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Lui e Io - Il diario spirituale di Gabrielle Bossis (IV Parte)

Dal 1949 al 1950

Autore: Gabrielle Bossis

1949

3 febbraio 1949 –
«Dai l’esempio. Bisogna che i figli di Dio facciano onore al loro Padre.
Ora santa.
«Non lasciar spegnere la fiamma della tua fiducia. Non ne hai bisogno tutti i giorni? Fa’ che arda dentro di me. Va’ e ritornaci spesso come in un felice stato voluto da me, poiché vi voglio stabiliti nella mia fiducia. Essa fa parte dell’Amore.
Tu, se mi ami e se credi al mio amore, ti abbandonerai nelle mie mani come un fanciullo che non domanda nemmeno: “Dove si va?”. E parte allegro, con la mano nella mano di sua madre. Oh, beata fiducia che vi attira tante grazie!…
Bendati gli occhi e ama di non saper nulla del futuro, per cogliere l’occasione di abbandonarmelo. Io so guidare un cieco per le vie migliori.
E quando questo cieco sa di essere mio figlio, non arriverà perfino a rallegrarsi della sua infermità, che è la sua forza sul mio Cuore?
E io, io sarò tentato di ringraziarlo della sua fiducia, come di un segno di predilezione, come di un favore particolare. Vedi in questo la mia tenerezza che è incessante.
È una vita senza morte. Tu, alimenta questa vita mia e tua. Fa’ la tua parte.
Invocami con il tuo desiderio. Spesso come tu respiri. Non pensare che sia troppo. Io, che sono in te, invece domando sempre: “Non è troppo poco?”».
10 febbraio 1949 – Dicevo il responsorio: “Affinché io sia fatta degna delle promesse di Cristo”. «Nessuno è degno, se non chi si tiene radicato nel mio amore: sono io che vi rendo degni. Fa’ dunque tutti gli sforzi affinché la nostra unione sia leale e fedele in tutti i momenti, di notte e di giorno. Tu sei mia, senza soste. Perché metteresti delle soste nell’amore, nel silenzio, nell’adorazione, nella volontà di compiacermi? Non ritornare a te stessa. Poiché ti sei data a me la mattina e nel corso della giornata, rimani in me. Chiuditi dentro e dammi la chiave.
Di modo che, quando ti rivolgerai al prossimo, lo farai mentre abiti in me, e la tua vita esterna sarà guidata dall’interno con maggiore perfezione e con più amore.
Oh! figlia mia! che bella vita la nostra… invidiata perfino dagli Angeli…
Oh! tempo di intimità che conduce immediatamente all’Eternità!…
Oh! che buon mezzo per consolare il tuo Dio…
E poiché lo ami, come non ti ci applicherai con tutte le tue forze, aiutata dalla mia Grazia? Vi sono le negligenze, le fragilità della tua natura. Certo, le conosco! Non temere, sono io che ti ho creata. Sono sempre io che ti ho salvata. Tutto fu colmo nella mia sofferenza, che tutto sia colmo nella gioia che mi dài! Ma no, non è difficile.
Sai bene che io guardo più allo spirito dell’agire che all’azione stessa; quello spirito che io voglio, in te, umile e amoroso, costante, staccato dalle creature, distaccato dalla vita terrena, pronto a partire per l’Aldilà alla mia prima chiamata, gioiosamente: senza la gioia, la dipartita mancherebbe d’amore. È il Canto della Partenza. Conduce allo slancio.
L’anima è arrivata, sebbene il corpo la trattenga ancora. Oh bella morte gioiosa… degna dei Meriti di Gesù Cristo!».
30 marzo 1949 – Nella mia camera.
«Figlia mia; valuta meglio il valore del momento presente, il pericolo di guardare al passato e l’inutilità di guardare all’avvenire.
Vivi semplicemente, amorosamente, il momento che possiedi».
31 marzo 1949 – Ora santa.
«Sta’ attenta ai tuoi pensieri! Non vedi che occupano la maggior parte del tuo tempo? che da loro dipende il bene o il male delle tue giornate? È un regno interiore che bisogna saper governare. Collocalo nel clima di Dio: la sua Gloria, la sua Volontà, la sua Clemenza e tutte le qualità che sono sue. Vivere con il pensiero di queste qualità, significa conoscere meglio Dio, e dare meno importanza a se stessi.
Ti ricordi? Mi chiedevi: “Quando, Signore, sarò perfettamente unita a Voi? e talmente assorbita in Voi da non ricordarmi più di me stessa?”.
È in questi pensieri di unione che tu conoscerai il tuo compito: dare gioia a quelli che ti ho messo accanto. Non credere al caso. Credi all’intervento del Padre tuo, del tuo Amico, Colui che non ti lascia. E se, invece di dare gioia, tu affliggessi gli altri, se non irradiassi me, me che consolo, potresti forse dire di aver posto il tuo spirito nello Spirito di Dio?
Che i tuoi pensieri siano dunque tutti Bontà, Indulgenza, Zelo per la mia causa; tu hai la libertà di comandarli, tu hai il dovere di scegliermi.
Se tu non mi scegliessi, potresti chiamarmi il tuo più grande Amico? il tuo più bell’Amore? il tuo caro Essere, che vive continuamente nel tuo essere? Tu non mi vedi, ma sai che sono lì. E poiché sai che ci sono, concedimi i tuoi amorosi pensieri di cieca».
9 maggio 1949 –
«Dimmi umilmente: “Non ho fatto che questo, Dio mio, nell’arco della mia giornata… avrei potuto fare di più! Non ho fatto che questo… nei miei rapporti con Te… con gli altri…”. E Io completerò».
29 maggio –
«Sai cosa ti chiederò oggi? Di imparare a dire bene degli altri. Che nobile abitudine! Quanto mi rallegrerebbe… che insegnamento diffonderesti! Ci sono sempre dei pregi, anche in coloro che sembrano pieni di difetti. Vuoi provare oggi? e continuare per tutti i domani, fino alla tua morte?». “Sì, mio Signore, ma non so come fare: sono sempre le parole di critica che mi escono per prime”. «Ti ricordi le carrozze a due ruote? Quando il cavallo si imbizzarriva, si doveva stringere il freno e trattenere le redini. Allo stesso modo, trattieni l’impulso e rifletti. Sarà per me. Quando è per me, cos’è che può costare?…».
17 giugno 1949 – Dopo la Comunione, consideravo con tristezza i miei peccati di ieri. «Dammi il tuo vestito sgualcito. Io lo stiro facendolo nuovo, con i miei meriti».
4 luglio 1949 – Dopo la Comunione, gli dicevo: “Ho proprio vergogna a pensare che siete stato posato sulla mia lingua inutile e spesso cattiva”.
«Io la conosco. Vengo ugualmente. Anche se tu non credi a tutte le mie Grazie, io te le dono. Anche se tu non sai quando mi manifesto per mezzo tuo, io mi manifesto, perché sono in te. Anche se tu balbetti al Padre i tuoi fugaci sentimenti, io, io li prolungo.
È il mio ruolo di Salvatore. Non lo vedi bene, ma gli Eletti lo vedono.
Nel contemplarmi, essi contemplano la Redenzione. Esultano e mi esaltano.
Unisciti a questa esultanza degli Eletti, considerando la mia opera in te. Cerca di scoprirla nella mia Vita e nella tua. Fede preziosa! Non trascurare nulla per intensificarla, come si punta il raggio di una torcia negli angoli bui inesplorati.
È la Fede a far sì che il Creatore e la creatura si tocchino. E quando avrai rinsaldato le forze della tua
fede, la tua speranza e il tuo amore si dilateranno per rafforzare l’unità.
Nell’unità, si è fedeli alle piccole azioni come alle grandi, poiché tutto è in comune. Ed è così semplice, nel Dio presente!
Ripetigli spesso, come in una respirazione d’amore: “Siamo insieme. Siamo insieme”…».
18 agosto 1949 – Mi dovevo sottoporre ad un’operazione chirurgica.
«Che importa quel che può succedere? Poiché mi appartieni, poiché abiti nel mio amore? Poiché il tuo cammino terreno sfocerà in una vita senza fine? Che tutto ti ci conduca! Invitami a fare accanto a te quest’ultimo tratto di strada. Che sia soprattutto il più intimo e il più lieto, poiché noi avremo sempre lo stesso passo. Hai la tua canzone di strada, la volontà di Dio? Nessuna avvince di più. La canteremo a due.
Puoi star sicura che non mi allontano quando i miei amici soffrono. E la mia Presenza è un tale conforto che essi arrivano a desiderare di soffrire sempre.
Dunque, tienimi stretto a te, perché possiamo camminare meglio. Oh! la bella via che conduce all’Eternità. Non essere triste, ne soffrirei. Poiché morire è venire a me.
Poiché perdendoti tu mi trovi… Vuoi che finalmente siamo uniti?».
8 settembre 1949 – In clinica, dopo l’operazione.
«Vedi, avrei potuto venire a prenderti e tu ti saresti lasciata portar via con gioia. Ma vuoi lavorare ancora un po’ per la mia Gloria?
E lietamente? Non è forse vero che a nulla vale vivere, se non per servirmi? E credi che sono io che ti servo perché tu possa servirmi?
Ti darò ancora tutto quel che serve al tuo cuore e alla tua intelligenza.
Quando ti sono venuto meno? Tu, non venirmi meno.
E, insieme, scorreremo le maglie di quel che ti rimane da vivere sulla terra. Insieme, sempre. È una parola forte, non è vero? Quando senti la tua debolezza, come oggi, impadronisciti della forza di tuo Fratello, per amare, per lodare, per ringraziare il Padre comune.
Non privarlo di alcun sorriso: è un “Amen” felice.
Allo stesso modo, dai al prossimo. Ha tanto bisogno di gioia e di benevolenza. Non rimpiangere mai di esserti data senza risparmio.
Vai a dritto. Vai forte. Vai come quando si va a Dio».
29 settembre 1949 – Convalescenza.
«Non è vero che vedi la differenza fra la vita che mi offrivi prima di questa prova e la vita che vuoi offrirmi ora? Non è vero che ti ha fatto bene avvicinarti all’orlo della vita per guardare con gli occhi della verità che cosa è la terra, che cosa è la Vita eterna?
Non credi che sia stata una nuova maniera del tuo Dio per attirare la tua attenzione e farsi afferrare più da vicino? Figlia mia, come è pieno di inventiva il mio Amore! Come desidera potervi catturare mentre correte… Quanti mi schivano e mi sfuggono! Tu, lasciati prendere.
E senza più fiato, ora che hai sofferto, riposa sul mio Cuore. Credi che non sappia la prova che ti ho chiesto? Ciò che più conta, vedi, è che tu non abbia dubitato dell’Amore, nonostante tutto. È che tu abbia detto: “Fiat” e ti sia abbandonata a qualunque cosa potesse arrivare. Ed è questa la vostra forza sulla potenza del vostro Dio. Siete voi che guidate il cielo
con il vostro totale abbandono, perfettamente fiducioso. Ora, noi non ci lasciamo più. Io racchiudo la tua vita. Sono il tuo globo.
Se tu ardi, è nel mio fuoco. Se tu procedi, è nel mio passo. Se tu respiri, è per mio tramite. Vedi, come la gioiosa accettazione della mia volontà può fondere un’anima in uno stato superiore, un
gradino impensabile! Vedi, come bisogna dire “Grazie” con tutta la forza del tuo cuore! Vedi, come bisogna lasciarmi fare nelle vostre vite, poiché io ho svolte improvvise, che non erano nelle vostre previsioni! E quando la Fede o lo sguardo dell’Amore ve le fa comprendere, voi date una gioia indicibile al Padre vostro, a Lui che, nel tempo delle vostre tristezze o in quello delle vostre gioie, è sempre e soltanto Amore».
13 ottobre 1949 – Ora santa. “Cristo diletto, eccomi ricaduta nel solito orgoglio e nel solito egoismo”. «Perché stupirtene, figlia mia? La tua vita non è sempre stata un incessante ricominciare? Io ti amo così, umiliata, ma pronta a far meglio per amore mio. È allora, che io vengo a te. È allora, che ti aiuto. Lo Spirito ti riempie perché ora, vuota di te, disillusa su quello che vali, finalmente tu gli lasci tutto il posto dentro di te.
Riconosci la tua abituale incapacità. Ammetti la tua povertà di giudizio, il tuo poco zelo per il sacrificio, come se tu ti disinteressassi della mia Gloria.
Esponimi le tue miserie, soprattutto le più scoraggianti, come la mancanza di continuità nel tenere a bada il tuo difetto abituale. Dimmi la tua pena, ma che questa pena nasca soprattutto al pensiero del mio dolore.
Poi, tenta di riparare: hai le parole del tuo amore, hai i silenzi, hai gli slanci, hai i rimpianti nella tua semplice sincerità. E hai decisioni nuove: confidati con mia Madre.
Essa sorveglierà le circostanze insieme a te.
Non credi che è più facile in due? E inoltre, guardami lungamente. Non è vero che fa piacere contemplare il viso di un amico unico? e che questo dà forza?
E se questo amico è un ideale di virtù, se risplende di perfezione, non è vero che i tuoi occhi, ogni volta che lo guardi, attingeranno forza da Lui, per imitarlo? Sarà come una benefica spinta che tu riceverai come un’emanazione della sua dolcezza e della sua affettuosa compassione.
Ama! Vedi, ogni vita cristiana ritorna sempre all’amore.
Non ne conosci ancora tutte le tonalità, tutte le sinfonie, non dico incompiute… ma neppure incominciate. Trova per ogni giorno un amore nuovo,
quello che non si è ancora espresso a parole: risveglierà in te impulsi che non avevi, come se ti rivolgessi a un Dio nuovo, adorato sotto un’altra luce, che sia diverso per te ogni mattina, per saziare il tuo cuore con eloquenti concerti. Poiché Dio è infinito… Entra in Lui come in una foresta profonda dove i silenzi pieni di mistero risuonano nelle profondità dell’essere».
27 ottobre 1949 – Ora santa, in camera mia. [Unico colloquio di Gabrielle con Dio Padre] «Quando vedo che mi cerchi, ti sfuggirò? Quando mi chiami ansiosamente, non ti risponderò? Forse che non sono più lo stesso Dio dei primi mattini della Creazione? di quando il primo uomo, magnifico e buono, che mi attendeva per aprirmi il suo cuore, trovava un’ineffabile appagamento in quelle prime conversazioni? E Mosè sul Sinai? e i Profeti? e l’Uomo-Dio, nelle sue solitudini di notte e di giorno? Puoi dire che non mi avvicinavo a loro con il conforto della mia Paternità? E dopo che l’Uomo-Dio si è lasciato crocifiggere nell’orrore dei tormenti, per causa vostra, non lo rivedo forse in ognuno di voi? Il mio Cristo, il mio Unico Figlio…
La vostra voce è la Sua… Giacobbe che prende il posto di Esaù. La mia benedizione discende su di voi per sempre, se la vostra fedeltà mi è assicurata. Credilo dunque! e non privarmi delle tue implorazioni. Non soffriresti se io scomparissi dalla tua vita?
Puoi concepire anche solo una mezza giornata senza di me? o un mattino senza Comunione? o una gioia senza condividerla con me? o un dispiacere che non tu potessi più raccontarmi? Pensa che, in questo istante, ci sono nel mondo creature che vogliono essermi del tutto estranee… Per loro, così povere, prega con le ricchezze che tu hai ricevuto proprio per aiutare gli altri.
Prega per loro come se tu pregassi per il Cristo.
Cosa strana, non è vero?… Ma pensa che ognuna delle mie creature è un altro Cristo. Ora, voi non pensate alle conversioni, perché non le vedete; ma verrà un giorno in cui queste anime, entrate in Cielo con il vostro aiuto, vi grideranno la loro riconoscenza e il loro amore: perché in Cielo ci si ama.
Oh! figlia mia, onora il Corpo di Cristo. Prendi cura delle sue membra, glorifica la sua Sposa, la Chiesa. Non vi è nulla al mondo di più grande, di più prezioso, di più eccellente della santità dello Sposo e della Chiesa, sua Sposa, se non lo splendore della Trinità che racchiude e illumina tutto ciò che le appartiene».
3 novembre 1949 – Ora santa.
«A che punto sei del nostro amore? Ti avvicini maggiormente a me nel pensiero del tuo cuore? con maggiore frequenza e maggiore intimità? Provi gioia a offrirmi un sacrificio? Desideri più fortemente il mio Regno? La tua bontà è ancora limitata quando si tratta del prossimo?
Vedi: si fanno spesso domande ai bambini per sapere quanto si applicano. Tu, che sai di essere debole e misera, chiediti se le tue poche forze resistono ancora e come puoi aumentarle. Quando ci si pesa e ci si misura, si può fare il punto. Oh! il punto dell’anima tua… come ti è necessario farlo! Soprattutto, fatti coraggio! Com’è necessario un elogio ai principianti!… Ma sì, mia povera piccola, tu sei sempre una principiante… ma con la ferma volontà di crescere. Sei sempre una aspirante, come quelle giovani religiose che vorrebbero affrettare gli anni che ancora le separano dalla professione.
Immaginati un’aula numerosa, composta da bambini indisciplinati e da bambini volonterosi. Non credi che il maestro farà di tutto per assecondare il lavoro e l’applicazione di quelli che mirano ad arrivare? Il tuo maestro è il tuo Dio. Il tuo lavoro, è il suo Amore.
Quand’eri piccola, ti guidavano la mano per scrivere. Il tuo Dio ti guiderà il cuore per amare. Con gioia tanto più grande quanto più spesso glielo chiederai, poiché tu conosci la pochezza dei tuoi mezzi… Nessun maestro sarà così attento ai palpiti del suo diligente allievo».
“Signore, vi amo da tanto tempo, e ancora non so amarvi”.
«Per amare il Padre e lo Spirito, prendi in prestito il mio Cuore;
e per amare il tuo Cristo, offrigli la sua Passione».
6 dicembre 1949 – Cercavo un modo nuovo di amarlo.
«Non trovi che la Delicatezza sia il fascino dell’amore?».
9 dicembre 1949 –
«Non potresti sopprimere tutti quei piccoli pensieri inutili che non servono né a te, né al prossimo, né a Dio? e mettere, al loro posto, un’adorazione amorosa, il desiderio del mio Regno, lo zelo per la salvezza dei tuoi fratelli? Sarebbero come le piante d’appartamento che abbelliscono i saloni».
11 dicembre 1949 – Chiusura della novena dell’Immacolata. Ero estasiata dalla Messa cantata a cinque voci.
«Cosa dirai in Cielo, ascoltando cantare le mie lodi in miliardi di voci? Ogni anima santa ha la sua».
Udivo riflessioni entusiastiche da parte di lettori di «Lui e io»: “Grazie, Mio Signore, di tutte queste grazie intime che spandete in segreto”.
«E tu non sai tutto. Non lo saprai che in Cielo. E con quale gioia…
Mi compiaccio a percorrere la via dei cuori con il nostro piccolo libro.
Tanti leggono e sono trafitti da una delle mie frecce.
Alcuni non osano credere a tanto amore e rimangono sull’orlo della Verità.
Altri chiudono il libro senza voler comprendere.
Ma credi che molti, profondamente stupiti, tentano di ricalcare il loro modo di amare sull’intimità che non abbandona, che non trascura, che si ingegna a piacere, a consolare, a rallegrare con una tenerezza nuova. Ti ho detto che, nell’amarmi, voi non esagererete mai.
Anche fino alla follia: non ho fatto lo stesso io, per voi? Potrete mai rispondere allo stesso modo? Vicino ai vostri cuori, io sono così povero…
Tante indifferenze, tante avversioni… Almeno quelli che comprendono,
cerchino di farmi ricco ogni giorno, non foss’altro che con un sentimento di commiserazione. Anche poca pietà da parte vostra mi è già di sollievo.
Un semplice desiderio di avvicinarsi a me, mi calma.
Un atto d’amore, sia pur breve, in mezzo alle vostre occupazioni, mi accontenta. E se un cuore arriva a non vivere più che per me, io lo appago fin da questa vita, poiché egli mi offre sulla terra un luogo in cui mi rifugio. Non credere che ce ne siano molti! Leggete il Vangelo. Guardate il Modello.
Attingetevi l’amore per gli altri, lo zelo nel servizio al Padre, l’unione con lo Spirito affinché Egli soffi quando vorrà, quanto vorrà.
E se Egli vi manda una prova, non dite: “Basta!”. Tendetegli il vostro essere, affinché Egli lo porti dove vuole… E sarà sulle cime.
Tu, che mi hai trovato, non desideri onorarmi del tuo delicato amore?
Anche in mezzo alle visite, alle distrazioni, ai viaggi, apri l’interno del tuo cuore: io vi risiedo»
Ultimi giorni del 1949 –
«Che l’amore egoistico di te, esca da te. Che l’amore sacrificato del tuo Dio, abiti in te!».

1950

1° gennaio 1950 –
«Parola d’ordine: “La speranza nel tuo Dio: una speranza sconfinata!”».
“Signore, che queste parole, fissate da Te
su queste pagine bianche come su solide muraglie,
siano altrettante sorgenti d’Amore
a cui verranno ad abbeverarsi i miei fratelli e le mie sorelle della terra!”.
5 gennaio 1950 – A Le-Fresne, di passaggio, davanti a una Loira e a un cielo di piombo.
«Vedi come i tuoi alberi, i tuoi fiori aspettano la linfa che si prepara a ricondurre la vita: tutto è grigio, tutto è morte. Poi, dolcemente, verrà la primavera.
Abbandonati alla Grazia. Lei e tu: la vela gonfiata dal vento e la barca: o dolce alleanza! Tu senti il rumore della Loira che passa lungo le tue muraglie, e l’aria che sfiora le tue finestre. a tu non scorgi la forza divina che ti sospinge quando ti abbandoni a lei.
Qualche volta ti fermi e pensi: “ È forse Lui?” Sono sempre Io…
Allora, anche tu, come i tuoi alberi, come i tuoi fiori, attendi la Linfa, ma domandala. Cerca di raggiungermi. Tendimi la tua vita: ha ancora pagine bianche.
Domandami di tenerti la mano, e noi le scriveremo insieme.
Sarà come quando eri piccola: perché tu sei sempre piccola.»
12 gennaio 1950 – Ora santa. Io mi stupivo della straordinaria rapidità con la quale si era esaurita la prima edizione di “Lui e io”.
«Attribuiscilo alla mia volontà, assecondata da quella del Cuore addolorato e immacolato di mia Madre. Sai che cosa facciamo scrivendo queste pagine? Togliamo il pregiudizio che l’intimità dell’anima con Dio sia possibile solo per un religioso nel chiostro, mentre il mio Amore segreto e tenero è in realta per ogni anima. Essa ne ha misteriosamente il desiderio, ed è così vero che ciascuno vuol possedere l’esempio e il mezzo di giungervi.
Ah! figlia mia, che gioia per me e per te se ogni creatura diventasse finalmente per me l’amico fedele, e mi offrisse il suo cuore come sua sala più riservata, per mia abituale dimora.
Care creature, ancora timorose,
osate credere,
osate sperare,
osate amare.
Trascinatene altre in questa catena d’amore.
Che questo movimento continui fino all’ultimo dei vostri giorni sempre più rapido, come un ultimo flusso nel mare.»
19 gennaio 1950 – Ora santa.
«È passato molto tempo dal nostro ultimo cuore-a-cuore in un’ora santa: otto giorni… Abbi numerosi slanci spontanei e gioiosi, come quando eri piccola.
Quando potevi prenderti una vacanza, tu saltavi al collo di quelli che amavi!
E, quando lasci la città per venire in questa campagna, rivedendola a un tratto, nel primo abbraccio del tuo sguardo sulla Loira e sulle isole, non è vero che ritrovi tutti l’incanto della tua giovinezza?
Allora, quando ti allontani dagli obblighi mondani, dalla vita materiale, e puoi, per qualche istante, rientrare nel tuo cuore, dammi l’effusione gioconda, quasi infantile, della tua giovinezza spirituale, rapidamente, amorosamente e con tutto il cuore; per poi ripartire e continuare il tuo lavoro fra gli altri e per il mio servizio.
Non essere timida quando si tratta di amarmi, poiché mi dai gioia e mi consoli dalle freddezze della terra… Forse ho contato troppo su di te? Sarò forse deluso?
Ho anch’io dei sogni, delle speranze; non dimenticare che sono anche Uomo.
Posso dirti “non togliermi le mie illusioni”?…
Hai osservato? Di notte anche le stelle si prestano l’un l’altra la luce.
E quando stai davanti a Me, mia Gabrielle, guardami con una grande tenerezza, e pensa che è altrettanto dolce essere visto che vedere.»
20 gennaio 1950 – Quarant’Ore.
«Forse che la terra basta, a te?»
21 gennaio 1950 – Quarant’Ore.
“Signore, io voglio intensamente riparare per me e per gli altri, intensamente consolarti, e mi hai detto che per Te è l’intenzione che conta e sei indulgente quando questo non riesce bene.”
«Non t’ho detto anche di sperare perdutamente?»
26 gennaio 1950 – Ora santa. Il freddo era intenso; non accendevo il fuoco per onorare l’Anno Santo. «È poca cosa, figlia mia, se in cambio della tua penitenza tu mi riconduci un peccatore!
Tu non senti più il freddo di ieri, e non senti ancora quello di domani. Non si tratta dunque che di questo minuto, e che cosa è un minuto di disagio in confronto a un’anima che non cadrà in inferno, mi loderà eternamente?
Come si dimentica, in questo secolo, di far penitenza!… Non sarebbe meglio di più abbandonarvi ad essa liberamente piuttosto che subirla come per forza?
Che la gioia non ti abbandoni mai: è il lustro della mortificazione, è la dolcezza intima dell’amore. Accanto al tuo focolare spento è il fuoco del tuo cuore che viene ravvivato dallo Spirito: ed è il fuoco dell’inferno che stai spengendo per alcuni.
Indovini ciò che sento, mia piccola sorella di lavoro?»
28 gennaio 1950 – In un grande ricevimento.
«Più tu soffri, più servi.
2 febbraio 1950 – Dopo un ritrovo in un salotto di amici.
«Hai osservato? Non è tanto quello che dite che importa, ma la maniera con cui lo dite. Quando parlate con me, è la medesima cosa. Trovate in voi il modo di amare, la sfumatura della confidenza: allora, io sono vinto. […]
Insieme, cammineremo con i pazienti sforzi quotidiani.
Piccola mia, ascoltami bene: sono i pazienti sforzi quotidiani che fanno i meriti delle piccole cose.»
Ora santa.
«Non domandi abbastanza. Perché sei così timida nel tuo cuore che il mio orecchio non intende la tua voce? Non hai ancora compreso la gioia che ho Io, nel soddisfare i tuoi desideri? Ma se non hai
compreso del tutto, studiati di comprendere meglio.
Ci sono alcuni esploratori che viaggiano correndo, e altri che invece cercano di studiare i particolari.
Sii l’esploratrice degli infiniti bisogni del mio Cuore per meglio cercare di soddisfarli. Troverai che attendo le tue richieste, molteplici, umili, ma potenti; contrite ma piene di certezze.
Sii il mio portavalori… i miei Angeli li porteranno a domicilio. Ma bisogna che prima tu abbia meritato.
E i peccatori? Io ti attendo per attirarli e consegnarli…
E le missioni?… I pagani di Francia e di altrove?
E i miei sacerdoti da aiutare, da conservare nella mia immagine?
E i miei vescovi? Affinché essi abbiano in loro lo sguardo della Paternità?
E per ogni anima del tuo tempo, abbi la cura di entrare nella mia intimità costante.
Non l’ho meritato? Non ho sofferto ancora più atrocemente di tutto ciò che si è potuto descrivere? Se poteste sapere…
Sappiate soltanto che una parola d’Amore mi paga, che avvicinare le vostre vite alla mia vita – quella del Cielo, quella eucaristica – mi trascina a portarvi tra le mie braccia, a coprirvi con i miei meriti. Ogni anima ha la sua maniera di domandare: che la tua sia calda e lunga; gioiosa, come già esaudita; affettuosa, come sicura d’essere amata; piena di grazia, perché piena dei miei doni; generosa, come sempre questuante; audace, perché domandi in mio Nome.
Ed io, io ti ascolterò con tanta gioia che tu non potrai non sentirla; ciò ti darà un nuovo coraggio per chiamarmi a incessanti vittorie.
E quando domanderai ancora di più, rivolgiti al tuo Cristo-Uomo, e il tuo Cristo-Uomo trasmetterà a Dio Padre, mediante lo Spirito d’Amore. Come puoi credere allora che la tua domanda rimanga senza risposta?!»
5 febbraio 1950 – Parigi. Nel metrò.
«Forse che non sono il tuo amico? Allora, perché non mi parli con gioia?»
Auteuil.
«È alla sera della vita che comincerai a vivere: quando tu penserai che stai per morire.»
Parigi. Al risveglio. “Oggi, cosa c’è di nuovo?”
«Dio.»
6 febbraio 1950 – Parigi, a teatro.
«Che sono questi spettacoli brillanti? Luci false, diamanti falsi. Quando vedrai quelli del Cielo…»
9 febbraio 1950 – Ora Santa.
«Progredisci nel mio Amore, amica mia? Puoi dirti: “Io non lo lascio più, il mio caro Signore, e tutto
nella mia vita si svolge per fargli piacere”? Ti rendi ben conto che bisogna arrivare qui?
La vita non ha altro scopo: servire e amare il proprio Dio. È così che voi imitate la mia vita terrena, tutta trascorsa nel servizio e nell’amore di mio Padre. Niente vi porterebbe più vantaggio che il riprodurre in voi la Bontà, la Bellezza dei miei tratti.
Contemplateli nel Vangelo. Ve ne spiegherò il senso, rallegrandomene, come si rallegrerebbe un padre di famiglia se, avendo messo il proprio ritratto alla portata dei suoi figli, uno di loro venisse a contemplarlo per attingervi forza d’amore e stimolo alla sua volontà.
Ah! che si possa dire di tutti i miei cristiani: “Essi sono il ritratto vivente del loro Padre!”. Quale gioia per il Padre!
Hai fiducia in me? Allora, domandami con coraggio tutte queste cose che tu, da sola, non puoi raggiungere. Un tempo, quando ciò che volevi si trovava sopra un mobile in alto, ti alzavano fra le braccia. Domandami le mie. Come potrò arrivare, se tu non mi chiami? Oh, il bel grido! Come amo sentirlo! Oh, la dolce tua debolezza… Come essa è la tua forza su di me. Senza vergogna, offrimi questa debolezza come i miseri distesi in terra che chiedono soccorso al passante. Io sarò il Passante.
Hai visto ieri nei sotterranei del metrò quei poveri miserabili? Quante poche persone, nella loro fretta, si fermavano per fare l’elemosina… Io, davanti alle vostre tenebre e ai vostri languori,
quando mi implorate mi fermo sempre. E se tu potessi vedermi, mentre vi guardo… Conoscete voi un po’ meglio lo sguardo del Cristo? Imparate dolcemente a conoscerne la Dolcezza…».
19 febbraio 1950 – Giardini del Lussemburgo.
«[…] Io rispetto la vostra libertà e quando la concedete a Me è il più gran regalo che possiate offrirmi. E che io possa cogliere con tanta gioia. … Ascoltami bene: mi sacrificherai ancor più completamente la tua libertà al momento della tua morte. Sarà il supremo sforzo del tuo amore intero. Coglierò la tua morte come una palma.»
2 marzo 1950 – Ora santa. Nantes.
«Metto ciò che occorre nei tuoi pensieri, sfogliali uno ad uno ed essi andranno agli altri, impregnati del mio fortificante profumo. Sai qual è questo profumo? È il sentimento di essere amato da Dio, è credere che egli si occupa di voi con la più grande cura. Tutte le nostre righe lo ripetono e risvegliano la vostra fiducia. È questa la gloria di Dio: la fiducia dell’uomo. E il regno di Dio è l’amore dell’uomo».

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