Omelia Messa di Natale 1993
Solennità della Natività del Signore
Autore: San Giovanni Paolo II
1. “Una luce rifulse” (Is 9, 1).
Quale luce rifulse nella notte su Betlemme di Giuda? Ne videro forse tutti il bagliore? Quanto lontano arrivò? “C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce” (Lc 2, 8-9).
La luce brillò dunque negli occhi e nei cuori di quei pastori: luce insolita e per questo essi “furono presi da grande spavento” (Lc 2, 9). E come non spaventarsi, nella notte profonda?
Quella luce annunzia il nuovo inizio.
L’angelo dice: “Ecco, vi annunzio una grande gioia… oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore” (Lc 2, 10-11). Betlemme di Giuda è la città di Davide, situata nei pressi di Gerusalemme, ed indicata dai profeti come terra che avrebbe accolto la venuta del Messia nel mondo. È Cristo la luce vera entrata nel mondo (cf. Gv 1, 9), che “splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” (Gv 1, 5). Solo gli occhi illuminati dalla fede possono in effetti “vederla”.
Furono i pastori, semplici e poveri in spirito, i primi fortunati testimoni della nascita del Salvatore.
Perché essi e non altri abitanti di Betlemme? Perché non tutto Israele, popolo che Dio si è scelto? Nel Vangelo di Giovanni troviamo la risposta: “La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce” (Gv 3, 19). Ci si può allora meravigliare? Ci si può meravigliare se gli uomini non hanno visto la luce: Jahvè, Dio ha chiamato l’intero popolo per preannunciare la venuta del Messia, ma nella notte della sua venuta ha scelto soltanto alcuni ad esserne testimoni: i pastori di Betlemme.
2. Eccoci, carissimi fratelli e sorelle, in questa Basilica di San Pietro. Tra noi ci sono abitanti di questa Città e pellegrini, venuti da Paesi diversi. Roma è sempre stata una Città cosmopolita. Un tempo era la capitale di un grande Impero, oggi è un moderno centro di civiltà a cui approdano persone dalle più svariate regioni del mondo. Alcuni conoscono già Cristo, altri non lo hanno ancora incontrato. In questa notte di Natale, è come se qui si dessero appuntamento tutti.
La liturgia che celebriamo si compie contemporaneamente nel luogo stesso della nascita del Messia. In spirito, quindi, siamo presenti a Betlemme di Giuda, in quella terra che Dio ha scelta come luogo della nascita del suo Figlio: la Terra Santa, terra del divino Avvento. Dopo la lunga preparazione, è giunta finalmente “la pienezza del tempo” (Gal 4, 4), e Dio si fa incontro all’uomo nel suo stesso Figlio.
È Natale! Riuniti in questo luogo santo, presso la tomba dell’Apostolo, ci sentiamo in comunione con tutti coloro che, in tanti angoli del globo, partecipano alla stessa liturgia. È come se questo “luogo” si estendesse in tutto il mondo e coloro che sono qui radunati rappresentassero, in qualche modo, le nazioni e i popoli di ogni continente. A tutti l’angelo reca una lieta notizia: “Vi è nato… un Salvatore, che è il Cristo Signore… vi annunzio una grande gioia che sarà di tutto il popolo” (Lc 2, 11. 10). Cristo è nato per ogni uomo. Lo ricorda appunto il Concilio quando afferma che venendo nel mondo “il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo” (Gaudium et Spes, 22). Per tutti! Egli è nato per salvare tutti, in ogni epoca della storia.
Il profeta narra del popolo che camminava nelle tenebre e che vide una grande luce. Racconta di coloro che abitavano in una terra tenebrosa su cui rifulse una luce (cf. Is 9, 1). Isaia parla proprio di noi! I testi liturgici dell’Avvento hanno spesso descritto la notte e il deserto. Hanno annunciato la rugiada che deve rendere fecondo questo deserto. Ed ecco la liturgia di questa Notte santa invitare alla gioia l’intero creato. “Esultino i campi e quanto contengono; si rallegrino gli alberi della foresta… Gioiscano i cieli, esulti la terra, frema il mare e quanto racchiude” (Sal 96, 12.1). Ecco, viene Colui che è “generato prima di ogni creatura” (Col 1, 15).
3. Gesù Cristo è il Signore della storia. Alla sua nascita, Egli si fa registrare secondo l’editto di Cesare Augusto. Maria e Giuseppe si recano da Nazaret a Betlemme, città di Davide, proprio per questa ragione, perché ambedue erano della stirpe e della casa di Davide. Colui che nasce questa notte a Betlemme si inserisce pienamente nella storia dell’uomo. E se, da un lato Egli ne è il Signore, dall’altro, e nello stesso tempo, il suo venire incontro ai suoi non ha nulla a che fare con la dominazione. Già si vede, proprio in questo momento, quanto “umiliò se stesso… assumendo la condizione di servo” (Fil 2, 7-8). Già si vede in questa notte come questa umiliazione costituisca l’inizio della sua passione e della sua morte in croce. Egli viene per “dare se stesso” (Gal 1, 4). Così, nella storia dell’uomo si innesta la storia della salvezza. La grande luce che rifulse agli occhi dei pastori di Betlemme parla oggi di salvezza a coloro che sono pronti ad accoglierla con cuore semplice e umile.
4. Da dove viene la luce che rifulse a Betlemme e che videro quei poveri pastori?
Essa viene dal cielo. Lo splendore, che si spande sul firmamento, ha origine da Colui che dirà di se stesso: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8, 12), venuta per illuminare i cammini confusi dell’uomo sulla terra. Ha origine da Colui che risusciterà il terzo giorno, per testimoniare fino alla fine che Egli è il sole di giustizia atto ad illuminare ogni uomo che viene nel mondo. Egli è la luce! Sul Monte Tabor il suo volto diventerà chiaro come il giorno, rivelando la luce della vita divina presente in Lui. Nella Notte di Natale, quella luce la videro soltanto i pastori e senza indugio andarono alla fonte da cui essa proveniva.
Carissimi fratelli e sorelle qui presenti e voi che siete a noi spiritualmente uniti in qualsiasi angolo della terra, domandiamo al Signore di avere parte a questa luce. Il Santo Natale sia per tutti un nuovo inizio. “Gioiscano i cieli, esulti la terra”, ma soprattutto si rallegri l’uomo!
Il Santo Natale è la festa dell’uomo, da Dio chiamato a divenire, nel suo Figlio Eterno, figlio lui stesso di Dio e a incontrare così la salvezza. Dio vuole che sui popoli di tutti i continenti risplenda la luce e che l’umanità tutt’intera gioisca dello “splendore della verità” (Veritatis splendor). Che cosa Dio può desiderare di più per l’uomo?
“Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2, 14).