Omelia Messa di Natale 1998
Solennità della Natività del Signore
Autore: San Giovanni Paolo II
1. “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia… oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore che è Cristo Signore” (Lc 2,10-11).
In questa Notte Santa, la Liturgia ci invita a celebrare nella gioia il grande evento della nascita di Gesù a Betlemme. Come abbiamo ascoltato nel Vangelo di Luca, egli viene alla luce in una famiglia povera di mezzi materiali, ma ricca di gioia. Nasce in una stalla, perché per lui non c’è posto nell’albergo (cfr Lc 2,7); viene deposto nella mangiatoia, perché per lui non c’è una culla; viene al mondo nel pieno abbandono, all’insaputa di tutti e, allo stesso tempo, accolto e riconosciuto anzitutto dai pastori, che ricevono dall’angelo l’annuncio della sua nascita.
L’evento nasconde un mistero. Lo rivelano i cori dei messaggeri celesti che cantano la nascita di Gesù e proclamano gloria “a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2,14). La lode nel corso dei secoli si fa preghiera che sale dal cuore delle moltitudini che nella Notte Santa continuano ad accogliere il Figlio di Dio.
2. Mysterium: evento e mistero. Nasce un uomo, che è il Figlio eterno del Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra: in questo straordinario avvenimento si rivela il mistero di Dio. Nel Verbo che si fa uomo si manifesta il prodigio del Dio incarnato. Il mistero illumina l’evento della nascita: un bimbo è adorato dai pastori nella capanna, a Betlemme. E’ “il Salvatore del mondo”, è “Cristo Signore” (cfr Lc 2,11). I loro occhi vedono un neonato avvolto in panni e deposto in una mangiatoia, e in quel «segno», grazie alla luce interiore della fede, riconoscono il Messia annunciato dai Profeti.
3. Ecco l’Emmanuele, il Dio-con-noi, che viene a riempire di grazia la terra. Viene al mondo per trasformare il creato. Si fa uomo tra gli uomini, perché in lui e per mezzo di lui ogni essere umano possa profondamente rinnovarsi. Con la sua nascita, egli ci introduce tutti nella dimensione della divinità, elargendo a chi nella fede si apre ad accogliere il suo dono la possibilità di partecipare alla sua stessa vita divina.
Questo è il significato della salvezza di cui odono parlare i pastori nella notte di Betlemme: “Vi è nato un Salvatore” (Lc 2,11). La venuta di Cristo fra noi è il centro della storia, che da allora acquista una nuova dimensione. In un certo senso, è Dio stesso che scrive la storia inserendosi al suo interno. L’evento dell’Incarnazione si dilata così ad abbracciare tutta l’ampiezza della storia umana, dalla creazione alla parusia. Ecco perché nella Liturgia tutta la creazione canta, esprimendo la propria gioia: plaudono i fiumi, esultano gli alberi della foresta, si allietano le isole tutte (cfr Sal 98,8; 96,12; 97,1).
Ogni essere creato sulla faccia della terra accoglie l’annuncio. Nel silenzio attonito dell’universo, rimbalza con eco cosmica ciò che la Liturgia pone sulle labbra della Chiesa: Christus natus est nobis. Venite, adoremus!
4. Cristo è nato per noi, venite ad adorarlo! Penso già al Natale del prossimo anno, quando, a Dio piacendo, darò inizio al Grande Giubileo con l’apertura della Porta Santa. Sarà un Anno Santo grande davvero, perché in modo del tutto singolare celebrerà la ricorrenza bimillenaria dell’evento-mistero dell’Incarnazione, in cui l’umanità ha raggiunto l’apice della sua vocazione. Dio s’è fatto Uomo per rendere l’uomo partecipe della propria divinità.
Ecco l’annuncio della salvezza; ecco il messaggio del Santo Natale! La Chiesa lo proclama, in questa notte, anche attraverso la mia bocca, perché lo odano i popoli e le nazioni di tutta la terra: Christus natus est nobis – Cristo è nato per noi. Venite, adoremus! – Venite ad adorarlo.