Omelia al termine dell'anno 2010
Vespri e Te Deum
Autore: Papa Benedetto XVI
Cari fratelli e sorelle!
Al termine di un anno, ci ritroviamo questa sera nella Basilica Vaticana per celebrare i Primi Vespri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio ed elevare un inno di ringraziamento al Signore per le innumerevoli grazie che ci ha donato, ma anche e soprattutto per la Grazia in persona, ossia per il Dono vivente e personale del Padre, che è il Figlio suo prediletto, il Signore nostro Gesù Cristo. Proprio questa gratitudine per i doni ricevuti da Dio nel tempo che ci è dato di vivere ci aiuta a scoprire un grande valore iscritto nel tempo: scandito nei suoi ritmi annuali, mensili, settimanali e quotidiani, esso è abitato dall’amore di Dio, dai suoi doni di grazia; è tempo di salvezza. Sì, il Dio eterno è entrato e rimane nel tempo dell’uomo. Vi è entrato e vi rimane con la persona di Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, il Salvatore del mondo. È quanto ci ha ricordato l’apostolo Paolo nella breve lettura poc’anzi proclamata: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio…perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5).
Dunque, l’Eterno entra nel tempo e lo rinnova in radice, liberando l’uomo dal peccato e rendendolo figlio di Dio. Già ‘al principio’, ossia con la creazione del mondo e dell’uomo nel mondo, l’eternità di Dio ha fatto sbocciare il tempo, nel quale scorre la storia umana, di generazione in generazione. Ora, con la venuta di Cristo e con la sua redenzione, siamo ‘alla pienezza’ del tempo. Come rileva san Paolo, con Gesù il tempo si fa pieno, giunge al suo compimento, acquistando quel significato di salvezza e di grazia per il quale è stato voluto da Dio prima della creazione del mondo. Il Natale ci richiama a questa ‘pienezza’ del tempo, ossia alla salvezza rinnovatrice portata da Gesù a tutti gli uomini. Ce la richiama e, misteriosamente ma realmente, ce la dona sempre di nuovo. Il nostro tempo umano è sì carico di mali, di sofferenze, di drammi di ogni genere – da quelli provocati dalla cattiveria degli uomini a quelli derivanti dagli infausti eventi naturali –, ma racchiude ormai e in maniera definitiva e incancellabile la novità gioiosa e liberatrice di Cristo salvatore. Proprio nel Bambino di Betlemme possiamo contemplare in modo particolarmente luminoso ed eloquente l’incontro dell’eternità con il tempo, come ama esprimersi la liturgia della Chiesa. Il Natale ci fa ritrovare Dio nella carne umile e debole di un bambino. Non c’è qui forse un invito a ritrovare la presenza di Dio e del suo amore che dona la salvezza anche nelle brevi e faticose ore della nostra vita quotidiana? Non è forse un invito a scoprire che il nostro tempo umano – anche nei momenti difficili e pesanti – è incessantemente arricchito delle grazie del Signore, anzi della Grazia che è il Signore stesso?
Alla fine di quest’anno 2010, prima di consegnarne i giorni e le ore a Dio e al suo giudizio giusto e misericordioso, sento più vivo nel cuore il bisogno di elevare il nostro “grazie” a Lui e al suo amore per noi. In questo clima di riconoscenza, desidero rivolgere un particolare saluto al Cardinale Vicario, ai Vescovi Ausiliari, ai sacerdoti, alle persone consacrate, come pure ai tanti fedeli laici qui convenuti. Saluto il Signor Sindaco e le Autorità presenti. Un ricordo speciale va a quanti sono in difficoltà e trascorrono fra disagi e sofferenze questi giorni di festa. A tutti e a ciascuno assicuro il mio affettuoso pensiero, che accompagno con la preghiera.
Cari fratelli e sorelle, la nostra Chiesa di Roma è impegnata ad aiutare tutti i battezzati a vivere fedelmente la vocazione che hanno ricevuto e a testimoniare la bellezza della fede. Per poter essere autentici discepoli di Cristo, un aiuto essenziale ci viene dalla meditazione quotidiana della Parola di Dio che, come ho scritto nella recente Esortazione apostolica Verbum Domini, «sta alla base di ogni autentica spiritualità cristiana» (n. 86). Per questo desidero incoraggiare tutti a coltivare un intenso rapporto con essa, in particolare attraverso la lectio divina, per avere quella luce necessaria a discernere i segni di Dio nel tempo presente e a proclamare efficacemente il Vangelo. Anche a Roma, infatti, c’è sempre più bisogno di un rinnovato annuncio del Vangelo affinché i cuori degli abitanti della nostra città si aprano all’incontro con quel Bambino, che è nato per noi, con Cristo, Redentore dell’uomo. Poiché, come ricorda l’Apostolo Paolo, «la fede viene dell’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Rm 10,17), un utile aiuto in questa azione evangelizzatrice può venire – come già sperimentato durante la Missione Cittadina in preparazione al Grande Giubileo dell’anno 2000 – dai “Centri di ascolto del Vangelo”, che incoraggio a far rinascere o a rivitalizzare non solo nei condomini, ma anche negli ospedali, nei luoghi di lavoro e in quelli dove si formano le nuove generazioni e si elabora la cultura. Il Verbo di Dio, infatti, si è fatto carne per tutti e la sua verità è accessibile ad ogni uomo e ad ogni cultura. Ho appreso con favore dell’ulteriore impegno del Vicariato nell’organizzazione dei “Dialoghi in Cattedrale”, che avranno luogo nella Basilica di San Giovanni in Laterano: tali significativi appuntamenti esprimono il desiderio della Chiesa di incontrare tutti coloro che sono alla ricerca delle risposte ai grandi quesiti dell’esistenza umana.
Il luogo privilegiato dell’ascolto della Parola di Dio è la celebrazione dell’Eucaristia. Il Convegno diocesano del giugno scorso, al quale ho partecipato, ha voluto evidenziare la centralità della Santa Messa domenicale nella vita di ogni comunità cristiana e ha offerto delle indicazioni affinché la bellezza dei divini misteri possa maggiormente risplendere nell’atto celebrativo e nei frutti spirituali che da essi derivano. Incoraggio i parroci e i sacerdoti a dare attuazione a quanto indicato nel programma pastorale: la formazione di un gruppo liturgico che animi la celebrazione, e una catechesi che aiuti tutti a conoscere maggiormente il mistero eucaristico, da cui scaturisce la testimonianza della carità. Nutriti da Cristo, anche noi siamo attirati nello stesso atto di offerta totale, che spinse il Signore a donare la propria vita, rivelando in tal modo l’immenso amore del Padre. La testimonianza della carità possiede, dunque, un’essenziale dimensione teologale ed è profondamente unita all’annuncio della Parola. In questa celebrazione di ringraziamento a Dio per i doni ricevuti nel corso dell’anno, ricordo in particolare la visita che ho compiuto all’Ostello della Caritas alla Stazione Termini dove, attraverso il servizio e la generosa dedizione di numerosi volontari, tanti uomini e donne possono toccare con mano l’amore di Dio. Il momento presente genera ancora preoccupazione per la precarietà in cui versano tante famiglie e chiede all’intera comunità diocesana di essere vicina a coloro che vivono in condizioni di povertà e disagio. Dio, infinito amore, infiammi il cuore di ciascuno di noi con quella carità che lo spinse a donarci il suo Figlio unigenito.
Cari fratelli e sorelle, siamo invitati a guardare al futuro e a guardarlo con quella speranza che è la parola finale del Te Deum: “In te, Domine, speravi: non confundar in aeternum! – Signore, Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno”. A donarci Cristo, nostra Speranza, è sempre lei, la Madre di Dio: Maria santissima. Come già ai pastori e ai magi, le sue braccia e ancor più il suo cuore continuano ad offrire al mondo Gesù, suo Figlio e nostro Salvatore. In Lui sta tutta la nostra speranza, perché da Lui sono venute per ogni uomo la salvezza e la pace. Amen!