Mi sono chiuso dentro! Tanto non mi capite
Commento al Vangelo di Mc 7,31-37
Autore: Padre Gaetano Piccolo
Spegnere tutto
L’espressione “non temete”, che questa domenica troviamo nel testo del profeta Isaia, ricorre più di cento volte nella Bibbia, come a dire che il Signore conosce le nostre paure, sa che abbiamo paura, e continuamente ci invita ad avere coraggio.
A volte la paura ci porta a chiuderci. È la paura di non farcela, il timore di fallire. Le relazioni possono diventare pesanti, qualcosa di insostenibile. In particolare oggi, in un mondo iperconnesso, dove continuamente siamo costretti ad ascoltare parole che non ci aiutano, dove continuamente siamo sollecitati, interpellati, in un mondo in cui siamo sovraccaricati di immagini, di messaggi molte volte ripetitivi e strumentali, in questo mondo, appunto, ci viene voglia di spegnere tutto, di non ascoltare più nessuno. Ci capita d’altra parte anche di non sentirci capiti, ci accorgiamo a volte che le nostre parole sono state fraintese. E allora ci ritiriamo, rinunciando a vivere.
Rifiuto e aiuto
Direi che è un po’ questa la situazione che vive il protagonista del testo del Vangelo: un uomo muto e sordo, uno cioè che ha smesso di parlare e che non vuole più sentire. Una condizione nella quale anche noi ci possiamo facilmente rivedere.
Come avviene in altre poche occasioni nei Vangeli, quest’uomo non va da Gesù di sua iniziativa, ma viene portato da altre persone. Chi sono? Forse quelli che non accettano il suo silenzio, forse coloro che non riescono a comunicare più con lui, forse anche coloro che sono infastiditi del suo mutismo. O forse è la comunità, la Chiesa, che si fa carico di quelle situazioni che impediscono ai figli di Dio di incontrare la Parola di Gesù.
Il bisogno di solitudine
Davanti a quest’uomo, Gesù compie un gesto che molto probabilmente avrà stupito coloro che lo hanno portato da lui: Gesù lo porta in disparte, quasi come se avesse intuito e accolto il suo bisogno di solitudine, di silenzio o forse semplicemente di una relazione autentica!
Quante relazioni false viviamo ogni giorno: persone che non sono sincere, persone che cercano di approfittare della debolezza dell’altro, persone che cercano il proprio interesse, persone che ti cercano solo quando hanno bisogno. Forse quest’uomo si è ritirato perché non sopportava più un mondo di falsità.
Gesù risponde a questa esigenza offrendogli una relazione personale e intima, compiendo dei gesti che esprimono una prossimità molto forte, un contatto profondo: mette le sue dita nelle orecchie di quest’uomo e gli tocca la lingua con la sua saliva.
È un momento di silenzio nel quale risuona una sola parola: ‘apriti!’. È l’invito che Gesù rivolge a quest’uomo: apriti a questo mondo che ti spaventa, apriti alle relazioni che ti hanno deluso, apri il cuore a quella vita che hai rinunciato ad affrontare. La chiusura infatti non ci aiuta, non è la soluzione, per quanto la tentazione di non volerne più sapere sia sempre in agguato.
Correttezza
Quando finalmente quest’uomo torna ad aprirsi alle relazioni, Marco inserisce un dettaglio significativo: quest’uomo infatti non torna semplicemente a parlare, ma parla correttamente, come se l’evangelista volesse alludere a una scorrettezza, a un errore o un’incapacità di esprimersi in maniera adeguata. Potrebbe essere questo un motivo della sua chiusura? A volte infatti non riusciamo a comunicare adeguatamente quello che vogliamo trasmettere e davanti a questa nostra incapacità rinunciamo a comunicare.
Difficile dire cosa significhi ‘parlare correttamente’, ma forse se cominciamo a essere onesti e coerenti, la nostra comunicazione ne guadagnerà, anche se chi ci ascolta non sempre sarà pronto e disposto ad ascoltare quello che vogliamo dire.
Segreto e rivelazione
Parlare correttamente implica anche una vicinanza sempre più profonda alla parola del Vangelo, tant’è vero che l’immagine descritta in questo brano è rifluita in uno dei gesti del sacramento del battesimo, con il quale il ministro prega affinché il battezzato possa presto ascoltare e proclamare la Parola di Dio.
Ma come in questo passo del Vangelo, anche nella vita non basta ascoltare e proclamare la Parola di Dio per conoscere Gesù. È necessario attraversare con lui la Passione: solo lì potremo conoscerlo veramente. È questo il senso dell’invito di Gesù a non raccontare quel miracolo, perché non ci sono scorciatoie per diventare discepoli. Nel Vangelo di Marco la rivelazione dell’identità di Gesù è possibile solo quando lo vedremo rinnegato e prigioniero per seguirlo e contemplarlo sulla croce.
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