“Siate sempre lieti nel Signore!” (Fil 4,4)
“Siate sempre lieti nel Signore!” (Fil 4,4)
La gioia cristiana: cioè la gioia di chi è di Cristo, la gioia di chi è un altro Cristo!
Il testo: Fil 4,4-7
4 Gioite nel Signore, sempre! Ve lo dirò di nuovo: gioite!
5 La vostra amabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino!
6 In nulla siate ansiosi, ma in ogni cosa fate conoscere a Dio le vostre richieste con la preghiera di supplica e con il rendimento di grazie;
7 e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù.
Proposta di riflessione
La gioia è la prima manifestazione della consolazione spirituale: è il grande dono di Dio, il segno della presenza di Dio, il sintomo di una vita da figli del Padre.
È proprio solo di Dio, della sua presenza, dare gioia e dare gioia senza causa. Chi vive la gioia è consolato, perché non è più solo, sta alla presenza del suo io più profondo, lì dove abita Dio presente in ciascuno; chi vive la gioia è un credente! E solo chi è nella gioia compie il bene.
Consolazione è “quando si produce uno stimolo interiore, per cui l’anima si infiamma di amore per il suo Creatore e Signore, e quindi non può amare nessuna delle realtà di questo mondo per se stessa, ma solo per il Creatore di tutte;
così pure quando uno versa lacrime che lo portano all’amore del Signore, sia per il dolore dei propri peccati, sia per la passione di Cristo nostro Signore, sia per altri motivi direttamente ordinati al suo servizio e alla sua lode;
infine, ogni aumento di speranza, fede e carità, e ogni gioia interiore che stimola e attrae alle realtà celesti e alla salvezza dell’anima, dandole tranquillità e pace nel suo Creatore e Signore” (sant’Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali n. 316).
È proprio del “Nemico della natura umana”, invece, toglierci la gioia: sia facendoci fare il male con la promessa di un piacere apparente e suggerendo poi il senso di colpa (“hai sbagliato!”), sia soprattutto lasciandoci fare il bene ma suscitando poi tristezza, angustia, sfiducia, scoraggiamento, ripiegamento su se stessi (homo incurvatus). Una volta in noi, poi, la tristezza diviene il principio del male, il male radicale: fa stare alla presenza del solo proprio io, fa dimenticare Dio: è lo stato della desolazione spirituale.
“Il nemico ci fa sviare da ciò che abbiamo iniziato, cerca di abbatterci nell’animo, in noi c’è tiepidezza senza sapere perché ci sentiamo così, non possiamo pregare con devozione né ascoltare le cose di Dio con piacere interiore. Sentiamo come se fossimo dimenticati da Dio, arriviamo a pensare di essere del tutto lontani da Dio, niente ha senso, né quello che abbiamo fatto né ciò che vorremmo fare, è come se tutto cadesse nel vuoto, diffidiamo di tutto”.
La principale cura della vita spirituale (ascesi) è conservare la gioia, eliminando dalla nostra vita ciò che ci toglie la gioia. Quando sei fuori dalla gioia, ritorna a Lui: questa è la conversione.
Tracce per la meditazione personale: quale musica per la mia vita?
N.B. L’io che medita può essere sia l’io personale sia l’io comunitario.
La gioia del cristiano:
- 4 è nel Signore cf. Sal 24,2-3; 145,1-2; At 16,25; Rm 12,12.
La gioia non è semplice allegria o felicità. Non è una mia qualità caratteriale (“sono gioioso!”). Non nasce da me stesso, da un mio atto di volontà (“devo gioire!”). La gioia è il Signore stesso! E “gioire nel Signore” è ben più che “gioire a motivo del Signore”: è una mozione spirituale profonda che nasce dall’immergermi in Dio, dall’appartenere a Lui, dal fidarmi di Lui, dall’affidarmi a Lui, dal vivere Lui, dal camminare fedelmente con Lui.
- La mia vita è da tonalità maggiore o minore? Prevalgono i toni dei bassi o delle trombe squillanti? Sono una persona gioiosa o piuttosto “pessimista”? Sono anche nella gioia? Di cosa provo gioia?
Da cosa riconosco se la mia gioia è nel Signore oppure no?
- 4 è sempre, continua, indipendente dalle circostanze cf. Fil 4,11-13.
Questa gioia non è “solo a volte”, ma “sempre” e “per sempre”! Non è influenzata da eventi esterni, non dipende dall’ambiente, dalle situazioni, dalle contingenze. Costituisce il sottofondo abituale, la melodia che costituisce la base su cui poggia la polifonia della mia esistenza quotidiana.
- La mia vita ha un canto fermo? Mi privo facilmente di un giorno felice? Perdo facilmente la gioia?
- 5b è fondata ed attuale cf. 1 Cor 16,22; Rm 13,12; Gc 5,8; 1Pt 4,7; Ap 22,20.
“Il Signore è vicino!” è vicino ad una espressione cara alla liturgia delle comunità primitive, che ripetutamente invocavano: “Marana tha Vieni, Signore!” / “Maran atha Il Signore è venuto!”. La gioia scaturisce dalla consapevolezza del dono sovrabbondante di vita che mi è stato già fatto, in attesa del suo compimento pieno e definitivo. La gioia non è solo una mia risposta al fatto che Dio si sia avvicinato a me, ma è partecipazione alla sua stessa gioia.
- Godo della presenza vicina di Dio oppure è una presenza esigente, ingombrante, da evitare o finanche sconosciuta?
- 5a è amabile, affabile, contagiosa cf. Sap 2,19; Rm 13,11; Eb 10,25; Gc 5,8-9.
Non si può dare ciò che non si ha! La gioia nel Signore mi plasma della stessa sua mitezza: mi fa mite e gentile, affabile, amabile con gli altri. Permea tutto il mio essere, dà forma al mio sguardo e ai miei atteggiamenti, si diffonde e contagia chi ne viene in contatto! La gioia è la mia prima testimonianza del Vangelo.
- Riconoscere che “il Signore è vicino” mi autorizza a vivere dolcemente, mi libera dalla paura e dal pensiero di dovermi, in fondo, salvare da solo?
- 6 vince le ansie e le preoccupazioni cf. Mt 6,25-32; Ef 5,19-20; 1 Pt 5,7.
Ansia e pre-occupazione sono anticipazioni indebite di futuro: è stare sempre a ricordare con assillo i miei bisogni, limiti, mancanze (in greco il verbo merinnao – “non siate ansiosi!” – ha la stessa radice di memoria, morte, moira, sorte). Ma il futuro non è nelle mie mani! Se sono nel Signore, vivo con fiducia in pienezza il presente, qui ed ora, il solo spazio e il solo tempo che mi sono dati da vivere! E lo affido a Dio, che è Signore del tempo, in una preghiera che è supplica-intercessione-domanda. Nella preghiera posso “chiedere ciò che voglio” (sant’Ignazio di Loyola), ma devo sapere cosa chiedere in rapporto a ciò che sto vivendo, altrimenti pretendo quanto non posso ottenere o non è il mio bene. È qui che ci sbagliamo molto: cosa chiedere me lo dice il Signore stesso, tutta la Scrittura mi indica i doni che Dio vuol farmi! Allora tutti i miei bisogni diventano il luogo dove conosco il mio limite ed entro in comunione con Dio e desidero il suo dono per me, e lo chiedo! Se non chiedo, forse è perché non lo voglio veramente.
- Sono curvo sulle mie tristezze-ansie-preoccupazioni e mi piango addosso all’infinito? Oppure chiedo a Dio di poter avere occhi capaci di contemplare la sua opera di salvezza per me, in me, attraverso me? Lo voglio veramente?
- 6 è memoria grata cf. 1 Ts 5,16-18; Col 3,15.
La preghiera sposta il mio sguardo dalle mie ansietà alla fedeltà di Dio. La gioia diventa, perciò, anche preghiera di eucarestia-ringraziamento-riconoscenza (cf. 1 Ts 5,16-18a: “Siate sempre lieti, pregate continuamente, in ogni cosa fate eucarestia”). Se non ringrazio vuol dire che sto pretendendo solo il dono, ma non alzo lo sguardo oltre le mani a riconoscere anche e soprattutto il volto del Donante.
- Sosto ad libitum (“a piacimento”) sulla memoria della fedeltà di Dio per me? Come e quando è già passato nella mia vita a operare la sua salvezza? Da cosa mi ha salvato?
- 7 fa fiorire la pace di Dio e custodisce il cuore e la mente cf. Nm 6,24-26; Dt 6,5; 1Ts 5,23.
Esporre a Dio le mie ansie non fa sì che Dio le risolva per me, ma genera in me la sua pace (= la pace che è Dio, la pace che ha Dio, la pace che viene da Dio). Questa pace sarà “sentinella” (“custodirà”) dei pensieri e degli affetti che si affacciano al cuore: operando un fondamentale discernimento preserva il cuore da inutili turbamenti e agitazioni. Se la mia gioia è nel Signore e questa si alimenta di fiduciosa preghiera, da essa sgorga quella “pace che il mondo irride, / ma che rapir non può” (Manzoni, La pentecoste).
Ho un cuore pacificato, cioè “uno”, “integro” (cf. Dt 6,5)?
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