Pratica dell'esame di coscienza: la strategia spirituale (I)
L'esame di coscienza in 5 punti
Autore: Sant'Ignazio di Loyola
Nella spiritualità ignaziana, l’Esame Particolare ha un’importanza capitale fra tutti gli esercizi proposti nei giorni di ritiro, perché non si limita a dare uno sguardo superficiale alle vicende grandi e piccole di una mezza giornata, ma scruta le disposizioni intime dell’anima, e i movimenti che lo Spirito Santo, le passioni personali o il demonio, possono aver provocato.
Perciò S. Ignazio prescrive i cinque punti seguenti, per svolgere ordinatamente l’esame di coscienza:
1. Ringraziare Dio dei suoi benefici: il ricordo delle grazie ricevute prepara il cuore al pentimento, e stimola alla generosità. Si considerino varie serie di grazie.
2. Implorare l’assistenza dello Spirito Santo, per conoscere le colpe commesse, poiché l’amor proprio ci tiene nascoste molte nostre miserie.
3. Ricercare lealmente le colpe commesse, tempo per tempo, rispetto al programma stabilito, dall’alzata fino al momento dell’Esame; segnarle esattamente, e paragonarle a quelle degli esami precedenti, per non restare nel campo delle vaghe aspirazioni.
4. Chiedere perdono a Dio, almeno delle colpe deliberate e volontarie esprimendo, con insistenza, vivi sentimenti di contrizione, come si fa nella confessione.
5. Prendere qualche buona risoluzione pratica, prevedendo le occasioni che si presenteranno; e sopratutto chiedere fervorosamente a Dio la grazia di eseguirla.
Qualche autore suggerisce di riconginugere i cinque punti dell’esame di coscienza all’adorazione delle cinque Piaghe di Gesù, dalle quali si fanno scaturire i sentimenti di gratitudine, d’implorazione, di pentimento. Con un po’ di pratica, si riesce a fare speditamente gli atti sopraelencati.
Di questi punti il più importante è il pentimento, perché dalla sincerità del dolore dipende la forza delle risoluzioni, e, quindi, il progresso reale.
Chi passa tutto il tempo nella ricerca delle mancanze, senza pensare a detestarle, somiglia a chi pensasse solo a contare le ferite riportate, senza curarle
Il pentimento che segue premurosamente una mancanza, capovolge nell’anima la posizione, che da negativa si fa positiva: il NO, strappato alla fragilità umana, diventa un esplicito e consapevole Sì di cooperazione alla grazia.
Molti ricavano poco frutto dall’esame ammonisce il Rodriguez perché impiegano tutto il tempo nel cercare quante volte siano caduti nei difetti; e il resto lo fanno solo superficialmente; perciò, quante volte sono caduti oggi, tante cadranno domani Sta bene che cerchi i tuoi difetti; ma se non chiedi perdono a Dio e non proponi l’emenda, non ti correggerai neppure in venti anni”.
Gli autori moderni non sono meno espliciti:
“Sapendo che da noi stessi siamo incapaci di evitare il peccato, e, più ancora, d’innalzarci a Dio con la pratica delle virtù, dal fondo delle nostre miserie e appoggiati ai meriti infiniti di Gesù, noi supplichiamo Iddio di chinarsi fino a noi, per ritrarci dal fango in cui affondiamo, e sollevarci sino a Lui. Con tali disposizioni, più che con la minuziosa ricerca delle mancanze, l’anima si trasfigura sotto l’azione potente della grazia”.
Ultimo requisito a riprova del pentimento sincero, è l’infliggersi delle sanzioni, proporzionate al numero e alla gravità delle mancanze sfuggite. E’ stimolo e riparazione.
Il cavallo bizzarro che ha ricevuto una speronata dopo qualche capriccio, si guarda dal ricominciare.
Anche per l’esame particolare, non bisogna limitarsi a nutrire semplici desideri. Chi non crea in se stesso un ambiente di leale autocontrollo e di coraggiosa autoimposizione, non combinerà un gran che, nonostante le pie letture, le esortazioni e le direttive ricevute: Tanto sarà il tuo profitto, quanta sarà la violenza che ti farai: dice con rude franchezza l’Imitazione di G. C.
“Nella spiritualità di S. Ignazio c’é il timbro militare: la lotta e la disciplina. Naturalmente non fu egli il primo a vedere la vita cristiana come un combattimento: Gesù stesso e dopo di Lui S. Paolo, l’avevano presentata così; all’epoca di S. Ignazio, uno dei libri che più concorsero al risveglio della pietà cristiana, fu proprio il Combattimento spirituale del teatino Lorenzo Scupoli. Ma, da buon capitano che aveva sognata e vissuta la vita delle armi, S. Ignazio organizza la vita spirituale come una lotta, con una strategia energica e finissima”.
“Non v’illudete dichiarava S. Margherita Maria alle sue novizie: non otterrete nulla senza combattere, e combattere a fil di spada. E vuol dire che anche voi dovete essere tra quei violenti che rapiscono con la forza il regno dei cieli”.
Ed è stato giustamente rilevato che per darsi a Dio, bisogna dapprima conquistarsi.
Le sanzioni debbono essere graduate, e adatte al genere delle colpe commesse. Perciò si fanno atti di umiliazione, se il soggetto di esame riguarda la lotta contro qualche manifestazione della superbia; atti di mortificazione, se si tratta di vincere la sensualità; ore di silenzio e di raccoglimento, se si vogliono riparare dissipazioni, distrazioni volontarie, ecc.
Alcune pratiche sono particolarmente care alle anime pie: prendere per un certo tempo, una postura un po’ incomoda alla natura baciare la terra, recitare una preghiera, scostati dal banco, o a mani giunte non bere, o attendere un po’, quando si ha sete privarsi di qualche dolce o caramella rinunziare a una comodità superflua, a una lettura curiosa qualche colpo di riga o di oggetto duro sulle dita.
Chi nota poco progresso, può stimolarsi computando come doppie, le mancanze (e quindi le sanzioni) contro uno dei punti fissati. Però, quando si prevede che un certo numero di mancanze sarà inevitabile, si può stabilire di computare e sanzionare solo da quel numero in poi, per non scoraggiarsi.
Si abbia per soggetto di esame, l’ATTENZIONE NELLE PREGHIERE VOCALI.
Si computa sommariamente e in – circa il numero complessivo delle distrazioni, e si stabilisce di sanzionare soltanto le preghiere distratte che sorpassano un certo numero. Per esempio, fino a 6 preghiere distratte, nessuna sanzione, perché si sa per esperienza che non si riesce ad avere un’attenzione maggiore. Successivamente, coi progressi realizzati, si potrà restringere quel numero a 5, 4, indulgendo sempre in misura minore alle colpe sfuggite alla propria fragilità. Così si evita lo scoraggiamento.
A conferma di questa prassi ascetica, riportiamo quel che si legge nella vita di S. G. B. de La Salle. Tra le risoluzioni prese in un ritiro, troviamo la seguente: “Almeno venti volte al giorno unirò le mie azioni a quelle di Nostro Signore, e procurerò di conformarmi alle sue viste e intenzioni. Ogni volta bucherò un pezzetto di carta; e per ogni volta che l’avrò tralasciato, dirò altrettanti Pater, baciando la terra, prima di coricarmi”.
Con la pratica coraggiosa dell’esame particolare seguito dalle sanzioni, il risultato sarà raggiunto sicuramente: “Non c’é difetto per quanto radicato, non c’é passione comunque violenta, che con l’esame particolare non possano vincersi, o, per lo meno, essere posti nell’impotenza di nuocere”.
Principi tattici della lotta spirituale
Esponiamo brevemente quelli inculcati dalla scuola ignaziana.
Ogni mattina si rinnovi la risoluzione di combattere il difetto preso di mira, e di esercitarsi nella virtù desiderata, con atti ben previsti.
Questo si fa specialmente nell’esame di prevedimento e nell’orazione. E’ il primo tempo di S. Ignazio.
Durante il giorno si combatta con generosità e costanza: cento colpi battuti debolmente con la mano, non fanno penetrare un chiodo nel muro come una sola, ma vigorosa martellata
Ci vuole costanza per acquistare le buone abitudini e le virtù morali: più numerosi sono gli atti, più presto si sviluppa e si consolida l’abitudine virtuosa.
Regola d’oro per l’acquisto di un carattere: Un solo sacrificio al giorno, purché sia ben sentito, è sufficiente a fare acquistare, a lungo andare, un carattere di ferro.
(Cf. A. Eymieu: Il governo di se stesso. Desclée, Roma)
Nonostante le precauzioni prese, si cadrà ancora, per la fragilità umana. E’ scritto che il giusto cade sette volte, e che si rialza. Quindi, niente scoraggiamento; ma si ripari subito con un piccolo atto di pentimento e col proposito sincero di far meglio.
S. Ignazio consigliava di battersi il petto dopo ogni mancanza; altri esortano a dire la giaculatoria: Gesù mio, misericordia!
Giunto il momento dell’esame, si dia un’occhiata serena ai risultati raggiunti. Tale constatazione è necessaria alla volontà che ha bisogno di controlli, allo spirito che dev’essere guidato, alla virtù stessa che necessita di stimoli periodici. Con queste sintesi limpide ed equilibrate, l’anima impara a conoscersi, si tiene più umole e diffidente di sé, mentre è¨ portata naturalmente a riporre maggior fiducia in Dio.
Però l’applicazione non deve cessare con l’esercizio dell’esame, ma estendersi un po’ a tutta la giornata, per secondare l’azione corroborante della grazia.
“Le ricerche sperimentali hanno provato che la intensità di un proposito non ne garantisce affatto la realizzazione anzi talora può essergli nociva; mentre risulta realmente efficace, il ricordo che se ne ha nel momento di agire; ciò che si ottiene prevedendo le occasioni in cui si dovrà attuare il proposito”. (G. Lindworsky S. J.: Psicologia dell’ascetica, Marietti).
C’é da chiedersi: Si devono segnare i risultati dell’esame particolare?
Ognuno può rispondere, interrogando lealmente la propria esperienza, se traeva maggior profitto quando li segnava o da quando non li segna più
Certo che il segnarli sopra un apposito libretto o foglio, che ognuno può preparare anche da sé è già qualche cosa, un segno di buona volontà, uno stimolo giornaliero a realizzare i propositi fatti.
Il P. Luigi Lallemant esorta: “Teniamo conto per iscritto, più volte al giorno, delle nostre mancanze: questo esercizio è di tale importanza, che, omettendolo, tutto il resto non potrà giovare gran cosa”.
“Non bisogna transigere su questo punto Si obbietterà: è un mezzo inutile, troppo incomodo. Ho smarrito il libretto, la matita. Ragioni speciose e scuse ridicole! La buona volontà supera egregiamente tutte le difficoltà”.
E’ di certo cosa molesta alla natura, segnare ogni giorno le proprie mancanze o gli atti di virtù praticati; però chi non segna i risultati del suo esame particolare, arriva in breve tempo a non farlo più per niente. Così insegna la pratica della vita spirituale”.
Si domanda tale fedeltà, non tanto per conoscere esattamente il numero delle mancanze, quanto per tener desta l’attenzione dell’anima sopra di esse, e per provocare sforzi più generosi e costanti. Certo, non sarà il demonio della tiepidezza, a suggerire di segnare i risultati dell’esame particolare!
Del Servo di Dio, equatoriano, F. Miguel dei Fratelli delle Scuole Cristiane, si sono trovati i libretti dell’esame particolare di ben quarant’anni, di vita dinamica e laboriosissima, senza una lacuna, è costanza da santi!
Tra gli appunti del compianto F. Sebastiano della stessa Congregazione, leggiamo “Non debbo illudermi di ricercare le mancanze, senza segnarle; sarebbe segno di tiepidezza, e mi condurrebbe in brevissimo tempo a non fare più per niente l’esame particolare”.
E’ anche assai proficuo calcolare i totali settimanali e mensili, al fine di raffrontarli tra loro, e regolarsi per tralasciare o intensificare la lotta contro determinate manifestazioni.
Con leggerezza certuni parlano dell’aritmetica spirituale ignaziana.
Perché dovremmo essere meno accorti dei negozianti, i quali sono tutt’occhi nel fare periodici bilanci tra le entrate e le uscite? Essi faticano per una fortuna materiale; noi ci prefiggiamo un interesse di ordine ben più elevato, volendo comporre la nostra vita, in un quadro di superiore bellezza, degno di essere ammirato per l’eternità!
“Può essere monotono e fastidioso dover rientrare continuamente in noi stessi, per fare sempre le stesse cose: strappare le erbe da una terra ingrata. Ma che farci, se l’erba cattiva rinasce sempre? Lasceremo che invada liberamente il campo dell’anima nostra?”Si presenta, ora, la questione: è meglio segnare le vittorie o le sconfitte, gli atti compiuti o quelli omessi?
Ecco la prima tattica è più incoraggiante: “Notiamo più volentieri gli atti di virtù che i difetti; e il frutto. E’ ugualmente grande, se non maggiore. Non si progredisce in una virtù, senza diminuire i difetti che ad essa si oppongono; ma, finché ci applichiamo solo a estirparli, compiamo un lavoro negativo, e non si arriva mai alla perfezione. Pertanto, quando certi difetti si commettono di rado si consiglia l’esame nella forma positiva”.
Però, anche la notazione sotto forma negativa che consiste nel calcolare le mancanze sfuggite o gli atti proposti e non compiuti, ha i suoi vantaggi, sia per la semplicità del computo, sia per la maggiore praticità dei criteri per assegnarsi le sanzioni.
S. Ignazio, nel secondo e terzo tempo dell’esame particolare, consiglia di computare le mancanze, segnando prima del pranzo e dopo la cena di ogni giorno, tanti punti sopra due lince orizzontali quante sono le cadute nel difetto o peccato”.
In pratica ognuno si regoli secondo i propri gusti e bisogni, esaminando i risultati ottenuti personalmente nell’impiego successivo e variato dei due metodi.
Alcuni, però, disapprovano il sistema di segnare un numero approssimativo o semplicemente apprezzativo, perché questa valutazione risente troppo dell’ottimismo o del pessimismo che suggerisce l’umore del momento.
E’ bene avvertire che per certi temperamenti può essere non consigliabile seguire rigorosamente un metodo, e segnare minutamente le mancanze con tormentose introspezioni Citiamo uno dei migliori commentatori di S. Ignazio: “L’esame particolare è importantissimo per tutti; ma non si deve asserire la stessa cosa per il metodo preciso, che consiste nel segnare il numero comparativo delle disfatte e delle vittorie. Tale metodo è spesso inutile e anche nocivo agli scrupolosi e a chi manca di memoria e di giudizio. Costoro facciano diversamente il loro esame”, attenendosi alla sostanza di esso.
Il P. Grimal estende ad altre anime questo largo criterio di adattamento ai vari temperamenti: “Questi processi di contabilità possono allettare certe anime positive, e aiutare e stimolare certe altre troppo lente, troppo astratte. Siamo ben lontani dal condannarli. Spetta a ogni anima, seguire le sue attrattive o i consigli del suo direttore spirituale”.