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Omelia Messa di Natale 1989

Solennità della Natività del Signore

Autore: San Giovanni Paolo II

1. “Vi annunzio una grande gioia” (Lc 2, 10).
Fu proprio in un’ora notturna come questa che i pastori di Betlemme udirono l’annunzio di una grande gioia.
Nella stessa ora noi tutti ci troviamo riuniti, qui, nella Basilica di san Pietro, per ascoltare l’annunzio della stessa gioia.
E così, come facciamo noi, si riunisce la gente, si riuniscono i nostri fratelli e sorelle, in tanti luoghi dell’intero globo terrestre.
Tutti, ovunque siano riuniti, il Vescovo di Roma saluta con le stesse parole: “Vi annunzio una grande gioia”.
Questo mio saluto va a tutti gli uomini, in ogni continente.
Va, con particolare affetto e con sempre vivo ricordo, alle nazioni che ho visitato quest’anno, alle moltitudini che ho incontrato in quei paesi: in Estremo Oriente, in Africa, nei paesi nordici. Va ai carissimi giovani che, a Santiago de Compostela, hanno celebrato con me la Giornata Mondiale della Gioventù, rappresentando anche tutti i loro coetanei, sparsi nel mondo.
Questo saluto rivolgo anche, e in modo speciale, agli uomini e alle donne di tutte le nazioni, che, collegati per via radio e televisione, ascoltano questa santa Messa di mezzanotte e partecipano, spiritualmente uniti a noi ed a tutti i credenti nel mondo, al mistero della natività del Figlio di Dio sulla terra.
2. Questo annunzio va agli uomini, ma non soltanto a loro. La liturgia di Natale, a mezzanotte, chiama alla gioia anche tutte le creature.
“Gioiscano i cieli, esulti la terra, / frema il mare e quanto racchiude: / esultino i campi e quanto contengono, / si rallegrino gli alberi della foresta . . . / Cantate al Signore un canto nuovo / cantate al Signore da tutta la terra” (Sal 97, 11-12.1).
Così, dunque, da quest’annunzio di Betlemme sono chiamate alla gioia tutte le creature. Infatti, colui che nasce da Maria Vergine è “generato prima di ogni creatura” (cf. Col 1, 15). In lui e per lui è stata creata ogni cosa. Ogni bene, che si trova nelle creature, ha in lui la sua origine e il primo modello.
È mediante lui che, un tempo, il Padre ha guardato tutto il creato, e “vide che era cosa buona . . . cosa molto buona” (cf. Gen 1, 10. 31).
In questa notte di Betlemme tutti noi siamo chiamati – chiamati ancora una volta – ad esultare per l’opera della creazione.
3. “Vi annunzio una grande gioia”.
Nel momento in cui il Figlio, il Verbo eterno – il primogenito di ogni creatura – viene egli stesso in mezzo alle sue creature, questa esultanza per l’opera della creazione viene riconfermata. E, nello stesso tempo, viene elevata.
La creatura raggiunge un apice tale, che va al di là del suo orizzonte. Al di là dell’orizzonte dell’esistenza e della conoscenza.
“Hai moltiplicato la gioia / hai aumentato la letizia” (Is 9, 2).
Ma quest’apice viene raggiunto dalle creature nell’uomo. Dell’uomo fu detto al principio che era stato creato a immagine e somiglianza di Dio. Nella notte di Betlemme questa verità sull’uomo viene totalmente riconfermata. E viene oltrepassata.
“Poiché un bambino è nato per noi, / ci è stato dato un figlio” (Is 9, 5).
Nella notte di Betlemme nasce il Bambino, il bambino umano: per Maria “si compirono.., i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia” (Lc 2, 6-7).
Il messaggero celeste dice la stessa cosa ai pastori; “Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2, 12).
4. Ecco il Bambino, il bambino umano, il figlio dell’uomo, come tutti gli altri nato da donna.
Questo bambino è il Figlio: “Ci è stato dato un figlio”. Ci è stato dato dal Padre. E stato donato agli uomini e al mondo: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3, 16).
“Ci è stato dato un figlio”.
In questo eterno Figlio, che è della stessa sostanza del Padre, Dio stesso entra nella storia dell’uomo e del mondo.
In questo Figlio “è apparsa . . . la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini” (Tt 2, 11).
Dio, che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, sa chi è l’uomo. Sa qual è il cuore umano, sa che è inquieto finché non riposa in lui (cf. S. Augustini, Confessiones, I, 1: CSEL 33, 1).
E per questo – proprio per questo – “ci è stato dato un figlio”. Il cuore umano, venendo alla mangiatoia di Betlemme, vi ritrova quella pace che può essere trovata soltanto in Dio. Questa pace è strettamente congiunta con la gloria di Dio, come proclama il messaggio della notte di Betlemme.
5. “Vi annunzio una grande gioia . . . oggi vi è nato . . . un salvatore” (Lc 2, 10-11).
Ma questa gioia è così pura, così piena come noi la vorremmo?
Sì e no. Su di essa si proietta infatti un’ombra di tristezza. Il Bambino – il Figlio di Dio – nasce in una stalla, perché non c’era posto per lui nell’albergo (cf. Lc 2, 7).
Il momento della venuta è insieme il momento della non-accoglienza, del rifiuto: “Non c’era posto”. Questa ombra di tristezza si allungherà. Si addenserà fino al rifiuto, mediante la Croce, sul Golgota. In tal modo dall’uomo sarà rifiutato il Figlio, che ci è stato dato dall’amore del Padre.
Gesù Cristo, “il quale ha dato se stesso per noi, per riscattare da ogni iniquità” (Tt 2, 14).
6. Noi, qui riuniti, salutiamo, insieme con i nostri fratelli e sorelle che sono con noi collegati, la nascita di Dio con la liturgia del sacrificio eucaristico. È il sacrificio della nostra Redenzione. Questo sacrificio rende presente la Croce e la Risurrezione: il mistero pasquale di Cristo, Tale mistero ha il suo inizio nella notte di Betlemme, quando ci è nato un Salvatore. Il redentore dell’uomo, il redentore del mondo!
La Chiesa, che annunzia in questa notte “una grande gioia”, sa che questa gioia viene totalmente da Dio. E il dono del suo amore.
Essa sa pure che, soltanto questa gioia dilata il cuore umano fino alle dimensioni sovratemporali, che per l’uomo ha preparato Dio stesso.
Lo sa, e per questo ripete, anche in questa notte, davanti al mondo; “Vi annunzio una grande gioia. Oggi è nato il Salvatore!”.