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Meditazione per il mese di Settembre

Gesù agisce mosso dalla sua misericordia; La speranza di sapere che siamo accompagnati; La vita come dono.

Autore: Autori Cristiani

Gesù camminava in compagnia di una grande folla. Alcuni erano stati testimoni dei suoi miracoli, altri forse ne avevano solo sentito parlare. In ogni caso, tutti erano stupiti per il nuovo Maestro: la sua predicazione e le sue opere manifestavano chiaramente la potenza di Dio. Mentre la folla si dirigeva verso Nain, Gesù notò in lontananza una scena triste: una vedova si stava preparando a seppellire il suo unico figlio. Il Vangelo ci riporta la sua reazione: “Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione” (Lc 7,13).

Cristo è un vero uomo, quindi ha pietà di questa donna, come la avrebbe chiunque di noi. Ma poiché è anche Dio, il conforto che può offrire è più grande di quello che possiamo dare noi. “Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare” (Lc 7,14-15). A differenza di altri miracoli, qui non troviamo alcuna supplica rivolta al Signore; non conosciamo nemmeno il nome della vedova o del ragazzo. La donna non dice nulla, ma Gesù conosce il suo cuore e opera semplicemente mosso dalla sua misericordia.

Il Signore “poteva passare al largo, o aspettare che lo pregassero. Invece non se ne va né attende una richiesta. Prende l’iniziativa, mosso dall’afflizione di una vedova che aveva perduto tutto ciò che le restava, suo figlio. (…) Gesù Cristo non era, non è, insensibile alla sofferenza che nasce dall’amore”[1]. Egli guarda alle nostre lotte e ai nostri dolori nello stesso modo in cui guardò la vedova di Nain: Gesù è il primo a volerci guarire.


Il popolo d’Israele era consapevole che Gesù Cristo aveva una speciale predilezione per le vedove. “Il Signore protegge lo straniero, egli sostiene l’orfano e la vedova”, dice il salmista (Salmo 146,9). Inoltre, i profeti hanno costantemente ammonito il popolo eletto sull’importanza di prendersi cura delle vedove, di non lasciarle sole nella loro sofferenza. Date le circostanze sociali dell’epoca, una donna che perdeva il marito si trovava ad affrontare serie sfide nella sua vita.

Presumibilmente, quindi, la donna di Nain aveva poche speranze. Alla perdita del marito si è aggiunta quella del figlio. Lui era l’unico che poteva aiutarla ad affrontare la situazione, ma ora era lasciata sola ad affrontare le difficoltà della vita. Proprio quando sembrava che tutto fosse perduto, il Signore apparve e compì un miracolo. Qualcosa di simile accadrà più tardi, quando risusciterà Lazzaro dai morti: da alcuni giorni la speranza della sua guarigione si era ormai spenta.

La speranza cristiana non è ingenuità. Non consiste nel credere che le cose andranno sempre bene. A volte il Signore lascia che una contraddizione si protragga nel tempo e che le nostre speranze umane cadano, una dopo l’altra. Poi arriva il momento di affidarsi solo a Gesù: “Cristo in voi, la speranza della gloria” (Col 1,27), scrive San Paolo. La sicurezza non risiede nelle nostre qualità, né nella comprensione delle cose che il mondo ci offre, e nemmeno nella certezza che prima o poi accadrà ciò che ci sembra meglio, ma nella certezza che Dio cammina sempre al nostro fianco. “In te, Domine, speravi: in te, Signore, ho sperato. —E ho applicato, oltre ai mezzi umani, la mia preghiera e la mia croce. —E la mia speranza non è stata vana, né mai lo sarà: non confundar in aeternum.”[2].


Dopo che il ragazzo fu riportato in vita, san Luca nota che Gesù “lo restituì a sua madre” (Lc 7,15). Sicuramente questo gesto del Signore è rimasto impresso nella memoria della vedova di Nain. Da quel momento in poi, lei avrebbe visto suo figlio in modo diverso. “Ricevendolo dalle mani di Gesù essa diventa madre per la seconda volta, ma il figlio che ora le è restituito non è da lei che ha ricevuto la vita. Madre e figlio ricevono così la rispettiva identità grazie alla parola potente di Gesù e al suo gesto amorevole”[3].

Se ogni vita umana è un dono, nel caso del ragazzo di Nain questo è ancora più evidente. Ciò che Dio sembrava aver tolto alla madre, ora lo rimette nelle sue mani. Nostro Signore non “gode di separare i figli dai genitori –spiega San Josemaría–: vince la morte per dare la vita, affinché coloro che si amano siano vicini, pur esigendo anzitutto e sempre la preminenza dell’Amore divino che deve informare ogni esistenza autenticamente cristiana”[4].

La vedova di Nain ha subito un processo di purificazione delle sue speranze. Come sarebbe stato naturale per lei contare sull’aiuto del figlio, una volta che il marito avesse lasciato questo mondo. Eppure per un po’ ha dovuto lasciarlo andare, finché il Signore glielo ha restituito. A partire da quel momento, avrebbe visto questa vita come un dono. Avrebbe certamente riposto fiducia in suo figlio, ma soprattutto avrebbe creduto ancora di più nel Signore. Anche la Madonna ha dovuto vivere di questa speranza nei giorni successivi alla morte di Gesù. Per questo, nessuno meglio di lei può aiutarci ad affrontare le difficoltà della vita con lo sguardo rivolto alla risurrezione: chi spera nel Signore non sarà mai deluso.


[1] San Josemaría, È Gesù che passa, 166.

[2] San Josemaría, Cammino, 95.

[3] Papa Francesco, Udienza Generale, 10 agosto 2016.

[4] San Josemaría, È Gesù che passa, 166.

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