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Mi sono perso! Ma c’è sempre una via per tornare a vivere

Meditazione per la Trentesima domenica del T.O. anno B

Autore: Don Gaetano Piccolo

«Nessuno, nelle fatiche di questa vita, può davvero durare di continuo nella pazienza, senza la quale non può essere custodita la speranza nella vita futura, se non l’umile e il mansueto»,
Sant’Agostino, Discorso 157,2

La paura di non farcela

Quando viviamo momenti di forte angoscia, ci può capitare di sognare di camminare su una strada o di salire una scala senza riuscire mai ad arrivare alla meta. Ci sentiamo senza speranza, irrimediabilmente persi. Questa è forse stata anche la sensazione del popolo d’Israele mentre camminava nel deserto, senza punti di riferimento, senza riconoscere sempre la direzione da percorrere, con la paura di non riuscire ad arrivare mai. E forse in quei momenti sembra scomparire anche la promessa di Dio, la promessa di bene, di protezione, di difesa. Il popolo d’Israele ha sperimentato questa difficoltà di sperare anche mentre si è ritrovato in esilio, fuori da quella terra cui era giunto con tanta fatica. Nel tempo in cui qualcuno ti opprime e cerca di toglierti la vita è difficile mantenere viva la speranza e la fiducia.

Dio riconduce

Forse per questo, sia il brano del profeta Geremia sia il salmo 125 insistono sul verbo ritornare, ricondurre. Israele vede scorrere i torrenti e riconosce in quell’immagine l’azione di Dio che lo accompagna. Attraverso un cammino, a volte incomprensibile, Dio ci accompagna dal pianto alla gioia: questa è la promessa: «Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni» (Ger 31,9); «Nell’andare, se ne va piangendo, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con gioia» (Sal 125,6).

Cristo Sommo Sacerdote

Dio conosce quel pianto: Cristo, come ci ricorda la Lettera agli Ebrei, in quanto sommo sacerdote, accoglie le nostre preghiere e le presenta al Padre, proprio perché conosce la nostra sofferenza, sa cosa vuol dire il nostro pianto.

Un uomo che sembra perso

Il protagonista del brano del Vangelo di Marco è proprio una persona che si sente senza speranza: Bartimeo sembra irrimediabilmente perso, sembra addirittura che non riesca a incontrare neppure Gesù. Bartimeo infatti non è a Gerico, la città sprofondata negli abissi, ma è fuori dalla città, dove Gesù è sceso, prima di salire a Gerusalemme, proprio per cercare coloro che si sono perduti. Bartimeo è fuori strada («sedeva lungo la strada», Mc 10,46): non sappiamo se ci sia finito perché è cieco o se sia stato messo lì dalla vita. Nonostante il suo nome dica una relazione (figlio di Timeo), Bartimeo ci appare solo.

Le nostre risorse

Proprio quando siamo senza speranza, quando ci sentiamo persi, non possiamo fare altro che tirare fuori le nostre ultime risorse, quelle che forse non sappiamo neppure di avere. Bartimeo è un mendicante: sa chiedere. Ma questa volta non si limita a chiedere, grida! Anche se dà fastidio, anche se gli dicono di smettere, Bartimeo non rinuncia a mettere davanti a Dio il suo desiderio. E Gesù si ferma: perché nessun grido rimane inascoltato davanti a Dio (cf Es 3,7). Bartimeo non è più solo e non si sente più irrimediabilmente perso. In un certo senso è già in questo momento che avviene la sua guarigione: «Coraggio! Alzati, ti chiama» (Mc 10,49), Gesù ti chiama ad alzarti da quelle situazioni di morte che hai considerato definitive e senza speranza.

False sicurezze

Ma, per mettersi in piedi, Bartimeo deve gettare via il mantello. Proprio quello che sembra la sua sicurezza, proprio ciò che sembrava proteggerlo, va buttato via per potersi rialzare. Per un mendicante, il mantello era tutto: casa, ricchezza, protezione. Il mantello di un mendicante, se preso in pegno, doveva essere restituito entro la giornata, perché il mendicante non può farne a meno (cf Esodo 22,25). Forse quel gesto ci insegna che a volte ciò che ci blocca sono le nostre false sicurezze: quello che apparentemente ci protegge, ma che al contrario ci impedisce di camminare.

Tornare a vedere

Solo dopo aver percorso questo cammino di liberazione, Gesù rivolge a Bartimeo una domanda che può sembrare strana: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Quello di cui Bartimeo ha bisogno sembra evidente. Gesù invece lo rimanda al suo desiderio più autentico. Tornare a vedere non è scontato, perché a volte preferiamo non vedere la realtà, non renderci conto della verità, preferiamo rimanere ciechi. Dio opera in noi quando trova una disponibilità.
La risposta di Bartimeo è molto profonda: il verbo usato da Marco (anablepein) può essere tradotto vedere di nuovo, ma anche guardare in alto. Forse Bartimeo vuole mettere insieme questi due significati, non si tratta solo di tornare a vedere, ma anche di guardare in alto, cioè di rialzare la testa. Bartimeo vuole ritrovare la sua dignità. Quando infatti ci sentiamo senza speranza, persi, schiacciati, perdiamo anche la fiducia nel valore di noi stessi. C’è sempre qualcuno che cerca di toglierci la dignità. Dio ce la restituisce!
Ora Bartimeo vede e può scegliere la strada da percorre: Gesù infatti non gli dice seguimi, ma va’, scegli la direzione da seguire. E Bartimeo cominciò a seguire Gesù lungo quella strada che prima non vedeva più.

Leggersi dentro

Come vivi i momenti in cui ti senti perso e fai fatica a sperare?
Cosa vuoi che il Signore faccia per te?

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