Omelia al termine dell'anno 1995
Vespri e Te Deum
Autore: San Giovanni Paolo II
1. “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna…” (Gal 4, 4) fratelli e sorelle.
Questa parola che il Signore ci ha rivolto poc’anzi, tratta dalla Lettera di San Paolo ai Galati – parola tra le più dense sul mistero dell’Incarnazione – ci aiuta a raccogliere sinteticamente i vari aspetti di questa singolare “ora” che stiamo celebrando. Questa sera, infatti, ci siamo dati appuntamento, come di consueto, per elevare a Dio il solenne rendimento di grazie al termine dell’anno solare; e al tempo stesso, seguendo il ciclo liturgico, celebriamo con tutta la Chiesa la Domenica della Santa Famiglia ed entriamo, con questi Primi Vespri, nella Solennità della Santa Madre di Dio Viviamo pertanto l’ultimo giorno dell’anno civile nell’incrociarsi di due importanti festività del tempo di Natale, nelle quali svolge un ruolo di primo piano la Madonna, sposa di Giuseppe e Madre del Signore.
Tutto ciò non può che arricchire il nostro odierno inno di lode, sollecitandoci anzitutto ad una pausa di meditazione colma di riconoscente stupore, proprio nell’atteggiamento interiore caratteristico della Vergine di Nazareth, la quale, come attesta l’evangelista Luca, custodiva ogni parola ed ogni evento e li meditava nel cuore (cf. Lc 2, 19. 51).
2. Il brano della Lettera dell’apostolo Paolo ai Colossesi, che abbiamo pure ascoltato, appartiene alla liturgia della Festa della Santa Famiglia. Esso pone mirabilmente in luce la bellezza della vita familiare, nella quale la bontà, l’umiltà, il perdono reciproco e la pace del cuore devono essere i sentimenti dominanti: “Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione” (Col 3, 14)
Ecco il clima della comunità familiare quale Cristo l’ha voluta e istituita! Una famiglia nasce con il sacramento del matrimonio, in cui gli sposi si donano e si accolgono reciprocamente promettendosi fedeltà, amore e rispetto per tutta la vita, nella buona e nella cattiva sorte. Quando si scambiano tale promessa, i coniugi s’impegnano, in un certo senso, anche verso figli. Anche verso di loro va infatti la promessa di reciproca fedeltà. Su di essa i figli conteranno e dall’esperienza che potranno fare del suo quotidiano e perseverante mantenimento impareranno che cosa significa amarsi veramente e quanta gioia vi possa essere nel dono reciproco senza riserve.
Come non guardare, in questo contesto, alla Santa Famiglia di Nazareth? Da essa s’irradia l’amore-carità che non soltanto costituisce un eloquente modello per le famiglie, ma dona anche la speranza che esso sia realizzabile nelle vicende quotidiane.
3. Carissimi Fratelli e Sorelle! Oggi, ultimo giorno del 1995, si chiude un altro anno che consegniamo alla storia. Sperimentiamo ancora una volta la legge del tempo, che ci accompagna nel corso dell’esistenza terrena. L’avvertiamo in modo particolare nel giorno in cui l’anno che sta per terminare cede il posto a quello che sta per venire.
E poiché il 1995 si conclude con la Festa della Santa Famiglia, vorrei dedicare a tutte le famiglie il mio pensiero e la mia preghiera, per un futuro di serenità e di pace. Come Vescovo di Roma, penso in questo momento prima di tutto alle comunità domestiche della Città; penso ad ogni comunità cristiana che è in Roma e che, come Pastore di questa Città, sono chiamato a servire. Rendo grazie alla Divina Provvidenza per aver potuto, anche nel corso di questo anno, visitare un certo numero di parrocchie e chiese di Roma: Santa Maria del Soccorso, Santa Giovanna Antida Thouret, Santa Maria del Rosario, Santa Maria Consolatrice, Santo Spirito in Sassia e Santa Maria in Vallicella, durante la scorsa primavera; e più recentemente San Romano Martire, Santi Mario e Familiari Martiri, Chiesa dei Frisoni, Santi Martino e Antonio Abate e Santa Maria Regina Apostolorum. Il numero della parrocchie visitate sale così a 241; ne mancano ancora 90.
È sempre per me motivo di grande gioia e anche di edificazione incontrare le Comunità della mia Diocesi, per la grande ricchezza di doni spirituali che in esse riscontro e per il clima di famiglia che le contraddistingue. Vorrei che questi doni e questo clima si rafforzassero e si diffondessero ulteriormente così da consolidare quel tessuto ecclesiale, quella “rete spirituale” che sarà importantissima per offrire ai pellegrini del Grande Giubileo del 2000 un’accoglienza degna della Città dei Santi apostoli Pietro e Paolo.
Contribuirà indubbiamente a tale scopo evangelico e spirituale la missione cittadina di cui già ho avuto modo di parlare in diverse occasioni e che caldamente, anche in questa circostanza, affido alla preghiera ed all’impegno di tutti i fedeli della Città.
Preghiamo insieme per ottenere dal Signore la collaborazione generosa e solidale di tutte le forze vive della nostra comunità.
4. Il mio pensiero si allarga ora all’Italia, alla quale la Chiesa guarda sempre con speciale attenzione e fiducia. È possibile e doveroso in Italia un forte impegno di evangelizzazione, affinché le correnti culturali e sociali che spingono verso una radicale secolarizzazione non diminuiscano il vigore della tede di tanta parte della popolazione, svuotando dei suoi valori più nobili la civiltà che ha fatto grande la nostra nazione.
È di vitale importanza, a tal fine, che la Chiesa italiana conservi e approfondisca quell’unità interna, fondata nell’integrale adesione alla verità rivelata, che felicemente la caratterizza. È questa la condizione per poter far fronte al relativismo largamente diffuso. Le esigenze della verità e della moralità – è necessario ribadirlo – non umiliano e non annullano affatto la libertà, ma al contrario le permettono di crescere e la affrancano dalle minacce che essa porta dentro di sé a causa del peccato.
Tutto ciò chiede di tradursi, mediante l’impegno dei cristiani, anche nelle strutture della società temporale, pur nel rispetto per la loro legittima autonomia (cf. Gaudium et Spes, 76). Lo Stato di diritto, una genuina democrazia ed una ben ordinata economia non possono prosperare infatti se non facendo riferimento a ciò che è dovuto all’uomo perché è uomo, quindi a principi di verità e a criteri morali oggettivi, e non invece a quel relativismo che talvolta si pretende alleato della democrazia, mentre in realtà è un suo insidioso nemico (cf. Centesimus Annus, 34 e 46; Veritatis Splendor, 111). Occorre dunque operare con coraggio perché le strutture sociali siano rispettose di quei valori etici nei quali si esprime la piena verità sull’uomo.
È evidente, pertanto, che l’attenzione ai principi e ai contenuti dell’impegno sociale e politico viene prima, per i cattolici, di ogni considerazione di metodo o di schieramento; e che la Chiesa stessa, senza coinvolgersi in scelte di parte, non può rinunciare a proporre con chiarezza la dottrina sociale cristiana. Né si può ravvisare in ciò alcuna forma di integralismo o di minor rispetto della democrazia.
5. Mentre insieme celebriamo gli ultimi Vespri dell’anno che tramonta e i primi di quello che sta per sorgere, sono lieto di poter salutare tutti voi, qui presenti, e con voi abbracciare in un unico pensiero augurale l’intera Comunità ecclesiale e quella civile di Roma.
Un saluto particolare rivolgo insieme con il Cardinale Segretario di Stato al Cardinale Vicario Camillo Ruini ed ai Vescovi Ausiliari. estendendolo a tutti i sacerdoti che compiono in Roma il loro ministero o la loro formazione: rendiamo grazie unanimi al “Padrone della messe” che ci ha donato un anno di lavoro al suo servizio e preghiamo sempre perché mandi nuovi operai per la sua messe.
Saluto pure con affetto e riconoscenza Padre Peter-Hans Kolvenbach, Preposito Generale della Compagnia di Gesù, e i suoi Confratelli unitamente a tutti i religiosi e le religiose che, con la loro molteplice e capillare presenza nei vari settori ed ambiti della vita cittadina, da quelli più ordinari ai più specializzati, contribuiscono a diffondere spiritualità ed umanità in ogni angolo di Roma.
Sono lieto inoltre di porgere un pensiero cordiale alle Autorità civili presenti, a cominciare dal Signor Sindaco, formulando l’auspicio di una piena e proficua collaborazione di tutti, in vista anche del Grande Giubileo del 2000.
6. “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna…” (Gal 4, 4).
Per i cristiani la fine dell’anno solare non va vissuta in quella euforia irrazionale tipica dei pagani di ogni epoca. L’ultimo giorno dell’anno è un invito a rendere grazie all’Eterno Padre per i suoi doni e per la sua mirabile fedeltà, che si manifestano nella creazione, nel succedersi dei tempi e delle stagioni. ma soprattutto nella Redenzione, nella pienezza del tempo, quando Cristo, “eterno Figlio del Padre, nacque dalla Vergine Madre per la salvezza dell’uomo”, come canteremo nel Te Deum.
La Madre di Dio, nel cui nome domani inizieremo un nuovo tratto del nostro pellegrinaggio terreno, ci insegni ad accogliere il Dio fatto uomo, perché ogni anno, ogni mese, ogni giorno sia colmo del suo eterno Amore.
Amen!