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Maria, Madre della Misericordia

Autore: Autori Cristiani

Quando Gabriele le comunica la gioiosa notizia, l’evangelion, che da un umile villaggio della Galilea cambierà la vita degli uomini per sempre i, «la Signora dal dolce nome, Maria, è raccolta in preghiera» ii. Il Signore ha ascoltato anche Elisabetta, dice l’angelo alla Madonna prima di ritirarsi. Santa Maria ripensa per qualche istante alle parole di Gabriele: dentro di sé si fa strada una gioia che le riempie l’anima e che, contemporaneamente, la fa raccogliere in adorazione del Dio nascosto, latens Deitas iii, che ora alberga nel suo seno. Poco dopo, è già in viaggio su per i monti: la cugina forse ha bisogno di un piccolo aiuto; non solo, ma anche lei sente il bisogno di andarla a trovare, perché non sta più nei panni e non conosce nessun altro, a parte Giuseppe, con cui spartire questo felice segreto. Santa Maria è già in quel momento «immagine della futura Chiesa che, nel suo seno, porta la speranza del mondo attraverso i monti della storia» iv.

SANTA MARIA È GIÀ «IMMAGINE DELLA FUTURA CHIESA CHE, NEL SUO SENO, PORTA LA SPERANZA DEL MONDO ATTRAVERSO I MONTI DELLA STORIA»
Se nessuno come una madre prova la gioia di vivere che palpita in un neonato, la felicità della Madonna e di sua cugina, alla quale si uniscono le donne di Ain Karim, è molto più intensa. Dio ha preso l’iniziativa; ha scelto la terra fertile della loro generosità e del loro abbandono, e ha inaugurato in esse la vera primavera della storia. Mentre il mondo tenta di vivere delle sue incerte gioie, in questo angolo della Giudea prorompe, silenziosamente, la gioia di Dio. San Luca ci racconta che, quando Elisabetta saluta Maria, san Giovanni Battista salta dalla gioia nel seno di sua madre. Come il profeta Davide ballava e saltava intorno all’Arca dell’Alleanza, così ora il più grande «tra i nati di donna», colui che è «più di un profeta» ( Mt 11, 9.11), salta all’arrivo di santa Maria, la nuova Arca dell’Alleanza. Anche in questo il Battista è precursore del figlio di Davide; come dirà di se stesso alcuni anni dopo, egli è «l’amico dello sposo, che […] esulta di gioia alla voce dello sposo» ( Gv 3, 29). E già ora, all’udire la madre dello sposo, mosso dallo Spirito Santo, è profeta senza parole della gioia del Vangelo.

Si rallegra il mio spirito in Dio

«Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente. Esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore, si rallegrerà per te con grida di gioia, come nei giorni di festa» ( Sof 3, 17-18). San Luca aveva ben presente il profeta Sofonia quando raccontava questi momenti della vita della Madonna. La gioia, intima e nello stesso tempo traboccante, che la Madonna ha contenuto nelle sue giornate di viaggio da Nazaret, e che si contagia immediatamente a santa Elisabetta e a san Giovanni, trova ora sfogo nel Magnificat, canto di gioia e di misericordia v. «Nostra Madre ha meditato lungamente le parole dei santi personaggi dell’Antico Testamento – uomini e donne che aspettavano il Signore – e i fatti di cui erano stati protagonisti. Ammirava […] quella profusione di misericordia che Dio aveva riversato sul suo popolo tante volte ingrato. Nel considerare tanta tenerezza celeste, incessantemente rinnovata, si effonde l’ardore del suo Cuore immacolato: l’anima mia magnifica il Signore» vi.

PERCIÒ CANTA CON MARIA: «TUTTE LE GENERAZIONI MI CHIAMERANNO BEATA»
«Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore». Santa Maria è figlia di un popolo mediterraneo, di una terra dove si canta e si balla: la sua intima emozione, che viene dal profondo dell’anima, si esterna in gesti ed esclamazioni. «A volte non vi basterà parlare, sentirete la necessità di cantare per amore […], di andare per il mondo dando luce, come fiaccole accese che fanno faville» vii. La gioia di Maria non si spiega unicamente perché Dio è entrato nella sua vita, ma perché, attraverso di Lei, il Figlio di Dio si è fatto uno di noi, «ricordandosi della sua misericordia […] per sempre».

La Chiesa si riconosce nel Magnificat, «il cantico del Popolo di Dio che cammina nella storia» viii, e per questo lo ricorda ogni giorno nell’ufficio dei Vespri. Assieme a santa Maria non canta una gioia piccola e individuale: canta la gioia dell’umanità intera; una gioia che proviene dalla speranza in «Dio mio salvatore». La Chiesa sa che Dio è più forte del male. «Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» ( 1 Cor 1, 25): la forza dei «potenti» e dei «superbi di cuore», che fanno la guerra a «quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù» (Ap 12, 17) e minacciano di annientare l’Amore di Dio, non è altro che forza esteriore, rumore, vanità: «come pula che il vento disperde» (Sal 1, 4).

DIO APPARE DISARMATO DAVANTI AI SEMPLICI; IL SUO LINGUAGGIO, APPARENTEMENTE INOFFENSIVO, «ROVESCIA I POTENTI DAI TRONI»
«La nostra tristezza infinita si cura soltanto con un infinito amore» ix: la misericordia è l’amore gioioso di Dio che va incontro a un mondo intristito, a una «valle di lacrime» x. Dio «esce come sposo dalla stanza nuziale, esulta come prode che percorre la via» (Sal 18 [19], 7): viene con il suo affetto, con il suo perdono, con la sua comprensione… Viene soprattutto con la gioia dello Spirito Santo, carità increata, che è la sorgente continua della sua misericordia, perché soltanto dalla gioia si ottengono le forze per perdonare senza riserve e senza limiti. La gioia di Dio è anche il fine della sua misericordia, perché ci ha creati per Lui; vuole salvarci dalla tristezza del peccato per darci una felicità che nessuno ci potrà toglierexi.

Dio ha affidato questa gioia alla sua Chiesa, e nessuno gliela potrà togliere, «malgrado tutto» xii. Perciò canta con Maria: «tutte le generazioni mi chiameranno beata». Tutte le generazioni degli uomini finiscono con il trovare nella Chiesa una Madre che, attraverso le crisi e le tragedie della storia, e pur soffrendo per i figli e gli estranei che la maltrattano o la disprezzano, trabocca della gioiosa salvezza di Dio e a tutti offre instancabilmente la sua misericordia. Come Maria nel suo Magnificat, la Chiesa in qualche modo sorvola la storia xiii; Essa custodisce la gioia della Risurrezione e scorge, fra tanto dolore e tanta miseria, tanta santità nascosta e feconda: la misericordia di Dio che «di generazione in generazione si stende su quelli che lo temono».

I poveri di Dio

Il Magnificat è impregnato della «spiritualità degli anawim biblici, ossia di quei fedeli che si riconoscevano “poveri” non soltanto nel distacco da ogni idolatria della ricchezza e del potere, ma anche nell’umiltà profonda del cuore, […] aperto all’irruzione della grazia divina salvatrice» xiv. Santa Maria, e noi con lei, non canta la propria grandezza: canta la sua piccolezza – «l’umiltà della sua serva» – e le «grandi cose» che Dio ha fatto in Essa.

«Magnificat anima mea Dominum »: tutte le generazioni e tutte le culture hanno messo e continueranno a mettere musica a queste parole, che potrebbero tradursi così: «Com’è grande Dio, come fa bene le cose». L’entusiasmo di Maria ad Ain Karim risuonerà tre decenni dopo sulle labbra di suo Figlio, nel momento in cui forse la gioia di Gesù si espande più chiaramente nei Vangeli. È bello osservare che le note della sua gioia sono le stesse che nel Magnificat di sua Madre: «In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli» ( Lc 10, 21)xv. La predilezione di Dio per chi è piccolo costituisce un profondo mistero. Dio appare “disarmato” davanti ai semplici; il suo linguaggio, apparentemente ingenuo e inoffensivo, «rovescia i potenti dai troni». La misericordia ci mostra il vero volto di Dio e «la potenza del suo braccio», che finisce sempre col vincere. «Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli» ( Sal 8, 3).

Quando Giovanni invia i suoi discepoli a domandare a Gesù se è lui «colui che deve venire» ( Mt 11, 3), il Signore chiarisce, con parole del profeta Isaia xvi, i segni della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, tra i quali spicca questo: «ai poveri è annunziata la buona novella» ( Lc 7, 22). Nella Bibbia i poveri sono coloro che aspettano la visita di Dio. Zaccaria era un povero e per questo seppe che «grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, […] verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge» ( Lc 1, 78); Simeone era povero e per questo i suoi occhi videro la salvezza xvii.

Questa povertà non è miseria dell’anima né ristrettezza di prospettive; e non vuol dire neppure mancanza di cultura: i magi di Betlemme, che sicuramente appartenevano alla élite culturale del loro paese, erano «poveri in spirito» ( Mt 5, 3); il loro atteggiamento contrasta con la sufficienza degli scribi, l’ansia di Erode e l’effimera curiosità di Gerusalemme dove, passata la trepidazione per l’arrivo dei magi e la loro domanda intorno al Re che stava per nascere, nessuno ritornò più a interessarsi della vicenda. Questi saggi avevano la semplicità dei pastori di Betlemme; avevano cuore per comprendere, occhi per vedere, orecchi per udire xviii, e per questo furono tra i primi che lo adorarono.

DIO “HA BISOGNO” DELLA NOSTRA POVERTÀ PER ENTRARE NELL’ANIMA
«Ha guardato l’umiltà della sua serva […]. Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono». Lo sguardo misericordioso di Dio si posa su coloro che possono accoglierlo, perché riconoscono con il salmista: «Io sono povero e infelice; di me ha cura il Signore» ( Sal 39 [40], 18). Dio “ha bisogno” della nostra povertà per entrare nell’anima: «Gesù non sa che farsene dell’astuzia calcolatrice, della crudeltà dei cuori aridi, della bellezza appariscente ma vuota. Il Signore apprezza la gioia di un cuore giovane, il passo semplice, la voce non manierata, gli occhi limpidi, l’orecchio attento alla sua parola d’amore. Così regna nell’anima» xix.

Figlia e Madre della misericordia

Santa Maria è Figlia di Dio e Madre di Dio: genuisti qui te fecit xx; generò Colui che l’aveva creata e che l’aveva redenta, certamente in un modo speciale che la distingue da tutto il genere umano: «Maria ricevette nella sua concezione la benedizione del Signore e la misericordia di Dio, suo salvatore» xxi. Ella è per questo la prima Figlia della misericordia di Dio. E, oltre che Figlia, è Madre del Dio di misericordia: per questo la chiamiamo Mater misericordiæ , Madre della misericordia. «Rivolgiamo a lei la preghiera antica e sempre nuova della Salve Regina , perché non si stanchi mai di rivolgere a noi i suoi occhi misericordiosi e ci renda degni di contemplare il volto della misericordia, suo Figlio Gesù»xxii. San Josemaría ci ha insegnato che «a Gesù si va e si “ritorna” sempre per Maria» xxiii. La Madonna disperde la superbia dei nostri cuori e ci aiuta a farci piccoli, in modo che Dio fissi gli occhi sulla nostra umiltà e in noi nasca Gesù. Ricorriamo a Lei con la fiducia di figli, in tanti piccoli dettagli di affetto; uno di questi, che san Josemaría consigliava ai fedeli dell’Opus Dei, consiste nel baciare il rosario prima di recitare il Salmo 2 ogni martedì.

SAN JOSEMARÍA CI HA INSEGNATO CHE «A GESÙ SI VA E SI “RITORNA” SEMPRE PER MARIA»
Tutte le generazioni l’hanno chiamata e la «chiameranno beata», perché «l’amore porta con sé la gioia, ma è una gioia con le radici a forma di croce» xxiv: insieme a suo Figlio, Santa Maria soffrì sul Calvario «il drammatico incontro tra il peccato del mondo e la misericordia divina» xxv. La Pietà, come è stata chiamata la scena della Madonna che tiene fra le braccia suo Figlio morto, esprime intensamente questa intima partecipazione di nostra Madre alla Misericordia di Dio. «Pietà» traduce esattamente l’ebraico hesed, uno dei concetti con i quali la Bibbia esprime la misericordia di Dio. Sulla Croce, disprezzato dagli uomini, Dio protegge più che mai «Israele suo servo, ricordando la sua misericordia». Quando gli uomini dimenticano le misericordie del Signore, Dio le applica oltre ogni limite: «Donna, ecco il tuo figlio […]. Ecco la tua madre» ( Gv 19, 26-27). Queste parole, che il Signore diceva dalla Croce a sua Madre e a ognuno di noi xxvi, manifestano «il mistero di una speciale missione salvifica. Gesù ci lasciava sua madre come madre nostra. Soltanto dopo aver fatto questo, Gesù ha potuto sentire che “tutto era compiuto” ( Gv 19,28)»xxvii. Affidiamoci alla sua protezione, affinché ci renda misericordiosi come il Padre: «Ella dilaterà il nostro cuore e ci farà avere viscere di misericordia» xxviii.

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