Omelia Messa di Natale 1982
Solennità della Natività del Signore
Autore: San Giovanni Paolo II
“Un bambino è nato per noi, / ci è stato dato un figlio. / Sulle sue spalle è il segno della sovranità” (Is 9, 5).
1. La nascita di Gesù Cristo nella notte di Betlemme è, nell’odierna liturgia, innanzitutto presentata in forma descrittiva.
L’avvenimento è narrato dall’evangelista Luca. L’abbiamo ascoltato poco fa.
La descrizione è piuttosto particolareggiata. Per primo, essa risponde alla domanda sulle circostanze storiche, in cui l’avvenimento ebbe luogo. Veniamo quindi a sapere che, in seguito al decreto di Cesare Augusto, fu ordinato il censimento “quando era governatore della Siria Quirinio” (cf. Lc 2, 1 s). Su tale sfondo si passa alla descrizione dell’avvenimento stesso. Ecco, infatti – per adempiere il dovere derivante dalla disposizione dell’autorità – Giuseppe “dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa”. Giuseppe fa così, perché “era della casa e della famiglia di Davide”. La casa e la famiglia, come è noto, erano collegate con la città di Betlemme. Evidentemente l’obbligo del censimento doveva essere adempiuto nel luogo di provenienza della famiglia.
Maria era in quel periodo incinta. Aspettava il Bambino.
2. Tutto ciò è raccontato nella descrizione dell’evangelista Luca in modo dettagliato. Anche la descrizione della nascita stessa del Bambino è assai particolareggiata e, al tempo stesso, permeata da una totale semplicità.
Veniamo a sapere che l’avvenimento ebbe luogo dopo il loro arrivo a Betlemme, quando già si “trovavano in quel luogo” (Lc 2, 6). Sappiamo anche che si compì in condizioni insolite, “perché non c’era posto per loro nell’albergo” (Lc 2, 7). La venuta al mondo del Figlio di Maria ebbe quindi luogo non in un casa, che è l’abitazione degli uomini, ma in un ambiente destinato agli animali, come risulta dal fatto che Maria avvolse il suo figlio primogenito in fasce “e lo depose in una mangiatoia” (Lc 2, 7).
Dal quadro della descrizione veniamo a sapere ancora che, dopo un certo tempo, nel luogo in cui il Figlio di Maria venne al mondo, sono arrivati i pastori, che “erano in quella regione” e “vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge” (Lc 2, 8). Essi vi furono condotti da un particolare segno del cielo.
3. Ciò che è successo nella notte di Betlemme non può infatti essere contenuto nella cornice di una descrizione di cronaca. Benché questa descrizione sia delineata nelle letture dell’odierna liturgia in modo assai dettagliato, essa tuttavia non dice ancora tutto.
Per conoscere tutto bisogna penetrare nello svolgimento degli avvenimenti alla luce delle parole del profeta Isaia, che abbiamo riportato all’inizio.
“Poiché un bambino è nato per noi, / ci è stato dato un figlio. / Sulle sue spalle è il segno della sovranità” (Is 9, 5).
“Quale potere” è sulle spalle di questo Bambino, che nell’ora della sua venuta al mondo non aveva neppure un semplice, umano tetto sopra il suo capo? che, come prima culla, ebbe una mangiatoia di animali?
Nella notte di Betlemme noi ci interroghiamo su questo “potere”, che porta con sé nel mondo il Neo-nato.
Le parole di Isaia parlano forse dell’avvenire di questo Bambino nato nella notte di Betlemme, vedendo in lui un sovrano terreno del popolo?
Eppure noi sappiamo – si tratta degli ulteriori avvenimenti, pure ben conosciuti da noi – che la vita di Gesù di Nazaret, nato nella notte di Betlemme, finirà con la morte sulla croce.
Quale potere si posa dunque sulle sue spalle nella notte della sua nascita? E quale sarà anche nelle ore del Golgota?
4. La risposta a queste domande è racchiusa nell’insieme del testo liturgico. Essa entra nel cuore stesso degli avvenimenti della notte di Betlemme, ma supera la loro dimensione puramente umana.
Ecco, sentiamo che con quell’angelo che annunziò ai pastori la nascita del Salvatore “apparve . . . una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli / e pace in terra agli uomini che egli ama»” (Lc 2, 13 s).
Questa verità, che la notte di Betlemme integralmente racchiude in sé, non potevano pronunciarla labbra unicamente umane.
Essa non poteva essere “pronunciata”, ma soltanto “annunciata” – così come la verità sulla concezione del Dio – Figlio nel seno della Vergine di Nazaret.
Ed ecco, in quella annunciazione di Betlemme troviamo una risposta alla nostra domanda.
Quale potere si è posato sulle spalle di Cristo in quella notte? Un potere unico. Il potere, che soltanto lui possiede. Infatti soltanto lui ha il potere di penetrare l’anima di ogni uomo con la pace del Divino Compiacimento.
Soltanto lui ha il potere di far sì che gli uomini diventino figli di Dio.
Soltanto lui è in grado di elevare la storia dell’uomo all’altezza della gloria di Dio.
“Soltanto lui”.
Salutiamolo con gratitudine e con gioia, in questa notte radiosa.
“Venite, adoremus!”.