Omelia Messa di Natale 1995
Solennità della Natività del Signore
Autore: San Giovanni Paolo II
1. “Oggi è nato per noi il Salvatore” (Salmo resp.).
All’“oggi” del grande mistero dell’Incarnazione corrisponde in modo particolare quest’ora, in cui celebriamo la Santa Messa chiamata “di mezzanotte”. Secondo la tradizione, il Figlio di Dio venne al mondo a Betlemme, nel cuore della notte.
Leggiamo nel testo del profeta Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce” (Is 9, 1). A questo popolo appartenevano i pastori di Betlemme, che vegliavano di notte il loro gregge ed ai quali, per primi, giunse la notizia: “Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2, 11). E per primi si recarono, seguendo la chiamata dell’angelo, alla stalla dove era nato Gesù.
“Oggi è nato il Cristo Signore, il Salvatore”! Questa lieta notizia invita l’intera creazione a cantare al Signore “un canto nuovo”: “Gioiscano i cieli, esulti la terra, frema il mare e quanto racchiude; esultino i campi e quanto contengono, si rallegrino gli alberi della foresta” (Sal 95, 11-12).
Per questo nella notte di Natale il mondo intero risuona di canti di gioia, in tutte le lingue del mondo. Sono canti che possiedono un fascino singolare e contribuiscono a creare il clima inconfondibile di questo periodo dell’anno liturgico. Davvero, come dice il profeta Isaia, “hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia” (Is 9, 2)!
2. “Oggi è nato” (cf. Lc 2, 11).
Accanto al termine “è nato”, natus est, nei testi liturgici troviamo un’altra espressione: apparuit, “apparve”, “si è manifestato”. Quando nasce un bambino, appare nel mondo una nuova persona. In riferimento alla nascita a Betlemme del Figlio di Maria, la liturgia parla di “manifestazione”, come viene sottolineato specialmente nella Lettera di san Paolo Apostolo a Tito: “È apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza” (Tt 2, 11).
“Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio”, è scritto nel testo di Isaia (Is 9, 5). In questo Bambino è apparsa la grazia di Dio, che reca la salvezza a tutti gli uomini. Questa grazia è prima di tutto Egli stesso, il Figlio unigenito dell’eterno Padre, che in quest’ora si fa uomo nascendo da una donna. La sua nascita a Betlemme costituisce il primo momento della grande rivelazione di Dio in Cristo.
I pastori giungono alla stalla e vi trovano “il Salvatore del mondo, che è il Cristo Signore” (cf. Lc 2,11). E anche se i loro occhi vedono un neonato avvolto in panni e deposto in una mangiatoia, in quel “segno”, grazie alla luce interiore della fede, riconoscono il Messia annunciato dai Profeti. In lui si manifesta l’amore di Dio per l’uomo, per tutta l’umanità. Colui che nasce nella notte di Betlemme viene al mondo per dare “se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone” (Tt 2, 14).
3. “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2, 14).
Quest’inno, entrato stabilmente nella tradizione liturgica della Chiesa, risuona per la prima volta nella notte di Betlemme e parla di un singolare, straordinario avvicinamento tra Dio e l’uomo. In realtà, mai Dio si è così avvicinato all’uomo come in quella notte, quando il Figlio unigenito del Padre si è fatto uomo. Ed anche se la sua nascita avvenne in condizioni modeste e povere – Gesù nacque nella povertà di una stalla, come un senzatetto –, essa tuttavia fu ricolma di gloria divina. Gloria, infatti, non significa soltanto splendore esterno; significa prima di tutto santità.
L’ora della nascita del Figlio di Dio nella stalla di Betlemme è l’ora in cui irrompe la santità di Dio nella storia del mondo. “Notte santa”, come annunzia un notissimo canto natalizio. Notte che è, al tempo stesso, inizio della santificazione dell’uomo per opera di quell’Unico, che solo è “il Santo di Dio”. L’inno angelico che accompagna il Natale del Signore annunzia proprio questo.
Contemporaneamente esso proclama la pace sulla terra. Pensiamo anzitutto alla pace in senso storico. Così, nella notte del Natale del Signore, si rinnova in noi la speranza di pace per tutti gli uomini e per tutti i popoli colpiti dalla guerra: nei Balcani, in Africa e in ogni luogo in cui manca la pace.
Ma nella liturgia natalizia la parola “pace” riveste anche un altro e più profondo significato. Essa si riferisce alla nuova Alleanza di Dio con gli uomini, al suo rinnovamento e definitivo compimento. Se l’Alleanza di Dio con gli uomini è una realtà che coinvolge l’intera storia della salvezza, essa non avrebbe potuto trovare un’espressione più piena di questa: Dio ha accolto in Se stesso l’umanità, assumendola nell’unica Persona del Figlio. In tal modo Egli ha unito in sé il divino e l’umano, a perenne e stabile fondamento della pace e dell’eterna Alleanza. Per questo la Chiesa intera intona in questa notte un canto nuovo: “Gloria a Te, Dio fatto uomo, e pace agli uomini salvati dal tuo amore!”.