Meditare in tempo di Avvento II
La nostra Preghiera di preparazione
Autore: Autori Cristiani
La gratitudine di Maria
Maria è andata in fretta là dove vivono Elisabetta e Zaccaria. All’arrivo ha la conferma essere vero tutto ciò che aveva detto l’angelo. Lo credeva fermamente, ma vedere la cugina in attesa di un figlio la riempie di gioia. Ha una nuova conferma di ciò che ormai sente nelle sue viscere: la presenza del Messia. La sua gioia trabocca e ne viene contagiato anche Giovanni. Possiamo pensare che il Battista, già dal ventre di sua madre, aspetti con ansia il momento di proclamare la buona notizia: Giovanni non perde un istante e lo annuncia a sua madre, che per il momento è l’unica che lo può ascoltare.
Per Maria probabilmente è stata una gioia immensa poter condividere con qualcuno ciò che riempiva il suo cuore. Nel salutare Elisabetta si è resa conto immediatamente che lei già sapeva tutto. Finora aveva tenuto la notizia nelle profondità del suo cuore. La Madre di Gesù prorompe in un canto e, nella sua lode, associa la storia di Israele alle parole che ha letto tante volte nella Sacra Scrittura. È così grande l’amore divino per lei, che non sa come esprimerlo; è costretta a prendere in prestito alcune parole di Dio stesso, come noi facciamo quasi sempre nella liturgia della Chiesa. Elisabetta le ha detto cose splendide, ma Ella le rivolge immediatamente all’autore di tanta meraviglia. Così sarà tutta la sua vita: portare gli uomini a Dio.
«L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1, 46-47). Maria è impressionata da come Dio fa le cose e dal motivo per il quale si serve di lei: «perché ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1, 48). Maria si sente guardata in un modo speciale da Dio e questa convinzione la induce a rendere grazie.
Il nostro desiderio di Dio è stimolato da Lui
Sicuramente Maria non aveva mai immaginato di trovare tanta grazia davanti al suo Creatore. Si rende conto che l’immensa bontà di Dio si diffonde senza altro motivo che la stessa libertà divina. Non possiamo evitare di meravigliarci. Ci appare difficile immaginare e credere in un Dio tanto compiacente con noi, povere creature.
Nello stesso tempo, secondo l’esperienza del peccato, può anche succedere che a volte ci sentiamo un po’ estranei a questa gratitudine, perché non possiamo dimenticare che «la capacità percettiva per Dio sembra quasi una dote che ad alcuni è rifiutata. E in effetti, la nostra maniera di pensare ed agire, la mentalità del mondo odierno, la gamma delle nostre varie esperienze sono adatte a ridurre la sensibilità per Dio, a renderci “privi di orecchio musicale” per Lui»[1]. Questa mancanza di “orecchio” non deve preoccuparci. San Tommaso d’Aquino ci tranquillizza: «Così splendida è la grazia di Dio e il suo amore per noi, che Egli ha fatto per noi più di quello che noi possiamo comprendere»[2]; vale a dire, per quanto minima possa essere la nostra capacità di sintonizzarci con Lui, la grazia di Dio va molto al di là e ci viene in aiuto.
Dio si fa in quattro per ognuna delle sue figlie e dei suoi figli, con la più grande intensità. «Non ha aspettato che diventassimo buoni per amarci, ma si è donato gratuitamente a noi […]. E la santità non è altro che custodire questa gratuità»[3]. Essere santo consiste nel lasciarsi amare da Dio così, perché se ne ha voglia, senza nessun altro motivo. San Josemaría utilizzava parole che forse ci appaiono sorprendenti: «Con la Fede e l’Amore siamo capaci di far perdere la testa a Dio, che diventa ancora una volta folle – è già stato folle sulla Croce, ed è folle ogni giorno nell’Ostia –, coccolandoci come fa un Padre con il figlio primogenito»[4]. Anche noi siamo oggetto di questa predilezione gratuita di Dio. Maria si rende conto che la sua gioia sarà proclamata per tutte le generazioni e da questa gratitudine ha origine la sua donazione.
Dalla gratitudine alla generosità
Da un cuore grato germogliano facilmente desideri di corrispondenza e di generosità. Potremo raggiungere la vera felicità e l’impegno assoluto a ricambiare amore con amore soltanto quando permetteremo che il nostro cuore reagisca con gratitudine. Le nostre forze non possono restituire a Dio qualcosa di adeguato a quanto Egli ci ha dato. Questa incapacità, in qualche modo, ci libera. La nostra stessa donazione è opera di chi «grandi cose ha fatto in me» (Lc 1, 49) perché è onnipotente, anche nel tirare fuori da noi ciò che a noi è del tutto superiore. «Di generazione in generazione la sua misericordia» (Lc 1, 50) si spande da Abramo fino ad oggi, fino alla mia vita, concreta, normale e ignorata da tante persone.
A Dio piace mostrare il potere del suo braccio e così confondere quelli che pensano di poter fare da sé e che la loro volontà sia sufficiente per essere felici. Dio ha comandato di mettere alla massima altezza del suo regno gli umili, quei piccoli che accettano di farsi fare grandi. Farà traballare qualche trono costruito da mani umane. Chi si sente bisognoso, Dio vuole colmarlo di beni, il primo dei quali è il suo amore incondizionato e infinito: è deciso a oltrepassare la nostra immaginazione e ad andare oltre i nostri desideri più ottimisti.
Purtroppo, coloro che si sentono ricchi senza esserlo, Dio non li potrà riempire del suo tesoro. Questo sarà una grande pena per Lui, giacché vuole riempire del suo amore tutti i suoi figli. Ma è questa la storia della sua misericordia, del suo tenero affetto per ognuno di noi. È la storia della libertà di un Dio che offre tutta la sua gioia di generazione in generazione, che cerca in continuazione un modo perché l’uomo si lasci amare. Maria, con il suo «fiat», c’è riuscita come nessuno e sarà felice di mostrarci il cammino e di accompagnarci.
[1] Benedetto XVI, Omelia, 24-XII-2009.
[2] San Tommaso d’Aquino, Sul Credo, 1. c., 61.
[3] Papa Francesco, Omelia, 24-XII-2019.
[4] San Josemaría, Istruzione 19-III-1934, n. 39.