"Rimanete in me ! "
Meditiamo e preghiamo nel tempo di Natale
Autore: Autori Cristiani
La centralità di Cristo: «Rimanete in me»
Abbiamo iniziato un nuovo anno. Gesù Cristo è il Signore del tempo, della storia, e vogliamo che sia anche il centro della nostra vita. Si apre una nuova tappa per amare, per servire, per percorrere la strada alla sua presenza. Ci fa uno straordinario piacere che anche quest’anno «tutto giri sempre più intorno alla sua Persona»[1]. La venuta del Messia «è l’avvenimento qualitativamente più importante di tutta la storia, alla quale conferisce il suo senso ultimo e pieno»[2]. Egli riempie le nostre giornate e l’intera esistenza del cristiano. Utilizzeremo questi primi giorni per affidare alla sua divina Provvidenza le aspirazioni e le speranze che abbiamo per l’anno appena iniziato.
La centralità di Cristo viene indicata da Gesù stesso nel vangelo di san Giovanni con l’espressione «rimanete in me». Il discepolo amato è presente nel cenacolo, accanto al Signore, e ha ascoltato dalle sue labbra questa espressione: «Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto» (Gv 15, 5). Il più giovane degli apostoli scrive il suo vangelo per ultimo: ha avuto più tempo per riflettere e maturare il mistero di Cristo. E dopo molti anni l’eco di queste parole continua a commuoverlo ancora. Perciò troviamo la stessa espressione nella prima delle sue lettere, che oggi leggiamo nella liturgia della Parola: «Se rimane in voi quello che avete udito da principio, anche voi rimarrete nel Figlio e nel Padre» (1Gv 2, 24). È ciò che succede tra la vite e i tralci: questi ricevono da essa tutta la loro vita, senza di essa perdono un po’ per volta ogni forza.
Rimanere, «quella parola tanto cara al Signore che la ripeterà tante volte […]. Tu, se rimani nel Signore, nella Parola del Signore, nella vita del Signore, sarai discepolo»[3]. Gesù vuole unire la sua vita alla nostra; addirittura, vuole fonderla. Rimanere in Lui vuol dire vivere per lui, con lui e in lui. Diceva sant’Ambrogio: «Raccogli l’acqua di Cristo […]. Riempi di quest’acqua la tua interiorità, in modo che la tua terra sia ben inumidita […]; e una volta pieno, irrigherai gli altri»[4].
L’unione con Cristo
Per il cristiano, «vivere è Cristo. Se talvolta, per fragilità, stanchezza, o per qualsiasi altra circostanza della vita, perdiamo di vista questa realtà, Egli è sempre lì che ci aspetta»[5]. San Josemaría esprimeva la necessità di unione con Cristo con queste parole: «Seguire Cristo – venite post me et faciam vos fieri piscatores hominum (Mt 4, 19) – è la nostra vocazione. Seguirlo tanto da vicino da vivere con Lui, come i primi Dodici; tanto da vicino da identificarci con Lui, da vivere la sua stessa Vita, nell’attesa che giunga il momento, se non abbiamo frapposto ostacoli, in cui potremo dire con san Paolo: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20)»[6].
Nei giorni di Natale, nel contemplare il Bambino adagiato in una povera mangiatoia, circondato dall’affetto di Maria e Giuseppe e dal calore di pochi animali, dimostriamo il nostro desiderio di amarlo e di rimanere uniti a lui. Se volgiamo lo sguardo verso di lui, così piccolo eppure Re dell’universo, ci sentiremo dolcemente spinti a perseverare con fermezza durante questo nuovo anno, durante tutta la vita, nel compito di identificarci con lui: «Amiamo Cristo, cerchiamo sempre la sua vicinanza, e sembrerà facile tutto ciò che è difficile»[7].
Anni fa, durante i giorni di Natale, san Josemaría mostrava al Signore i suoi desideri di unione e di amore. «O Gesù – gli dirò –, voglio essere un falò di pazzia d’Amore! Voglio che la mia sola presenza sia sufficiente a infiammare il mondo, nel raggio di molti chilometri, con fiamme inestinguibili. Voglio essere certo di essere tuo […]. Soffrire e amare. Amare e soffrire. Magnifico cammino! Soffrire, amare e credere: fede e amore. Fede di Pietro. Amore di Giovanni. Zelo di Paolo. Mancano ancora all’asinello tre minuti di contemplazione, buon Gesù, ed egli comanda… che gli sia dato più zelo che a Paolo, più amore che a Giovanni, più fede che a Pietro. Un ultimo desiderio: Gesù, non mi manchi mai la Santa Croce»[8].
Il Battista, modello di sequela del Signore
Giovanni Battista compare di nuovo nel vangelo di oggi, come durante l’Avvento. Le autorità del Tempio inviano sull’altra sponda del Giordano sacerdoti e leviti per interrogarlo: «Tu, chi sei?» (Gv 1, 19). Lo importunano con molte domande, con l’intenzione di metterlo alle corde: sei il Messia, sei Elia, sei un profeta? «Che cosa dici di te stesso?» (Gv 1, 22). Le risposte del Battista ci parlano di uno per il quale la volontà di Dio è l’unica prospettiva della propria vita. «Io sono voce di uno che grida nel deserto» (Gv 1, 23). La mia unica missione – vorrebbe dir loro – è quella di preparare Israele a ricevere il Redentore con il cuore.
Rimanere in Cristo vuol dire essere in comunione con lui: Gesù sia presente nella nostra mente, nella nostra volontà, nel nostro cuore, nelle nostre opere. La prova più evidente di rimanere in Cristo è custodire le sue parole e i suoi comandamenti; egli stesso ci ha detto che chi lo fa «rimane in Dio e Dio in lui» (1Gv 3, 24). Chiediamo al Signore il dono che ognuno di noi e tutti i cristiani respiriamo con il Vangelo. Aiutati da alcune parole di san Josemaría, «possiamo ora continuare il nostro esame di coscienza davanti a Gesù Bambino. Siamo decisi a fare in modo che la nostra vita serva di modello e di insegnamento agli uomini, nostri fratelli e nostri uguali? Ognuno di noi è deciso di essere un altro Cristo? Ma non basta dirlo con le labbra. Tu, che come cristiano sei chiamato a essere un altro Cristo – lo domando a ciascuno di voi e lo domando a me stesso –, meriti che si dica anche di te: coepit facere et docere?, e cioè che hai cominciato a fare le cose da figlio di Dio, attento alla volontà del Padre, in modo da spingere tutte le anime a prendere parte alle cose buon e nobili, divine e umane della Redenzione? Vivi la vita di Cristo nella tua vita ordinaria in mezzo al mondo?»[9].
Ci rallegriamo con la Vergine Maria, felice di avere fra le braccia il Salvatore, frutto del suo fedelissimo ascolto della Volontà di Dio. Grazie a lei «il Verbo si è fatto carne e ha abitato tra noi»[10]. Chiediamole che non ci «manchi la Fede, né il coraggio, né l’audacia, per compiere la volontà del nostro Gesù»[11].
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