Quel desiderio di grandezza
La vita cristiana spiegata ai giovani, cap IV e V
Autore: Don Angelo Albani e Don Massimo Astrua
Giulio Cesare pianse davanti alla statua di Alessandro Magno, pensando che alla sua stessa età il grande Macedone era giunto ben più in alto di lui…
Un simile anelito alla grandezza anche tu lo hai sentito qualche volta nel cuore: un desiderio prepotente di realizzare qualcosa di grande nella vita, qualcosa di eroico, fuori del comune.
Quel desiderio era buono, ma purtroppo è caduto nel nulla! Perché?
Perché non sapevi con precisione cosa fare per realizzarlo.
Ebbene, caro giovane, è appunto questo che ora ti voglio insegnare. Seguimi con attenzione e con fiducia, perché nessuna cosa è più importante a conoscersi di quella che sto per dirti.
«L’uomo tanto vale quanto vale ciò che ama». Questa affermazione di S. Agostino vorrei la scolpissi indelebilmente nell’anima tua!
L’ amore infatti è una conquista: tutto sta nel vedere che cosa si ama, per sapere se siamo divenuti ricchi o poveri.
L’amore è una fiamma che arde di luce più o meno vivida a secondo di ciò di cui si alimenta. «Ami la terra? – continua S. Agostino – Sarai terra! Ami Dio? *
Naturalmente qui S. Agostino allude alla Virtù teologica della Carità che è inseparabile dal possesso della Vita di Dio che ci trasforma in Lui.
Che dirò? Sarai Dio? Non oso dirlo da me, ma ascolta la Bibbia: «Ho detto che siete deificati e figli tutti dell’Altissimo Iddio» (Ps. 81, 6).
Credimi, giovane caro: se vuoi spendere bene la tua vita così da toccare la vera, eccelsa grandezza alla quale sei destinato, non hai che un’unica importantissima cosa da fare: AMARE DIO!
Amare Dio!
Ma come amarlo?
S. Tommaso ti dice, con la sua abituale chiarezza e profondità, che l’amore tende sempre in due cose:
1) all’unione con la persona amata, e
2) a fare il bene della persona amata.
Come chi ama la propria mamma vorrebbe star sempre con lei e fare per lei tutto ciò che la rende felice, così chi ama Dio vuole per ciò stesso stare con Lui e fare ciò che a Lui più piace.
Per amare Dio devi quindi:
1° Stare con Dio, cioè «vivere in unione con Lui»
Infatti la presenza di Dio in te non solo ti avvicina intimamente a Lui ma addirittura ti rende con Lui come un’unica cosa, facendoti partecipe della Sua stessa Vita!
Questo è il primo «atto di amor di Dio»: vivere in Grazia Santificante ossia in reale ed intima unione di vita con Lui!
Chi non vive unito a Dio, cioè chi vive in peccato mortale, qualunque altra cosa buona faccia nella sua vita, non può dire di amarLo, perché Lo tiene volontariamente lontano da sé.
2° Fare ciò che piace a Dio, cioè la sua Volontà
A questo proposito vorrei ti persuadessi di due cose:
– Anzitutto che Dio non si attende da te null’altro che questo. La tua intelligenza, la tua salute, le tue ricchezze… sono tutte cose che non dipendono da te e che Dio potrebbe darti o toglierti a Suo piacimento. Ma che tu Gli sottometta liberamente la tua volontà questa è una cosa che solo tu puoi darGli, questo è il vero dono che Egli si attende da te! «O figliolo, ti dice, dammi il tuo cuore!» (Prov. 23,26).
– In secondo luogo che tu non puoi fare per Lui nulla di più grande. Infatti, facendo la Volontà di Dio tu doni a Lui, con un libero atto, tutto te stesso: le tue forze fisiche, la tua intelligenza, la tua volontà, le cose che fai, il tempo che impieghi… tutto diventa automaticamente Suo! La volontà è la locomotiva che trascina tutto il tuo treno nella direzione voluta da Lui.
E per terminare raggrupperò in quattro punti ciò che Dio vuole da te:
a) Vuole che tu Lo ami sopra ad ogni cosa e che, per Suo amore, ami il tuo prossimo come te stesso. L’AMORE è la prima e principale cosa che Dio ti chiede! *
* «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la tua intelligenza e con tutte le tue forze. Questo è il primo Comandamento. Il secondo poi è simile a questo: Ama il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro Comandamento maggiore di questi» (Mc 12,0-31).
Nota due cose:
1) Il tuo prossimo lo devi amare, non perché ti è simpatico, amico, ecc. ma perché Dio lo ama. In tal modo amando il prossimo tu ami Dio, esercitando la Virtù teologale della Carità.
2) Il tuo prossimo lo devi amare come Dio lo ama, cioè come ami te stesso; perché anche lui è, né più né meno di te, amato da Dio come figliolo carissimo. Praticamente seguirai come regola queste parole di Gesù: «Tutto quanto desiderate vi facciano gli uomini, questo stesso voi fate agli altri» (Mt 7,12).
b) Vuole che tu osservi i dieci Comandamenti.
c) Vuole che tu obbedisca alle leggi e precetti della Chiesa e alle leggi giuste dello Stato.
d) Vuole che tu adempia fedelmente ai doveri del tuo stato*.
Essi variano evidenteente da persona a persona: un figliolo, un padre di famiglia, una madre, uno studente, un Sacerdote, ecc. faranno la Volontà di Dio adempiendo con esattezza i doveri del loro particolare stato di vita.
Se in qualche circostanza della vita non sapessi con certezza quel che Dio vuole, chiedi
consiglio a un Sacerdote: egli è l’incaricato di Dio a manifestarti la Sua volontà.
L’amor di Dio non farà solo la tua grandezza, ma anche la tua felicità.
Ascolta un uomo che ne ha fatto l’esperienza: «Ci possono essere anime così disgraziate da morire senza aver gustato la felicità di amare Dio? Non è forse questa la sola felicità che abbiamo su questa terra? Essere amati da Dio! Essere uniti con Dio! Vivere alla presenza di Dio, vivere per Dio! Che bella cosa, che cara vita! Come è bello il destino dell’uomo: vedere Dio, amarLo, benedirLo, contemplarLo su questa terra e nell’eternità!».
Proprio perché la tua volontà è libera, tu puoi volere ciò che Dio comanda, ma (purtroppo!) anche ciò che ti proibisce.
In altre parole, tu puoi peccare.
Questo infatti è il peccato: una offesa fatta a Dio disobbedendo alla Sua legge.
Quando l’offesa è tanto grave da comportare la perdita di Dio allora si ha il peccato mortale, così chiamato perché toglie all’anima la vita divina (cioè la unione con Lui) e le merita la morte eterna (cioè il castigo dell’Inferno)*.
* Per avere un’idea di ciò che perdi col peccato mortale va a rileggere il Il Capitolo: perdi Dio, Gesù, i meriti, il Paradiso! E guadagni un Inferno eterno!
«C’è da tremare, gemeva il Curato di Ars: per una bestemmia, per un cattivo pensiero, per una bottiglia di vino, per due minuti di piacere perdere Dio, la propria anima, il cielo: e per sempre!» (Monnin, Spirito, p. 106).
Mi chiederai: quando un peccato è mortale? Il peccato mortale è costituito da tre elementi: materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso. Mancandone, anche uno solo, il peccato mortale non c’è. *
* L’assenza di uno dei tre elementi fa si che non esista il peccato. L’incompiutezza di uno dei tre elementi (materia non grave: avvertenza nonpiena; consenso non deliberato) riduce il peccato da mortale a veniale.
Esaminiamoli ad uno ad uno.
I° Materia grave
La materia del peccato e la «cosa» proibita da Dio, come ad esempio l’idolatria, la bestemmia, il perdere la Messa festiva, il pensiero o l’azione impura, il furto, la bugia, ecc.
Essa è grave quando «è così contraria alla legge di Dio che non si può volerla senza perdere anche Dio». Non c’è via di mezzo quando si tratta di materia grave: o si rinuncia ad essa e si resta con Dio, o si aderisce ad essa e si perde Dio.
Così l’idolatria, la bestemmia, il perder la Messa festiva, l’impurità, un grosso furto, ecc., sono materia grave; mentre un piccolo furto, una bugia, una disobbedienza, ecc., sono materia leggera, e non possono costituire peccato mortale.
2° Piena avvertenza (della mente)
Il secondo elemento del peccato mortale è che il peccatore sappia con certezza che quella «cosa» è materia grave, cioè gravemente proibita da Dio.
Se non lo sa con certezza, sia perché crede erroneamente che si tratti di cosa non grave, sia perché (come accade nel dormi-veglia) non sia completamente conscio di ciò che sta facendo, allora la piena avvertenza non c’è, e di conseguenza non può esserci peccato mortale.
3° Deliberato consenso (della volontà)
È il terzo elemento, che sopraggiungendo agli altri due dà luogo al peccato mortale.
Esso consiste nel volere liberamente una cosa, conosciuta come materia grave. È questo l’elemento del peccato che più dipende da noi, perché mentre non è sempre in nostro potere impedire la conoscenza della cosa cattiva, è sempre in nostro potere il non acconsentirvi con la volontà.
Il peccato lo commette solo chi «vuole» commetterlo! Chi non vuole, quand’anche provasse molte tentazioni, non fa peccato, proprio perché non dà il suo consenso a ciò che sa essere proibito da Dio.
Non posso chiudere questo capitolo senza dirti quale deve essere il tuo atteggiamento di fronte al peccato mortale. Te lo riassumo in tre punti:
1) Devi temerlo e fuggirlo più di ogni altra disgrazia e sofferenza, più della stessa morte. Proponi fermamente con Domenico Savio: «La morte ma non peccati!».
2) Qualora disgraziatamente cadessi in peccato mortale hai l’obbligo di liberartene subito, col far ritornare Dio nell’anima tua. E ciò puoi fare in due modi:
a) facendo una buona S. Confessione.
Essa è la via regale che conduce al perdono di Dio. Tertulliano la chiama «la tavola di salvezza nel naufragio del peccato» e chi volontariamente la rifiuta non può sperare di salvarsi in altro modo.
Purtroppo però non sempre potrai subito accostarti al Sacerdote per confessarti. Ed allora come fare? Restare in stato di peccato perdendo così tanti meriti e correndo il gravissimo rischio di dannarti eternamente? Non sia mai detto! Tanto più che tu puoi sull’istante riacquistare la Grazia Santificante…
b) facendo un atto di Dolore perfetto.
Esso consiste nel chiedere perdono a Dio del peccato commesso (pentimento) e nel prometterGli di non più peccare (proponimento); e ciò non tanto per la paura che hai di andare all’Inferno (Dolore imperfetto o Attrizione), quanto per il dispiacere di aver offeso Dio (Dolore perfetto o Contrizione).
Tu ora Ami Dio e Gli esprimi il tuo amore chiedendoGli perdono!
L’atto di Dolore perfetto puoi farlo nel modo che ti è più facile: con un pensiero, con un bacio al Crocifisso, con una parola affettuosa, per esempio così:
O Gesù d’amore acceso, non ti avessi mai offeso! O mio caro e buon Gesù non ti voglio offender più».
O più brevemente: «Gesù mio, misericordia, perdonami!».
Oppure: «Abbi pietà di me, o mio Dio, perché sono un peccatore!».
L’atto di dolore perfetto ti cancella subito qualunque peccato, però non ti dispensa dal confessarli in seguito al Sacerdote. Anzi deve essere unito alla buona volontà di confessarli quando ne avrai comodità, certamente però prima di ricevere la S. Comunione.
3) Da ultimo devi fare tutto quanto sta in te per impedire il peccato anche negli altri, specialmente nei rgazzi della tua età, non solo dando sempre loro il buon esempio, ma anche intervenendo con qualche buona parola e, se necessario, anche con qualche rimprovero per allontanarli dal male.
nei rgazzi della tua età, non solo dando sempre loro il buon esempio, ma anche intervenendo con qualche buona parola e, se necessario, anche con qualche rimprovero per allontanarli dal male.