Omelia Messa di Natale 1980
Solennità della Natività del Signore
Autore: San Giovanni Paolo II
1. Cari fratelli e sorelle, riuniti nella Basilica di san Pietro a Roma – e voi tutti che mi ascoltate, in questo momento, in qualsiasi punto del globo terrestre – ecco, sto davanti a voi, io, servo di Cristo e amministratore dei misteri di Dio (cf. 1Cor 4,1), come messaggero della notte di Betlemme: la notte di Betlemme 1980.
La notte della nascita di Gesù Cristo, Figlio di Dio nato da Maria Vergine, della casa di Davide, della stirpe di Abramo, padre della nostra fede, della generazione dei figli di Adamo.
Il Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, viene nel mondo come uomo.
2. È una notte profonda: “Il popolo che camminava nelle tenebre / vide una grande luce; / su coloro che abitavano in terra tenebrosa / una luce rifulse”; parole del profeta Isaia (Is 9,2).
In che modo si compiono queste parole nella notte di Betlemme? Ecco, le tenebre avvolgono la regione di Giuda ed i paesi vicini. Soltanto in un luogo appare la luce. Essa giunge soltanto ad un piccolo gruppo di uomini semplici.
Questi sono i pastori, che erano in quella regione e “vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge” (Lc 2,8).
Soltanto su di essi si compie, quella notte, la profezia di Isaia. Vedono una grande luce: “La gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento” (Lc 2,9).
Questa luce abbaglia i loro occhi, e contemporaneamente illumina i cuori. Ecco, essi già sanno: “Oggi… è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2,11).
Sono i primi a sapere.
Oggi invece lo sanno milioni di uomini in tutto il mondo. La luce della notte di Betlemme ha raggiunto molti cuori, e tuttavia nello stesso tempo, permane il buio. A volte esso sembra, addirittura, intensificarsi…
Per che cosa posso pregare in questa notte di Betlemme 1980, io servo di Cristo e amministratore dei misteri di Dio – per che cosa posso pregare maggiormente, insieme con voi tutti, che partecipate alla luce di questa notte se non perché questa luce giunga dappertutto, perché trovi accesso a tutti i cuori, perché ritorni là, dove sembra che sia stata spenta…? perché essa “svegli”!
Così come ha svegliato i pastori nei campi nei pressi di Betlemme.
3. “Hai moltiplicato la gioia, / hai aumentato la letizia”; parole di Isaia profeta.
Coloro che in quella notte lo accolsero trovarono una grande gioia. La gioia che scaturisce dalla luce. Il buio del mondo cancellato dalla luce della nascita di Dio!
Non importa che questa luce sia, per il momento, partecipata soltanto da alcuni cuori: che partecipi ad essa la Vergine di Nazaret ed il suo Sposo, la Vergine alla quale non è stato dato di mettere al mondo il suo Figlio sotto il tetto di una casa a Betlemme, “perché non c’era posto per loro nell’albergo” (Lc 2,7). E partecipano a questa gioia i pastori, illuminati da una grande luce nei campi vicino alla città.
Non importa che in quella prima notte, la notte della nascita di Dio, la gioia di tale evento sia giunta soltanto a questi pochi cuori.
Non importa.
Essa è destinata a tutti i cuori umani. È la gioia del genere umano, gioia sovrumana! Vi può essere forse una gioia più grande di questa, vi può essere una novella migliore di questa che l’uomo è stato accettato da Dio per diventare figlio in questo Figlio di Dio, diventato uomo.
Ed è, questa, la gioia cosmica. Essa riempie tutto il mondo creato: creato da Dio – allontanatosi da Dio a causa del peccato – ed ecco: restituito di nuovo a Dio mediante la nascita di Dio nel corpo umano.
È la gioia cosmica.
Essa riempie tutto il creato, che questa notte di nuovo è chiamato a condividerla da queste parole che scendono dal cielo:
“Gloria a Dio nel più alto dei cieli / e pace in terra agli uomini che egli ama” (agli uomini di buona volontà) (Lc 2,14).
Questa notte voglio essere particolarmente vicino a voi: a voi tutti che soffrite
e a voi, colpiti dal terremoto,
e a voi, che vivete nella paura delle guerre o delle violenze,
e a voi, che siete privi della gioia di questa santa messa a mezzanotte del Natale del Signore,
e a voi, inchiodati al letto del dolore,
e a voi, che siete caduti nella disperazione, nel dubbio circa il senso della vita e circa il senso di tutto.
Vicino a voi tutti.
A Voi in modo particolare è destinata questa gioia, che riempie i cuori dei pastori di Betlemme: essa è soprattutto per voi. Perché essa è la gioia degli uomini di buona volontà, di coloro che hanno fame e sete della giustizia, di coloro che piangono, di coloro che soffrono persecuzioni per la giustizia.
Si compiano su di voi le parole del profeta:
“Hai moltiplicato la gioia, / hai aumentato la letizia…” (Is 9,2).
4. “Gioiscono davanti a te / come si gioisce quando si miete”; parole di Isaia.
Ecco: gli uomini semplici, che vivono del lavoro delle loro mani, non si presentano davanti al neonato con le mani vuote. Non si sono presentati con i cuori vuoti.
Portano i doni
Rispondono con il dono al Dono.
Cari fratelli e sorelle, voi riuniti nella Basilica di san Pietro e voi tutti che mi ascoltate in questo momento e in qualsiasi punto del globo terrestre: in questa notte l’umanità intera ha ricevuto il Dono più grande! In questa notte ogni uomo riceve il “dono” più grande! Dio stesso diventa il Dono per l’uomo. Egli fa di se stesso “il Dono” per la natura umana. Entra nella storia dell’uomo non già soltanto mediante la parola che da lui giunge all’uomo, ma mediante il Verbo che è diventato carne!
Domando a voi tutti: avete la coscienza di questo Dono?
Siete pronti a rispondere con il dono al Dono? Così come quei pastori di Betlemme, che hanno risposto…
E vi auguro dal profondo di questa nuova notte di Betlemme 1980 che accettiate il Dono di Dio, che è diventato uomo.
Vi auguro che rispondiate con il dono al Dono!