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Omelia al termine dell'anno 1997

Vespri e Te Deum

Autore: San Giovanni Paolo II

1. “Ubi venit plenitudo temporis, misit Deus Filium suum . . .”. “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli”(Gal 4, 4).
L’espressione latina plenitudo temporis sta ad indicare che il mistero dell’Incarnazione segna la pienezza del tempo. Il Figlio di Dio, facendosi uomo, è entrato nella dimensione temporale, e con la sua presenza l’ha introdotta nell’eternità. Gesù Cristo, il Verbo, il Figlio della stessa sostanza del Padre, Dio da Dio, appartiene di per sé alla dimensione divina dell’eternità ma, diventando uomo, ha accolto in sé quella del tempo. La nascita del Redentore a Betlemme ha dato così inizio ad un nuovo modo di contare gli anni: si usa, infatti, dire “prima” e “dopo” Cristo.
2. Christus heri et hodie, Principium et Finis, Alpha et Omega. Ipsius sunt tempora et saecula. Ipsi gloria et imperium per universa aeternitatis saecula. La liturgia fa proclamare queste parole nel corso della Veglia pasquale, mentre si incidono le cifre dell’anno sul Cero pasquale, simbolo di Cristo risorto. Il tempo appartiene a Cristo. Il Figlio di Dio, facendosi uomo, ha accettato come misura della sua esistenza terrena il tempo, che ha sottomesso a sé. Per opera sua la storia dell’uomo e la salvezza s’incontrano e si fondono.
Quest’oggi, ultimo giorno dell’anno, vogliamo guardare ai giorni, alle settimane, ai mesi trascorsi, come ad un ulteriore frammento della storia della salvezza, che tutti ci concerne. Nell’atmosfera spirituale che caratterizza questo tempo natalizio, la Diocesi di Roma, in comunione con l’intera cristianità diffusa in ogni parte del mondo, si sofferma questa sera a riflettere sul 1997, un altro anno solare che tra poco ci lasceremo alle spalle.
3. Carissimi Fratelli e Sorelle, l’anno che oggi si conclude, per quanto concerne la nostra comunità diocesana, è legato in maniera preminente alla Missione cittadina che, dopo un periodo di preparazione, è andata coinvolgendo sempre più le parrocchie e tutte le realtà ecclesiali. Si tratta di un cantiere di evangelizzazione comunitario e permanente che si dimostra, con la grazia di Dio, una via singolarmente efficace per annunciare il Vangelo agli abitanti della nostra Metropoli.
Durante la scorsa Quaresima circa dodicimila missionari, in massima parte laici, hanno visitato le famiglie della Città per offrire in dono il Vangelo di Marco. Il gesto di entrare con il Vangelo nelle case e la buona accoglienza che in genere è stata riservata ai missionari sono di per sé altamente significativi: i Romani, anche coloro che non frequentano o frequentano poco la Chiesa, attendono di incontrare il Signore. Ciò è confermato, altresì, dal notevole interesse e dalla vasta partecipazione che hanno suscitato gli incontri sul tema della fede e della ricerca di Dio, che si sono tenuti nella Basilica cattedrale di san Giovanni in Laterano. Attraverso di essi si è intessuto un dialogo sincero tra chi annuncia Cristo e chi è in cerca di risposte esaurienti agli interrogativi di fondo della vita.
La Missione ci invita a guardare al futuro, a preparare il terreno per l’evangelizzazione di questa nostra Città in vista del terzo millennio. A tale scopo, nell’ultima parte dell’anno abbiamo riservato speciale attenzione ai giovani, ai quali io stesso mi sono diretto l’8 settembre, festa della Natività di Maria, con un’apposita lettera, esortandoli ad essere protagonisti nell’annuncio e nella testimonianza di Cristo ai loro coetanei. Mi auguro che la passione per il Vangelo si faccia sempre più strada nell’animo di molti giovani romani.
4. Mentre, nel corso di questa celebrazione, abbracciamo nella preghiera l’intera comunità cittadina, vorrei rivolgere un cordiale saluto al caro Cardinale Ruini con i suoi Vescovi Ausiliari ed al Padre Kolvenbach, Preposito Generale della Compagnia di Gesù, ai cui Religiosi è affidata la chiesa che ci ospita. Il saluto si allarga poi a tutti gli abitanti della Città. In primo luogo al Sindaco, che anche quest’anno ha voluto essere presente a questo rito per offrire, a nome dell’Amministrazione, il tradizionale calice votivo. Saluto, insieme a lui, i membri della Giunta e del Consiglio Comunale, che avrò la gioia di incontrare il 15 gennaio prossimo, nel corso della visita in Campidoglio. Saluto gli operatori sociali a servizio della popolazione e i volontari impegnati in molteplici attività. Un ricordo particolare va a quanti sono in difficoltà e trascorrono fra disagi e sofferenze questi giorni di festa. A tutti ed a ciascuno assicuro il mio affettuoso pensiero, avvalorato da costante preghiera.
Nel concludere il 1997, sorge spontanea una fiduciosa richiesta al Signore, affinché doni il suo Spirito di sapienza e di fortezza agli annunciatori del Vangelo ed apra il cuore, la coscienza e la vita di ciascuno ad accogliere senza timore il Cristo che viene.
Guardando all’anno trascorso, vorrei poi ringraziare Iddio che mi ha concesso di visitare altre comunità parrocchiali, raggiungendo così il numero complessivo di 265 parrocchie dall’inizio del mio ministero episcopale in Roma. Pur nella varietà delle condizioni sociali, ho trovato dappertutto comunità vive, desiderose di crescere nella fede e nella testimonianza operosa della carità cristiana.
Questa rete di parrocchie, che ricopre l’intero territorio della Diocesi e che si va completando anche nelle sue strutture in vista del grande Giubileo, rappresenta per la stessa città di Roma una risorsa di inestimabile valore. Favorisce, infatti, il consolidarsi di rapporti sociali improntati alla conoscenza reciproca, all’amicizia ed alla solidarietà.
Contribuisce grandemente all’educazione dei ragazzi e dei giovani come alla tenuta morale delle famiglie, all’accoglienza degli emarginati, alla cura delle persone sole e sofferenti.
Ciascuna comunità parrocchiale, come ogni forma specifica di pastorale diocesana, ha bisogno per ben funzionare del servizio generoso e fedele dei sacerdoti. Ringrazio, pertanto, il Signore di aver potuto ordinare, domenica 20 aprile scorso, trenta nuovi sacerdoti per la nostra Diocesi.
Il Seminario Romano, insieme agli altri Seminari nei quali viene preparato il clero della nostra Diocesi, offre, per grazia del Signore, un qualificato itinerario formativo nel quale alla serietà degli studi si accompagnano un’intensa vita di preghiera e l’impegno di un’autentica comunione fraterna. Mentre incoraggio i responsabili della formazione a continuare nella loro meritoria fatica, il mio pensiero va innanzitutto al Cardinale Ugo Poletti, che il Signore ha chiamato a sé il 25 febbraio di quest’anno. Lo ricordiamo oggi, rinnovando la nostra gratitudine a Dio per il bene che attraverso di lui ha compiuto in questa Chiesa ed in questa Città. E con il Cardinale Poletti affidiamo al Signore gli altri sacerdoti defunti nel corso dell’anno, tra i quali il carissimo Monsignor Luigi Di Liegro. La testimonianza e l’opera di sacerdoti che hanno dedicato la vita a Dio ed ai fratelli rappresentano un’eredità ed un esempio prezioso per il clero e per l’intera comunità diocesana.
Un altro motivo di profonda gratitudine verso il Signore è la sensibile ripresa delle vocazioni sacerdotali, che lascia ben sperare per il futuro della nostra comunità. Esprimo, qui, l’auspicio che anche per le vocazioni alla vita consacrata, e specialmente per quelle religiose femminili, si possa registrare un analogo aumento, ricco di promettenti frutti apostolici per tutti. E questo avverrà, ne sono certo, se sacerdoti e comunità parrocchiali affiancheranno generosamente l’opera che in questo senso vanno svolgendo gli Istituti di Vita Consacrata.
5. Carissimi Fratelli e Sorelle! Ci siamo soffermati a considerare alcuni aspetti di ciò che Iddio ha operato quest’anno nella nostra Diocesi. Volgendo lo sguardo ai mesi trascorsi, sgorga naturale il desiderio di chiedere perdono e di rendere grazie a Dio: chiedere perdono per le colpe commesse e le mancanze e carenze registrate, confidando tutto alla misericordia divina; e, poi, rendere grazie per quanto Dio ogni giorno ci ha donato.
Per questo cantiamo il Te Deum: lodiamo Dio e Gli diciamo grazie per il bene che ci ha elargito e che ha segnato i vari momenti dell’anno ormai al suo termine:
Salvum fac populum tuum, Domine,
et benedic hereditati tuae . . .
Per singulos dies benedicimus te;
et laudamus nomen tuum in saeculum,
et in saeculum saeculi.
Amen!