20 minuti

Meditare nella prima settimana dell'Avvento (II)

Pregare in tempo di Avvento

Autore: Autori vari

Riflessioni della prima settimana di avvento
Seconda parte

– Quinta Meditazione –

La necessità della grazia di Dio

Gesù predica e guarisce i malati nei dintorni del lago di Tiberiade. La sua fama si è diffusa per tutta la regione. La gente parla e s’interroga su di Lui. Molti lo considerano il Messia promesso. In quel momento, mentre si allontanava da un paese, «due ciechi lo seguirono gridando: “Figlio di Davide, abbi pietà di noi!”» (Mt 9, 27). Sicuramente i ciechi si erano fatti guidare dal frastuono della folla che accompagnava il Signore. È perfettamente possibile che la folla abbia fatto strada o anche che una persona li abbia portati fino a colui che cercavano. Così, quando il Signore arrivò a destinazione, poterono avvicinarsi a Lui ad esporgli la loro richiesta. «Gesù disse loro: “Credete che io possa fare questo?”. Gli risposero: “Sì, o Signore!”. Allora toccò loro gli occhi e disse: “Avvenga per voi secondo la vostra fede”» (Mt 9, 28-29)

Come i ciechi del vangelo, anche noi siamo convinti di avere delle necessità. Essi soffrivano di una severa limitazione fisica; anche noi, nel raccoglimento della nostra preghiera, ci accorgiamo di avere tanti limiti materiali e spirituali. Sono molte le cose che vorremmo vedere con maggiore chiarezza. A volte sembra che tutto diventi confuso. Forse, come i due ciechi che seguirono Gesù, ci vien voglia di gridare nel nostro cuore per chiedere il suo aiuto. Vogliamo farci strada tra la folla sino ad arrivare a Lui. Allora imploreremo la nostra guarigione dal più profondo della nostra anima, convinti della sua misericordia. Sapere che siamo ascoltati da Gesù ci riempie di speranza.

Gesù è venuto nel mondo per salvarci. Egli «è sempre disposto a darci la grazia, e specialmente in questi tempi; la grazia per una nuova conversione, per ascendere al terreno soprannaturale; per una maggiore donazione, per un avvicinamento alla santità, per infiammarci di più»[1]. Inoltre Cristo, se glielo chiediamo, può portare altra luce ai nostri occhi.

La misericordia di Dio ci salva

«Ora che il tempo della salvezza è vicino – dice san Josemaría -, è consolante ascoltare dalle parole di san Paolo che “quando si manifestarono la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per gli uomini, Egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per la sua misericordia” (Tt 3, 4-5). Scorrendo la Sacra Scrittura scoprirete costantemente la presenza della misericordia di Dio: essa “riempie la terra” (Sal 33, 5) e si estende a tutti i suoi figli, super omnem carnem (Sir 18, 12): ci circonda (Sal 32, 10), ci previene (Sal 59, 11), si moltiplica, per venirci in aiuto (Sal 35,8), e costantemente viene riconfermata (Sal 116, 2). Dio, venendoci incontro come Padre amoroso, ci accoglie nella sua misericordia (Sal 25, 7): una misericordia soave (Sal 108, 21), buona come le nuvole apportatrici di pioggia (Sir 35, 26)»[2].

Se conosciamo sempre meglio come è Dio, avremo motivi sufficienti per sentirci al sicuro accanto a Lui. Ci consola sapere che è venuto per noi e che i suoi prediletti sono sempre stati i malati e quanti mostravano un cuore grande, anche se le loro miserie erano state abbondanti. Ce lo ricorda il profeta Isaia con le sue parole, che leggiamo nella prima lettura della Messa di oggi: «Udranno in quel giorno i sordi le parole del libro; liberati dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno. Gli umili si rallegreranno di nuovo nel Signore, i più poveri gioiranno nel Santo d’Israele» (Is 29, 18-19).

«Quanta sicurezza ci deve ispirare la misericordia del Signore! “Invocherà da me aiuto e io ascolterò il suo grido, perché sono misericordioso” (Es 22, 26). È un invito, una promessa che non mancherà di compiere. “Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno” (Eb 4, 16). Nulla potranno i nemici della nostra santificazione, perché la misericordia di Dio ci precede: e se – per nostra colpa o per nostra debolezza – cadiamo, il Signore ci soccorre e ci risolleva»[3].

Accogliere la sua misericordia e diffonderla

Gesù guarisce i ciechi toccando i loro occhi. Spesso gli evangelisti mostrano il Signore mentre avvicina la sua mano ai malati. Si tratta di un segno eloquente che mostra il suo potere divino, che sottomette il male. Dio abbraccia e redime tutte le situazioni umane: anche le più dure e disperate, anche quelle che possono sembrare molto lontane. «La misericordia del nostro Signore si manifesta soprattutto quando Egli si piega sulla miseria umana e dimostra la sua compassione verso chi ha bisogno di comprensione, guarigione e perdono. Tutto in Gesù parla di misericordia. Anzi, Egli stesso è la misericordia»[4].

Lasciamoci toccare da Dio e viviamo la nostra vita cristiana con un atteggiamento di figlio in un clima di fiducia. Abbiamo la certezza incrollabile che il Signore «ci ama, e chi ama comprende, spera, dà fiducia, non abbandona, non taglia i ponti, sa perdonare. Ricordiamolo nella nostra vita di cristiani: Dio ci aspetta sempre, anche quando ci siamo allontanati! Lui non è mai lontano, e se torniamo a Lui, è pronto ad abbracciarci»[5].

Allora ci rendiamo conto che la vita, in fondo, è un continuo dialogo fra la nostra debolezza e la misericordia divina simile a quello che intrattennero quei due ciechi con Gesù. La domanda che il Signore rivolge loro, serve a ricordarci che la cosa più importante è avere fiducia in Lui. Allora nasce la ferma risposta: noi ci fidiamo!

Era così straordinaria la gioia dei ciechi dopo la guarigione che non poterono tacere un avvenimento del genere. Anche noi, nel verificare le meraviglie che Gesù opera nelle nostre anime, vogliamo annunciare la bontà del nostro Dio che viene a salvarci. Se durante questo periodo di orazione consideriamo il dono della sua misericordia, la nostra anima s’infiammerà per la riconoscenza. Estendiamo il nostro ringraziamento a Santa Maria, mediante la quale è venuto al mondo il nostro Salvatore.

[1] San Josemaría, Appunti di una meditazione, 2-III-1952.
[2] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 7.
[3]Ibidem.
[4] Papa Francesco, Messaggio per la XXXI Giornata Mondiale della Gioventù, 15-VIII-2015.
[5] Papa Francesco, Omelia, 7-IV-2013.

– Sesta Meditazione –

Gesù viene incontro a noi

Il vangelo di oggi ci presenta Gesù che va incontro alla gente. «Percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il Vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità» (Mt 9, 35). La sua preoccupazione e il suo interesse per ogni persona non si limita esclusivamente alle parole. Gesù si sforza di avvicinarsi alle necessità di ognuno, prende l’iniziativa e si dà da fare. Infonde ottimismo parlando a tutti dell’amore che Dio ha per loro, ascolta con attenzione le loro difficoltà e fa ciò che può per rimediare. Possiamo immaginare il Signore che guardava negli occhi con affetto quanti gli si avvicinavano. «Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore» (Mt 9, 36).

Anche oggi il Signore si avvicina al nostro mondo; o meglio: è sempre presente. È un Dio vicino, che non si è ritirato dalla sua creazione, che non l’ha mai abbandonata alla sua sorte. Al contrario, si rallegra e gioisce per la meravigliosa bontà delle persone normali, umili, ignorate dalla grande storia, che cercano di vivere secondo il cuore di Dio. Nello stesso tempo, si riempie di compassione nel vedere altre persone maltrattate, abbattute, disorientate, senza qualcuno che tenga loro compagnia, le guidi e le conforti.

«Iesus Christus heri et hodie: ipse et in sæcula!» (Eb 13, 8). Gesù è lo stesso ieri, oggi e sempre. Continua a venirci incontro in molti modi: alimenta le nostre anime con il Pane eucaristico, ci trasmette pace e speranza con la voce della sua Parola, ci mostra la via da seguire parlandoci nel silenzio dell’orazione. «Popolo di Sion, che abiti a Gerusalemme, tu non dovrai più piangere. A un tuo grido di supplica ti farà grazia; appena udrà, ti darà risposta» (Is 30, 19). Gesù ci cerca senza che glielo chiediamo, l’iniziativa è sempre sua. La nostra gratitudine non sarà mai sufficiente, la nostra risposta non sarà mai proporzionata a tanta bontà. Per questo vogliamo unire la nostra riconoscenza al desiderio di stare attenti alle sue ispirazioni, che non si interrompono.

Chiedere al Signore di inviare operai alla sua messe

Nel vangelo vediamo Gesù in mezzo alla folla, che trae da ogni giornata il massimo profitto, fino al punto che certe volte non ha neppure il tempo di mangiare (cfr. Mc 6, 31). Non gli bastano le ore del giorno per far fronte a tante necessità. In questo panorama, san Matteo ci racconta che il Signore confida ai suoi discepoli più vicini qualcosa che sentiva nell’anima: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!» (Mt 9, 37); sono molte le persone da aiutare, ma sono pochi coloro che si dedicano a questo compito pressante. Il mondo ha necessità di Dio. E Gesù lo sa meglio di chiunque altro. «Come potranno invocarlo senza aver prima creduto in Lui? O come potranno credere, senza averne prima sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati?» (Rm 10, 14-15). Di fronte a una tale necessità, saranno sempre pochi quelli che condividono con il Signore la missione di comunicare al mondo la gioia del vangelo, di annunciare all’uomo di oggi questo messaggio di salvezza.

Dal profondo del cuore di Gesù nasce la supplica rivolta ai suoi discepoli: «Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe» (Mt 9, 38). Daremo una gioia al Signore se ci disponiamo a pregare con più insistenza per questa sua intenzione. Supplichiamo Dio nostro Padre che accenda in noi e in molti cristiani una santità che ci riempia di gioia e ci spinga a condividerla con tutti. Chiediamo anche che invii molte vocazioni alla sua Chiesa e in modo particolare all’Opera; persone di ogni tipo e condizione che con generosità decidano di donare l’intera loro vita al servizio del Vangelo.

Rinnovare la nostra missione

Continuiamo a meditare il passo del Vangelo che la liturgia ci propone oggi. Immediatamente dopo aver affidato ai suoi discepoli questa richiesta, Gesù li chiama e conferisce loro il potere necessario perché lo aiutino nel compito di andare incontro alle necessità degli uomini: «Strada facendo, predicate, dicendo che il Regno dei Cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10, 7-8). Il Signore chiede ai suoi discepoli di pregare perché vi siano molte anime generose che si decidano a collaborare con Lui e, contemporaneamente, chiede loro anche che siano essi stessi a portare avanti questa attività urgente.

Quando chiediamo vocazioni, il Signore rinnova continuamente anche la nostra personale missione di apostoli. «Sono molti i cristiani – afferma san Josemaría – persuasi che la Redenzione si realizzerà in tutti gli ambienti del mondo, e che devono esserci delle anime – non sanno dire chi – che contribuiranno con Cristo a realizzarla. Però la vedono con prospettiva di secoli, di molti secoli…: sarebbero un’eternità, se la si portasse a compimento al ritmo del loro impegno. Così pensavi anche tu, fino a quando vennero a “svegliarti”»[1].

Se chiediamo al Signore con sincerità che invii operai che si occupino dell’abbondante raccolto, se abbiamo questa chiara – seppure intima – manifestazione del fervore apostolico, questa preghiera traboccherà anche nella nostra santità e fedeltà personali. Chiedere a Dio di accendere in altri cristiani la gioia di evangelizzare, servirà da sveglia anche a noi. All’annuncio dell’angelo, Maria manifestò la sua piena disponibilità perché trovasse compimento nella sua vita la parola di Dio. Questo atteggiamento personale andò sempre di pari passo con l’invito a quelli che le stavano attorno di fare quello che Gesù diceva (cfr Gv 2, 5). Affidiamo a lei la nostra preghiera di richiesta di altri evangelizzatori, e chiediamo la sua intercessione perché questo atteggiamento ci porti più vicini a suo Figlio.

[1] San Josemaría, Solco, n. 1.

– Settima Meditazione –

La misericordia e la pazienza di Dio

Cominciamo la seconda settimana di Avvento e il Signore viene di nuovo incontro a noi invitandoci a preparare la venuta di suo Figlio. Il ciclo liturgico ci aiuta a non perdere di vista l’amore misericordioso di Dio che non si stanca di perdonarci. Per questo ci invita a ricordare, già dalla prima lettura, l’invito alla conversione che fa il profeta Isaia: «Una voce grida: “Nel deserto preparate la via del Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata”» (Is 40, 3-4).

I profeti dell’Antico Testamento, mentre esortavano il popolo a convertirsi dei loro peccati, annunciavano anche che in futuro si sarebbe stabilita un’alleanza nuova ed eterna per mezzo di un discendente di Davide. La lettura di Isaia allude a un araldo che annuncerà l’arrivo del Signore: «Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alla città di Giuda: “Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza» (Is 40, 9-10).

San Marco inizia il suo vangelo citando proprio questo invito del profeta perché facesse da fondale alla presentazione di san Giovanni Battista: è lui la figura annunciata da Isaia, è lui che preparerà l’arrivo definitivo del Signore. L’inizio della vita pubblica di Gesù è preceduto dalla preghiera e dalla penitenza del cugino, che predicava l’importanza della «conversione per il perdono dei peccati» (Mc 1, 4).

Il tempo di Avvento è un buon momento per accogliere questo invito al cambiamento interiore; possiamo anche ringraziare il Signore per aver dimostrato la sua misericordia verso di noi, perdonando ripetutamente i nostri peccati. Egli «presiede la nostra orazione e tu, figlio mio, stai parlando con Lui come si parla a un fratello, a un amico, a un padre: pieno di fiducia. Digli: Signore, tu sei tutta la Grandezza, tutta la Bontà, tutta la Misericordia e io so che mi ascolti! È per questo che mi innamoro di te, con la rozzezza dei miei modi, delle mie povere mani insudiciate dalla polvere del cammino»[1].

La chiamata alla conversione

Dopo la presentazione del Battista, san Marco fa un breve profilo della sua predicazione, delle sue opere e degli effetti della sua missione: «Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme […]. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico» (Mc 1, 5-6).

La vita austera di san Giovanni è la prima cosa del suo messaggio che ci colpisce. Predica con opere, come degno rappresentante di una famiglia sacerdotale, pienamente dedito alla missione che il Signore gli aveva assegnato. Il suo atteggiamento, il suo modo di vivere e le sue vesti dimostrano che si tratta del nuovo Elia, di colui che era previsto come precursore dell’Unto di Dio. Inoltre, si ritira nel deserto e vive un’esistenza penitenziale che Gesù stesso loderà più avanti: «Che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta» (Mt 11, 8-9).

Lo stile di vita di Giovanni Battista, il modo in cui preparò la venuta di Gesù, è ciò che la Chiesa ci propone da meditare mentre ci avviamo alla celebrazione del Natale. «L’appello di Giovanni va dunque oltre e più in profondità rispetto alla sobrietà dello stile di vita: chiama a un cambiamento interiore, a partire dal riconoscimento e dalla confessione del proprio peccato. Mentre ci prepariamo al Natale, è importante che rientriamo in noi stessi e facciamo una verifica sincera sulla nostra vita»[2].

Anche noi siamo chiamati a prepararci interiormente alla Nascita di Cristo con opere di conversione e penitenza. Così predicava san Josemaría all’inizio di un anno liturgico: «Il Signore ci vuole disposti a donarci, fedeli, sensibili, innamorati. Ci vuole santi, totalmente suoi. […] Sei stato chiamato a una vita di fede, di speranza, di carità. Non puoi restringere i tuoi orizzonti e restare in un mediocre isolamento. […] Chiedilo con me alla Madonna, immaginandoti quei mesi della sua vita in attesa del Figlio che doveva nascere. E la Madonna, Maria Santissima, farà di te alter Christus, ipse Christus: un altro Cristo, lo stesso Cristo»[3].

Rifiutare il peccato

La figura penitente di san Giovanni Battista preparava tutti quelli che accorrevano a lui. Invitava tutti a desiderare e a chiedere la grazia che avrebbe portato il Messia: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo» (Mc 1, 7-8). Anche se i riti battesimali di san Giovanni non erano ancora il sacramento con il quale Gesù ci inserisce nel mistero della sua morte e risurrezione, servivano comunque a manifestare il desiderio di cambiare, l’avversione al peccato e la conversione a Dio.

Una delle dimensioni dell’Avvento, a parte la preparazione al Natale, è la considerazione del giudizio, della venuta definitiva di Gesù alla fine dei tempi. Vedere la nostra vita alla luce di quel momento che indubbiamente arriverà, in molti casi ci aiuta a cambiare la prospettiva con la quale consideriamo le vicende della nostra esistenza quotidiana. Ci invita a trarre tutto il profitto dai talenti ricevuti, ci stimola a utilizzare meglio il tempo e a dare maggior gloria a Dio. Inoltre, la conversione comprende il dolore di aver offeso Dio e il proposito di rifiutare il peccato come l’unico vero male: «Vorrei avere, Signore, per davvero e una volta per sempre, un’avversione infinita a tutto ciò che possa essere anche l’ombra del peccato, seppure veniale. Vorrei, Signore, una compunzione come quella di coloro che più hanno saputo piacerti»[4].

La pratica penitenziale di san Giovanni Battista non si limitava al rito battesimale, ma inoltre, come un modo per manifestare all’esterno il cambiamento interiore, i pellegrini «confessavano i loro peccati» (Mc 1, 5). Anche se ancora non si trattava del sacramento della riconciliazione, quelle confidenze facilitavano l’azione di Dio in ogni anima e l’inizio di una nuova vita. Dopo la venuta di Cristo noi possiamo non soltanto manifestare esteriormente le nostre debolezze – come coloro che parlavano con Giovanni –, ma godiamo del perdono di Dio stesso nel sacramento della misericordia: «Celebrare il Sacramento della Riconciliazione significa essere avvolti in un abbraccio caloroso: è l’abbraccio dell’infinita misericordia del Padre […]. Ogni volta che noi ci confessiamo, Dio ci abbraccia, Dio fa festa!»[5].

Ricorriamo alla santissima Vergine, modello di preparazione all’arrivo del Bambino Dio. Ella ci aiuterà a chiedere, con l’orazione colletta della Messa, che purifichiamo le nostre disposizioni in questo tempo di Avvento: «Dio grande e misericordioso, fa’ che il nostro impegno nel mondo non ci ostacoli nel cammino verso il tuo Figlio, ma la sapienza che viene dal cielo ci guidi alla comunione con il Cristo, nostro Salvatore»[6].

[1] San Josemaría, In dialogo con il Signore, Ares, Milano, 2019, p. 134.
[2] Benedetto XVI, Angelus, 4-XII-2011.
[3] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 11.
[4] San Josemaría, Appunti intimi, n. 23, del IV-1930
[5] Papa Francesco, Udienza, 19-II-2014.
[6] Orazione colletta, Seconda domenica di Avvento.

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