
«Io sono più presente a te che tu a te stessa, ma vi sono momenti in cui la pienezza di me si fa sentire
con un sovrappiù d’amore; e quando dici a te stessa: “È Lui!”, mi rallegro di essere stato riconosciuto. Ciò che mi fa male, è restare presso di voi come un estraneo, quasi un indesiderabile… Non essere voluto, ah! Come il mio atteggiamento è costretto a dipendere dalla vostra accoglienza! Mentre io vorrei essere sempre per ogni anima il Prodigo dell’amore…
Come farò, se avete la porta chiusa? Stavo per dire: lo sguardo ostile? diffidente?… Alcuni temono che io chieda troppo. Se sapessero, come sarebbero felici di darmi tutto, in un perfetto e gioioso abbandono. Il vostro dono più bello è la gioia nel servirmi.
Anche quando avete il pensiero della morte, non siate tristi poiché io ho preso lo stesso vostro cammino. Anche mia Madre ha voluto prenderlo: è spesso questa la grande riparazione per la vostra lunga vita di spensierati egoismi».
16 febbraio 1947–
«Te ne prego, vivi ininterrottamente nel mio amore! Io non ti costringo. Non vi costringo mai, nemmeno ad accogliere i miei doni. Siete liberi.
Quante volte la vostra libertà mi ha crocifisso!…
Allora, aspetto… aspetto per secoli… Non credi che ti attendo da molto tempo?… Nessuna anima è simile alle altre. Nessuna mi darà ciò che attendo da te».
26 febbraio 1947– Mentre ero in visita.
«Non dire ciò che si deve tacere. E non tacere ciò che si deve dire».
6 marzo 1947–
«Ogni anima attira da me un amore speciale.
Ecco perché sono così riconoscente a coloro che s’ingegnano a ricondurmi dei peccatori. Pensa! ho dato la mia vita per loro! nelle più spaventose torture…
Povere, care anime che amo!
Un umile pentimento… e siete già nel mio Cuore.
Parla loro con dolcezza. Con tenerezza.
Un movimento brusco potrebbe allontanarle di più».
“Domani, Signore, incontrerò un peccatore”.
«Ti dirò io come procedere. Sarò in te come sempre. Tu mi guarderai, mi chiamerai, mi dirai: “Parla per mezzo mio”. Io sarò il Fratello che ascolta».
20 marzo 1947– Ora santa.
«Ti preoccupi del passaggio della morte? Ma poiché è la più grande prova d’amore che tu possa darmi, rallegrati! Offrimela sin d’ora con un distacco assoluto.
Dilata il tuo spirito fino all’eroismo. Di’: “Anche se non dovessi subire la morte, la sceglierei per unirmi a Lui, perché Lui è morto per me e per amore”.
E così, mi darai la gloria più grande che una creatura possa dare al suo Creatore. Oh! la preziosa morte dei santi, che ha la sua risonanza sino nelle regioni celesti della Casa del Padre! Non avere paura di perdere la tua vita di un istante per entrare nell’eterno Incontro con il tuo Diletto… poiché sono io! Ah! sarà il momento della fede, della speranza e della carità.
Impadronisciti di questi sentimenti. E, semplicemente, per sempre. Tu sei con il Padre tuo, con il tuo Sposo, sei della famiglia di Dio.
Vivi, pensa, ama come in famiglia: sarà un segno d’amore».
«Quell’affettuoso buon giorno che mi dai al mattino o quando ti svegli di notte, quanto mi è dolce!».
27 aprile 1947–
«Questa notte, quando sei andata alla finestra aperta per guardare lo splendido cielo stellato i cui riflessi cadevano sui ciliegi in fiore, ascoltavi l’usignolo dell’isola e sentivi la gioia di avere uno sposo così potente. Ah! che questo, e molti altri spettacoli della natura accrescano la tua fiducia in me… Scaccia la diffidenza. Essa non mi onora».
22 maggio 1947– Roma.
«Arriva a desiderare la morte che ti conduce al tuo fine. Essa si avvicina. Provane una grande gioia. La morte porta alla vita. Allora, tutto ciò che deve ancora succederti sulla terra non deve avere altra grande importanza per te, se non quella di vivere per piacermi».
29 maggio 1947–
«Abbandonati al pensiero della festa dell’Incontro; tu hai organizzato molte feste, fammi l’onore di credere che io so organizzare le mie. È il programma dell’amore».
19 giugno 1947–
«Cosa sei senza di me? E se non vuoi separarti da me, perché non cerchi di unirti maggiormente a me? Cosa te lo impedisce? Tu che fai la Comunione ogni mattina, puoi passare tutto il giorno in rendimento di grazie. Cosa te lo impedisce? Tu desideri amarmi in ogni circostanza, però ti trovi nel mondo, circondata dal prossimo: ebbene, puoi continuare ad amarmi in mezzo a questo prossimo. Cosa te lo impedisce? E quando ti succede qualcosa di allegro e soave, accoglila come accoglieresti me, poiché io mi nascondo: spetta a voi scoprirmi. È questo il gioco di Dio, vinci!
E quando vinci, convinciti che sono io che ho guadagnato di più. Io, il più sensibile».
17 luglio 1947– Ora santa.
«Non posso ritirare ciò che ho detto. Le anime che si offrono a me come vittime, sono le più vicine al mio Cuore. Perché ti spaventa offrirti così tutte le mattine? Non c’è forse la mia Grazia? E le vittime, vengono forse immolate ogni giorno? No, sono tenute da parte, nutrite in modo speciale, ed è alla fine che la loro vita ascende come un olocausto fecondo di riparazione. Io sono stato un’anima vittima tutti i giorni della mia vita. Non vuoi essere mia sorella?».
«Essere attenta? Significa fare il vuoto dentro di sé e avere il desiderio di me. Allora, io vengo».
10 agosto 1947– Lourdes. Alla Processione del Santo Sacramento pensavo a una risposta orgogliosa che avevo dato qualche momento prima. Con tenera compassione, Lui:
«Che fatica fai a esser piccola…»
e mi ricordavo di ciò che mi aveva detto in passato in quello stesso luogo, mentre era circondato da cardinali e da arcivescovi riccamente vestiti:
«Vedi, io sono il più piccolo».
Nell’ostensorio:
«Chiedi a mia Madre di vivere come Lei, in nostra compagnia».
25 settembre 1947–
«Simile all’amore per me: l’amore per il prossimo. Che programma, figlia mia, se ci rifletti!… Come lo cercherai, allora, questo caro prossimo! per servirmi in lui con delicatezze che lo sorprenderanno e lo
commuoveranno. Poiché nulla commuove come la bontà. La bontà che anticipa».
2 ottobre 1947–
«Non credi che la mia silenziosa Madre lasciasse dovunque un solco eloquente di santità?».
9 ottobre 1947–
«Dimmi che in certi momenti sei sicura di me. Questo mi consolerà degli altri momenti…».
17 ottobre – Parigi, Boulevard Raspail. Pensavo che era ben monotono ricominciare ogni volta a offrire la propria giornata. Lui, vivamente:
«E io, non ricomincio forse ogni mattina a offrirmi nella messa? Ho forse mai pensato che bastasse una volta sola? Ti costa tanto darti spesso a me, che ti aspetto sempre? L’amore moltiplica le sue parole senza ripetersi».
23 ottobre 1947– “Signore, io sono così poca cosa… Perfino quello che ho, me l’hai dato tu”. «Chiedi di più. Chiedi meglio. E benché tu sia molto lontana dalla perfezione, chiedimela incessantemente per avvicinarti a me. Quante grazie non ottenete, perché non me le domandate!».
30 ottobre 1947– Ora santa.
«Ciò che è triste, è l’assenza di comunicazione fra il Creatore e la sua creatura. È come un silenzio di morte. Io sono la Vita e la dono. Attendila. Desiderala.
La vita che dono va fino all’eternità. I beati lo sanno: riconoscono le mie vie in se stessi. Tu, cerca di cogliere la mia azione nella tua attività.
Io ti dico spesso: “Agirò tramite te, se acconsenti”. Perché io non costringo, vengo su invito. Nulla ti turbi. Donati a me come sei. Perché dovresti aspettare? Come è amabile la fretta di venire a me… essa avrà la sua ricompensa speciale. Quando si cammina, si fa poca strada; verso Dio, bisogna correre!».
9 novembre 1947– Durante la messa, guardavo entrare una persona.
«Non potresti sacrificarmi i tuoi occhi? Fa’ che guardino me. Temi ciò che ti allontana dal pensiero di me, cerca ciò che ci avvicina… Tante cose scaturiscono da uno sguardo! Tante cose scaturiscono dal pensiero… Giustamente, tu diffidi meno della tua volontà che del tuo pensiero. Fa’ di tutto per conservare il ricordo di me. Riporta tutto a me».
13 novembre 1947–
«Come ignorate la forza del vostro Dio!… Avete paura di conoscerlo? Voi che lo cercate così poco?… La gioia delle vostre anime risiede nella relazione abituale con il vostro Creatore, il vostro Salvatore. Abbandonatevi a Dio qualsiasi cosa faccia.
Lasciatevi sospingere e assecondate il suo Soffio con il vostro zelo. Tu, vieni a Lui con entusiasmo; poiché Egli possiede ogni risposta ai tuoi bisogni di tenerezza, di riposo, di comprensione. Ma i vostri pensieri sono brevi… Prolungate almeno i vostri desideri… Per giungere al gradino superiore, al gradino nuovo dove lo Spirito vi aspetta per farvi salire ancora più in alto. Ma che tutto sia fatto nella gioia, quella gioia che aumenta la gloria di Dio.
Un padre di famiglia sarebbe forse contento se i suoi figli venissero a trovarlo per timore, di malavoglia? Quando ti avvicini a me dilata il tuo cuore, figliolina mia, come una fanciulla felice. Tu pensi: “Lui mi chiede sempre dei sorrisi interiori”. Lo crederesti che, pur essendo Dio, ho bisogno del sorriso degli uomini, perché ho un bisogno estremo della vostra felicità? Chi può capirlo? Chi può
anche sostenerne il pensiero? Credi.
Poiché è il mio Amore che parla e bisogna ascoltare la mia Voce in modo diverso dalle altre voci».
20 novembre 1947– Ora santa.
«Voi vi abituate a essere amati. Io non mi abituo al vostro affetto:
mi commuovete sempre come se fosse la prima volta. Ah! se ne foste più convinti, moltiplichereste le parole che mi rallegrano, forse quelle, le più semplici, che non avete cercato:
sono sgorgate guardandomi nel vostro cuore.
Oh! fai tutto ciò che puoi per il mio Regno, nell’intimità dei cuori. Ci sono alcuni a cui sono stato presentato, ma non mi ricevono…
E io, che vorrei tanto vivere la vostra vita quotidiana, semplicemente!».
25 novembre 1947– Dopo la Comunione.
«Il tuo motto per oggi: “Per Dio e contro di me”».
26 novembre 1947– Dopo la Comunione.
«In te, io prego il Padre».
27 novembre 1947– Ora santa. Tornavo da un tè in casa del conte di S.
«Adesso, dimentica il mondo e guardami. Sono stato contento di sentirti parlare della solitudine fruttuosa dei prigionieri, una solitudine che li avvicinava al contatto divino.
Hai notato come il corso della conversazione si è andato elevando fino alla fine? In questo, tu sei stata mio strumento. Che tu lo sia spesso. Vedi, ho pochi strumenti sulla terra…
Chiedi allo Spirito di guidare il tuo spirito. Non parlare secondo te stessa, parla secondo me, in vece mia. Sai quando è che tu parli come me, figliolina mia?
Quando dài prova di bontà e grazia. Quando commuovi.
Quando rispondi con dolcezza a una riflessione acerba.
Quando scusi, quando servi, quando dài. Quando plachi un carattere irascibile. Quando consoli. Quando mantieni inalterato il tuo umore. Quando rimani umile senza cercare di prendere il sopravvento. Quando sei riconoscente per l’amabilità altrui.
Quando sei generosa. Chi fu più generoso di me? e più dolce? e più umile?
Tutto questo è tuo: tu, fa’ parte del mio Corpo mistico».
11 dicembre 1947–
«Il peso del mio amore per gli uomini aumenta sempre. È così fino alla fine dei tempi. Chi mi crederà? Quanti ne rideranno?
Tu sapessi quanti cattivi mi sciupano, non solo nell’anima loro, ma in quella degli altri… e in quella dei bambini! Se tu lo sapessi… mi ospiteresti in te: nella tua memoria, nel tuo intelletto, nella tua volontà. Ricordi? Dicevo a Zaccheo: “Vieni, abiterò nella tua casa”.
Pensa, se dicessi a te e ad ogni anima di buona volontà: “Resterò sempre in voi fino al vostro ultimo respiro…” e poi vi conducessi nella mia dimora, quella del Cielo, dove non saremo mai più separati… Comprendi il programma dell’Amore concepito da tutta l’eternità?…».
25 dicembre 1947–
«Non bisogna temere di guardare la perfezione perché lì ci sono io, perché io l’ho vissuta, perché l’occuparmi di voi è la mia delizia. Allora, non siete più soli, avete me.
Ricordi una volta, quando avevi i cavalli? Ti piacevano i tiri schierati a freccia… Ebbene, io cammino in
testa e tu, tu segui, un po’ da lontano, ma segui.
Il buon ladrone ha compreso l’amore, e ha lanciato il suo grido di rimpianto. Pochi istanti dopo, riposava sul mio petto. L’amore chiama l’amore. Tu, rispondimi.
Ho sete di te. Che cosa t’intimidisce? Le tue ripetute negligenze? Le tue insufficienze? La tua mancanza di precisione? Il tuo pensiero assente? I ricordi negativi?
Io mi faccio carico di tutto. Io raccatto le miserie. Ne fo degli splendori.
Dona tutto. Osi dirmi che qualcosa potrebbe non essere mia nella tua vita? Quando non si è che uno…».
31 dicembre 1947– Dopo la Comunione.
“La parola d’ordine per il 1948, mio Signore?”.
«Vicinissima», invitando all’unione.

1948

3 gennaio 1948 –
«Riprendi fiducia e ricomincia il tuo umile cammino, sempre più vicina a me.
Sai che non hai solidità e che i tuoi fondamenti non possono essere che in me. Quando crolli, io prendo le macerie e rifaccio un tempio nuovo più bello, perché ti sei umiliata. Pensa a questo per riuscire ad amare l’umiliazione.
Non l’ho vissuta io stesso per tutta la mia vita terrena? Io, Dio! Quale compagna, figlia mia!… Vedi, ciò che affligge l’amore è l’indifferenza, è l’apatia, è l’inerzia: molte anime sono con me come se io fossi ancora morto. Ma sono vivo, figlia mia, e sono vicino a loro, dentro di loro, aspettando che mi parlino, che mi sorridano e che il loro cuore batta un po’ per me.
Esigo così poco! Sono contento così presto…Chiedo solo di essere invitato e m’incarico io della festa».
19 gennaio 1948 – Con intima dolcezza:
«Al momento della morte dei miei amici, non credi che io venga a prenderli dolcemente? con le delicatezze che tu conosci? per introdurre l’anima loro nel mio Regno?
Non faresti altrettanto tu, per godere della loro sorpresa e della loro gioia, all’ingresso di una delle tue belle case? Allora io, Dio, che amo di più, che possiedo di meglio, come potrei disinteressarmi della loro uscita dal tempo? Tutto quel che puoi immaginare sul fascino del mio cuore innamorato, neppure si avvicina alla realtà!
Ricorda che ho voluto la vostra gioia tanto da essere disceso a conoscere la sofferenza. E quando vi vedo soffrire, e soffrire uniti a me, raccolgo ognuna delle vostre sofferenze con grande amore, come se le vostre avessero superato le mie, come se le vostre avessero un valore che il mio cuore vorrebbe rendere infinito.
Ed è per questo che, quando me lo permettete, io voglio fondere la vostra vita nella mia».
22 gennaio 1948 –
«Io sono il Dio di tutti i momenti della tua vita perché
sono l’anima della tua anima».
Per strada.
«I sacrifici si fanno sempre nella volontà».
La sera.
«Va’ oltre la bellezza e il fascino. Arriva a me».
12 febbraio 1948 – “Signore, voglio essere sempre vicino a voi, è soltanto il mio pensiero che se ne va”. «Richiamalo dolcemente, senza irritarti: perché io, io non mi irrito mai. Io vi conosco. Vi amo nella vostra buona volontà. È la pace che hanno cantato gli angeli quando sono venuto a rinnovare il mondo. Quanto spesso io sono più indulgente con voi, di quanto voi lo siate con voi stessi! Dammi la gioia di vedertelo credere».
19 febbraio 1948 –
«Umiliati per i tuoi sbagli. Sono i vostri difetti che vi rendono infelici.
Riconoscete i vostri torti. Riconoscete le vostre superficialità, il vostro poco coraggio e la vostra poca energia per migliorare, la vostra abitudine ad una certa oziosità, la vostra negligenza a guardare il Modello che è la mia vita, la vostra fatuità soddisfatta nel vedere ciò che siete a qualunque gradino siate, il vostro atteggiamento indifferente nei confronti dei miei Sacramenti.
Avete lo zelo di venire a purificarvi nella Penitenza?
Cercate di eccitare la vostra fame per la mia Eucaristia d’amore, che vuole aiutarvi a camminare? Non vivete forse come se doveste restare sempre sulla terra?
Di rado voi date uno sguardo anche furtivo all’Aldilà, alla vostra dimora di domani! Quando invece il vostro cuore dovrebbe esserci già, ringraziando, lodando, adorandomi in tutti i giorni e in tutte le azioni del giorno…
Tu almeno, hai l’anima colma di me? Respiri soltanto per me? Continui a guardare ai tuoi interessi prima che ai miei, o mi poni davanti a te, come un fanale sul tuo cammino?
Ti sei rivestita delle mie preoccupazioni? Hai preso parte alla conversione del mondo?
Accanto ai miei martiri, puoi dire: “C’ero anch’io”, non fosse che con i tuoi desideri? Chi mi aiuterà, se voi, miei comunicati, non vi stringete a me?».
11 marzo 1948 –
«…Vi sono alcuni poveri di cui nessuno s’interessa. Se sono in mezzo alla strada, li si guarda e si passa oltre. Ma se una persona attenta si ferma davanti a uno di loro,
per una parola benevola, un’elemosina, il conforto gli dà coraggio e speranza.
Io sono questo povero. Siate il mio conforto.
20 maggio 1948 – “Signore, quante cose sulla terra sono noiose! Non pensate che starei meglio da Voi?”. «Poiché la tua vita è per me, fammi la grazia di mantenere il tuo sorriso.
Poiché hai da fare del Bene, desidera proseguire. Poiché è la mia volontà, sii felice di compierla. Ingegnati a dare gioie intorno a te, senza cambiare nulla nelle tue abitudini, semplicemente “come va fatto”. Non ne senti tutta la differenza? Parlare con affetto, parlare senza unzione: sono le stesse parole, non è lo stesso tocco. E poiché puoi farlo, perché non farlo?
Ti sarebbe facile intenerire un cuore inacidito.
Poiché io sono negli altri, perché non te ne dovresti prendere cura? Servimi dunque là dove sono. Non saresti felice di inseguirmi fin là, tu che mi cerchi?
Tu mi cerchi nella bellezza delle rose, nel canto dell’usignolo sulla terrazza,
in quello del cuculo che ti arriva dall’isola sulla Loira,
nelle stelle lucenti delle notti di maggio e fin nei lontani arabeschi delle paludi. Ma non sono io innanzi tutto nelle anime,create a mia immagine? In questi esseri umani di cui sono il
fratello Salvatore? E non avresti motivo, dunque, di raggiungermi attraverso di loro? Essi non si accorgeranno nemmeno che tu hai mirato a me, ma ne sentiranno il conforto. E io, io lo estenderò…».
“Signore, con X… non ho trattenuto il giudizio poco caritatevole che volevo tenere nascosto”. «Un fiore di meno… Ti assicuro che avrei potuto utilizzarlo per la mia Gloria. La mia Misericordia si servirà del tuo rimpianto. Umiliati riconoscendo le tue mancanze e io ti farò salire più in alto che se tu non fossi caduta».
17 giugno 1948 – Ora santa. Cercavo mentalmente come avrei potuto piacergli di più. «Io non domando l’impossibile. Non chiedo nemmeno il difficile. Desidero che si venga a me con la semplicità dei fanciulli, dei figli di Dio. Oh! figlia mia, sentiamoci in famiglia! Chi, più di me, ha diritto alla voce del sangue, al richiamo delle vostre viscere, al fremito dei cuori che riconoscono la loro sorgente?
E poiché siete i figli di Dio, perché non amarlo come figli, parlargli come figli, ringraziarlo come figli pieni di gioia, poiché la gioia è il lustro dell’amore?
E pieni di una duttile ubbidienza che è il velluto della tenerezza; pieni di una costante premura che è lo sguardo del cuore; pieni di invenzioni nuove che sono la vita dell’amore.
Nessuno dei sentimenti del cuore umano ha tanto bisogno di vita come l’amore. Che in te l’una sia l’altro! Lungo le ore del tuo cammino, mira a Dio senza sosta: i tuoi occhi saranno puri. E quando cerchi di parlarmi, dimmi semplicemente: “Ti amo”.
Credi che è abbastanza, credi che è tutto.
In questo sono racchiusi i rimpianti, le speranze, la fiducia. E senza limiti, senza parole. Io, io vi conosco fino in fondo. Vi penetro in piena chiarezza, nessuno dei vostri sforzi mi sfugge: io li vigilo, li sostengo. Sono sempre il padre che insegna a camminare al suo più piccolo. Puoi capire con quale tenerezza? Sii la mia più piccola».
15 luglio 1948 – Avevo ricevuto per posta la prima pagina di bozze di “Lui e io”.
«Oh! siine ben lieta […]. Si capirà finalmente un po’ meglio il mio amore?
Io sono come un ricco che, avendo largheggiato per la felicità dei suoi amici più cari, si ferma commosso a considerare i suoi beneficati: faranno attenzione alle sue delicatezze? o passeranno beffardi come sul Calvario? Molti scuoteranno il capo con disprezzo. Altri rimarranno indifferenti. Ma coloro che pongono il loro spirito nello Spirito, con il desiderio sincero di possedermi maggiormente, questi conosceranno un improvviso intenerimento che li stupirà e li soggiogherà. Prega perché io mi propaghi. […]».
22 luglio 1948 – Mi preoccupavo di un progetto matrimoniale per mia nipote.
«Innanzi tutto, sottoponilo a me. Io sono sempre il Creatore,
come nei primi sette giorni, e la tua fiducia mi onorerà.
Oh! questo problema della fiducia… Perché stentate tanto a credere?
Rileggete la storia della mia vita: tanti miracoli, tanto amore… tanta semplicità in mezzo a voi… E l’invenzione della mia Eucaristia, questa mia perpetua Presenza nella vostra vita, non merita che veniate a raccontarmi tutto ciò che vi occupa con una tenera apertura del cuore? Non compiangeresti un amico che non ricevesse mai confidenze? o un padre affettuoso al quale non si chiedessero consigli?
Allora, Gesù Cristo… potreste tenerlo in disparte? e proprio nei crocevia della vostra esistenza? Quale via prendere? Io presiedo perfino al sangue che scorre nelle vostre vene; fatemi l’onore di crederlo e di ringraziarmene.
Ti ricordi lo scrigno di tua madre? Con quanta cura lei ci riponeva i suoi gioielli e le altre cose preziose! Il mio cuore è lo scrigno delle anime.
Esse vi stanno rinchiuse senza mai perdere splendore.
O dolce Dimora, più dolce del velluto».
7 agosto 1948 – In una tentazione di egoismo.
«Ti prego! Non servirti prima di me!».
4 ottobre 1948 – A Le-Fresne.
«Oggi, contemplerai la mia bellezza.
Già stamani hai visto quella pennellata di rosa intenso all’orizzonte, verso oriente. Poi, passando sotto gli alberi, ti sei fermata davanti ai lunghi fili delle ragnatele di ottobre, tese da un ramo all’altro, con le gocce di rugiada infilate come fossero perle in tante collane aperte. E il grillo, che aveva cantato tutta la notte sul tuo ciliegio, ad un tratto ha taciuto perché il sole era appena sorto.
Allora, la Loira ha cominciato a cambiare colore con tanta varietà di tinte che nessun prodotto della terra avrebbe potuto fornirle tale ricchezza.
E gli aironi sono passati rigando il firmamento viola.
Se sai guardare bene, tutte le ore del giorno hanno la loro magnificenza:
viene da me, viene da una parte del mio Essere, per voi naturalmente, per sviluppare in voi l’attrattiva verso la lode, il gusto dell’adorazione, l’amore dell’Amore.
E ogni mattina io faccio nuovi i miei spettacoli per fare nuovi i vostri cuori.
Hai un fornitore tanto abile, e che cerchi tanto di piacerti?
Hai qualcuno per ritagliare le nuvole in quelle forme che ti piacciono?
Hai un ingegnere capace di sollevare il fiume fino al muro della tua terrazza?
Chi è il mercante che ha disposto gli uccelli sui tuoi alberi? e tante farfalle fra i tuoi fiori? E stamani, è stata una fabbrica di tulle che ha steso, come fosse un velo, la striscia di nebbia che tagliava l’isola in due piani?
Di chi è la mano che stacca con tanta grazia le foglie ingiallite dei tuoi tigli, mentre le tue piante di fragola ti offrono i loro lunghi getti per i frutti degli anni venturi?
Apri bene gli occhi e guarda l’Amore: è Lui che passa».
12 ottobre 1948 – Mal di denti.
«Metti la tua guancia contro la mia guancia schiaffeggiata».
9 dicembre 1948 –
«Dov’è il tuo cuore? È per te o per me? »
10 dicembre 1948 – Nella mia camera.
«Chiedi la fame e la sete di Dio. Chiedi il mal di Dio».
20 dicembre 1948 –
«Un santo è un uomo come gli altri.
Ma si è svuotato di sé e ha invitato lo Spirito a prendere il suo posto.
Ed è lo Spirito che è santo».

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