Meditare nel periodo dell'Avvento
La nostra Preghiera di preparazione
Autore: Autori vari
Meditare la Sacra Scrittura, luce per il nostro cammino
I profeti annunciarono il Messia e, grazie alle loro parole, il popolo di Israele sperava e desiderava con fervore la sua venuta: «Ascoltate, o popoli, la voce del Signore; proclamate la sua parola sino ai confini della terra»[1]. Tuttavia, ripetutamente, notiamo che il popolo non ha tenuto conto dei messaggi profetici e, non avendoli accettati, gli è stato difficile evitare la sua rovina. In tal senso è significativa la storia di Balaam, un veggente pagano al quale un re nemico di Israele impone di maledire il popolo di Dio. Pieno dello Spirito del Signore, Balaam non si preoccupa delle pressioni reali e benedice per tre volte il popolo eletto: «Come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele!» (Nm 24, 5). La fine di Balaam è tragica, perché morirà per mano degli stessi Israeliti.
Nella sua profezia Balaam simbolizza l’avvento del Messia come una stella che sorgerà da Israele: «Una stella spunta da Giacobbe» (Nm 24, 17). Il Salvatore che scende sarà come «una splendida luce discesa sulla terra»[2]. Trascorsi i secoli, proprio la luce di una stella guiderà il cammino dei Magi che in essa scoprono un messaggio di salvezza. La stella s’innalza verso «una fiammella accesa nella notte: un fragile neonato, che vagisce nel silenzio del mondo»[3]. Anche se tutti videro la stella, non tutti ne compresero il significato. Nell’orazione colletta di oggi chiediamo audacemente: Signore, «con la luce del tuo Figlio che viene a visitarci rischiara le tenebre del nostro cuore»[4]; dacci la chiarezza necessaria per scoprire l’importanza di tutte queste vicende nella vita personale, intima, di ciascuno di noi.
Nel libro dei Numeri si dice che Balaam è un «uomo dall’occhio penetrante» perché «ode le parole di Dio e conosce la scienza dell’Altissimo» (Nm 24, 15-16). Nella meditazione serena della parola rivelata troviamo la luce per il nostro cammino quotidiano. «Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (Sal 119, 105). Nella Scrittura impariamo anche a leggere la nostra vita personale. «In questo Testo santo – ci suggeriva san Josemaría – trovi la vita di Gesù; ma, inoltre, vi devi trovare la tua stessa vita […]. Prendi, dunque, il Vangelo ogni giorno, e leggilo e vivilo»[5].
Dio si fa presente nei cuori che lo cercano con rettitudine
Mentre Gesù, in una delle sue frequenti visite al tempio, insegna ai pellegrini che si sono avvicinati per ascoltarlo, si presentano le autorità – i principi dei sacerdoti e gli anziani, vale a dire, i membri laici del Sinedrio – con l’intenzione di mettere alla prova il Signore. Con lui si sentono a disagio, fra gli altri motivi perché gode di un’autorità davanti al popolo che non gli è sta concessa dai poteri costituiti. «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?» (Mt 21, 23). Non interrogano mossi da una curiosità onesta, ma sono semplicemente infastiditi dalla predicazione del Maestro e si ribellano perché le folle lo seguono con entusiasmo.
Come si nota altre volte, anche ora Gesù conosce l’intenzione dei loro cuori. Si comportano con ipocrisia, con falsità, non sono chiari. Gli fanno una domanda ambigua, quando in realtà quello che cercano è che Gesù dica una volta per tutte se è il Messia. Essi, in ogni caso, non sono disposti a riconoscerlo e si comportano con un’astuzia sgradevole. Non ci sorprende che il Maestro li lasci senza risposta, perché «Gesù non sa che farsene dell’astuzia calcolatrice, della crudeltà dei cuori aridi, della bellezza appariscente ma vuota. Il Signore apprezza la gioia di un cuore giovane, il passo semplice, la voce non manierata, gli occhi limpidi, l’orecchio attento alla sua parola d’amore. Così regna nell’anima»[6].
Dio si fa presente nei cuori che lo cercano onestamente. «A chi cammina per la retta via mostrerò la salvezza di Dio» (Sal 50, 23). Gesù si commuove quando un bambino si avvicina con semplicità, un lebbroso mostra le sue piaghe, un cieco grida senza badare a quel che diranno o un pubblicano sale su un albero per vederlo meglio; in altre parole, i cuori che non si nascondono dietro alla falsità. «Il cristiano deve mostrarsi autentico, verace, sincero in tutte le sue opere. Il suo comportamento deve lasciar trasparire uno spirito: quello di Cristo. Se al mondo c’è qualcuno che deve mostrarsi coerente, questi è il cristiano, perché ha ricevuto in deposito, per farlo fruttificare, il dono della verità che libera, che salva»[7].
L’amore alla verità è una caratteristica dei discepoli di Cristo
«Chi ti ha dato questa autorità?», gli domandano. Il Maestro risponde con un’altra domanda: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi risponderete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?» (Mt 21, 24-25). Con queste parole mette le autorità davanti alla verità e, nello stesso tempo, elogia Giovanni. Anche se il popolo era accorso in folla al Giordano per essere battezzato, le autorità non ascoltarono il suo messaggio di conversione e di penitenza. I capi del popolo non sanno che rispondere a Gesù perché mancano di una disposizione aperta alla verità. In realtà, cercano soltanto l’approvazione del popolo. Soppesano le difficoltà alle quali possono andare incontro se dicono una cosa o l’altra – era del cielo…, era degli uomini… – e non trovano una soluzione che li liberi dall’impegno: «Non lo sappiamo» (Mt 21, 27).
L’incontro con la verità richiede un atteggiamento di apertura e di accettazione. La verità cristiana si trova solo se si ama gratuitamente. Col suo coraggio e la sua umiltà, il Battista è stato un testimone audace della verità. Può darsi che un atteggiamento coerente non ci prepari un percorso agevole; però la verità è amabile per se stessa e ha una straordinaria forza di attrazione. Per mostrare lo «splendore della verità»[8] conviene, prima di tutto, fare lo sforzo di cercarla, continuamente e onestamente, così da poterla conoscere e contemplare. Se si ama realmente la verità, se essa si introduce nella nostra interiorità per cambiarci, è più facile parlarne con dono di lingue e renderla visibile. Mostrare l’amabilità della verità è uno dei compiti dei cristiani.
Cristo ha detto di se stesso: «Io sono la verità» (Gv 4, 6). Ecco perché la voglia di cercarla e trasmetterla è per noi un compito piacevole. «Già da molti anni ho visto con chiarezza meridiana un criterio che sarà sempre valido: l’ambiente sociale […] ha bisogno di un nuovo modo di vivere e di propagare la verità eterna del Vangelo: nelle stesse viscere della società, del mondo, i figli di Dio devono brillare per le loro virtù come lampade nell’oscurità – quasi lucernae lucentes in caliginoso loco»[9]. In compagnia di santa Maria e di san Giuseppe camminiamo verso Betlemme. Stando accanto a loro potremo imparare quella rettitudine di cuore con la quale l’uno e l’altra cercavano Dio nelle piccole e grandi verità del loro mondo ordinario.
[1]Antifona d’ingresso, lunedì della III settimana di Avvento (Ger 31, 10).
[2] Cfr. Alleluia, 25 dicembre, Messa del giorno.
[3] Benedetto XVI, Omelia, 6-I-2008.
[4]Orazione colletta, lunedì della III settimana di Avvento.
[5] San Josemaría, Forgia, n. 754.
[6] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 181.
[7] San Josemaría, Amici di Dio, n. 141.
[8] San Giovanni Paolo II, enc. Veritatis splendor, n. 1.
[9] San Josemaría, Solco, n. 318.