Redemptoris Mater - Mediazione materna - I
Maria, Serva del Signore
Autore: San Giovanni Paolo II
Carissimi Fratelli e Sorelle ,
38. La Chiesa sa e insegna con san Paolo che uno solo è il nostro mediatore: «Non c’è che un solo Dio, uno solo anche è il mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Gesù Cristo, che per tutti ha dato se stesso quale riscatto» (1Tm 2,5). «La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia»:94 è mediazione in Cristo.
La Chiesa sa e insegna che «ogni salutare influsso della Beata Vergine verso gli uomini… nasce dal beneplacito di Dio e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo, si fonda sulla mediazione di lui, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia; non impedisce minimamente l’immediato contatto dei credenti con Cristo, anzi lo facilita».95 Questo salutare influsso è sostenuto dallo Spirito Santo, che, come adombrò la Vergine Maria dando in lei inizio alla maternità divina, così ne sostiene di continuo la sollecitudine verso i fratelli del suo Figlio. Effettivamente, la mediazione di Maria è strettamente legata alla sua maternità, possiede un carattere specificamente materno, che la distingue da quello delle altre creature che, in vario modo sempre subordinato, partecipano all’unica mediazione di Cristo, rimanendo anche la sua una mediazione partecipata.96 Infatti, se «nessuna creatura può mai esser messa alla pari col Verbo incarnato e redentore», al tempo stesso «l’unica mediazione del Redentore non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione, partecipata da un’unica fonte»; e così «l’unica bontà di Dio si diffonde realmente in vari modi nelle creature».97 L’insegnamento del Concilio Vaticano II presenta la verità sulla mediazione di Maria come partecipazione a questa unica fonte che è la mediazione di Cristo stesso. Leggiamo infatti: «Questa funzione subordinata di Maria la Chiesa non dubita di riconoscerla apertamente, continuamente la sperimenta e raccomanda all’amore dei fedeli, perché, sostenuti da questo materno aiuto, siano più intimamente congiunti col Mediatore e Salvatore».98 Tale funzione è, al tempo stesso, speciale e straordinaria. Essa scaturisce dalla sua maternità divina e può esser compresa e vissuta nella fede solo sulla base della piena verità di questa maternità. Essendo Maria, in virtù dell’elezione divina, la Madre del Figlio consostanziale al Padre e «generosa compagna» nell’opera della redenzione, «fu per noi madre nell’ordine della grazia».99 Questa funzione costituisce una dimensione reale della sua presenza nel mistero salvifico di Cristo e della Chiesa. 39. Da questo punto di vista bisogna ancora una volta considerare l’evento fondamentale nell’economia della salvezza, ossia l’incarnazione del Verbo al momento dell’annunciazione. È significativo che Maria, riconoscendo nella parola del messaggero divino la volontà dell’Altissimo e sottomettendosi alla sua potenza, dica: «Eccomi, sono la serva del Signore; avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38). Il primo momento della sottomissione all’unica mediazione «fra Dio e gli uomini» – quella di Gesù Cristo – è l’accettazione della maternità da parte della Vergine di Nazareth. Maria consente alla scelta di Dio, per diventare per opera dello Spirito Santo la Madre del Figlio di Dio. Si può dire che questo suo consenso alla maternità sia soprattutto frutto della totale donazione a Dio nella verginità. Maria ha accettato l’elezione a Madre del Figlio di Dio, guidata dall’amore sponsale, che «consacra» totalmente a Dio una persona umana. In virtù di questo amore, Maria desiderava di esser sempre e in tutto «donata a Dio», vivendo nella verginità. Le parole: «Eccomi, sono la serva del Signore», esprimono il fatto che sin dall’inizio ella ha accolto ed inteso la propria maternità come totale dono di sé, della sua persona a servizio dei disegni salvifici dell’Altissimo. E tutta la partecipazione materna alla vita di Gesù Cristo, suo Figlio, l’ha vissuta sino alla fine in modo corrispondente alla sua vocazione alla verginità. La maternità di Maria, pervasa fino in fondo dall’atteggiamento sponsale di «serva del Signore», costituisce la prima e fondamentale dimensione di quella mediazione che la Chiesa confessa e proclama nei suoi riguardi,100 e continuamente «raccomanda all’amore dei fedeli», poiché in essa molto confida. Infatti, bisogna riconoscere che prima di tutti Dio stesso, l’eterno Padre, si è affidato alla Vergine di Nazareth, donandole il proprio Figlio nel mistero dell’incarnazione. Questa sua elezione al sommo ufficio e dignità di Madre del Figlio di Dio, sul piano ontologico, si riferisce alla realtà stessa dell’unione delle due nature nella persona del Verbo (unione ipostatica). Questo fatto fondamentale di esser la Madre del Figlio di Dio, è sin dall’inizio una totale apertura alla persona di Cristo, a tutta la sua opera, a tutta la sua missione. Le parole «Eccomi, sono la serva del Signore» testimoniano questa apertura dello spirito di Maria, che unisce in sé in modo perfetto l’amore proprio della verginità e l’amore caratteristico della maternità, congiunti e quasi fusi insieme. Perciò Maria è diventata non solo la «madre-nutrice» del Figlio dell’uomo, ma anche la «compagna generosa in modo del tutto singolare»101 del Messia e Redentore. Ella – come ho già detto – avanzava nella peregrinazione della fede e in tale sua peregrinazione fino ai piedi della Croce si è attuata, al tempo stesso, la sua materna cooperazione a tutta la missione del Salvatore con le sue azioni e le sue sofferenze. Lungo la via di questa collaborazione con l’opera del Figlio Redentore, la maternità stessa di Maria conosceva una singolare trasformazione, colmandosi sempre più di «ardente carità» verso tutti coloro a cui era rivolta la missione di Cristo. Mediante tale «ardente carità», intesa a operare in unione con Cristo la restaurazione della «vita soprannaturale nelle anime»,102 Maria entrava in modo del tutto personale nell’unica mediazione «fra Dio e gli uomini», che è la mediazione dell’uomo Cristo Gesù. Se ella stessa per prima ha sperimentato su di sé gli effetti soprannaturali di questa unica mediazione – già all’annunciazione era stata salutata come «piena di grazia», – allora bisogna dire che per tale pienezza di grazia e di vita soprannaturale era particolarmente predisposta alla cooperazione con Cristo, unico mediatore dell’umana salvezza. E tale cooperazione è appunto questa mediazione subordinata alla mediazione di Cristo. Nel caso di Maria si tratta di una mediazione speciale ed eccezionale, fondata sulla sua «pienezza di grazia», che si traduceva nella piena disponibilità della «serva del Signore». in risposta a questa disponibilità interiore di sua madre, Gesù Cristo la preparava sempre più a diventare per gli uomini «madre nell’ordine della grazia». Ciò indicano, almeno in modo indiretto, certi particolari annotati dai Sinottici (Lc 11,28); (Lc 8,20); (Mc 3,32); (Mt 12,47) e ancor più dal Vangelo di Giovanni (Gv 2,1); (Gv 19,25), che ho già messo in luce. A questo riguardo le parole, pronunciate da Gesù sulla Croce in riferimento a Maria e a Giovanni, sono particolarmente eloquenti.
40. Dopo gli eventi della risurrezione e dell’ascensione, Maria, entrando con gli Apostoli nel cenacolo in attesa della pentecoste, era presente come Madre del Signore glorificato. Era non solo colei che «avanzò nella peregrinazione della fede» e serbò fedelmente la sua unione col Figlio «sino alla Croce», ma anche la «serva del Signore», lasciata da suo Figlio come madre in mezzo alla Chiesa nascente: «Ecco la tua madre». Così cominciò a formarsi uno speciale legame tra questa Madre e la Chiesa. La Chiesa nascente era, infatti, frutto della Croce e della risurrezione del suo Figlio. Maria, che sin dall’inizio si era donata senza riserve alla persona e all’opera del Figlio, non poteva non riversare sulla Chiesa, sin dal principio, questa sua donazione materna. Dopo la dipartita del Figlio, la sua maternità permane nella Chiesa come mediazione materna: intercedendo per tutti i suoi figli, la Madre coopera all’azione salvifica del Figlio-Redentore del mondo. Difatti, il Concilio insegna: «La maternità di Maria nell’economia della grazia perdura senza soste… fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti».103 Con la morte redentrice del suo Figlio, la materna mediazione della serva del Signore ha raggiunto una dimensione universale, perché l’opera della redenzione comprende tutti gli uomini. Così si manifesta in modo singolare l’efficacia dell’unica ed universale mediazione di Cristo «fra Dio e gli uomini». La cooperazione di Maria partecipa, nel suo carattere subordinato, all’universalità della mediazione del Redentore,, unico mediatore. Ciò indica chiaramente il Concilio con le parole sopra riportate. «Difatti, – leggiamo ancora – assunta in cielo, non ha deposto questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci le grazie della salute eterna».104 Con questo carattere di «intercessione», che si manifestò per la prima volta a Cana di Galilea, la mediazione di Maria continua nella storia della Chiesa e del mondo. Leggiamo che Maria «con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora pellegrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata».105 In questo modo la maternità di Maria perdura incessantemente nella Chiesa come mediazione che intercede, e la Chiesa esprime la sua fede in questa verità invocando Maria «con i titoli di Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice».106 41. Per la sua mediazione subordinata a quella del Redentore, Maria contribuisce in maniera speciale all’unione della Chiesa pellegrinante sulla terra con la realtà escatologica e celeste della comunione dei santi, essendo stata già «assunta in cielo».107 La verità dell’assunzione, definita da Pio XII, è riaffermata dal Concilio Vaticano II, che così esprime la fede della Chiesa: «Infine, l’immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo, e dal Signore esaltata quale Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata col Figlio suo, Signore dei dominanti (Ap 19,16) e vincitore del peccato e della morte».108 Con questo insegnamento Pio XII si collegava alla Tradizione, che ha trovato molteplici espressioni nella storia della Chiesa, sia in Oriente che in Occidente. Col mistero dell’assunzione al Cielo, si sono definitivamente attuati in Maria tutti gli effetti dell’unica mediazione di Cristo Redentore del mondo e Signore risorto «Tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo» (1Cor 15,22). Nel mistero dell’assunzione si esprime la fede della Chiesa, secondo la quale Maria è «unita da uno stretto e indissolubile vincolo» a Cristo, perché, se madre-vergine era a lui singolarmente unita nella sua prima venuta, per la sua continuata cooperazione con lui lo sarà anche in attesa della seconda, «redenta in modo più sublime in vista dei meriti del Figlio suo»,109 ella ha anche quel ruolo, proprio della madre, di mediatrice di clemenza nella venuta definitiva, quando tutti coloro che sono di Cristo saranno vivificati, e «l’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte» (1Cor 15,26).110 A tale esaltazione dell’«eccelsa figlia di Sion»111 mediante l’assunzione al Cielo, è connesso il mistero della sua eterna gloria. La Madre di Cristo è, infatti, glorificata quale «Regina dell’universo».112 Colei che all’annunciazione si è definita «serva del Signore», è rimasta per tutta la vita terrena fedele a ciò che questo nome esprime, confermando così di essere una vera «discepola» di Cristo, il quale sottolineava fortemente il carattere di servizio della propria missione: il Figlio dell’uomo «non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Per questo, Maria è diventata la prima tra coloro che, «servendo a Cristo anche negli altri, con umiltà e pazienza conducono i loro fratelli al Re, servire al quale è regnare»,113 ed ha conseguito pienamente quello «stato di libertà regale», proprio dei discepoli di Cristo: servire vuol dire regnare! «Cristo, fattosi obbediente fino alla morte e perciò esaltato dal Padre (Fil 2,8), è entrato nella gloria del suo Regno; a lui sono sottomesse tutte le cose, fino a che egli sottometta al Padre se stesso e tutte le creature, affinché Dio sia tutto in tutti (1Cor 15,27-28)».114 Maria, serva del Signore, ha parte in questo Regno del Figlio.115 La gloria di servire non cessa di essere la sua esaltazione regale: assunta in Cielo, ella non termina quel suo servizio salvifico, in cui si esprime la mediazione materna, «fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti».116 Così colei, che qui sulla terra «serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla Croce», continua a rimanere unita con lui, mentre ormai «tutto è sottomesso a lui, fino a che egli sottometta al Padre se stesso e tutte le creature». Così nella sua assunzione al Cielo, Maria è come avvolta da tutta la realtà della comunione dei santi, e la stessa sua unione col Figlio nella gloria è tutta protesa verso la definitiva pienezza del Regno, quando «Dio sarà tutto in tutti». Anche in questa fase la mediazione materna di Maria non cessa di essere subordinata a colui che è l’unico Mediatore, fino alla definitiva attuazione della «pienezza del tempo», cioè fino a «ricapitolare in Cristo tutte le cose» (Ef 1,10).