Meditazione per il mese di Settembre
Gesù insegna con parabole; Accogliere la parola di Dio; Il ruolo delle circostanze esterne.
Autore: Autori Cristiani
Riflessioni per meditare nel sabato della ventiquattresima settimana del Tempo Ordinario.
I temi proposti sono: Gesù insegna con parabole; Accogliere la parola di Dio; Il ruolo delle circostanze esterne.
Il Signore percorre con i suoi discepoli la regione della Galilea e annuncia il Regno di Dio a quelli che si avvicinano per ascoltarlo. Nella sua predicazione Gesù si serve di parabole: brevi racconti che rivelano in modo semplice una verità profonda della vita spirituale. Prende alcuni esempi quotidiani dal mondo del lavoro, come la semina, la pesca o i lavori di casa. Altre volte, invece, li prende dalla vita sociale e familiare, come una festa di nozze, la relazione di un padre con i suoi figli o l’appaltatore che cerca operai a giornata. Narra anche dei fatti forse insoliti per molti ascoltatori, come un tale che trova un tesoro o una rapina per la strada. Sono tutte immagini facili da comprendere, ma sono molto più che un insegnamento teorico. «Un’immagine attraente fa sì che il messaggio venga sentito come qualcosa di familiare, vicino, possibile, legato alla propria vita. Un’immagine ben riuscita può portare a gustare il messaggio che si desidera trasmettere, risveglia un desiderio e motiva la volontà nella direzione del Vangelo»[1].
A Gesù piace impiegare le parabole perché conosce bene il modo d’essere dell’uomo; conosce la forza che ha un esempio preso dalla vita quotidiana della gente. Questo atteggiamento rispecchia semplicità, vicinanza, il desiderio di mettersi al posto dell’altro. Quello che Cristo trasmette non sono idee estranee al mondo in cui noi viviamo, ma sono strettamente connesse alle realtà quotidiane. Per questo san Josemaría scriveva: «Prega il Signore di concedere ai suoi figli il “dono delle lingue”, il dono di farci capire da tutti. La ragione per cui desidero questo “dono di lingue” la puoi dedurre dalle pagine del Vangelo, ricche di parabole, di esempi che materializzano la dottrina e illustrano ciò che è spirituale senza svilire né degradare la parola di Dio. Per tutti – dotti e meno dotti – , è più facile considerare e comprendere il messaggio divino attraverso immagini umane»[2]. Con tutto questo non si tratta semplicemente di trovare una buona veste a ciò che vogliamo dire, ma di voler bene alle persone come fece Cristo.
Nella parabola del seminatore Gesù racconta che i semi che non caddero sul terreno buono furono mangiati dagli uccelli; oppure, appena germogliarono, seccarono rapidamente per la mancanza di umidità o soffocarono tra le spine. Invece, quelli che finirono sul terreno buono diedero frutto e lo diedero al cento per uno (cfr. Lc 8, 5-8). Il Signore mette in evidenza che il seminatore getta il suo seme per tutto il campo, senza badare molto al modo in cui il seme sarà accolto: lancia il seme a mano aperta , con la speranza che arrivi a germogliare. Il seme, in un senso più profondo, è Cristo stesso, che Dio ci ha donato: «Quelli che ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge di Cristo hanno accolto il regno stesso di Dio; poi il seme, per virtù propria, germoglia e cresce fino al tempo del raccolto»[3].
«Questa del seminatore è un po’ la “madre” di tutte le parabole, perché parla dell’ascolto della Parola. Ci ricorda che essa è un seme fecondo ed efficace; e Dio lo sparge dappertutto con generosità, senza badare a sprechi. Così è il cuore di Dio! Ognuno di noi è un terreno su cui cade il seme della Parola, nessuno è escluso!»[4]. Riceviamo Dio stesso. Perciò il modo di lasciarsi raggiungere da questo seme non è, prima di tutto, l’adeguamento morale a un modo di vivere o l’accettazione intellettuale di una dottrina, ma una risposta di amore a Dio che è venuto incontro a noi.
In parte dipende da noi che questo seme germogli e dia frutto al cento per uno. Il Signore offre la felicità a tutti, ma non la esige; ciascuno poi decide liberamente di accoglierla. Dio ci ha fatti liberi e questa parola è una manifestazione di questa realtà. «La passione per la libertà, cui aspirano persone e popoli, è un segno positivo del nostro tempo. Riconoscere la libertà di ogni donna e di ogni uomo significa riconoscere che sono persone: padroni e responsabili dei propri atti, in grado di orientare la propria esistenza. Sebbene la libertà non riesca sempre a trarre il meglio da ciascuno, non potremo mai esagerarne l’importanza, perché se non fossimo liberi non potremmo amare»[5].
Malgrado la semplicità del linguaggio, i discepoli chiedono a Gesù di spiegare loro questa parabola. Il Maestro, allora, rivela i motivi per cui i semi non germogliano sul terreno, la ragione per cui la parola di Dio può non mettere radici nella vita degli uomini: l’azione del diavolo, la mancanza di radici al momento della prova, le ricchezze e gli interessi mondani… Nello stesso tempo afferma che la terra buona «sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza» (Lc 8, 15).
Certe volte avviene che gettiamo la colpa alle circostanze esterne quando qualcosa non va come avremmo desiderato: un imprevisto può complicare un progetto di lavoro, un’attività familiare o un evento con amici. Tuttavia san Josemaría ci invita a vivere in modo santo anche questi dettagli, anche le difficoltà in cui i semi possono incappare; vale a dire, ci invita a non cadere in quella che chiama la mistica del magari: «magari non mi fossi sposato, magari non avessi questa professione, magari avessi più salute, magari fossi giovane, magari fossi vecchio…»[6]. Dio viene incontro a noi nel presente, qui e ora, anche lì dove non ce lo aspettavamo.
La parabola fa notare che le circostanze non hanno l’ultima parola: sono le decisioni libere degli uomini quelle che risultano definitive per accogliere il dono divino. Mediante l’azione della grazia e il nostro sforzo personale, siamo capaci di eliminare un po’ per volta tutto quello che soffoca il seme. La Madonna, terreno fecondo nel quale si è incarnato Dio stesso, ci aiuterà a preparare il terreno perché anche Gesù germogli nel nostro cuore.
[1] Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n. 157.
[2] San Josemaría, Forgia, n. 895.
[3] Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, n. 5.
[4] Papa Francesco, Angelus, 12- VII-2020.
[5] Mons. Fernando Ocáriz, Lettera pastorale, 9-I-2018, n. 1.
[6] San Josemaría, Colloqui, n. 116.
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