Obbedienza e Provvidenza
La nostra vita come risposta al disegno d'amore di Dio
Autore: San Domenico
Oggi l’Ordine domenicano fa memoria della solenne traslazione dei resti mortali di san Domenico avvenuta il 24 maggio 1233 e molte comunità della Famiglia Domenicana, per motivi pastorali, solennizzano questo giorno anziché l’8 agosto. È un giorno di festa vera, in cui i figli e le figlie di questo singolare padre lo ricordano con affetto e ne invocano l’intercessione.
A quasi un anno dalla mia ordinazione sacerdotale uno degli aspetti di Domenico che più mi colpisce è il suo lasciarsi portare, quasi cullare dalla Provvidenza di Dio, forse perché anche io desidererei avere la sua stessa fede e tranquillità d’animo davanti agli eventi della vita. Era certamente un persona decisa eppure si lasciava guidare, avendo fatto dell’obbedienza un elemento di sicura navigazione tra le onde della vita. Non era un’obbedienza cieca ma intelligente o dialogata, come si usa dire oggi: l’idea di obbedienza “perinde ac cadaver”, come formulata da altri Ordini e congregazioni religiose, è infatti lontana dal modo di vivere di fra Domenico e di chiedere l’obbedienza ai suoi frati.
Sappiamo dalle fonti che Domenico era al seguito del suo vescovo Diego quando si recò a Roma nel 1206. Qui Diego chiese al papa non solo di accettare le proprie dimissione da vescovo ma anche di poter partire per annunciare il vangelo ai Cumani, portando con sé il suo compagno di viaggio, Domenico. Il papa però non accettò, invitando piuttosto Diego a tornare nella sua diocesi insieme a Domenico e di lì lavorare per il Regno di Dio, il che avvenne certamente «per un misterioso disegno di Dio che aveva destinato a una missione feconda di altro genere le fatiche di un sì grande uomo» (Libellus de initio Ordinis Fratrum Praedicatorum). Così fecero, in obbedienza, ma questo loro “sì” alla volontà del pontefice e il conseguente viaggio di ritorno verso la Spagna darà il via a quello che oggi è l’Ordine dei Predicatori. Durante il viaggio di ritorno, infatti, vengono in qualche modo resi partecipi della grande opera di predicazione anti-ereticale nel sud della Francia e qui i due iniziano ad annunciare il Vangelo nelle città e nei villaggi francesi.
Ci sarebbero molti altri episodi che potrebbero mostrare l’obbedienza di Domenico.
Non serve però riportare pagine e pagine della vita del nostro fondatore per convincerci che egli fece dell’abbandono alla divina Provvidenza l’ancora della propria vita. Nelle decisioni, nelle sue predicazioni, nel vitto come nell’alloggio, Domenico era certo che il disegno di Dio, che si attua misteriosamente ma realmente, si sarebbe compiuto anche nella sua vita se egli avesse risposto “sì”, con la grazia di Dio, a quanto gli veniva proposto dai propri superiori: il vescovo Diego prima, il papa poi.
Parlare di obbedienza è certamente faticoso e forse anche un po’ fastidioso. Siamo tutti abituati a comprendere la nostra vita come un qualcosa di mio che devo realizzare, quasi fosse un film dove io sono l’attore unico e principale. San Domenico, invece, comprese la propria vita come risposta al disegno d’amore di Dio, declinandola in un’obbedienza dialogata e sincera a chi il Signore gli aveva posto a capo. Era una fiducia non tanto – o non solo – negli uomini ma in Dio, quello stesso Dio che «aveva ordinato a un bene maggiore la causa del suo viaggio» di cui abbiamo parlato (Libellus), anche se lui non lo sapeva.
Obbedire, dunque, significa scommettere sul fatto che la nostra vita è guidata dal Signore della vita e della storia, dalla mia vita e della mia storia, nonostante le imperfezioni mie e di coloro a cui ho promesso obbedienza usque ad mortem. Certo, ci sono dei giusti limiti all’obbedienza previsti dalla Chiesa – ne parla già san Tommaso in Summa theologiae, II-II, q. 104 – e tutti, per di più, sappiamo che non è affatto facile obbedire, in qualsiasi stato di vita ci si trovi (sposati, religiosi, sacerdoti, etc.), eppure l’esempio di san Domenico mi fa pensare che il fondamento dell’obbedienza sia proprio la fede e la fiducia nella Provvidenza di Dio, come Cristo insegna in Matteo 6, 24-34.
Non è facile e forse non sempre saremo capaci di obbedire come fece Domenico sull’esempio di Cristo Gesù, ma credo che l’inizio di un nuovo modo di intendere la nostra obbedienza – ognuno secondo la propria vocazione – sia proprio il capire che la nostra vita si compie davvero solo quando avremo il coraggio di dire il nostro “sì” ad un progetto più ampio del nostro, quello cioè della vocazione di Dio, che misteriosamente si serve del mio prossimo per guidarmi tra le onde di questa vita.
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