Omelia al termine dell'anno 1981
Vespri e Te Deum
Autore: San Giovanni Paolo II
1. Proprio oggi, il 31 dicembre, mentre si avvicina ormai “l’ultima ora” dell’Anno del Signore 1981, la liturgia ci orienta verso “l’inizio”: “In principio era il Verbo” (Gv 1,1).
Ci troviamo nel tempo del Natale – il giorno odierno è il settimo giorno fra l’ottava – e perciò questo rivolgersi verso “l’inizio” è largamente giustificato.
Prima di tutto la stessa nascita: la nascita dell’uomo è l’inizio dei suoi giorni sulla terra, l’inizio della sua propria storia.
Ogni giorno dell’anno, che oggi ormai va verso il termine, ha scritto la storia di ognuno di noi, di ognuno tra i più di quattro miliardi di uomini che abitano sul nostro pianeta. Molti di essi – proprio quelli più giovani – nel corso di questo anno, giorno dopo giorno, hanno iniziato la storia della propria vita. Il numero dei nati sull’intero globo nel corso dell’anno che sta per terminare si conta in varie decine di milioni.
Tale inizio terreno di ogni uomo indica contemporaneamente la fine e il termine. Lo stesso anno che è stato l’inizio della storia terrena per milioni di uomini – per quelli più piccoli – è stato contemporaneamente la fine e il termine della storia terrena per altri milioni – soprattutto per quelli più anziani, ma non soltanto per essi. La vita dell’uomo viene contata sempre di anno in anno, da una data all’altra. Il tempo ne è il metro – e perciò giustamente diamo importanza al tempo.
2. Ci troviamo ormai nell’ottava del Natale del Signore – e quindi il richiamo della liturgia odierna “all’inizio” è dettato da un fatto storico unico ed irrepetibile: quello che ha avuto luogo nella notte di Betlemme e al quale la liturgia della Chiesa fa riferimento sempre a cavallo e tra il vecchio e il nuovo anno: tra il 25 dicembre e il 1° gennaio.
Per questo assume quasi una particolare eloquenza il tempo umano e il passare di tutto ciò che è creato: esso rimane radicato nel ministero del Verbo che si è fatto carne.
Il Natale del Signore, l’Incarnazione del Verbo rende testimonianza all’inizio umano, all’inizio del tempo – di Colui che come Dio non ha alcun inizio e non è contenuto da alcun tempo.
È oltre il tempo.
È prima del tempo.
Quando “è stato fatto tutto ciò che esiste” (cf. Gv 1,3) – e quindi nel momento “dell’inizio” dell’universo – il Verbo già era: “era presso Dio e il Verbo era Dio” (Gv 1,1).
Stasera, la mezzanotte, il mattino di domani, l’intero giorno di Capodanno ci chiamano e ci invitano a contemplare tutto ciò che ha un “inizio” alla luce del Verbo Eterno – perché “tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste” (Gv 1,3).
3. Questa chiamata, questo invito ci dirigono verso tutto il mondo visibile, verso il cosmo.
Tutto ciò che è stato fatto per mezzo del Verbo, che “in principio era presso Dio” – e “il Verbo era Dio” (cf. Gv 1,1) – tutto ciò porta su di sé il segno del bene e del bello. Stimola all’ammirazione e alla gioia.
Con una forte eco risuonano l’ammirazione e la gioia nella liturgia odierna: “Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore da tutta la terra…” (Sal 96,1).
“Gioiscano i cieli, esulti la terra, / frema il mare e quanto racchiude; / esultino i campi e quanto contengono / si rallegrino gli alberi della foresta / davanti al Signore che viene… (Sal 96,11-13).
Il mondo visto nell’Eterno Verbo – il mondo come vestigio impresso dalla Divina Sapienza – è bello ed è buono. Così lo vede a occhio nudo l’uomo sensibile alla bellezza del creato. E così lo vede il dotto naturalista che penetra nei segreti del creato.
È necessario che noi, in questa che è la sera dell’ultimo giorno dell’anno 1981, rendiamo testimonianza alla ricchezza di tutto il creato. Esso infatti ha il suo inizio nell’Eterna Sapienza, cioè nel Verbo: “Senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste” (Gv 1,3).
È lo stesso Verbo che si è fatto carne nella notte di Natale. Il Natale del Signore è accompagnato da una gioia “cosmica”. Mediante la liturgia siamo chiamati a tale gioia.
4. Al punto centrale di questa gioia si trova l’uomo stesso.
Prima di tutto egli è chiamato col mistero della notte di Betlemme. Per lui l’Eterno Figlio si fa carne. Con tale Figlio si avvicina a noi “la luce vera, quella che illumina ogni uomo, quando viene nel mondo” (cf. Gv 1,9).
A questa luce sono contrarie le tenebre. Le tenebre non vogliono accogliere la luce del Verbo, nato per l’uomo. Le tenebre vogliono distruggere la Vita, che è la luce degli uomini.
La liturgia odierna rende testimonianza alla lotta delle tenebre contro la luce. Alla lotta della morte contro la Vita. L’anno che oggi giunge al suo termine, non riconferma forse questa lotta? Non la riconferma dentro ognuno di noi? Non la riconferma nelle dimensioni della vita, delle società e delle nazioni? Non la riconferma nelle dimensioni del globo intero?
Siamo consapevoli dello sviluppo degli avvenimenti, sui quali ci informano i mezzi di comunicazione sociale. Perché tra questi avvenimenti, tanti suscitano inquietudine e minacce? Perché tanti testimoniano della presenza del male nel nostro mondo umano?
Per questo ogni anno, proprio in questo ultimo giorno 31 dicembre, la Chiesa ci fa leggere le parole della prima lettera dell’apostolo Giovanni: “Figlioli… deve venire l’anticristo, di fatti ora molti anticristi sono apparsi. Da questo conosciamo che è l’ultima ora…” (cf. 1Gv 2,18).
L’anticristo – è la contraddizione di Colui che è nato nella notte di Betlemme. La contraddizione del Verbo che si fece carne. La contraddizione di Cristo.
5. Così dunque terminiamo l’anno. E sebbene siamo consapevoli dell’accavallarsi di un male molteplice, e sempre più spesso sentiamo come quel male minaccia l’uomo, la sua vita, la sua dignità, la sua coscienza – tuttavia portiamo a termine anche quest’anno col “Te Deum” di ringraziamento.
Rendiamo grazie ancora una volta perché il Verbo “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”, rendiamo grazie perché insieme con Lui è venuta nel mondo la pienezza della grazia e della verità, perché da questa pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e continuamente riceviamo.
Rendiamo grazie pur tra le più dolorose prove, perché nel mondo brilla continuamente la luce, anche se le tenebre non l’hanno accolto.
Amen.