Omelia al termine dell'anno 1986
Vespri e Te Deum
Autore: San Giovanni Paolo II
1. “Dalla Sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia” (Gv 1, 16).
Alla sera dell’ultimo giorno dell’anno 1986, siamo, come di consueto, riuniti nella Chiesa del “Gesù” per partecipare all’Eucaristia conclusiva dell’anno passato.
Questa “ultima ora” di cui parla l’apostolo ci predispone alla riflessione. E questa è una riflessione sul trapassare, ed al tempo stesso su ciò che dura di più del “trapassare”. Su ciò che, in qualche modo, rimane in ciascuno di noi e forma la nostra vita.
Certamente questa “ultima ora” offre pure l’occasione per fare un esame di coscienza. Esso è il computo dei peccati, delle colpe e delle negligenze.
2. Tuttavia le parole dell’odierno Vangelo ci invitano anche ad un altro esame di coscienza. “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia”. Siamo dunque chiamati, e forse prima di tutto, a meditare come questo anno, che passa, si iscriva nella storia della nostra salvezza.
Il mistero del Natale del Signore non cessa di essere fonte di grazia. L’Evangelista dice che prendiamo parte alla divina Economia, la quale, giorno per giorno e anno dopo anno, pervade la vita di ciascuno e di tutti.
Dunque ciascuno è chiamato a meditare sul tempo che passa secondo il metro del dono di Dio: come ho corrisposto a questo dono?
3. Siamo riuniti qui, contemporaneamente, come comunità. Come la Chiesa che in Roma: l’antica Chiesa apostolica, costruita sulla testimonianza della parola e sul sangue versato nel martirio dai Santi Apostoli Pietro e Paolo, e poi su tanti altri testimoni del mistero della Incarnazione, martiri e confessori attraverso i secoli. A Dio solo è noto il “rendiconto” della santità: “grazia su grazia”, che trasforma la vita umana e la storia del mondo a misura del Regno di Dio.
Che cosa ha aggiunto l’Anno del Signore 1986 a questo escatologico Libro della Vita? Come vi sono state inscritte le vicende della Chiesa che è in Roma? Le vicende della Città che ha una particolare missione dinanzi al mondo?
4. La Chiesa è in Cristo Gesù “come un sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio” (Lumen Gentium, 1).
Contemporaneamente la Chiesa è la comunità visibile dei battezzati, discepoli e confessori di Cristo. Questa comunità vive ed opera, secondo la parola di Dio, in tutti e tramite tutti quelli che la costituiscono come Popolo di Dio, Conviene dunque pensare a tutti, in questo giorno, tenendo presente che la parola “Laicato” è etimologicamente legata con la parola greca “laos”. In che modo coopera tutta questa assemblea, la compagine di circa tre milioni di persone costituente il Popolo di Dio che forma la Chiesa romana, nell’economia salvifica di quella “grazia su grazia” di Cristo, di cui parla il Vangelo odierno?
In che modo questa cooperazione si appoggia sul ministero dei vescovi, dei sacerdoti e dei diaconi? Quale maturità manifesta la comunità della Chiesa che è in Roma nell’ambito delle vocazioni sacerdotali e religiose, maschili e femminili?
Roma è una città e diocesi. In pari tempo è un grande centro di formazione spirituale e teologica per la Chiesa universale. Tutto ciò è una grande Grazia ma, contemporaneamente, una grande responsabilità.
5. È difficile entrare qui nei particolari. È difficile riportare le cifre. Per le molte grazie donate è certamente necessario ringraziare lo Spirito Santo, che non solo penetra “le profondità di Dio” ma è anche “scrutator cordium”: è la luce delle nostre coscienze.
Intendo dunque – come Vescovo di Roma – ringraziare per le 15 parrocchie che mi è stato dato di visitare personalmente nell’anno che sta passando. Ringrazio pure per le altre comunità visitate: alcuni monasteri di suore claustrali, il Collegio “Seraphicum”, l’Ateneo Sant’Anselmo e la Casa dei Pallottini, l’Istituto Don Orione e il Centro di Solidarietà e l’Ospedale San Carlo, la Chiesa di San Giuliano dei Fiamminghi e il Collegio Belga.
Desidero in modo particolare, ringraziare per la veglia della notte di Pentecoste, durante la quale ho annunciato il Sinodo della Diocesi di Roma tanto necessario dopo il Concilio Vaticano II.
C’è ancora un altro avvenimento, che trascende i limiti dell’anno e che viene misurato in secoli, ed in millenni nella storia di questa città e di questa Chiesa. Ringrazio la Divina Provvidenza perché mi è stato dato visitare i nostri “fratelli maggiori” nella fede di Abramo nella loro Sinagoga romana! Sia benedetto il Dio dei Padri nostri! Il Dio della pace!
6. Mi limito a questi due avvenimenti dell’Anno, Converrebbe dire di più, molto di più. Dovrebbero parlare pure i miei fratelli nell’episcopato direttamente collegati con il ministero della Chiesa che è in Roma, iniziando dal Cardinale Vicario e dai suoi collaboratori, ai parroci ed ai superiori e alle superiore delle varie comunità religiose.
Questo grande “rendiconto” dell’Anno del Signore 1986 lo facciamo in silenzio, meditando ogni “grazia su grazia” presso questo altare, sul quale tra breve tutto verrà offerto insieme col dono del pane e del vino, perché in esso nuovamente si realizzi il sacrificio della Nuova ed Eterna Alleanza dinanzi alla quale “mille anni sono come un giorno”. E tuttavia ogni giorno porta tanto con sé in un anno!
7. Attraverso tutto ciò – e, forse, nonostante tutto ciò – non diventa tuttavia visibile un’altra faccia di Roma? Quella nata non dalla “grazia”, ma dal “peccato”?
Questa città, come tante altre “megalopoli” del mondo intero, non appare ai nostri occhi, ed anche agli occhi degli stranieri, come uno dei tanti “ambienti laicizzati” dell’attuale secolarizzazione?
È difficile trovare una risposta univoca!
Tuttavia, non cessano di venire qui numerosi pellegrini, da diversi paesi e continenti.
Roma non cessa di parlare e non cessa di irradiare la luce che qui, una volta, è stata portata dalla riva del Giordano. E non si può mettere questa Luce “sotto il moggio”.
E dinanzi a tutti i sintomi e le statistiche dell’economia umana non cessa di agire la verità di queste parole di San Paolo: “Ubi abundavit peccatum, superabundavit gratia” – super-abundavit!
Secondo questo metro Dio stesso fa i conti con la storia dell’uomo sulla terra; anche con la storia di questa città.
8. E perciò l’ultima parola della nostra comune preghiera di oggi – della comune preghiera di Roma – è il “Te Deum”.
L’adorazione di Dio.
L’adorazione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Risuonino alla fine dell’Anno del Signore 1986 le parole che lodano le “grandi opere di Dio”.
“Te ergo quaesumus Tuis famulis subveni, quos pretioso Sanguine redemisti”.
Il nostro tempo umano è un metro del passare della terra – del mondo – e dell’uomo nel mondo.
Dio è eternità. Dio non tramonta.
Egli è la Vita Eterna:
“aeterna fac cum sanctis Tuis in gloria numerari”.
Fa’ o Signore che possiamo essere annoverati fra i tuoi santi nella gloria eterna. Amen.