Sotto il segno della Croce
Un Amore che sa trasformare sempre - Omelia a partire da Gv 3,13-17
Autore: Don Flavio Maganuco
FESTA DELL’ESALTAZIONE DELLA CROCE
Nm 21,4-9 Sal 77 Fil 2,6-11 Gv 3,13-17
SOTTO IL SEGNO DELLA CROCE
un Amore che sa trasformare sempre
Avete presente quelle foto incorniciate, quelle che teniamo in casa, in bella mostra nel salotto? Non hanno bisogno di parole. Gli ospiti entrano, le guardano, vedono i sorrisi… ma forse non sanno cosa significano davvero per noi. Alcune raccontano un momento difficile superato in famiglia; altre, un gruppo di amici uniti, ormai disperso; altre ancora, una persona amata che non c’è più… ma che resta viva nel cuore. Sono immagini che custodiscono dolore, amore e forza.
Oggi, nella Festa dell’Esaltazione della Santa Croce, vi invito a guardare la croce così: come una foto incorniciata che Dio ha lasciato al mondo. Non è solo sofferenza… ma il segno che Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito. Vi invito a “incorniciarla” nel cuore… come memoria viva di un amore che ci salva.
Perché non celebriamo un pezzo di legno, ma il mistero di un Dio che ha trasformato la sconfitta in vittoria, il dolore in amore, la morte in vita. E se vogliamo essere veri discepoli, dobbiamo imparare a fare lo stesso. La buona notizia? Quello che Dio ha fatto in Cristo, lo possiamo fare anche noi! Ci sono tre tecniche spirituali, tre passaggi, per replicare il miracolo della croce nelle nostre vite…
- 1. Diventare immuni al veleno
La prima lettura ci porta nel deserto, dove il popolo è morso dai serpenti. Questo “Enigma del tempo antico”, Non ci racconta solo di un veleno fisico… ma del veleno della sfiducia, della mormorazione, della rabbia. Dio non voleva “distruggere” Israele, ma mettere a nudo ciò che avevano dentro, rendendo visibile il male presente nel cuore. Non è forse la stessa condizione “avvelenata” che scorre, a volte, nelle nostre relazioni? Rancori, invidie, pettegolezzi, delusioni che ci tolgono la pace…
Come disintossicarci? Il rimedio, allora, non fu eliminare i serpenti, ma guardare al serpente di rame innalzato da Mosè per trovare vita. Per noi,oggi, quel serpente è la croce innalzata di Cristo, l’antidoto al veleno. Essa non toglie il dolore… ma lo disinnesca, lo trasforma in occasione di fede e speranza.
Quando siamo in una discussione accesa o davanti a critiche ingiuste, situazioni che potrebbero farci dire parole di rabbia… fermiamoci; guardiamo alla croce. Essa ci rende immuni. Ci ricorda di non rispondere al fuoco con il fuoco, ma di scegliere il silenzio, una parola buona, o un’azione di generosità e umiltà che disarma, invece di ferire.
- 2. Lo svuotamento di sé
San Paolo ci dice che Cristo svuotò se stesso e si fece obbediente fino alla morte, e a una morte di croce. Lui, il Figlio di Dio, che poteva fare qualsiasi cosa… ha scelto di annullarsi. Ha rinunciato a ogni bisogno di apparire, di vincere, di dominare. Ha scelto la strada dell’umiltà.
Se vogliamo replicare questa tecnica, dobbiamo smettere di vivere per difendere il nostro ego, le nostre ragioni, la nostra immagine. Cristo ci chiama a svuotarci di ogni desiderio di
rivalsa, anche quando abbiamo ragione, anche quando subiamo ingiustizie, per essere liberi. Come chi, escluso da un progetto o criticato ingiustamente, invece di difendersi a spada tratta, lascia che a parlare sia il suo discepolato, non l’orgoglio. Perchè lo svuotamento ci libera sempre da ciò che ci isola… e ci apre al dono di sé.
• 3. L’innalzamento della croce
Attenzione: non si tratta di glorificare la sofferenza, ma di vivere con fede ciò che ci pesa, senza nasconderlo, senza trasformarlo in lamento sterile. Quante volte condividiamo solo con amarezza ciò che ci tocca! È umano… ma non possiamo raccontare la vita solo per sfogo. La vera condivisione non è riversare il nostro veleno sugli altri… ma mostrare che, anche nelle difficoltà, Cristo è la nostra speranza.
Come chi, in un gruppo di volontariato o in parrocchia, magari criticato o abbandonato, invece di lamentarsi continua a dedicare tempo agli altri, nonostante delusioni. Non per dovere, non per riconoscimenti, ma perché la vera fede trasforma la prova in servizio e speranza concreta. Innalzare la croce significa rendere visibile l’amore dentro la prova, affinché chi ci guarda non veda solo ferite… ma una fede che trasfigura e illumina.
E dove impariamo queste tecniche, se non nell’Eucaristia, la massima manifestazione del potere trasformante di Dio? Qui, Dio prende un pezzo di pane e un calice di vino – realtà fragili, quotidiane – e li trasforma nel corpo e nel sangue del suo Figlio. È il segno che il veleno può diventare medicina, lo svuotamento può diventare pienezza, l’innalzamento può diventare salvezza.
Dunque vi chiedo: qual è il veleno che portiamo dentro oggi? Quale spazio della vita ci chiede di svuotarci, di lasciare l’orgoglio? Quale croce siamo chiamati a innalzare senza vergogna, ma con fede e amore?
In questa festa, chiediamo al Signore di insegnarci a guardare l’albero della croce perché germogli in noi la speranza, per essere guariti dalla tristezza, dall’amarezza con cui inquiniamo la Chiesa e il mondo, che come ci ha ricordato Gesù, “ha bisogno” che la croce venga innalzata, e siamo noi quelli a cui chiede di farlo ogni giorno. Ed è questa la vera esaltazione della croce: lasciare che il veleno diventi guarigione, lo svuotamento diventi libertà, l’innalzamento diventi testimonianza, diventi un nuovo inizio.
Perchè infatti, per chi crede, la croce non è mai la fine… ma sempre un nuovo inizio: il luogo cioè in cui Dio trasforma sempre le sconfitte in vittorie.