Nient'altro che la verità
San Tommaso, maestro di verità
Autore: San Tommaso d'Aquino
Chiunque s’imbatte nel genio di San Tommaso d’Aquino, resta sicuramente sorpreso per come egli sia riuscito a far convivere l’acume della speculazione, la rigorosa finezza logica, la capacità astrattiva e riflessiva, la fiducia nella grazia di Dio, che lo hanno condotto ad una straordinaria produzione filosofico-teologico-spirituale;
ed è altresì innegabile che egli, grazie a tutto questo, sia stato un modello di dialogo con le culture del suo tempo: ma un “dialogo” dal significato un po’ diverso rispetto ai giorni d’oggi, che spesso si ripete fino alla noia, ma poi si lascia comunemente in un indefinito significato improduttivo, generico… quasi banale. Scopriamo, dunque, perché, e quale fu l’originalità del metodo di Tommaso nella conduzione di questo dialogo.
È certo che per dialogare bisogna essere in due, ma è necessario pure conoscersi. Di conseguenza è certo che Tommaso entrò a contatto con la cultura del suo tempo, rappresentata specialmente da Aristotele; anzi ebbe la grande fortuna di vivere nella fase in cui lo Stagirita pian piano continuava a fare il suo ingresso nella cultura occidentale attraverso le varie traduzioni dal greco, ad esempio della Metafisica o della Logica. E così Tommaso operò un’intensa attività di commento alle opere del Filosofo, anzi spesso stupisce come egli, «maestro in Sacra Pagina», abbia dedicato molto tempo e impegno all’analisi dei testi aristotelici; tuttavia tale operosità, seppur molto analitica, non fu un’iniziativa del tutto “originale” di Tommaso, il quale già si ritrovava dietro di sé molti commentatori.
Potremmo poi “non” sorprenderci, se teniamo presente che il loro studio puntuale e attento da parte del Nostro aveva come scopo quello di cogliere anzitutto la verità delle affermazioni e così metterla a servizio non solo per sé quale teologo, ma, più d’ogni altra cosa, a servizio della sacra doctrina. Per questo, quando commentava un autore, non si preoccupava tanto della ricostruzione storica; per cui a una certa fedeltà testuale prevaleva in lui più la preoccupazione per un’appassionata e disinteressata ricerca della verità mediante i loro stessi principî, nei limiti del possibile, proprio come dichiara nel De cœlo et de mundo (I, 22, 8): «studium philosophiæ non est ad hoc quod sciatur quid homines senserint, sed qualiter se habeat veritas rerum – lo studio della filosofia non mira a conoscere quello che gli uomini hanno pensato, ma quale sia la verità». Un procedimento che siamo consapevoli essere molto lontano dagli odierni “metodi” di consultazione e interpretazione dei testi degli illustri studiosi del passato; sarebbe curioso, ad esempio, interpellare San Tommaso circa gli attuali tanto temuti programmi anti-plagio!
D’altro canto precisiamo che non bisogna erroneamente pensare che il piano della ‘ricerca storica’ del pensiero umano non interessasse a Tommaso; semplicemente non è solo il primo o l’unico dei momenti per la ricerca della verità: ne è prova la sua vasta e continua attenzione culturale, in ambito anche profano, non solo della cultura aristotelica, ma anche di altri autori tra cui Boezio, Dionigi, Mosè Maimonide, o altri non proprio cristiani come Avicenna o Averroè, di cui conobbe e ne utilizzò sovente il pensiero.
Un altro riferimento ci permette di percorrere un ulteriore passo. Nel De spiritualibus creaturis (art. 10, ad VIIIum), analizzando alcune posizioni di Sant’Agostino, Tommaso utilizza un’espressione chiara: «profundius intentionem Augustini scrutemur […] quomodo se habeat veritas circa hoc – per cogliere più profondamente l’intenzione di Agostino e in che termini stia la verità della questione». Ora, a parte qui la citazione del santo Padre della Chiesa, con ciò egli ci indica espressamente non solo che la sua ricerca mira a conoscere l’intenzione oggettiva, la cosiddetta intentio profundior che anima il pensiero di un autore e che a esso sottostà, ma nello stesso tempo ci dimostra (nella seconda parte della citazione) che lo studio della filosofia e delle altre discipline deve avere come suo fine la comprensione della veritas rerum.
Questo piccolo excursus sul ‘metodo’ di Tommaso nel ‘dialogo’ con la cultura del suo tempo, trova comunque il principio quasi vitale della sua ricerca in un’espressione (da lui attribuita a sant’Ambrogio) che riporta ben sedici volte nelle sue numerose opere: «Omne verum, a quocumque dicatur a Spiritu Sancto est – al principio di ogni verità, chiunque sia colui che la professi, vi è lo Spirito Santo».
Termini simili li utilizzava quando, commentando il libro di Giobbe, asseriva che «veritas ex diversitate personarum non variatur, unde cum aliquis veritatem loquitur vinci non potest cum quocunque disputet – la verità non cambia per il fatto della diversità delle persone, per cui, quando qualcuno dice la verità non può essere sconfitto, qualunque sia la persona con cui disputa» (cap. XIII, 19)… anche quando si tratta di Dio.
Sono affermazioni delicate da interpretare; certamente non sono da intendere in senso assoluto. Ora San Tommaso, al quale dunque interessa la verità e non tanto la sua provenienza, non sostiene che è da accettare tutto ciò che si dice, come se tutto fosse da ammonticchiare nel calderone ‘delle’ verità! All’opposto, questa verità riceve tutto il suo apprezzamento e riconoscimento, laddove conduca o lasci intravedere ‘la’ Verità, Fine ultimo di ogni cosa. È ciò che egli investigava in Aristotele: la verità, ben consapevole tra l’altro, di come anche le menti più eccelse, senza la Rivelazione divina, si sforzassero invano a trovare tale Fine ultimo (cfr. Summa contra gentiles, l. III, cap. 48).
Quanto finora detto, potrebbe essere un possibile percorso per comprendere come Tommaso sia quel teologo in costante dialogo con la cultura del suo tempo, e anche per noi potrebbe essere una pista. Ma attenzione a non dimenticare un tassello fondamentale: se da una parte è indubbio che le sue opere sono una ricchezza di citazioni, d’altra parte non dimentichiamo che il dialogo del Doctor Communis non avviene né per farsi compiacere delle proprie posizioni o per un puro ammirarsi a vicenda, ma poi resta tutto com’è. È interessante notare, ad esempio, come in quel tema delicato e complesso che è la concezione della teologia come scientia e che Tommaso riferisce in senso aristotelico, egli «non si riduce mai – scrive il p. Torrell – a una sistematica trasposizione di essa alla teologia; egli richiama rapidamente ciò che gli occorre in ogni determinato contesto e non ha timore di procedere ad adattamenti che lo possono talvolta condurre molto lontano dal suo punto di partenza […] Se volessimo invece ricostruire l’edificio integrale dell’epistemologia aristotelica per sovrapporla semplicemente alla teologia, resteremmo sicuramente delusi, perché, anche se direttamente ispirato ad essa, Tommaso la utilizza in un dominio nel quale Aristotele non avrebbe mai potuto pensare.» Apportandovi un contributo autentico, Tommaso instaura un dialogo critico, costruttivo, ma anche esigente, che si propone di discernere il vero dal falso.
Da queste poche righe abbiamo compreso il suo rapporto originale con le opere dei grandi testimoni della filosofia, come Aristotele, e che tale rapporto non è poi così diverso con quello che utilizza coi ‘maestri in sacra pagina’ a lui contemporanei! Sarebbe tanto interessante, a questo punto, vedere Tommaso a confronto con un Cartesio e la sua messa in dubbio di ogni cosa, o un Kant e la sua intransigente morale, o con un Nietzsche che amava affermare in chiave quasi “anti-realista” che «non vi sono fatti, ma solo interpretazioni», o con la nozione di verità come «dis-velazione», come evento di Heidegger, o altre derive della filosofia contemporanea!
È comunque grazie a questo suo metodo che è riuscito a consegnarci una mirabile “somma di teologia”, a dialogo con una filosofia “vera”, che non si limita a essere meramente «ancilla», ma viene ‘trasfigurata’ dalla fede. Ai suoi attuali confratelli, ma anche ai nuovi «maestri in sacra Pagina», il compito di far tesoro di un genio così alto, e non limitarsi a confronti di facciata, spesso inconcludenti.
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