Natale nei Padri della Chiesa I
Gli Inni dei Padri della Chiesa sul Natale
Autore: Padri della Chiesa
1. I Inno sulla Natività (1,88-95.99) di s. Efrem il Siro (ca. 306-373)
Questa è notte di riconciliazione,
non vi sia chi è adirato o rabbuiato.
In questa notte, che tutto acquieta,
non vi sia chi minaccia o strepita.
Questa è la notte del Mite,
nessuno sia amaro o duro.
In questa notte dell’Umile
non vi sia altezzoso o borioso.
In questo giorno di perdono
non vendichiamo le offese.
In questo giorno di gioie
non distribuiamo dolori.
In questo giorno mite
non siamo violenti.
In questo giorno quieto
non siamo irritabili.
In questo giorno della venuta di Dio
presso i peccatori,
non si esalti, nella propria mente,
il giusto sul peccatore.
In questo giorno della venuta
del Signore dell’universo presso i servi,
anche i signori si chinino
amorevolmente verso i propri servi.
In questo giorno, nel quale si è fatto povero
per noi il Ricco
anche il ricco renda partecipe
il povero della sua tavola.
Oggi si è impressa
La divinità nell’umanità,
affiché anche l’umanità
fosse intagliata nel sigillo della divinità.
2. III Inno sulla Natività di s. Efrem il Siro (ca. 306-373)
Benedetto il bimbo, che oggi
ha fatto esultare Betlemme.
Benedetto l’infante, che oggi
ha ringiovanito l’umanità.
Benedetto il frutto, che ha chinato
se stesso verso la nostra fame.
Benedetto il buono che in un istante
ha arricchito
tutta la nostra povertà
e ha colmato la nostra indigenza.
Benedetto colui che è stato piegato dalla sua misericordia
a prendersi cura della nostra infermità.
Responsorio:
Sia benedetta la tua nascita, mio Signore, che ha innalzato la nostra insipienza.
Siano rese grazie alla fonte
inviata per la nostra propiziazione.
Siano rese grazie a colui che congedò
il sabato compiendolo.
Siano rese grazie a colui che sgridò
la lebbra, ed essa non [poté] rimanere.
Anche la febbre lo vide
e fuggì.
Siano rese grazie al clemente
che ha portato la nostra pena.
Gloria alla tua venuta
che ha riportato alla vita gli uomini.
Gloria a Colui che è venuto
presso di noi mediante il suo primogenito.
Gloria a quel Silente
che ha parlato mediante la sua voce.
Gloria a quel Sublime
divenuto visibile mediante il suo Levante.
Gloria a quello Spirituale
compiaciutosi
che divenisse corpo il proprio figlio,
affinché, mediante esso, la sua potenza divenisse
tangibile,
e potessero vivere, grazie a quel corpo,
i corpi della sua stessa stirpe.
Gloria a quell’Invisibile
il cui figlio divenne visibile.
Gloria a quel Vivente
il cui figlio morì.
Gloria a quel Grande
il cui figlio scese e si rimpicciolì.
Gloria a quella potenza [divina]
che si è modellata
una figura della propria maestà
e un’immagine della propria invisibilità.
Con l’occhio e l’intelletto,
con entrambi lo vediamo.
Gloria a quell’invisibile
che persino con l’intelletto
non può essere minimamente toccato
da quelli che lo vogliono scrutare,
e fu toccato, per sua grazia,
in virtù della [sua] umanità.
La natura che mai
fu palpata,
fu legata e avvinta per le mani,
trafitta e crocifissa per i piedi.
Di sua propria volontà
prese un corpo per coloro che lo afferrarono.
Benedetto, lui che la [nostra] libertà
ha potuto crocifiggere poiché egli gliel’ha concesso.
Benedetto, lui che anche il legno
ha potuto portare perché egli gliel’ha permesso.
Benedetto, lui che anche il sepolcro
ha potuto rinchiudere perché egli si è circoscritto
Benedetto, lui la cui volontà
ha condotto
all’utero e alla nascita,
al seno e alla crescita.
Benedetto, lui le cui trasformazioni
hanno dato vita a noi uomini.
Benedetto, lui che ha segnato la nostra anima,
l’ha adornata e l’ha sposata a sé.
Benedetto, lui che ha fatto del nostro corpo
una tenda della sua invisibilità.
Benedetto, lui che nella nostra lingua
ha tradotto i suoi segreti.
Siano rese grazie a quella voce,
di cui è cantata
la gloria sulla nostra cetra,
e la potenza sulla nostra arpa
I popoli si sono radunati e sono venuti
ad ascoltare i suoi canti.
Gloria al figlio del Buono,
disprezzato dai figli del maligno.
Gloria al figlio del Giusto,
crocifisso dai figli dell’empio.
Gloria a colui che ci ha slegati
ed è stato legato al nostro posto.
Gloria a colui che si è fatto garante [per noi]
e poi ha pagato il debito.
Gloria al bello
che ci ha modellati a sua somiglianza.
Gloria al limpido
che non ha guardato alle nostre macchie.
Gloria a colui che ha seminato
la sua luce nella tenebra
— fu condannata per le sue azioni odiose,
essa che aveva nascosto i propri segreti
e che ci ha spogliato
dal vestito di sozzura.
Gloria al celeste,
che ha mescolato
il suo sale nel nostro intelletto,
il suo caglio nelle nostre anime.
Il suo corpo è divenuto pane
per dar vita alla nostra mortalità.
Siano rese grazie al ricco
che ha pagato il debito per tutti noi
ciò che non aveva preso a prestito;
lui sottoscrisse e divenne anche nostro debitore.
Mediante il suo giogo ha spezzato [gettando] via da noi
le catene del nostro predatore.
Gloria al giudice
che fu giudicato,
ma che ha fatto sedere i suoi dodici
per il giudizio delle tribù,
e che per mezzo di idioti ha condannato
gli scribi di quel popolo.
Gloria a colui che mai
poté essere misurato da noi.
Il nostro cuore è troppo piccolo per lui,
e debole anche la nostra mente.
La nostra piccolezza è disorientata
dalla ricchezza dei suoi discernimenti.
Gloria a colui che sa tutto,
e che si è sottomesso
a domandare, per ascoltare
e apprendere ciò che [già] sapeva,
per rivelare, con le sue domande,
il tesoro dei suoi benefici.
Adoriamo colui che ha illuminato
la nostra mente con il suo insegnamento,
e che ha tracciato nel nostro udito
un sentiero per le sue parole.
Rendiamo grazie a Colui che ha innestato
il suo frutto nel nostro albero.
Gratitudine verso Colui che mandò
il suo erede
per attirarci a sé mediante lui,
e per farci eredi insieme a lui.
Gratitudine verso il Buono,
causa di tutti i beni.
Benedetto, lui che non ha biasimato,
poiché è buono.
Benedetto, lui che non ha guardato altrove,
poiché è giusto.
Benedetto, lui che ha biasimato tacendo
per salvare con entrambe le cose.
Forte il suo silenzio,
e pieno di biasimo.
Mite la sua forza,
anche quando metteva sotto accusa:
biasimò il falso
ma baciò il ladro.
Gloria all’operaio
invisibile dei nostri pensieri.
Il suo seme è caduto nella nostra terra
e ha arricchito il nostro intelletto.
Il suo prodotto è giunto al centuplo,
per il granaio della nostra anima.
Adoriamo colui che si è seduto
e riposa,
lui che ha camminato per via,
ed era la via sulla via,
e la porta per chi entra,
per coloro che entrano nel regno attraverso di lui.
Benedetto il pastore divenuto
Agnello per la nostra propiziazione.
Benedetto il tralcio divenuto
coppa della nostra salvezza.
Benedetto il grappolo,
fonte del farmaco della vita.
Benedetto anche l’agricoltore,
lui che divenne
il chicco seminato
e il covone mietuto,
l’architetto fattosi
torre del nostro rifugio.
Benedetto colui che si è messo a punto
i sensi delle nostre menti
per cantare sulle nostre cetre
ciò che non può cantare
la bocca di un volatile
nelle sue melodie.
Gloria a colui che vide
quanto ci piaceva
farci simili agli animali
nella nostra ira e nella nostra avidità,
e scese diventando uno di noi,
affinché noi diventassimo celesti.
Gloria a colui che mai
è stato bisognoso dei nostri rendimenti di grazie,
ma bisognoso perché ci ama,
e assetato perché ci vuol bene
e ci ha domandato di dare a lui,
perché lui potesse dare a noi molto di più.
Il suo frutto si è unito
alla nostra umanità,
affinché mediante esso fossimo attratti verso colui
che si è piegato verso di noi.
Mediante il frutto della radice
egli ci innesterà nel suo albero.
Rendiamo grazie a colui che fu colpito
e che ci ha salvati per mezzo delle sue ferite.
Rendiamo grazie a colui che ha tolto
la maledizione mediante le sue spine.
Rendiamo grazie a colui che ha fatto morire
la morte mediante la propria morte.
Rendiamo grazie a colui che tacendo
ci ha fatto vincere in giudizio.
Rendiamo grazie a colui che ha gridato
nella morte che ci aveva inghiottito.
Sia benedetto, lui i cui benefici
hanno ridotto a nulla la sinistra.
Glorifichiamo colui che ha vegliato
e ha fatto addormentare il nostro predatore.
Glorifichiamo colui che si è addormentato
e ha cacciato via il nostro torpore.
Gloria a Dio,
medico della natura umana.
Gloria a colui che, battezzato,
ha sprofondato
la nostra iniquità nell’abisso
e annegato chi ci annegava.
Diamo gloria con ogni bocca
al Signore di ogni risorsa.
Benedetto il medico sceso
per un’incisione senza dolore
e per sanare piaghe
con una medicazione senza violenza.
La sua nascita è il farmaco
che ha clemenza dei peccatori.
Sia benedetto, lui che ha dimorato nell’utero
e lì ha edificato
un tempio ove poter abitare,
un santuario ove poter stare,
un abito nel quale risplendere
e un’armatura con la quale vincere.
Sia benedetto, lui che la nostra bocca
non è all’altezza di rendergli grazie,
poiché troppo grande è il suo dono
per chi è dotato di parola.
E neppure i sensi sono all’altezza
di rendere grazie alla sua bontà.
Quanto più gli rendiamo grazie,
è poca cosa.
Ma poiché non c’è beneficio
a tacere e patir danno,
renda la nostra debolezza
una melodia di ringraziamento.
O buono, che non pretendi
al di là delle nostre forze,
a quale giudizio sarà sottomesso il tuo servitore
quanto a capitale e a interesse,
poiché non ha dato quanto poteva,
e ha frodato su quanto doveva?
Mare di gloria,
che non manchi di nulla,
accogli nella tua bontà
una goccia di rendimento di grazie,
di cui, per tuo dono, è umettata
la mia lingua per renderti gloria.
3. Dialogo tra i Magi e Maria di s. Efrem il Siro (ca. 306-373)
I magi: A noi una stella ha annunciato
che Colui che è nato è il re dei cieli.
Tuo figlio ha potere sugli astri,
essi sorgono soltanto al suo ordine.
Maria: E io vi dirò un altro segreto,
perché siate convinti:
restando vergine, io ho partorito mio figlio.
Egli è il figlio di Dio. Andate, annunciatelo!
I magi: Anche la stella ce l’aveva fatto conoscere,
che figlio di Dio e Signore è il tuo figlio.
Maria: Altezze e abissi ne rendon
testimonianza; tutti gli angeli e tutte le stelle:
Egli è il figlio di Dio e il Signore.
Portate l’annuncio nelle vostre contrade,
che la pace si moltiplichi nel vostro paese.
I magi: Che la pace del tuo figlio
ci conduca nel nostro paese,
con sicurezza, come noi siamo venuti,
e quando il suo potere dominerà il mondo,
che Egli visiti e santifichi la nostra terra.
Maria: Esulti la Chiesa e canti la gloria,
per la nascita del figlio dell’Altissirno,
la cui aurora ha rischiarato cielo e terra.
Benedetto Colui la cui nascita rallegra l’universo!
4. Nella notte di Natale di sant’Ambrogio (incerto 339/340-397)
Ascolta, tu che governi Israele,
che siedi sopra i cherubini;
compari in faccia ad Efraim, scuoti
la tua potenza, e vieni.
Vieni, redentore dei popoli,
vanta il parto da vergine;
ne stupisca ogni tempo:
parto che si conviene a Dio.
Non da seme maschile
ma per mistico fiato
si è fatto carne il Verbo di Dio
e il frutto del ventre è fiorito.
Il grembo della vergine si gonfia:
chiostro permane di pudore.
Delle virtù risplendono i vessilli:
in quel tempio si agita Dio.
Dal suo talamo venga,
regale sala del pudore,
il gigante di duplice natura
per correre animoso la sua strada:
l’uscita sua dal Padre,
il suo ritorno al Padre,
la corsa fino agli inferi,
e il suo ritorno alla divina sede.
Uguale al sommo Padre
recingiti col trionfo della carne
tu che rafforzi di valore eterno
le debolezze della nostra carne.
Già splende il tuo presepe
e la notte respira la sua luce,
che tenebra nessuna offuschi mai
e d’incessante fede possa splendere.