Omelia Messa di Natale 1986
Solennità della Natività del Signore
Autore: San Giovanni Paolo II
1. “Non temete! Vi annuncio una grande gioia . . . oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2, 10-11).
Siamo qui riuniti nella notte della veglia natalizia per riascoltare nuovamente, dopo secoli e secoli, queste parole. Le ascoltarono per la prima volta i pastori nei campi di Betlemme. E questa è la ragione per cui l’assemblea liturgica della notte di Natale porta in alcuni Paesi il nome di “Messa dei pastori”.
2. Siamo riuniti nella basilica di San Pietro. Partecipano alla liturgia non soltanto le persone qui presenti, ma anche numerosi nostri fratelli e sorelle ai quali questo solenne rito è fatto giungere attraverso le onde della radio e della televisione.
L’avvenimento della notte di Betlemme ci unisce tutti. In momenti successivi, scanditi dal tempo che passa sulla terra esso si realizza in tutti i luoghi del nostro pianeta.
Diverse sono pure, nelle varie regioni, le stagioni dell’anno e le condizioni climatiche di questa santa notte: essa accade sia nel caldo tropicale, sia nel rigido inverno nordico e tra le bufere di neve. Pur in condizioni così diverse ciò che si compie in questa ora è sempre lo stesso avvenimento. E la medesima “grande gioia” proclamano quanti annunciano la notte di Betlemme, anche se le loro parole sono ascoltate in tante lingue diverse di tutto il globo terrestre.
3. I pastori nei campi di Betlemme – i primi testimoni dell’avvenimento – erano figli di Israele, la cui storia era collegata con la promessa del Messia. Perciò le parole che ascoltarono potevano – e anche dovevano – suscitare la loro meraviglia. Ma, al tempo stesso, non erano parole incomprensibili per loro.
I pastori sapevano che cosa vuol dire la parola “Messia”. Da generazioni Israele viveva nell’attesa del Messia, dell’Unto del Signore. Se il “Messia” viene al mondo nella “città di Davide” è perché questa circostanza appartiene ai preannunci profetici. La città di Davide è proprio Betlemme.
Inoltre il Messia doveva provenire dalla “stirpe di Davide”. Della casa e della famiglia di Davide erano pure Giuseppe e Maria, la Madre del Neonato. E perciò a motivo del censimento ordinato dai romani, essi dovettero recarsi proprio a Betlemme, partendo da Nazaret, dove abitavano.
4. Così dunque le parole ascoltate dai pastori erano per loro comprensibili. Si compiva in esse la promessa fatta a Israele. In pari tempo queste parole dovevano essere per loro sorprendenti. L’Angelo disse: “Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia . . .”: questo sarà per voi il segno.
I pastori non dubitarono che le parole ascoltate provenivano da Dio. Si arresero alla “grande gioia”, e in pari tempo dimostrarono tranquillità e misura. Si incamminarono nella direzione indicata e trovarono tutto esattamente come era stato detto loro.
Divennero testimoni oculari dell’avvenimento, la cui adeguata dimensione è accessibile solo agli “occhi luminosi” della fede.
5. Noi tutti, religiosamente riuniti in tanti luoghi della terra per rinnovare e rendere presente, con la liturgia eucaristica, l’avvenimento salvifico, che ebbe tra i primi partecipanti i pastori di Betlemme in quella notte santa – noi tutti, tra breve ci metteremo in ginocchio, quando risuoneranno le parole ben note del Credo niceno-costantinopolitano: Dio da Dio, Luce da luce, della stessa sostanza del Padre . . . “incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine, et homo factus est”.
6. Il mistero dell’Incarnazione. Il mistero del “farsi uomo” di Dio nel Figlio eterno.
Ci inginocchieremo e rimarremo prostrati per manifestare questa ineffabile realtà. Rimarremo in ginocchio a nome di tutti gli uomini, in luogo di tutto il Creato.
L’avvenimento della notte di Betlemme svela dinanzi agli occhi della nostra fede la definitiva pienezza del significato della creazione, del mondo, dell’uomo.
7. E poi dinanzi a ciascuno di voi si presenterà un sacerdote o un diacono, ministri della Eucaristia, e dirà: “Corpus Christi . . . – Il corpo di Cristo”. E ciascuno di voi risponderà: “Amen”; la parola della fede che riconosce, adora, ringrazia. La parola che accomuna ai pastori davanti all’avvenimento della notte di Betlemme: il Verbo si è fatto carne, la carne e il sangue della nuova ed eterna alleanza di Dio con l’uomo.
L’evento della notte di Betlemme è diventato l’inizio della nuova comunione, che penetra il cuore e la storia dell’uomo sulla terra. “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”.
8. “Gioiscano i cieli, esulti la terra, / frema il mare e quanto racchiude, / esultino i campi e quanto contengono, / si rallegrino gli alberi della foresta / davanti al Signore che viene” (Sal 96 (95), 11. 13).
A tutto il creato a tutti coloro che vivono questa sacra notte di Betlemme: ai fratelli e alle sorelle sparsi in tutto il globo terrestre: gioia, pace e benedizione. Amen.