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Opere di misericordia spiriturali: insegnare agli ignoranti, consigliare i dubbiosi e ammonire i peccatori

Misericordia nella vita quotidiana (VII)

Autore: Mons. Javier Echevarría Rodríguez

Tra le opere di misericordia spirituale, oggi mi soffermo su: insegnare agli ignoranti e consigliare i dubbiosi.

Insegnare è uno dei compiti più belli che possiamo compiere noi tutti. Pensiamo al lavoro educativo delle madri: quanta pazienza, gioia e generosità dimostrano nella cura dei figli, aiutandoli a raggiungere la maturità umana e quella soprannaturale! Papa Francesco ha detto che “la madre, anzitutto, insegna a camminare nella vita e sa come orientare i figli […]. Non lo ha imparato nei libri, ma lo ha imparato nel proprio cuore”. Voglio aggiungere che, contemporaneamente, anche il padre di famiglia deve imparare ogni giorno, con cuore retto, a essere un buon marito, un buon padre, spendendosi quotidianamente – come fa la moglie – nell’occuparsi del buon clima di famiglia e nel tenerlo acceso. Il cuore: questo è il segreto delle opere di misericordia, che coinvolgono la volontà e nascono dalla carità, da quell’amore di Dio che può arrivare ad altre persone attraverso di te, attraverso di me. Nel Vangelo ascoltiamo queste parole che Cristo rivolge a coloro che sono venuti a catturarlo nell’orto degli ulivi: “Ogni giorno stavo seduto nel Tempio a insegnare”.

La sua vita pubblica, infatti, consisteva soprattutto nell’insegnarci il cammino di figli di Dio, nell’illuminare la nostra intelligenza, nell’aprirci la via per arrivare a Dio Padre con l’aiuto del Paraclito. Su questa stessa linea, meraviglia la forza del suo discorso della montagna, delle parabole che descrivono il regno dei cieli e anche i dialoghi di Gesù con i personaggi più diversi: scene nelle quali il Maestro trasmette a tutti – anche a quelli come noi che siamo ancora in cammino – le diverse modalità di percorrere i sentieri della salvezza. Per questo, come del resto indica il Papa, “per essere capaci di misericordia, dobbiamo per prima cosa metterci all’ascolto della parola di Dio. Questo significa recuperare il valore del silenzio per meditare la Parola che ci viene rivolta”. Può adempiere l’ufficio di buon maestro, e può consigliare rettamente gli altri, soltanto chi è sempre disposto a imparare.

Tutti dobbiamo aprirci con docilità agli insegnamenti del Maestro se è vero che vogliamo aiutare il prossimo con sincerità. Per questo, leggere il Vangelo con attenzione e raccoglimento – un’abitudine che vi invito a praticare tutti i giorni, con una lettura tranquilla, calma, meditando quello che Dio ci predica –, ci renderà più sensibili a verificare la misericordia del Padre celeste e cogliere in tal modo le ispirazioni dello Spirito Santo. Allora, quando dovremo orientare o dare un consiglio a una persona, sorgerà in noi la domanda immediata: come farebbe Cristo? E agiremo di conseguenza. Molte volte – tutte! –, anche il buon esempio sarà il miglior modo di aiutare gli altri. Nel suo libro Solco san Josemaría ricorda che “Gesù cominciò a fare e poi a insegnare: tu e io dobbiamo dare la testimonianza dell’esempio, perché non possiamo condurre una doppia vita: non possiamo insegnare quello che non mettiamo in pratica.

In altre parole – prosegue il Fondatore dell’Opus Dei –, dobbiamo insegnare quello che, per lo meno, ci sforziamo di mettere in pratica”. Infatti, la nostra lotta, il nostro desiderio di conversione, servirà di sprone perché altri fissino la loro attenzione sul nostro impegno nel vivere la fedeltà cristiana. Se vogliamo aiutarli, per prima cosa dobbiamo essere esigenti con noi stessi. D’altra parte, dare un consiglio opportuno richiede un atto di generosità, perché occorre uscire dal proprio io e mettersi nella situazione del prossimo, cercando di comprenderlo fino in fondo – senza dimenticare le sue circostanze personali –, perché non possiamo condurre una doppia vita, allo scopo di dare suggerimenti ben mirati. Si tratterà sempre di un consiglio amichevole, e spesso con una intenzione soprannaturale, e con ciò sarà possibile aiutare l’altro, che valuterà le cose in base a un modo di vedere più ampio, che è quello di Dio.

Queste opere di misericordia ci debbono spingere a mostrare con generosità agli altri il cammino che conduce a Cristo. San Josemaría faceva notare che “l’apostolato è come il respiro del cristiano¸ un figlio di Dio non può vivere senza questo palpito spirituale […]. Lo zelo per le anime è un comandamento dell’amore del Signore, che […] ci invia come suoi testimoni al mondo intero”. Molte persone, magari senza saperlo, aspettano che qualcuno faccia loro conoscere Cristo. Senza di Lui non può esserci vera felicità! Forse le grazie dell’Anno della misericordia ci aiuteranno a superare gli ostacoli che a volte ci impediscono di fare apostolato: i rispetti umani, la pigrizia o semplicemente il pensiero che si tratta di un compito impossibile. Invitiamo, comunque, coloro che frequentiamo nella nostra vita quotidiana a guardare il volto del Signore, mostriamo – ripeto – i suoi insegnamenti attraverso la nostra vita, spieghiamo la dottrina della Chiesa quando è necessario e, naturalmente, comportiamoci sempre in modo coerente con la nostra fede. In tal modo renderemo attraente uno stile di vita che concorda con il Vangelo.

Cito nuovamente san Josemaría, che ci diceva: “La nostra condotta deve essere tale che gli altri possano dire, vedendoci: ecco un cristiano, perché non odia, perché sa comprendere, perché non è animato da zelo fanatico, perché domina i suoi istinti, perché si sacrifica, perché manifesta sentimenti di pace, perché ama”. Così ha sempre agito il fondatore dell’Opus Dei. La sua vita è consistita soprattutto nel trasmettere a coloro che incontrava lo spirito che aveva ricevuto da Dio. Sono stato testimone del suo zelo nel farci capire chiaramente, fin nei dettagli più minuti, come seguire Cristo santificando la vita ordinaria. Lo faceva con cuore materno e paterno: servendosi di dettagli comuni, trascinandoci con il suo esempio, ricordandoci ogni cosa con pazienza, ma anche con energia, tutte le volte che era necessario. Vi suggerisco, in quest’Anno della misericordia, di leggere una delle biografie che raccontano i diversi episodi della vita di san Josemaría, anche se l’avete già letta. I suoi insegnamenti nascono direttamente dal Vangelo e racchiudono, come dice il Signore, cose vecchie e cose nuove, che ci danno sempre la capacità di dare nuovo slancio anche alla nostra vita spirituale. Leggendo queste biografie o i suoi scritti, il Signore ci aiuterà a scoprire, per la nostra condotta personale, aspetti stupendi e attraenti dello spirito cristiano, che potremo trasmettere agli altri. San Josemaría definiva l’Opus Dei come “la storia delle misericordie di Dio”, perché, nel suo impegno per realizzare la volontà divina, ha sempre sentito l’inconfondibile vicinanza del Signore.

Grazie a Dio, questa storia non si è fermata, ma continua ancora oggi nel lavoro di molti uomini e donne che si sforzano di far proprio questo modo di vivere e di seguire Cristo, sentendosi gli ultimi, coloro che servono. Non è forse una grande manifestazione della misericordia divina la possibilità di trovare Dio nelle occupazioni quotidiane? Non dimostra una carezza del Signore il fatto che possiamo collaborare con Lui nella grandiosa avventura di portare i frutti della Redenzione in tutti i crocevia del mondo con la nostra vita normale? La storia della salvezza ci mostra un continuo alternarsi dell’amore misericordioso di Dio e della debolezza degli uomini.

Come una madre segue per casa il figlio più piccolo, evitandogli pericoli e incidenti, allo stesso modo Dio ha guidato l’umanità nel corso dei secoli. Ognuno di noi, durante la vita, ha avuto la prova di questa guida, di questa mano sempre pronta della Provvidenza divina. Proprio per questo, quante cadute o quanti errori nel nostro cammino si sono rivelate occasioni di incontro con il Signore! Ammonire i peccatori ci annuncia un’opera di misericordia che il Signore ha esercitato continuamente, come leggiamo nei racconti biblici, ogni volta che gli uomini si ostinavano – e potremmo dire, ci ostiniamo – a imboccare la via del male. La storia del Popolo eletto è una chiara manifestazione di questa sollecitudine divina. In molte situazioni Yavhè avrebbe potuto allontanarli dalla propria mano, ma sempre – spesso anche con castighi o con ammonimenti da parte dei profeti –, li attraeva nuovamente a Sé, reinserendoli nelle vie della salvezza.

Con l’incarnazione del Verbo, la misericordia di Dio ha assunto un volto umano: quello di Gesù. Dio è diventato un nostro fratello che ci cerca uno per uno: nelle situazioni in cui ci troviamo, con le caratteristiche di ciascuno, con i pochi o i molti talenti che possediamo. Nel Vangelo vediamo che Gesù non si astiene dal riprendere, dal correggere, coloro che vuole portare per il retto sentiero; non solo i farisei che non accettavano il suo messaggio, ma anche gli amici: Pietro, anche con durezza, quando l’Apostolo lo istiga a evitare la Passione; o Marta a Betania, con dolcezza, perché si preoccupa eccessivamente dei lavori domestici. Il Signore sapeva servirsi del tono e del linguaggio che meglio conveniva a ogni persona.

Seguendo l’esempio del Signore, ricordiamo che la correzione fraterna praticata con rettitudine, senza umiliare, è stata di aiuto per la Chiesa fin dagli inizi. “Fratelli – ha scritto san Paolo ai Galati –, qualora uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con dolcezza. E vigila su te stesso per non cadere anche tu in tentazione”. L’Apostolo non fa altro che ripetere il mandato di Gesù: “Se tuo fratello pecca contro di te, va’ e correggilo tu e lui da soli. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello”. La correzione fraterna, dunque, si riferisce a un dovere di tutti i cristiani. Quando qualcuno ci fa notare qualcosa per il nostro bene, dobbiamo considerarlo una manifestazione della misericordia divina, che si serve di strumenti umani per guidarci sulla via del bene. In un primo momento, forse, l’avvertimento susciterà in noi una certa amarezza, non ci sembrerà gradevole. L’orgoglio può farci ribellare, può farci avanzare scuse, che sono sempre facili da trovare.

Tuttavia, se si considera tale avvertimento alla presenza di Dio, si farà avanti una sincera gratitudine perché qualcuno si è preso il disturbo di farci notare un errore che non avevamo percepito. Non sottovalutiamo il potere della misericordia, perché una correzione fraterna accettata con umiltà può consolidare una relazione, rafforzare un’amicizia, evitare future complicazioni o essere il punto d’inizio di una nuova tappa nella vita. Alcuni anni fa il Papa Benedetto XVI – al quale dobbiamo essere molto grati – si è riferito ampiamente a questa manifestazione della carità. «Oggi, in genere, siamo molto sensibili – diceva – all’aspetto della cura e della carità in relazione al bene fisico e materiale degli altri, ma tacciamo quasi completamente per ciò che riguarda la responsabilità spirituale che abbiamo nei confronti dei fratelli». E aggiungeva: «Di fronte al male non si deve tacere.

Penso all’atteggiamento di quei cristiani – confermava il Papa – che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune invece di mettere in guardia i fratelli intorno ai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene». Per questo, dico a tutti voi e dico a me stesso, nell’aiutare con la correzione fraterna, bisogna farsi guidare dalla carità e dalla prudenza, cercando il momento opportuno e il modo più adatto di parlare, per non ferire senza necessità quella nostra sorella o quel nostro fratello. Lo stesso san Paolo invitava i Galati a correggere «con dolcezza».

Allora, per fare bene una correzione fraterna, sarà meglio pensare in qual modo aiutare alla presenza di Dio, pregando lo Spirito Santo di mettere nella nostra bocca le parole opportune, con assoluta rettitudine d’intenzione. Può nascere la tentazione di pensare che il nostro avvertimento cada in un sacco bucato, che quella persona non lotterà per cambiare o che i suoi problemi non ci riguardano… Non è così. Noi che stiamo nella Chiesa formiamo un corpo unito, e gli errori degli altri, senza scandalizzarci e senza giudizi critici, devono risvegliare in noi sentimenti di misericordia e necessità di aiutare con carità. Quando si corregge, è anche necessario tener conto del tempo: la grazia interviene effettivamente, ma le persone hanno bisogno – abbiamo bisogno – di tempo per cambiare opportunamente. Ricordiamo che l’apostolo Pietro non accettò che Cristo andasse a morire, neppure dopo l’annuncio del Maestro, e lo disse espressamente e con energia. Fu necessario che lo vedesse in catene per ammettere nella sua anima che quel sacrificio era la Volontà di Dio.

Comunque, anche a noi potrebbe accadere che, dopo aver corretto qualcuno, il suo atteggiamento non muti e persista nell’errore. In questi casi, preghiamo per quella persona, in quanto la preghiera è il primo modo di aiutare. Una volta piantato il seme della misericordia, occorre irrigarlo con la preghiera, ma anche con la pazienza e l’affetto umano; così quel seme germoglierà e darà frutto. Rendiamoci conto, inoltre, che con la pratica della correzione fraterna si combattono efficacemente le dicerie e i commenti ironici, che tanto danno causano alle relazioni familiari e sociali.

Questo può essere un buon proposito per il Giubileo della misericordia: evitare sin la più piccola critica ai nostri parenti e ai nostri amici, ai superiori e a quelli che dipendono da noi, ai conoscenti e agli sconosciuti. Ci può sembrare un compito non facile, perché durante la giornata, forse, si presenteranno numerosi contrasti e malintesi; ma, se c’impegniamo, con l’aiuto e la forza di Dio, saremo seminatori di una serenità che apporta colui che rifugge da ogni paragone e propone soluzioni positive. Aiutiamoci, dunque, l’un l’altro con il balsamo della misericordia. Nessuno otterrà la felicità se la cerca da solo. Non dobbiamo estraniarci dalle lotte degli altri e chiediamo al Signore la semplicità di cuore per accettare le correzioni con umiltà e gratitudine, quando ce le faranno; e per aiutare correggendo con affetto e comprensione coloro ai quali dobbiamo prestare aiuto.

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