Storia di Santa Bernadette Soubirous
La santa a cui si rivelò l'immacolata concezione
Autore: Luigi Mezzadri
Maria Bernarda nacque a Lourdes, cittadina della Francia meridionale situata nei Pirenei, il 7 gennaio 1844, figlia primogenita dei nove figli del mugnaio Francesco Soubirous e di Louise Castérot.
Fu data a balia nel novembre a Marie Lagües che aveva appena perduto il suo primogenito di 18 giorni, vi rimase fino all’aprile del 1846, accudita amorosamente.
Nel 1848 la famiglia Soubirous si trovò sola a gestire il mulino lasciato dal clan Castérot, gli affari però non andarono per il meglio. Bernadette e tutta la sua famiglia conobbero così la miseria e, trovandosi nell’impossibilità di pagare l’affitto del mulino, furono costretti a stabilirsi in una capanna di proprietà di un parente. Bernadette che fin dall’età di sei anni era stata colpita da asma, dovette vivere in quel posto, senza poter andare nemmeno a scuola, senza luce né cibo sufficiente.
Nel 1855 alla morte della nonna materna la famiglia Soubirous ricevette un’eredità di novecento franchi, che aiutarono a risollevare la situazione economica; ma il denaro, investito male, finì presto, rigettando la famiglia nuovamente in una situazione precaria, tanto che Bernadette venne accolta dalla zia Bernarde come aiutante in casa e nell’osteria. Verso la metà del 1857, la sua balia di Bartrès, la richiese come custode dei suoi figli, ma in pratica la occupò a pascolare il gregge. La sera cercava di insegnarle il catechismo ma Bernadette, che non sapeva leggere ed era stanca per le fatiche del giorno, non apprendeva nulla. Pur di frequentare la scuola e il catechismo, la ragazza, nel gennaio 1858, preferì ritornare con i suoi genitori
La mattina dell’11 febbraio, Bernadette dopo le tante raccomandazioni della madre, uscì di casa in compagnia di Jeanne Baloum e della sorella Toinette per andare a raccogliere legna per la casa. Raggiunsero in breve tempo la punta sabbiosa dove il Gave si riuniva con il canale che faceva girare il mulino di Savy, che però in quel giorno era fermo. Alla loro sinistra si apriva una grotta bagnata sul lato sinistro dall’acqua del canale. Di fronte alla grotta videro la legna che cercavano. Le due amiche raccolsero la legna e attraversarono il canale ma Bernadette si attardò facendole arrabbiare. Si decise allora a raccogliere la sua parte di legna e ad attraversare anche lei il canale, ma un colpo di vento che non fece muovere i pioppi che erano lì vicino, incuriosì la ragazza. Il fenomeno si ripeté una seconda volta, e fu a questo punto che Bernadette notò che si agitavano i rami di un roseto le cui radici, alla base di una specie di nicchia, distavano circa tre metri dal suolo, sopra la parte destra della grotta. Nell’incavo apparve una giovane donna vestita di bianco che aveva le mani aperte in un gesto di accoglienza. Istintivamente Bernadette si inginocchiò e cominciò a recitare il rosario, la Signora la lasciò pregare, facendo passare tra le sue dita, come faceva la piccola orante, i grani della corona, senza però mormorare l’Ave Maria, ma unendosi a lei solo per recitare il Gloria. Al termine della recita del rosario la Signora scomparve. L’apparizione nei mesi successivi si ripeté per altre diciassette volte. La fanciulla per tre volte chiese alla Signora chi fosse e si sentì rispondere: “Io sono l’Immacolata Concezione”. L’ultima volta che la vide fu il 16 luglio del 1858 e le sembrò più bella del solito, forse perché il 3 giugno era stata ammessa alla prima comunione, nonostante gli scarsi progressi fatti nell’apprendere i primi rudimenti della fede. La notizia dei fatti di Lourdes si diffuse rapidamente, il commissario Jacomet intervenne interrogando Bernadette, che non ritirò nulla di quanto aveva detto, anzi corresse le volute imprecisioni del commissario. Anche l’autorità ecclesiastica istituì una commissione per constatare l’autenticità e la natura dei fatti avvenuti alla grotta di Massabielle; alle domande Bernadette rispose sempre con limpida franchezza, distinguendo chiaramente quello che sapeva da quello che aveva dimenticato.
Nell’ottobre del 1858 Bernadette fu accolta nell’ospizio di Lourdes, dove frequentò la scuola. Era intelligente, arguta nelle risposte, ma di corta memoria. Non riuscì mai a scrivere correttamente il francese, perché tormentata dalle malattie e importunata dai visitatori. Nota dominante di tutta la sua vita fu l’attaccamento alle proprie idee. Più tardi confesserà: “Sono sempre stata testarda; anche la santa Vergine mi ha punita di ciò facendomi domandare tre volte di seguito come si chiamava”. Viva e allegra non rifuggiva dalle birichinate proprie dell’età. Obbligata dal medico a fare uso del tabacco da fiuto per fronteggiare meglio l’asma, fece più volte starnutire tutta la classe dandone una presa alle sue compagne. Un giorno fu tanto lo sdegno che ne provò la sua maestra, che non seppe trattenersi dal darle un ceffone. Raggiungerà, sì, la perfezione, ma soltanto dopo tanto patire.
Fino al 1866 la vita all’ospizio andò avanti in modo abbastanza monotono; fu in questo periodo però che maturò in Bernadette la decisione di farsi suora. Chi l’aiutò a chiedere di essere ammessa tra le suore della Carità e dell’Istruzione di Nevers, fu il vescovo di quella diocesi, monsignor Agostino Forcade. Le superiore, però, non desideravano accoglierla perché prevedevano che sarebbe stata “una colonna d’infermeria” ed erano persuase che non fosse capace di grandi cose. Ricevette la santa unzione la prima volta nel 1862 dopo una ricaduta nella polmonite.
Mentre si temeva di perderla, Bernadette chiese da bere un po’ d’acqua della sorgente che era sgorgata in modo miracoloso ai piedi della Madonna. Appena ne ingerì un sorso sentì come una montagna staccarsi dal suo petto. Era guarita. Il 19 maggio 1866 fu inaugurata la cripta sulla quale sarebbe sorta, nel 1872, la cappella richiesta dall’Immacolata, e alla grotta di Massabielle ebbe inizio il culto tra il tripudio di migliaia di pellegrini.
In quella circostanza anche la veggente comparve in processione col velo bianco delle Figlie di Maria. La sera la folla prese d’assalto l’ospizio nella speranza d’intravvedere la confidente della Vergine. Per soddisfare la curiosità dei pellegrini fu deciso di farla passeggiare su e giù sotto il portico, protetta da una scorta di soldati. La poverina, infastidita da tante ovazioni, ogni tanto sospirava confusa: “Mi fate vedere come una bestia strana”.
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La missione di Bernadette nel mondo era ormai terminata. Il 7 luglio 1866 poté entrare a Nevers tra le suore della Carità e dell’Istruzione, dopo che era stata accettata gratuitamente dalla maestra delle novizie, Madre Teresa Vauzou. Per desiderio della superiora generale, Madre Giuseppina Imbert, davanti a tutta la comunità, la veggente fece il racconto delle apparizioni dell’Immacolata, e ne ripeté con semplicità i gesti e le parole.
Il vescovo le proibì di parlare in seguito dei fatti prodigiosi di Lourdes alle consorelle. Bernadette non venne mai meno a quell’ingiunzione. Quando apprese che taluni l’accusavano di aver violato i segreti, protestò: “No, io non ne ho parlato mai a nessuno. La santa Vergine mi ha affidato tre segreti, e io li ho fedelmente custoditi. Ella mi ha anche insegnato una preghiera che dico tutti i giorni e nessuno la conosce”.
Alla gente non fu permesso di avvicinare suor Maria Bernarda la quale, nel giorno della sua vestizione, aveva promesso: “Sono venuta qui per nascondermi; voglio essere stimata un nulla, voglio farmi dimenticare”. Andava al parlatorio con ripugnanza e con grande sollecitudine solamente per compiere la volontà dei superiori.
Il grande mezzo di cui Dio si servì per condurla alla santità fu la sofferenza corporale e spirituale. A poco a poco il suo corpo, già oppresso dall’asma e dalla tosse, divenne il ricettacolo di reumatismi, tisi, palpitazioni di cuore, carie alle ossa, ascessi e, infine, di un enorme tumore al ginocchio destro, che la costrinsero a letto la maggior parte degli ultimi tredici anni di vita. Quando aveva le sue crisi d’asma faceva pietà. Appena cessavano ringraziava il Signore. Talvolta sembrava morta, ma appena riprendeva i sensi, mormorava: “Mio Dio, te l’offro; mio Dio, ti amo!”. Spesso, a causa della tosse e degli sbocchi di sangue, fu costretta a passare la nottata sulla sponda del letto con i piedi appoggiati su una sedia. Fissando ogni tanto lo sguardo sul crocifisso mormorava: “Gesù mio!”.
Suor Vincenza Garros, sua compagna di birichinate all’ospizio di Lourdes, un giorno le chiese: “Soffri molto, vero?”; “Che vuoi?” le rispose la veggente: “La santa Vergine non mi ha promesso di farmi felice in questo mondo, ma nell’altro”.
Durante il noviziato la sua salute peggiorò talmente che il cappellano le amministrò la santa unzione. La sua convalescenza durò quattro mesi, ma quando poté riprendere la vita comune, Iddio permise che non fosse compresa dalle superiore.
Madre Teresa, autoritaria e sovente di un’estrema sensibilità, si lasciò dominare da una forte antipatia per suor Maria Bernarda perché questa ricusava di saltarle al collo come facevano le altre: considerò come indifferenza verso di lei quello che in fondo era soltanto virtù e distacco dalle creature. Perciò considerò “suo dovere premunirla contro le tentazioni di orgoglio e di vanagloria”, e si credette ingiustamente autorizzata a fare uso di una severità tutta particolare nei suoi riguardi.
Ella non cercò mai di scoprire i tesori di vita soprannaturale nascosti nell’anima della sua diretta. “Adesso che siete con noi” le disse sprezzante un giorno “possiamo colpirvi”. “O madre mia” – le rispose timida la figlia del mugnaio – “spero lo farete con dolcezza”. La novizia accettò il trattamento duro che le era stato riservato, ma verso colei che non era capace di dirle una parola senza asprezza, il suo cuore rimase chiuso per sempre. Davanti alle sue umiliazioni, una compagna diceva dentro di sé: “Che fortuna non essere Bernadette!” A chi le manifestava la propria sorpresa per i cattivi trattamenti, rispondeva: “Madre maestra ha ragione, io sono tanto orgogliosa”.
Sovente Madre Teresa le diceva: “Siete una buona a nulla”. Suor Maria Bernarda ne rimaneva profondamente addolorata, ma diceva a chi cercava di consolarla: “Non bisogna fermarsi alle creature, bisogna andare direttamente a Dio; Egli solo conosce le mie intenzioni”. Durante il giorno fu vista sovente triste, piangere qualche volta, lamentarsi mai. Fu udita invece ripetere con devozione: “Dio solo! Dio solo!”
Nel 1867 Bernadette concluse il periodo del noviziato e monsignor Forcade consegnò alle neoprofesse le lettere d’ubbidienza. Quando arrivò il turno di suor Maria Bernarda, Madre Imbert disse: “Siamo imbarazzate, monsignore, non è buona a niente”. Il vescovo le raccomandò di pregare. “Se vorrete” rincalzò la Madre generale “proveremo a utilizzarla come aiutante della suora infermiera. È tutto ciò che può fare”. Bernadette sentì vivamente quella pubblica umiliazione, nonostante ciò, nella ricreazione che seguì, si mostrò allegra come al solito. Adempì l’ufficio che le era stato assegnato con ordine e amore, e quando morì l’infermiera della comunità, la sostituì per un anno intero, con grande soddisfazione del dottore.
Bernadette fu particolarmente fedele agli esercizi di pietà, alla recita del rosario, al quotidiano esercizio della Via Crucis in suffragio delle anime del purgatorio, all’uso frequentissimo delle giaculatorie, alla continua offerta dei suoi patimenti per i peccatori. Negli ultimi sei mesi di vita, la tumefazione del ginocchio non le permise più di muoversi. Ridotta ad una magrezza spaventosa, suor Maria Bernarda si preparò alla morte con un fervore e una rassegnazione gioiosa. Non potendo più stringere tra le mani il crocifisso, volle che glielo appuntassero al petto. Verso le undici del 16 aprile 1879, per attenuarle la soffocazione che l’opprimeva, fu adagiata sopra un seggiolone. Era in preda ad una sofferenza così grande che le infermiere ritennero opportuno aspergerla continuamente con l’acqua benedetta, mentre le suggerivano pie invocazioni. Morì nel primo pomeriggio dopo aver baciato lentamente ad una ad una le piaghe del crocifisso, e ripetuto per due volte con profonda umiltà: “Santa Maria, Madre di Dio, pregate per me povera peccatrice, povera peccatrice!”.
Pio XI beatificò Maria Bernarda il 14 giugno 1925 e la canonizzò l’8 dicembre 1933, non in seguito alle sue visioni, ma per la vita di preghiera, di devozione semplice e di obbedienza leale sia alla Regola sia a tutto ciò che Dio le aveva chiesto di sopportare.Il suo corpo, mummificato, ma integro, è venerato nella cappella dell’istituto. Sulla base del sarcofago che custodisce le sue spoglie, le strisce blu-turchese simboleggiano la fonte miracolosa di Lourdes e recano, in lettere dorate, le parole dell’Immacolata alla sua messaggera: “Io non ti prometto che sarai felice in questo mondo, ma nell’altro”.