Omelia Messa di Natale 1981
Solennità della Natività del Signore
Autore: San Giovanni Paolo II
“Poiché un bambino è nato per noi, / ci è stato dato un figlio. / Sulle sue spalle è il segno della sovranità” (Is 9,5).
1. Nasce un Bambino. Ci siamo riuniti in questa veneranda Basilica – così come tanti nostri fratelli e sorelle nella fede si riuniscono oggi, a mezzanotte, nel mondo intero – perché: nasce un Bambino. Viene al mondo dal seno della Madre, così come tanti bambini umani dall’inizio e continuamente…
Nasce…
Nel corso del censimento ordinato in tutto lo Stato romano da Cesare Augusto, quando Giuseppe di Galilea dalla città di Nazaret, doveva recarsi a Betlemme, dato che era della stirpe di Davide, e Betlemme era proprio la città di Davide.
Là si compirono per Maria i giorni del parto. Nasce quindi un Bambino, il Figlio primogenito di Maria di Nazaret.
La Madre lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.
Benché unico e irrepetibile per la sua divinità, e per la sua verginale concezione e nascita, il Bambino è nato così come nascono i bambini dei poveri. Questo non aveva predetto Isaia, anche se aveva preannunciato questa nascita in mezzo alla notte profonda, quando aveva scritto:
“II popolo che camminava nelle tenebre / vide una grande luce; / su coloro che abitavano in terra tenebrosa / una luce rifulse” (Is 9,1).
2. Ecco noi tutti riuniti così come tutti i nostri fratelli e sorelle nel mondo intero, andiamo incontro a questa luce:
Ci è stato dato un Figlio: / Figlio della luce: / Dio da Dio, Luce da Luce. / Un figlio ci è dato: “Dio – Padre Eterno – infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito…” (Gv 3,16).
Ecco il momento in cui si rivela al mondo il Dono del Padre: un Figlio. Dalla profondità di questa notte di Avvento, che descrive Isaia, Egli è da tanto tempo aspettato… E nello stesso tempo del tutto inaspettato, dato che circondano la sua nascita la notte silenziosa e il vuoto della grotta-stalla per il bestiame, nelle vicinanze di Betlemme, e soltanto due persone, Maria e Giuseppe, in questo vuoto e in questa solitudine.
Questo vuoto e solitudine sono penetranti. Sono grandi per la nascita di Dio: un figlio ci è dato. In lui abbiamo ricevuto tutto. L’Eterno Padre non ci poteva dare di più.
3. Scrive l’apostolo Paolo: “È apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini” (Tt 2,11).
Che cosa è la Grazia? È proprio l’amore che dona. Nel vuoto e nella solitudine di questa notte di Betlemme, l’amore “che dona” del Padre viene al mondo nel Figlio, nato dalla Vergine: un Figlio ci è dato.
Già col primo momento della sua venuta: “ci insegna – come scrive l’apostolo – a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria…” (Tt 2,12-13).
Questo ci insegna il Bambino che è nato – il Figlio che ci è dato. Tuttavia in questo momento nessuno sembra sentire la sua voce. Nessuno sembra neppure notare la sua nascita. Nessuno – fuorché Maria e Giuseppe. Nessuno? E tuttavia vi sono già alcuni che per primi hanno notato. Per primi hanno accolto la buona novella. E sono venuti per primi.
I pastori. L’angelo aveva detto loro: “Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2,12). Si recarono nella direzione indicata. Primi tra gli abitanti di questa terra, si unirono “all’esercito celeste”, proclamando la discesa del Figlio Eterno e l’inizio del Regno di Dio nei cuori degli uomini.
4. Quale potere e sulle spalle di questo bambino che nasce nella solitudine e nel vuoto della notte di Betlemme? Dice infatti il profeta: “Sulle sue spalle è il segno / della sovranità” (Is 9,5). E dice poi: “Grande sarà il suo dominio / e la pace non avrà fine… / ora e sempre…” (Is 9,6).
Nulla sembra confermare questa sovranità e questo dominio, nel vuoto e nella solitudine della notte di Betlemme. Piuttosto tutto parla di povertà, di “diseredazione”…
Questa prima notte terrena del Figlio dell’uomo contiene già in sé quasi un lontano presagio della notte ultima, quando “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte…” (Fil 2,8). Questa prima notte senza tetto del Figlio che ci è dato, è libera da ogni segno di umana potenza e forza. È tutto il contrario…
5. E tuttavia questa notte di Betlemme, che ricordiamo ogni anno con la più grande emozione, suscita speranza e porta la gioia: una gioia quale il mondo non può dare pur con tutti i suoi ben noti mezzi di terrena potenza e forza.
Di questa gioia è piena la liturgia della Chiesa, che “canta al Signore un canto nuovo” (Sal 96,1), e invita a questo canto “tutta la terra”.
“Gioiscano i cieli, esulti la terra, / frema il mare e quanto racchiude; / esultino i campi e quanto contengono / si rallegrino gli alberi della foresta” (Sal 96,11-12).
Il Regno di Dio sulla terra inizia durante questa notte della vigilia, non tra i segni della terrena potenza e forza, ma tra la gioia delle anime e dei cuori, che riempie tutti coloro che lo hanno accolto.
Così, otto secoli fa, essa ha riempito l’anima e il cuore di san Francesco, il Poverello di Assisi.
6. O voi tutti che mi ascoltate qui – in questa Basilica – in qualsiasi luogo del globo terrestre!
Quanto vi auguro la rivelazione di questa Grazia!
Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Amen.