“In principio era il Verbo . . . " (Gv 1,2-3)
Vespri e Te Deum - Omelia al termine dell'anno 1984
Autore: San Giovanni Paolo II
1. “In principio era il Verbo . . . / tutto è stato fatto per mezzo di lui, / e senza di lui niente è stato fatto / di tutto ciò che esiste” (Gv 1, 2-3).
Veniamo oggi, ultimo giorno dell’anno, nella chiesa del Gesù per concentrarci ancora una volta su quelle parole meravigliose della liturgia della divina nascita, sulle parole del Prologo del Vangelo di Giovanni.
Proprio oggi, quando finisce l’anno, quando sta per giungere al termine una certa tappa del tempo umano, quella testimonianza dell’“inizio” ci parla in modo particolare. E non parla soltanto dell’“inizio” che giunge a “termine” – come questo anno che è passato tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 1984 – ma dell’“inizio” (principio) che è senza inizio e che non conosce termine. Questo principio è in Dio. Egli stesso – senza inizio – è “alfa e omega”, “principio e fine” di tutto.
Nella sua eternità si iscrive ogni tempo creato. Si iscrive quindi il nostro tempo umano, e perciò anche l’anno 1984 che sta per tramontare e che è metro del tempo umano nella dimensione universale del passare terreno.
Dio è eternità. In questa eternità “il Verbo è presso Dio e il Verbo è Dio”. È il Dio unico nella comunione insondabile del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
2. La liturgia dell’ottava del Natale del Signore ci permette di riferire il nostro tempo umano all’eternità divina. Ci permette di ritrovare nell’eterno Verbo tutto ciò che compone questo tempo, perché: “Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita . . .”.
Ascoltando il Vangelo, il nostro pensiero entra nella dimensione “cosmica”; “tutto” vuol dire l’intero universo. Il nostro tempo umano passa insieme col tempo dell’universo. I cosmologi e i fisici meditano sul suo sviluppo e si domandano: in che direzione va questo mondo visibile, i cui limiti – nel tempo e nello spazio – cerchiamo di raggiungere con l’aiuto dei più moderni telescopi?
E l’evangelista dice: “Tutto è stato fatto per mezzo di lui”: “per mezzo di lui” vuol dire per il “Verbo”, della stessa sostanza del Padre e dello Spirito Santo. E quindi tutto fu in lui, prima di diventare il nostro mondo visibile, il nostro universo.
3. Ascoltando il Vangelo, il nostro pensiero entra contemporaneamente – e soprattutto – nella dimensione “antropologica”. L’uomo è centro dell’universo visibile, è corona del creato . . . Il Verbo eterno è riflesso soprattutto nell’uomo. Proprio il Verbo, come luce eterna, “illumina ogni uomo che viene al mondo”. Proprio il Verbo – Figlio della stessa sostanza del Padre – nella pienezza dei tempi “venne fra la sua gente”; “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.
Questo divino “Kairos” permane. Permane il tempo del Verbo incarnato, permane nell’umanità mediante la Chiesa.
Noi siamo la Chiesa. Come è presente, attraverso di noi, nella grande famiglia umana il Cristo, Verbo incarnato? Vediamo “la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità”? Attingiamo dalla sua pienezza “grazia su grazia”? (secondo le parole del Vangelo). Infatti il Verbo, che è Figlio eterno, ci “ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 12).
4. Queste sono le domande che si pone sempre la Chiesa. Sono le domande che si pone in particolare in questa circostanza, perché oggi è anche giorno propizio per un “esame di coscienza”, il giorno delle domande più fondamentali. Infatti ci troviamo, con il nostro tempo che passa, dinanzi alla divina eternità. Ci troviamo dinanzi al Verbo che si fece carne.
La Chiesa pone le medesime domande anche all’umanità e al mondo, poiché la Chiesa del Verbo incarnato è in pari tempo la Chiesa della storia ed è quindi la Chiesa dell’anno 1984.
Anche la Chiesa, che è a Roma, la Chiesa degli apostoli Pietro e Paolo, si pone le stesse domande e le pone alla comunità di questa città particolare.
5. Nel corso dell’anno che sta per finire, un avvenimento di particolare importanza è stata la chiusura del Giubileo della redenzione nella domenica di Pasqua. Per questo straordinario evento Roma si è aperta ai pellegrini di tutto il mondo, anche se contemporaneamente il Giubileo si svolgeva nelle varie diocesi di tutte le nazioni. Grandi moltitudini si sono riversate ogni giorno nella basilica di San Pietro e nelle altre basiliche designate per l’acquisto dell’Indulgenza. Roma ha intensamente partecipato a queste manifestazioni di fede e di devozione. Roma ha vissuto con particolare impegno soprattutto due momenti forti dell’Anno Santo: il Giubileo delle famiglie, avvenuto domenica 25 marzo, e il Giubileo dei giovani, terminato con la domenica delle Palme. Il Giubileo delle famiglie si è inserito nel programma pastorale diocesano della santificazione della famiglia, che occupa costantemente ogni parrocchia con la catechesi, la formazione dei giovani, la preparazione al matrimonio.
Il Giubileo internazionale dei giovani è stato preparato dal Giubileo dei giovani di Roma alle Catacombe di San Callisto il mercoledì delle Ceneri e poi è stato intensamente vissuto dalle parrocchie e dalle famiglie, che hanno dato ospitalità ai giovani venuti dal mondo intero. Roma è stata commossa spettatrice delle interminabili folle giovanili, che l’hanno attraversata in quei giorni, dando un singolare spettacolo di preghiera, di gioia e di entusiasmo.
6. Con l’Anno Giubilare della redenzione è strettamente unito l’atto di affidamento al Cuore immacolato di Maria, che ho compiuto in unione con tutti i vescovi del mondo.
Avevo già fatto tale atto di affidamento e di consacrazione, ricollegandomi ai due atti compiuti da Pio XII nel 1942 e nel 1952, il 13 maggio del 1982 durante il mio pellegrinaggio a Fatima. Il 25 marzo di quest’anno, il medesimo atto di affidamento e di consacrazione ha avuto un carattere collegiale, perché compiuto contemporaneamente da tutti i vescovi della Chiesa: è stato compiuto a Roma e nel medesimo tempo in tutta la terra.
Questo atto di consacrazione è stato un avvicinare il mondo, mediante la Madre di Cristo e Madre nostra, alla sorgente della vita, scaturita nel Golgota: è stato un riportare il mondo alla fonte stessa della redenzione, e, in pari tempo, un farsi aiutare dalla Madonna a offrire gli uomini e i popoli a colui che è infinitamente santo (cf. Ioannis Pauli PP. II, Homilia in area Templi Sanctuarii Fatimensis habita, 8, die 13 maii 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V/2 [1982] 1573).
Davanti alla venerata statua della Madonna di Fatima, portata a Roma per la circostanza, ho voluto offrire le speranze e le angosce della Chiesa e del mondo, invocando l’aiuto di Maria nella lotta contro il male e nella preparazione al secondo millennio.
Occorre ora che ogni persona si sforzi di vivere fedelmente questo atto di affidamento a Maria.
7. Contemporaneamente a questi avvenimenti straordinari, la Chiesa di Roma ha continuato a svolgere la sua missione quotidiana mediante il lavoro complesso e articolato dalle 320 parrocchie, divise nelle trentacinque prefetture dei cinque settori. Ho avuto quest’anno la possibilità di compiere la visita pastorale in undici parrocchie, e precisamente nelle parrocchie di San Giovanni Battista al Collatino, di Santa Rita a Torbellamonica, di San Marco in Agro Laurentino, di Sant’Ippolito a Villa Massimo, di Santa Maria in Portico in Campitelli, di Santa Maria ausiliatrice al Tuscolano, della Gran Madre di Dio, di Santa Maria del Popolo, di Sant’Anna a Casal Morena, della Regina degli Apostoli alla Montagnola e di Santa Maria delle Grazie, al Trionfale. Ritengo che ognuna di queste visite sia un avvenimento di particolare importanza, che mi permette di realizzare quanto dice sant’Agostino: “Per voi sono vescovo e con voi sono cristiano” (S. Augustini, Sermo 340, 1: PL 38, 1483). Infatti, come Vescovo della città di Roma, ho potuto avvicinare tanti fedeli, di tutte le categorie; portare il mio insegnamento, la mia preghiera, il mio incoraggiamento per le tante attività pastorali, particolarmente per quanto riguarda la catechesi e la liturgia; vedere le necessità e ascoltare direttamente fedeli, associazioni e gruppi. E come cristiano ho potuto vivere con voi fedeli la stessa fede cattolica. Desidero ringraziare cordialmente il cardinale vicario, i vescovi ausiliari e i sacerdoti per la dedizione con cui si prodigano per la crescita della fede e per rendere la diocesi di Roma una Chiesa viva. Ringrazio inoltre loro e tutti i fedeli per la preparazione alle mie visite domenicali e per la calorosa accoglienza, e auguro copiosi frutti di intensa vita cristiana.
Durante l’anno trascorso ho potuto recarmi anche in vari altri luoghi di Roma: in alcuni collegi e monasteri, al policlinico Gemelli, alla basilica di Santa Cecilia e ultimamente all’ospedale di San Pietro, per mantenere sempre vivi i legami tra i vari settori della città e il suo Vescovo.
Sento il dovere di rivolgere una parola di ringraziamento per l’opera svolta nella diocesi di Roma dai religiosi e dalle religiose. In particolare esprimo il mio apprezzamento per l’impegno cui essi si sono inseriti nel programma papale diocesano di rinnovamento nella dimensione evangelica, sforzandosi di essere presenti in tutti gli ambienti, specialmente dove vi sono poveri, profughi ed emarginati.
8. Recentemente, nelle scuole si sono svolte le lezioni per i Consigli di istituto, sia dei genitori come degli alunni. A Roma è stata significativa al riguardo la concordia di tutte le associazioni, movimenti e organismi di ispirazione cattolica. Mentre mi compiaccio di questo concorde impegno, vorrei ricordare ancora una volta alle famiglie e alle istituzioni il dovere di dare speciale attenzione alla scuola.
L’educazione cristiana della gioventù infatti è garanzia per l’avvenire. Di qui anche l’importanza che nella scuola ha l’insegnamento religioso. Gli accordi con lo Stato italiano prevedono la possibilità di usufruire dell’insegnamento della religione cattolica nell’ambito scolastico: confido che le famiglie e i giovani stessi si impegneranno per avvalersi di questo diritto, dando ai valori cristiani l’apprezzamento che meritano e vivendo la propria fede con coerenza.
La Chiesa dinanzi a questo mondo concreto che porta il nome di Roma – la Città Eterna – compie il suo ministero rendendo testimonianza a Cristo, Figlio di Dio, e dando in Cristo la testimonianza della vita eterna, alla quale è chiamato ogni uomo. In questa prospettiva la Chiesa compie il servizio di annunciare e difendere alcuni valori, che sono fondamentali sia per l’uomo che per la società.
Oggi vogliamo ringraziare per tutto ciò. Desidero cantare il “Te Deum”, chiedendo nello stesso tempo perdono per le nostre trasgressioni e manchevolezze. “Salvum fac populum tuum, Domine”.
9. Tutto ciò riferiamo al Verbo che “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.
In lui vediamo il principio e il termine di ogni bene, mediante il quale si forma nelle anime degli uomini, nelle comunità e nelle società la storia della salvezza.
In lui e per lui e con lui andiamo all’incontro di Dio, all’incontro “del Signore che viene” . . . Egli “giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti” (Sal 96, 13).
Nel cuore di Gesù Cristo iscriviamo questo anno che sta per passare: “Egli faccia di noi un sacrificio perenne gradito al Padre”. Il principio infatti chiama il termine, e il termine chiama il principio. Tale è il ritmo della nostra esistenza insieme con tutto il cosmo.
Il Verbo che è presso Dio porta questo ritmo nella dimensione misericordiosa dell’eternità. Dio infatti è eternità. “Dio è amore”; “chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1 Gv 4, 16).