Meditazione del Sabato della XXVII settimana del Tempo Ordinario
Autore: Autori Cristiani
Gesù corregge sempre per amore
I Vangeli ci mostrano diversi momenti in cui Gesù corregge qualcuno. Una di queste si verifica quando: “una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!” E le fa subito capire il vero motivo per cui sua madre merita un tale elogio: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” (Lc 11, 27-28).
San Josemaría disse che “La correzione fraterna fa parte dello sguardo di Dio, della sua amorevole Provvidenza”[1]. Gesù, in quell’occasione, corregge la donna perché vuole condurla alla piena verità.
“La correzione fraterna nasce dall’affetto; – segnala mons. Fernando Ocáriz – ; dimostra che vogliamo che gli altri siano sempre più felici”[2]. Per questo la nostra preoccupazione per gli altri non è solo quella di giudicare se hanno rispettato qualche regola, ma di cercare di guardarli come ha fatto Gesù: il suo è uno sguardo che non si sofferma sui dettagli minori, ma è pieno di speranza, con orizzonti grandi. La correzione di Cristo è mossa dall’amore personale per l’altro, dal desiderio di renderci felici e non di mantenere un certo ordine esterno. “C’è sempre bisogno di uno sguardo che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e perdona (cfr Lc 22, 61), come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi”[3]. La correzione fraterna non si esercita dall’alto, come chi ha qualcosa da insegnare; si tratta piuttosto di andare incontro agli altri per capirli e accompagnarli nel loro desiderio di santità. Con la correzione fraterna, le persone che ci circondano non si sentono sole nella loro lotta, ma sanno di poter contare sul nostro sostegno.
Amare i difetti degli altri
«Mentre fate una correzione fraterna, dovete amare i difetti dei vostri fratelli»[4], diceva san Josemaría. Un cuore che ama è capace di superare ciò che consideriamo un difetto negli altri. Logicamente, al meglio delle nostre possibilità, cercheremo di aiutarlo a superarlo; tuttavia, non sarà sempre possibile o non si otterrà da un giorno all’altro. Ecco perché imparare ad amare anche i difetti ci fa entrare in qualche modo nella logica dell’amore divino. Gesù accoglie le nostre qualità e le nostre debolezze; non pone alcuna condizione al suo amore.
“La regola suprema della correzione fraterna è l’amore: volere il bene dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Si tratta di tollerare i problemi degli altri, i difetti degli altri in silenzio nella preghiera, per poi trovare la strada giusta per aiutarlo a correggersi”[5]. Questo significa rispettare la libertà di ciascuno, perché in questo modo renderemo il nostro amore più simile a quello di Dio per noi. Aiutare un fratello o una sorella nel suo cammino verso la santità è più simile a un sonno paziente e caldo, in attesa dell’azione di Dio, che a una fredda supervisione. Chi vuole aiutare non si fa prendere solo dall’esteriorità, ma guarda gli eventi alla luce dell’impegno dell’altro per la santità, togliendosi i sandali perché sta nel profondo della sua anima (cfr. Es 3, 5).
Un frutto dell’amicizia
Prima di correggere chi ci sta vicino, può essere utile ricordare le parole di Cristo: “Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello” (Mt 7, 5). Mentre ci sforziamo di aiutare gli altri, forse il modo migliore per incoraggiarli a essere santi è la nostra stessa santità. Percepire nell’altro il bonus odor Christi, l’aroma di Cristo, attira a una vita di amicizia con Dio, oltre a fornire un ambiente favorevole a correggere o essere corretti, con la fiducia di figli dello stesso Padre.
Per vivere la correzione fraterna in modo autentico e fecondo, di solito è necessario creare prima un contesto di vicinanza e di reale interesse per la vita dell’altro. Correggere qualcuno che non si conosce non è di solito il modo migliore di procedere, e spesso può essere ingiusto. In altre parole, al di là dell’aspetto da correggere, è bene che ci sia un rapporto di reciproca e vera amicizia, dove l’affetto è stato sperimentato e si è manifestato in vari modi: dettagli di servizio, momenti vissuti insieme, preoccupazioni condivise… E, semplicemente come un’altra espressione di questa amicizia, nasce spontaneo il desiderio di aiutare l’altra persona nel suo cammino di santità. In questo modo possiamo entrare nel loro cuore con delicatezza, senza invadere la loro intimità, cercando sempre di prendere in mano la situazione.
Questo contesto ci porterà anche a capire le reazioni degli altri quando vengono corretti. Ci sono disposizioni di temperamento che ci rendono molto diversi l’uno dall’altro e che san Josemaría considerava parte centrale di quel “numeratore diversissimo” nelle persone dell’Opus Dei e della Chiesa. Per alcuni, anche le parole più delicate suonano facilmente come un rimprovero. Altri, invece, se le parole non sono particolarmente chiare, possono percepire una mancanza di interesse. In ogni caso, se prima c’è un rapporto di vicinanza e amicizia, tutti scopriamo nella correzione fraterna un gesto di lealtà.
Il fondatore dell’Opus Dei era solito dire a una persona dell’Opera: “non tolleriamo mai che venga criticata alle sue spalle. Le cose sgradevoli gliele diciamo così, con affetto, affinché le corregga»[6]. Possiamo chiedere a Maria di aiutarci a vedere i nostri fratelli e sorelle con il suo sguardo materno, per poterci parlare con affetto, dolcezza e lealtà.
[1] Mons. Javier Echevarría, Memoria del Beato Josemaría Escrivá, p. 127.
[2] Mons. Fernando Ocáriz, Lettera Pastorale, 1-XI-2019, n. 16.
[3] Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima del 2012, n. 1.
[4] San Josemaría, Appunti di una riunione familiare, 18-X-1972.
[5] Francesco, Udienza, 3-XI-2021
[6] San Josemaría, Appunti di una riunione familiare, 21-V-1970.
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