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Riflessioni per meditare nella memoria della Dedicazione della Basilica di San Giovanni in Laterano - 9 Novembre

La prima cattedrale papale; Adorare nel cuore e nel tempio; Avere una cura particolare di ciò che è destinato al culto

Autore: Autori Cristiani

La prima cattedrale papale

Adorare nel cuore e nel tempio

Avere una cura particolare di ciò che è destinato al culto


NEI PRIMI TEMPI del cristianesimo la celebrazione dell’Eucaristia aveva luogo nelle case private che alcune famiglie cristiane – abitualmente quelle che potevano contare su grandi mezzi economici, e dunque con abitazioni più ampie – mettevano a disposizione della comunità. Erano le prime chiese domestiche o domus ecclesiae. A Roma il primo tempio cristiano che fu edificato fu la basilica Lateranense, sui terreni fino allora occupati da una caserma della guardia privata dell’imperatore. Il Papa Silvestro I la consacrò nell’anno 318. All’inizio ricevette il nome di Basilica del Salvatore, ma in epoca medievale fu dedicata anche a san Giovanni Battista e a san Giovanni Evangelista. Per parecchi secoli, sino al periodo di Avignone, stava lì la cattedra papale, per cui questa basilica meritò il titolo di cunctarum mater et caput ecclesiarum, madre e capo di tutte le chiese, come ancora può leggersi in una iscrizione accanto all’ingresso.

Oggi commemoriamo la dedicazione di questa basilica. È una occasione per rafforzare la nostra comunione con la sede di Pietro e anche per approfondire il significato che hanno nella vita cristiana gli edifici sacri, gli spazi dedicati esclusivamente al culto. Uno dei prefazi che si possono recitare nella Messa di oggi riassume il significato di questa celebrazione quando rende grazie a Dio con queste parole: «Nel tuo amore per l’umanità hai voluto abitare là dove è raccolto il tuo popolo in preghiera per fare di noi il tempio dello Spirito Santo, in cui risplenda la santità dei tuoi figli. Questa chiesa, misticamente adombrata nel segno del tempio, tu la santifichi sempre come sposa del Cristo», madre lieta di una moltitudine di figli, per collocarla accanto a te rivestita di gloria»[1]. Le chiese visibili sono simbolo della Chiesa invisibile, formata da tutti i battezzati come «pietre vive e scelte»[2]. Per questo, in una festa come quella di oggi, chiediamo al Signore di saper edificare la Chiesa, con il suo aiuto, e così raggiungiamo la dimora definitiva nella Gerusalemme del cielo[3].


«I VERI ADORATORI adoreranno il Padre in spirito e verità» (Gv 4, 23), rispose Gesù alla donna samaritana che chiedeva qual era il luogo più adatto al culto divino. Cristo avverte che, al di là del luogo materiale, la cosa più importante è che Dio vive nel cuore di ogni uomo (cfr. Gv 14, 23), e inoltre assicura la sua presenza ogni volta che due o tre si riuniranno in suo nome (cfr. Mt 18, 20). Come poi insegnerà san Paolo nell’Areopago, «il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mano d’uomo, né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa; è lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa» (At 17, 24-25).

Mettere al primo posto la trascendenza di Dio e l’importanza dell’interiorità nel nostro rapporto con lui, non contraddice, comunque, il fatto che gli uomini hanno bisogno di luoghi in cui la vicinanza del Signore verso di noi si manifesti in modo più evidente. E a questo si aggiunge la realtà che non ci salviamo individualmente, ma come Chiesa, come popolo di Dio. Non per caso la parola chiesa, nella sua origine greca, significa assemblea o riunione. In effetti nella chiesa, grande o piccola che sia, noi ci riuniamo con altri fedeli cristiani e Cristo si fa presente fra di noi, specialmente nell’Eucaristia. «La mia casa sarà chiamata casa di preghiera» (Mt 21, 13). Abbiamo letto queste parole di Gesù nel vangelo della Messa. Ci possono servire per stabilire come sono le nostre disposizioni quando entriamo in una chiesa, in una cappella o in un oratorio. Ci sentiamo realmente nella casa di Dio e dirigiamo subito il nostro sguardo al tabernacolo, dove si custodisce l’Eucaristia? Siamo capaci di osservare un silenzio interiore che ci permetta di pregare? Cerchiamo di adorarlo e lo ringraziamo per esserci vicino, per la sua pazienza, per aver voluto conservare una familiarità nello stesso tempo così umana e così stupefacente?

San Francesco d’Assisi pregava caldamente i custodi del suo Ordine – quelli che guidavano la comunità in ogni luogo – che supplicassero in tutta umiltà i chierici «di venerare al di sopra di ogni altra cosa il santissimo corpo e sangue di nostro Signore Gesù Cristo […]. I calici, i corporali, i paramenti dell’altare e tutto ciò che riguarda il sacrificio, debbono tenerli in perfetto stato»[4]. La cura degli edifici e degli oggetti collegati con il culto nasce dalla fede, dall’amore e dalla gratitudine a Dio che si è fatto tanto vicino a noi. Insieme con la ragione, anche i nostri sensi e i nostri sentimenti ci aiutano ad arrivare a Dio.


IL FONDATORE dell’Opus Dei spiegava con un esempio eloquente che l’amore umano era il motivo per cui si offrivano al culto gli oggetti più belli che si avevano a portata di mano: «Quando un uomo regala alla donna amata, come dimostrazione di affetto, un sacco di cemento e tre spranghe di ferro – tanto per dire –, noi faremmo lo stesso con il Signore Nostro, che è nei cieli e nei nostri Tabernacoli»[5]. Inoltre era solito dire che comprendeva facilmente qualunque tipo di mancanza dovuta alla debolezza, ma che gli era più difficile capire la trascuratezza dovuta alla negligenza: «Penso – diceva – che le persone che mettono amore in tutto ciò che si riferisce al culto, che fanno in modo che le chiese siano degnamente e decorosamente tenute e pulite, gli altari risplendenti, i paramenti sacri puliti e curati, Dio le guarderà con un affetto particolare, e non terrà conto più facilmente delle loro negligenze, perché con quelle attenzioni dimostrano di credere e amare»[6].

Sicuramente Maria colmò di delicatezze e di attenzioni Gesù a Betlemme, a Nazaret, e nel corso della sua intera vita. Oggi, giorno della dedicazione della basilica di San Giovanni in Laterano, possiamo chiedere a nostra madre un poco di quel suo amore.

[1] Comune della Dedicazione di una chiesa fuori dalla chiesa dedicata, Prefazio.

[2] Messa della Dedicazione della Basilica di san Giovanni in Laterano, Orazione colletta.

[3] Orazione dopo la comunione, Ibidem.

[4] San Francesco d’Assisi, Prima lettera ai custodi.

[5] San Josemaría, Cartas 6, n. 28.

[6] San Josemaría, Instrucción para la obra de San Rafael, nota 167.

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