L’Unzione degli infermi
La malattia e la morte possono e debbono essere vissuti in modo da santificarsi e redimere con Cristo
Autore: Ángel García-Ibáñez
1. L’unzione degli infermi, sacramento di salvezza e di guarigione La natura di questo sacramento.
L’Unzione degli infermi è un sacramento istituito da Gesù Cristo, fatto intravedere come tale nel Vangelo di Marco (cfr. Mc 6, 13), raccomandato ai fedeli e promulgato dall’Apostolo Giacomo: «Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati» ( Gc 5, 14-15). La Tradizione viva della Chiesa, riflessa nei testi del Magistero, ha riconosciuto in questo rito, destinato a recare conforto ai malati e a purificarli dal peccato e dalle sue conseguenze, uno dei sette sacramenti della Nuova Legge [1] .
Il significato cristiano del dolore, della morte e della preparazione a una buona morte.
Nel Rituale dell’Unzione degli infermi il significato della malattia dell’uomo, delle sue sofferenze e della morte è spiegato alla luce del disegno salvifico di Dio, e più esattamente alla luce del valore salvifico del dolore assunto da Cristo, il Verbo incarnato, nel mistero della sua Passione, Morte e Risurrezione [2] . Il Catechismo della Chiesa Cattolica ne parla in termini simili: «Con la sua Passione e la sua morte sulla Croce, Cristo ha dato un senso nuovo alla sofferenza: essa può ormai configurarci a Lui e unirci alla sua Passione redentrice» ( Catechismo , 1505). «Cristo invita i suoi discepoli a seguirlo prendendo anch’essi la loro Croce (cfr. Mt 10, 38). Seguendolo, assumono un nuovo modo di vedere la malattia e i malati» ( Catechismo , 1506).
La Sacra Scrittura mette in stretta relazione malattia morte con il peccato [3] . Sarebbe però sbagliato considerare la malattia come castigo dei peccati personali (cfr. Gv 9, 3). Il significato del dolore innocente si capisce soltanto alla luce della fede, credendo fermamente nella Bontà e nella Sapienza di Dio, nella sua Provvidenza amorevole e contemplando il mistero della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo, grazie al quale è stata possibile la Redenzione del mondo [4] .
Mentre il Signore ci insegnava il significato positivo del dolore nel realizzare la Redenzione, ha voluto anche guarire una moltitudine di malati, dimostrando il suo potere sul dolore e sulla malattia, e soprattutto la sua potestà nel perdonare i peccati (cfr. Mt 9, 2-7). Dopo la Risurrezione invia gli Apostoli: «Nel mio nome […] imporranno le mani ai malati e questi guariranno» ( Mc 16, 17-18) (cfr. Catechismo , 1507) [5] .
Per un cristiano la malattia e la morte possono e debbono essere mezzi per santificarsi e redimere con Cristo. L’Unzione degli infermi aiuta a vivere queste realtà dolorose della vita umana con senso cristiano: «Nell’Unzione degli Infermi – come oggi viene chiamata l’Estrema Unzione – assistiamo a una preparazione piena d’amore al viaggio che avrà termine nella casa del Padre» [6].
2. La struttura del segno sacramentale e la celebrazione del sacramento
Secondo il Rituale dell’Unzione degli infermi, la materia adatta per la celebrazione del sacramento è l’olio di oliva o, in caso di necessità, un altro olio vegetale[7 ] . Quest’olio dev’essere benedetto dal vescovo o da un sacerdote che ne abbia la debita facoltà [8] .
«L’Unzione si fa spalmando un po’ di olio sulla fronte e sulle mani dell’infermo [9] ». La formula sacramentale con la quale nel rito latino si conferisce l’Unzione degli infermi è la seguente: « Per istam sanctam unctionem et suam piissimam misericordiam, adiuvet te Dominus gratia Spiritus Sancti. Amen / Ut a peccatis liberatum te salvet atque propitius allevet. Amen . (Per questa santa unzione e la sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito santo. Amen./ E, liberandoti dai peccati, ti salvi e nella sua bontà ti sollevi. Amen)» [10] .
Come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, «È molto opportuno che [l’Unzione degli infermi] sia celebrata durante l’Eucaristia, memoriale della Pasqua del Signore. Se le circostanze lo consigliano, la celebrazione del sacramento può essere preceduta dal sacramento della Penitenza e seguita da quello dell’Eucaristia. In quanto sacramento della Pasqua di Cristo, l’Eucaristia dovrebbe sempre essere l’ultimo sacramento del pellegrinaggio terreno, il “viatico” per il “passaggio” alla vita eterna» ( Catechismo , 1517).
3. Il Ministro dell’Unzione degli infermi.
Ministro di questo sacramento è soltanto il sacerdote (vescovo o presbitero) [11] . È dovere dei pastori istruire i fedeli sui benefici di questo sacramento. I fedeli (in particolare, i parenti e gli amici) debbono incoraggiare i malati a chiamare il sacerdote per ricevere l’Unzione degli infermi (cfr. Catechismo , 1516).
È bene che i fedeli tengano presente che ai nostri giorni si tende a “isolare” la malattia e la morte. Nelle cliniche e negli ospedali moderni spesso i malati gravi muoiono nella solitudine, anche se ci sono altre persone. Tutti – in particolare i cristiani che lavorano negli ambienti ospedalieri – debbono impegnarsi a far sì che non manchino ai malati ricoverati i mezzi che danno consolazione e sollievo al corpo e all’anima che soffre. Tra questi mezzi – oltre alla Confessione e alla Comunione – c’è il sacramento dell’Unzione degli infermi.
4. Soggetto dell’Unzione degli infermi
Soggetto dell’Unzione degli infermi è ogni persona battezzata, che abbia raggiunto l’uso di ragione e si trovi in pericolo di morte per malattia, o per vecchiaia unita a uno stato di avanzata debolezza senile [12] . L’Unzione degli infermi non può essere amministrata ai defunti.
Per ricevere i frutti di questo sacramento si richiede che il soggetto si sia precedentemente riconciliato con Dio e con la Chiesa, almeno col desiderio unito al pentimento dei propri peccati e alla intenzione di confessarsi, appena possibile. Per questo la Chiesa raccomanda che, prima dell’Unzione, il malato riceva il sacramento della Riconciliazione [13] .
Il soggetto deve avere l’intenzione, almeno implicita, di ricevere questo sacramento [14] . In altre parole, il malato deve avere la volontà di morire come muoiono i cristiani, con gli aiuti soprannaturali ad essi destinati.
Anche se l’Unzione degli infermi si può amministrare a chi ha già perso i sensi, bisogna fare in modo che la si riceva da coscienti, in modo che il malato possa disporsi meglio a ricevere la grazia del sacramento. Non si deve amministrare a coloro che rimangono ostinatamente impenitenti in stato di peccato grave manifesto (cfr. CIC, can. 1007).
Se un malato che ha ricevuto l’Unzione riacquista la salute, può, in caso di una nuova grave malattia, ricevere nuovamente questo sacramento; e nel corso della stessa malattia, il sacramento può essere ripetuto nel caso in cui la malattia si aggrava (cfr. CIC, can. 1004, 2).
Infine, bisogna tener presente questa indicazione della Chiesa: «Nel dubbio se l’infermo abbia già raggiunto l’uso di ragione, se sia gravemente ammalato o se sia morto, questo sacramento sia amministrato» (CIC, can. 1005).
5. Necessità di questo sacramento.
Ricevere l’Unzione degli infermi non è necessario con una necessità di mezzo per la salvezza, ma non si deve volontariamente farne a meno se è possibile riceverlo, perché equivarrebbe a rifiutare un aiuto efficace per la salvezza. Privare un malato di quest’aiuto potrebbe costituire un peccato grave.
6. Effetti dell’Unzione degli infermi.
In quanto sacramento della Nuova Legge, l’Unzione degli infermi dà al fedele la grazia santificante, e la grazia sacramentale specifica che ha come effetto:
– l’unione più intima con Cristo nella sua Passione redentrice, per il proprio bene e per quello di tutta la Chiesa (cfr. Catechismo , 1521-1522; 1532);
– il conforto, la pace e il coraggio per superare le difficoltà e le sofferenze proprie di una malattia grave o della fragilità della vecchiaia (cfr. Catechismo , 1520; 1532);
– la cancellazione delle conseguenze dei peccati e il perdono di quelli veniali, ed anche dei peccati mortali nel caso in cui il malato ne fosse pentito, ma non avesse potuto ricevere il sacramento della Penitenza (cfr. Catechismo , 1520);
– il ristabilimento della salute del corpo, se questa è la volontà di Dio (cfr. Concilio di Firenze: DS 1325; Catechismo , 1520);
– la preparazione al passaggio alla vita eterna. In tal senso, il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: «Questa grazia [propria dell’Unzione degli infermi] è un dono dello Spirito Santo che rinnova la fiducia e la fede in Dio e fortifica contro le tentazioni del maligno, cioè contro la tentazione di scoraggiamento e di angoscia di fronte alla morte (cfr. Eb 2, 15)» ( Catechismo , 1520).
[1] Cfr. DS 216; 1324-1325; 1695-1696; 1716-1717; Catechismo , 1511-1513.
[2] Cfr. Rito dell’Unzione degli infermi , Praenotanda , 1-2.
[3] Cfr. Dt 28, 15; Dt 28, 21-22; Dt 28, 27; Sal 37 (38), 2-12; Sal 38 (39), 9-12; Sal 106 (107), 17; Sap 2, 24; Rm 5, 12; Rm 5, 14-15.
[4] «Cristo non soltanto si lascia toccare dai malati, ma fa sue le loro miserie: “Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” (Mt 8, 17; cfr. Is 53, 4). […]. Sulla Croce, Cristo ha preso su di sé tutto il peso del male (cfr. Is 53, 4-6) e ha tolto il “peccato del mondo” ( Gv 1, 29), di cui la malattia non è che una conseguenza» ( Catechismo , 1505).
[5] Il dolore, per se stesso, non salva né redime. Solo la malattia vissuta nella fede, nella speranza e nell’amore a Dio, solo la malattia vissuta in unione con Cristo, purifica e redime. Cristo allora ci salva non dal dolore, ma nel dolore, trasformato in orazione, in un “sacrificio spirituale” (cfr. Rm 12, 1; 1 Pt 2, 4-5), che possiamo unire a Dio unendoci al sacrificio Redentore di Cristo attuato in ogni celebrazione dell’Eucaristia perché noi possiamo partecipare in Lui.
Inoltre è bene tenere presente che «rientra nel piano stesso di Dio e della sua provvidenza che l’uomo lotti con tutte le sue forze contro la malattia in tutte le sue forme, e si adoperi in ogni modo per conservarsi in salute: la salute infatti, questo grande bene, consente a chi la possiede di svolgere il suo compito nella società e nella Chiesa. Ma si deve anche essere pronti a completare nella nostra carne quello che ancora manca ai patimenti di Cristo per la salvezza del mondo, nell’attesa che tutta la creazione, finalmente liberata, partecipi alla gloria dei figli di Dio (cfr. Col 1, 24; Rm 8, 19-21)» ( Rito dell’unzione degli infermi , Praenotanda , 3).
[6] San Josemaría, È Gesù che passa , 80.
[7] Cfr. Rito dell’Unzione degli infermi , Praenotanda , 20; Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium , 73; Paolo VI, Cost. Ap. Sacram Unctionem Infirmorum , 30-XI-1972, AAS 65 (1973) 8.
[8] Cfr. Rito dell’Unzione degli infermi , Praenotanda , 21. In questo punto del documento si dice anche che, in conformità col CIC, can. 999, qualunque sacerdote, in caso di vera necessità, può benedire l’olio per l’Unzione degli infermi, ma durante il rito.
[9] Idem , Praenotanda , 23. In caso di necessità, basta fare un’unica unzione sulla fronte e su di un’altra parte del corpo (cfr. ibidem ).
[10] Rito dell’Unzione degli infermi , Praenotanda , 25; cfr. CIC, can. 847, 1; Catechismo, 1513. Questa formula si distribuisce in modo che la prima parte si dice mentre si unge la fronte e la seconda mentre si ungono le mani. In caso di necessità, quando si può fare solo una unzione, il ministro pronuncia contemporaneamente l’intera formula (cfr. Rito dell’Unzione degli infermi , Praenotanda , 23).
[11] Cfr. CIC, can. 1003, 1. Né i diaconi né i fedeli laici possono amministrare validamente l’Unzione degli infermi (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota circa il ministro del sacramento dell’Unzione degli infermi , 11-II-2005, Enchiridion Vaticanum, 23, pp. 269 ss.).
[12] Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium , 73; CIC, cann. 1004-1007; Catechismo , 1514. Pertanto, l’Unzione degli infermi non è un sacramento per quei fedeli che semplicemente sono arrivati alla cosiddetta “terza età” (non è il sacramento dei pensionati), né del resto è un sacramento solo per i moribondi. Nel caso di una operazione chirurgica, l’Unzione degli infermi può essere amministrata quando la malattia, causa dell’operazione, mette di per sé in pericolo la vita del malato.
[13] Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium , 74.
[14] A tal proposito si dice nel CIC: «Si conferisca il sacramento a quegli infermi che, mentre erano nel possesso delle proprie facoltà mentali, lo abbiano chiesto almeno implicitamente» (can. 1006).