Nemici e alleati dell'anima
Pratica dell'esame di coscienza, la strategia spirituale (II)
Autore: Autori Cristiani
In guerra, si lotta, contro i nemici, e s’invoca il concorso di fidati amici ed alleati.
Così pure, nella lotta morale si fa guerra alle passioni, ai difetti, ai peccati; e si cerca di acquistare le virtù, e poi le buone abitudini, necessarie al proprio stato.
Ma non si fa una guerra giudiziosa, senza precisare prima il punto in cui si vuol dare battaglia: chi dirige male i suoi sforzi, li rende per lo meno inutili.
E’ assioma essenziale della spiritualità cristiana sia essa ignaziana o berulliana, che la vera vita di orazione non può essere raggiunta in modo proficuo e duraturo, se prima non si è ottenuta la purificazione dei sensi e la pacificazione delle passioni.
Grande è l’aiuto che porge, a tal uopo, l’esame particolare; ma in questa lotta bisogna attaccare un difetto per volta.
Vale anche per la vita spirituale il monito di Mosè al popolo di Dio: “Non distruggerai i suoi nemici, tutti in una volta” perché, “presi insieme, sono più numerosi e più forti di te”.
“Se tu, per esempio, spiega il Rodriguez, vuoi fare l’esame particolare per togliere la superbia e acquistare l’umiltà, non devi pigliar la cosa tutta in blocco, il che equivarrebbe a fare l’esame sopra tre o quattro cose insieme, e non vi concluderesti nulla; ma devi ripartire la materia in più esercizi. Separando così i nemici, e attaccandone uno per volta, li vincerai agevolmente”.
E’ l’applicazione dell’episodio degli Orazi e Curiazi.
Non si deve pensare che, applicandosi alla lotta contro una passione, le altre possano tanto facilmente rialzare la testa e nuocerci; le passioni sono strettamente collegate tra loro, e i colpi ben assestati a una di esse, investono e mortificano tutte le altre.
Allora: quali soggetti scegliere per il proprio esame particolare?
Bisogna pregare e riflettere.
Innanzi tutto vanno attaccati i difetti che offendono e scandalizzano il prossimo: così vogliono la giustizia e la carità.
Hai il difetto di parlare aspramente? chiederebbe il Rodriguez: Fa’ l’esame sulla carità, proponendo di vedere Nostro Signore in tutte le persone con le quali hai da fare.
Senti antipatia per qualche persona? Obbligati a pensare che Gesù l’ama, tutte le volte che la incontri.
Ti è difficile restare calmo nei contrattempi e nei dispiaceri? In ogni occasione penosa, imponiti di dire interiormente: Così vuole Iddio; così voglio io!
Ti senti portato al cattivo umore? Impegnati a conservare sempre sereno il volto.
Vorresti affrettarti in ogni cosa? Prometti di far tutto possibilmente con gravità.
Le mancanze esteriori hanno un’importanza evidente, anche per la misteriosa influenza che il corpo esercita sull’anima; inoltre le cose esteriori sono più facili a controllare, e con la buona volontà si eliminano in poco tempo.
Perciò si tengano presenti: l’apatia negli esercizi spirituali, le irregolarità più frequenti, la dissipazione, la loquacità, l’immodestia, la rilassatezza nel contegno, i modi grossolani, la precipitazione nell’operare, l’ostinazione nelle proprie idee, la suscettibilità.
In seguito si deve lottare contro la passione predominante, la quale, per le cadute anteriori o per le cattive abitudini contratte, rappresenta il punto più vulnerabile nella nostra vita morale, e costituisce il maggiore ostacolo al progresso spirituale. Eppure, siamo portati a usarle riguardi che rasentano il peccato e debolezze compromettenti, perché la passione dominante è la nostra passione beniamina, sebbene sia ragione e radice di tutti i nostri difetti e peccati. Chi vince la passione dominante stabilisce l’anima sua nell’ordine ideale e nell’armonia morale.
Un buon medico risale alla causa del male, e su quella fa convergere tutte le cure.
Così, bisogna risanare certi focolai d’infezione spirituale, e immunizzare l’anima da insidie latenti regolare i moti interiori, sradicare l’orgoglio, la sensualità
Il sensuale sarà facilmente pigro all’alzata, goloso nei pasti, poco dignitoso nel contegno, immodesto in casa e fuori, avverso al lavoro e al sacrificio. Ma tali debolezze sono semplici manifestazioni di sensualità; attaccata coraggiosamente questa passione col desiderio di conformarsi alla vita mortificata di Gesù, tutte le miserie anzidette spariranno o si attenueranno notevolmente.
Così si dica della superbia, che ispira la compiacenza di sé, la vanità, la suscettibilità, l’ostinazione nel proprio parere, l’egoismo, lo scoraggiamento, la mancanza di riguardi verso altri.
Se, come David, ci gettiamo sul Golia delle nostre passioni, e con l’aiuto di Dio lo colpiamo alla testa, tutti i nemici sono sbaragliati.
Decapitato Oloferne, il generalissimo dell’esercito nemico, l’intera legione dei difetti è in rotta.
Altrimenti si perde il tempo. Infatti i maestri della vita spirituale ci assicurano che, “fino a quando l’anima non avrà riportata una vittoria pressoché completa sulla passione dominante, non farà alcun progresso serio e duraturo nella via della perfezione. Né le visioni, né le estasi, né le mortificazioni, né i miracoli, ci fanno progredire di un passo, se cessiamo di combattere con santa ostinazione la passione che ci predomina”. (P. Faber).
Quando si è acquistato un certo dominio sulle passioni più pericolose per sé e più nocive alla propria missione, bisogna applicarsi a sviluppare le virtù opposte, e quelle per le quali si sente maggior attrattiva. Dice giustamente S. Francesco di Sales: “Molti s’ingannano, credendo di avere una virtù, perché non hanno il vizio contrario”. E spiega: “Astenersi dal male, è soltanto la base, sulla quale resta da innalzare l’edificio”. Alcuni, per il loro temperamento, hanno pochi difetti, pur non possedendo un’alta virtù; questi, attivando la vita spirituale con obbligarsi ad eseguire ogni giorno un certo numero di atti di una virtù determinata, possono raggiungere un notevole grado di perfezione, specialmente se aumenteranno quel numero, a mano a mano che ne acquisteranno l’abitudine. Le buone occasioni non mancano a un’anima attenta e fedele; talvolta le occasioni possono anche provocarsi: così si diventa animosi e volitivi.
Non è buona tattica quella di non vedere che il male, e di combattere sempre per estirpare colpe e difetti; a lungo andare si resta scoraggiati è bene esercitarsi anche direttamente all’incremento delle virtù e all’acquisto della santità.
Quando non si hanno occasioni di praticare certe virtù, come l’umiltà, la pazienza, la carità fraterna, è bene esercitarsi a produrre un determinato numero di relativi atti interni, più che con propositi, con aspirazioni adatte: “Dio mio, aiutatemi con la vostra grazia, a diventare più umile, più mansueto, più sacrificato!”.
Ecco un ampio campo d’azione, ricco di smaglianti orizzonti. Poche, infatti, sono le anime rette, che non si sentano dolcemente e fortemente attirate verso una virtù o un’altra. Nei Santi una virtù brilla su tutte le altre, aureolando di particolare splendore tutta la loro vita.
Vi sono, poi, certe buone abitudini da acquistare, soggetti fondamentali per la vita di perfezione, da richiamare spesso nei propri esami: la purità d’intenzione la perfezione delle azioni ordinarie la fedeltà agli esercizi di pietà la sottomissione cordiale la carità fraterna la regolarità il silenzio e la modestia l’uguaglianza di animo e di umore la conformità alla volontà di Dio ecc.
Poiché l’esame particolare è una lotta, esige che siano usate tutte le forze morali e spirituali; però non: bisogna aver fretta: non si raggiunge la cima d’una torre con un balzo, ma salendo uno scalino per volta. Ben a ragione osserva l’Imitazione di Gesù Cristo: “Se ogni anno correggessimo un difetto, in breve giungeremmo alla perfezione”.
Il progresso, però, deve essere continuo, anche se lento e non molto evidente; non ci accorgiamo che un albero cresce di giorno in giorno; eppure cresce.
Perciò si deve cominciare dagli atti più facili e meno elevati, per raggiungere progressivamente i più difficili. Volendo far diversamente, s’incorrerà nello scoraggiamento e nell’insuccesso, per la sproporzione tra le reali risorse dell’anima e le difficoltà da vincere. Il coraggio è mantenuto dalla prospettiva del successo; la gradazione proposta assicura un esito felice. Di qui la necessità di dividere la materia di esame, abbracciandone poca per volta.
Chi manca spesso alla carità fraterna, può proporsi, in un primo tempo, di non parlar male degli altri, né d’indirizzar loro parole offensive. Corretti quei difetti, proporrà di vigilare per non mostrarsi di cattivo umore, non contraddire, né tagliare la parola ad altri, nelle conversazioni. In un terzo momento procurerà di parlare sempre bene del prossimo, e di mostrarsi affabile con tutti. Finalmente, completerà il suo lavoro, esercitandosi alla carità formale, con vedere e amare Dio in ogni persona.
Chi vuole giungere a fare con tutta la perfezione i suoi esercizi di pietà, potrà proporsi quattro gradi successivi di perfezione, nel suo esame particolare: Farli tutti: esattamente conperfezione esteriore con attenzione sostenuta con sentimento esplicito di amor di Dio.
Per acquistare una determinata virtù si può indirizzare il proprio esame, a produrre un certo numero di atti, nella mattinata e nel pomeriggio, aumentando progressivamente quel numero, sino a far radicare nell’animo, la virtù desiderata.
Tutto, perciò, non è perduto, se non si arriva subito allo scopo prefisso; Iddio non manca di valutare gli sforzi e di porgere valido aiuto alla buona volontà umana.
Non bisogna cambiar soggetto di esame, prima di aver distrutto o molto indebolito il difetto antecedente, salvo non sia opportuno combatterne un altro per un certo tempo, e ritornare poi contro il primo con nuovo zelo Chi cambia troppo spesso, costruisce sulla mobile sabbia dell’incostanza, e si vedrà obbligato a ricominciare di continuo il proprio lavoro, col pericolo di disgustarsene e di abbandonarlo. “Mediante la pazienza ci ammonisce Gesù porterete molti frutti”.
Negli sforzi diretti a raggiungere la meta, non deve esserci dispersione di energie, ma unitò vivificatrice, a costituire un tutto saldo e vigoroso, perché le potenze dell’anima nostra sono limitate, e più si disperdono, più si sciupa forza ed efficacia.
Perciò l’esame non deve prolungarsi in analisi esagerate o superflue, col pericolo di smarrirsi nel dedalo dei dettagli, a danno dei caposaldi fondamentali.
La convergenza di tali sforzi va estesa a tutti gli esercizi spirituali: dalle letture riferentisi al soggetto di esame, alle preghiere vocali per impetrare luce e vigore; dall’esame di prevedimento a quello generale e al particolare; dalla S. Messa e Comunione, all’esercizio della presenza di Dio, delle pie aspirazioni e giaculatorie indulgenziate, moltiplicate durante il giorno, per attingere sempre più largamente alle sorgenti ristoratrici della grazia.
Tutto deve tendere alla distruzione di un difetto o all’acquisto di una virtù; ma, sopratutto, la convergenza deve attuarsi tra l’Esame Particolare e la Meditazione sulle verità della Fede, mediante risoluzioni concordanti col soggetto di Esame.
L’esperienza mostra, infatti, che l’Orazione dà lumi e forza spirituale per condurre coraggiosamente il proprio Esame Particolare; questo, a sua volta, stimola e controlla giornalmente il frutto dell’Orazione, perché essa non degeneri in fatuo sentimentalismo. A questi due Esercizi spirituali può applicarsi normalmente, con tutta ragione, il noto asserto: simul stabunt, simul cadent: insieme stanno, insieme cadono.
Così l’esame particolare può costituire il filo direttivo di tutti gli esercizi, ed essere un faro che su tutta la vita dello spirito, proietta la sua luce feconda.
Finalmente occorre la costanza negli sforzi generosi. Alcuni compromettono il risultato dell’esame attaccando il loro difetto dominante a sbalzi, a scossoni, invece d’imporsi un lavoro calmo e metodico. Se ai giorni di lotta energica, seguono quelli di penosa indolenza, si distrugge con una mano quel che sè¨ costruito con l’altra.
La storia ci dice che i Cartaginesi, vincitori dei Romani a Canne nella seconda Guerra Punica, dopo essersi abbandonati ai deliziosi ozi di Capua ove svernarono, furono vergognosamente sconfitti poi al primo urto.
In modo analogo, il demonio sembra talvolta rassegnarsi alla sconfitta; lascia che l’anima goda il frutto della vittoria e si conceda pure il riposo. Ma è una finta. Quando si accorge che la vigilanza non è più accorta, che lo spirito battagliero è scemato, e quando l’anima meno se l’aspetta, lancia risolutamente il suo attacco; e spesso riesce a vincere, lasciando la vittima nel dolore e nello smarrimento di una desolata prostrazione morale
Oggi vige il principio della nazione armata; s’indicono grandi manovre per simulare atti di guerra, e si predica alto: Si vis pacem, para bellum Se vuoi la pace, apprestati alla guerra!
Anche ai suoi Apostoli Gesù intimo: Vigilate et orate!