Temi di Vita Cristiana : L'esistenza di Dio
Esiste un Dio creatore!
Autore: Giuseppe Tanzella-Nitti
1. La dimensione religiosa dell’essere umano La
dimensione religiosa caratterizza l’essere umano fin dalle sue origini
storiche primitive. Purificate dalla deriva della superstizione, dovuta
in definitiva all’ignoranza e al peccato, le espressioni della
religiosità umana manifestano la convinzione che esista un Dio creatore,
dal quale dipendono il mondo e la nostra esistenza personale. Se è vero
che il politeismo ha accompagnato molte fasi della storia umana, è
altrettanto vero che la dimensione più profonda della religiosità umana e
la sapienza filosofica hanno cercato le ragioni più radicali del mondo e
della vita umana in un unico Dio, fondamento della realtà e compimento
della nostra aspirazione alla felicità [1] .Nonostante
la loro diversità, le espressioni artistiche, filosofiche, letterarie,
ecc. presenti nella cultura dei popoli, tutte hanno in comune la
riflessione sul tema di Dio e sui temi più importanti dell’esistenza
umana: la vita e la morte, il bene e il male, il destino ultimo e il
senso di tutte le cose [2]
. Come testimoniato da queste manifestazioni dello spirito umano lungo
la storia, il riferimento a Dio appartiene alla cultura umana e
costituisce una dimensione essenziale della società degli uomini. La
libertà religiosa rappresenta pertanto il primo dei diritti e la ricerca
di Dio il primo dei doveri: tutti gli uomini «dalla loro stessa natura e
per obbligo morale sono tenuti a cercare la verità, in primo luogo
quella concernente la religione; e sono pure tenuti ad aderire alla
verità, una volta conosciuta» [3]
. La negazione di Dio ed il tentativo di escluderlo dalla cultura e
dalla vita sociale e civile sono fenomeni relativamente recenti,
limitati ad alcune aree del mondo occidentale. Il fatto che i grandi
interrogativi religiosi ed esistenziali siano rimasti invariati nel
tempo [4]
smentisce l’idea che la religione sia circoscritta ad una fase
“infantile” della storia umana, destinata a sparire con il progresso
delle conoscenze.Il cristianesimo assume in sé quanto di buono vi
è nella ricerca e nell’adorazione di Dio come espresse storicamente
dalla religiosità umana, svelandone però il vero significato, quello di
un cammino verso l’unico e vero Dio che si è rivelato nella storia di
salvezza consegnata al popolo di Israele ed è venuto incontro a noi
facendosi uomo in Gesù Cristo, Verbo incarnato [5] .2. Dalle creature materiali a DioL’intelletto
umano può conoscere l’esistenza di Dio avvicinandosi a Lui attraverso
un cammino che ha come punto di partenza il mondo creato e come
itinerari due versanti, le creature materiali e la persona umana.
Sebbene questo cammino sia stato specialmente sviluppato da autori
cristiani, gli itinerari che, partendo dalla natura e dalla coscienza
umana, conducono fino a Dio, sono stati esposti e percorsi da molti
filosofi e spiriti religiosi di diverse epoche e culture.Le vie
verso l’esistenza di Dio vengono chiamate anche “prove”, non nel senso
che le scienze matematiche o naturali danno a questo termine, ma nel
senso di argomenti filosofici convergenti e convincenti, che il soggetto
comprende con maggiore o minore forza a seconda della sua formazione
specifica [6]
. Che le prove dell’esistenza di Dio non possano intendersi nel senso
delle prove impiegate dalle scienze sperimentali discende con chiarezza
dal fatto che Dio non è oggetto della nostra conoscenza empirica.Ciascuna
via verso l’esistenza di Dio perviene soltanto ad uno specifico aspetto
o dimensione della realtà assoluta di Dio, quello dello specifico
contesto filosofico entro cui la “via” di snoda: «partendo dal movimento
e dal divenire, dalla contingenza, dall’ordine e dalla bellezza del
mondo si può giungere a conoscere Dio come origine e fine dell’universo»
[7]
. La ricchezza e l’incommensurabilità di Dio sono tali che nessuna di
queste vie, da sola, possa giungere ad una immagine personale di Dio, ma
solo a qualche aspetto di essa: la sua esistenza, intelligenza,
provvidenza, ecc.Fra le vie cosmologiche più note vi sono le
celebri “5 vie” elaborate da san Tommaso d’Aquino che riprendono in
buona parte le riflessioni di filosofi a lui precedenti, e per la cui
comprensione sono necessari alcuni elementi di metafisica [8]
. Le prime due vie propongono l’idea che le catene causali (passaggio
dalla potenza all’atto; passaggio dalla causa efficiente all’effetto)
che osserviamo in natura non possono risalire nel passato all’infinito,
ma devono riposare su un primo motore e su una prima causa; la terza,
partendo dall’osservazione che gli enti naturali sono contingenti e
limitati deduce che la loro causa deve essere un Ente incondizionato e
necessario; la quarta, considerando i gradi di perfezione partecipata
che si riscontrano nelle cose, ne deduce l’esistenza di una fonte di
tutte queste perfezioni; la quinta via, osservando l’ordine e il
finalismo presenti nel mondo, conseguenza della specificità e della
stabilità delle sue leggi, ne deduce l’esistenza di una intelligenza
ordinatrice che sia anche causa finale di ogni cosa. Questi ed altri
itinerari analoghi sono stati proposti da diversi autori con diversi
linguaggi e diverse forme, fino ai nostri giorni. Essi mantengono
pertanto la loro attualità, sebbene per comprenderli sia necessario
impiegare una conoscenza delle cose basata sul realismo (in opposizione a
forme di pensiero ideologico), che non riduca la conoscenza della
realtà al solo piano empirico-sperimentabile (evitando cioè il
riduzionismo ontologico), consentendo infine alla mente umana di
ascendere dagli effetti visibili alle cause invisibili (affermazione del
pensiero metafisico).La conoscenza di Dio è anche accessibile al
senso comune, cioè al pensiero filosofico spontaneo esercitato da ogni
essere umano, come risultato di esperienze esistenziali semplici: la
meraviglia di fronte alla bellezza e all’ordine della natura, la
gratitudine per il dono della vita, il fondamento e la ragione del bene e
dell’amore. Questo tipo di conoscenza è importante anche per cogliere a quale soggetto
si riferiscano le prove filosofiche dell’esistenza di Dio: san Tommaso,
ad esempio, termina le sue cinque vie collegandole con l’affermazione:
“e questo tutti chiamano Dio”.La testimonianza della Sacra Scrittura (cfr. Sap 13,1-9; Rm 1,18-20; At
17,22-27) e gli insegnamenti del Magistero della Chiesa confermano che
l’intelletto umano può giungere, partendo dalle creature, fino alla
conoscenza dell’esistenza di Dio creatore [9]
. Al tempo stesso, sia la Scrittura che il Magistero avvertono che il
peccato e le cattive disposizioni morali possono rendere più difficile
questo riconoscimento.3. Lo spirito umano manifesta DioL’essere
umano percepisce la sua singolarità e la sua emergenza sul resto della
natura. Pur condividendo molti aspetti della sua vita biologica con
altre specie animali, egli si riconosce unico nella sua fenomenologia:
riflette su sé stesso, è capace di progresso culturale e tecnico,
avverte la moralità delle proprie azioni, trascende con la sua
conoscenza e la sua volontà, ma soprattutto con la sua libertà, il resto
del cosmo materiale [10] . In sostanza, l’essere umano è soggetto di una vita spirituale che trascende la materia dalla quale egli pure dipende [11]
. Fin dalle origini, la cultura e religiosità dei popoli hanno spiegato
questa trascendenza dell’essere umano affermando la sua dipendenza da
Dio, di cui la vita umana contiene come un riflesso. In sintonia con
questo comune sentire della ragione, la Rivelazione ebraico-cristiana
insegna che l’essere umano è stato creato a immagine e somiglianza di
Dio (cfr. Gen 1,26-28).La persona umana è essa stessa
via verso Dio. Esistono itinerari che conducono a Dio partendo dalla
propria esperienza esistenziale: «con la sua apertura alla verità e alla
bellezza, con il suo senso del bene morale, con la sua libertà e la
voce della coscienza, con la sua aspirazione all’infinito e alla
felicità, l’uomo si interroga sull’esistenza di Dio. In queste aperture
egli percepisce segni della propria anima spirituale» [12] .La
presenza di una coscienza morale che approva il bene che facciamo e
riprova il male che compiamo o vorremmo compiere, conduce a riconoscere
un Sommo bene cui siamo chiamati a conformarci, di cui la nostra
coscienza è come il messaggero. Partendo dall’esperienza della coscienza
umana e senza conoscere la Rivelazione biblica, vari pensatori
avviarono fin dall’antichità una riflessione sulla dimensione etica
dell’agire umano, riflessione disponibile ad ogni uomo perché creato a
immagine di Dio.Insieme alla propria coscienza, l’essere umano si
riconosce libero, quale condizione del proprio agire morale. Nel
riconoscersi libera, la persona umana legge in sé la corrispondente
responsabilità delle proprie azioni e l’esistenza di Qualcuno di fronte a
cui essere responsabile; Questi deve essere maggiore della natura
materiale, a noi inferiore, e maggiore dei nostri simili, anch’essi
chiamati ad essere responsabili come noi. L’esistenza della libertà e
della responsabilità umane conducono all’esistenza di Dio come garante
di ciò che è bene e ciò che è male, come Creatore legislatore e
remuneratore.Nel contesto culturale odierno si nega spesso la
verità della libertà umana, riducendo l’essere umano ad un animale il
cui agire è regolato solo dall’azione di pulsioni necessarie, oppure
identificando la sede della vita spirituale (mente, coscienza, anima)
con la corporeità degli organi cerebrali e nervosi, negando così
l’esistenza di ogni vita morale. A questa visione si può rispondere con
argomenti che dimostrano, sul piano della ragione e della fenomenologia
umana, l’auto-trascendenza della persona umana, il libero arbitrio che
opera anche in scelte condizionate dalla natura, e la non riducibilità
della mente al cervello.Anche nella presenza del male e
dell’ingiustizia nel mondo, molti uomini vedono oggigiorno una prova
della non-esistenza di Dio, perché se Egli esistesse, non permetterebbe
tutto ciò. In realtà questo disagio e questo interrogativo sono
anch’essi una “via” verso Dio. L’uomo, infatti, percepisce il male e
l’ingiustizia come privazioni, come situazioni dolorose non dovute che
reclamano un bene e una giustizia cui si aspira. Se nella struttura più
intima del nostro essere non si aspirasse al bene, non vedremmo nel male
un danno e una privazione.Nell’essere umano esiste come un
desiderio naturale di verità, di bene e di felicità, quali
manifestazioni del nostro desiderio naturale di vedere Dio. Se tale
desiderio restasse frustrato, la creatura umana sarebbe un essere
davvero contraddittorio, poiché queste aspirazioni costituiscono il
nucleo più profondo della vita spirituale e della dignità dell’essere
umano. La loro presenza nell’intimo del nostro cuore mostrano
l’esistenza di un Creatore che, attraverso la speranza di Lui, ci chiama
verso di Lui. Se le vie “cosmologiche” non assicurano di poter giungere
a Dio come essere personale, le vie “antropologiche”, che partono
dall’uomo e dalle sue aspirazioni, fanno intravedere che il Dio da cui
riconosciamo di dipendere deve essere una persona capace di amare, un
essere personale di fronte a creature personali.La sacra
Scrittura contiene insegnamenti espliciti circa l’esistenza di una legge
morale iscritta da Dio nel cuore dell’uomo (cfr. Sir 15,11-20; Sal 19; Rm
2,12-16). La filosofia di ispirazione cristiana ha chiamato questa
legge “legge morale naturale”, accessibile agli uomini di ogni epoca e
cultura, sebbene il suo riconoscimento, come per l’esistenza di Dio,
possa venire offuscato dal peccato. Il Magistero della Chiesa ha molte
volte ribadito l’esistenza della coscienza umana e della libertà come
vie verso Dio [13] .4. La negazione di Dio: le cause dell’ateismoLe
diverse argomentazioni filosofiche impiegate per “provare” l’esistenza
Dio non causano necessariamente la fede in Dio, ma solo la
ragionevolezza di tale fede. E ciò per vari motivi: a) conducono l’uomo a
riconoscere alcuni caratteri filosofici dell’immagine di Dio (bontà,
intelligenza, ecc.), fra i quali la sua stessa esistenza, ma non dicono
nulla su Chi sia l’essere personale verso il quale si dirige
l’atto di fede; b) la fede è la risposta libera dell’uomo a Dio che si
rivela, non una deduzione filosofica necessaria; c) causa della fede è
Dio stesso, che si rivela gratuitamente e muove con la sua grazia il
cuore dell’uomo perché aderisca a Lui; d) l’oscurità e l’incertezza con
cui il peccato ferisce la ragione dell’uomo ostacolano tanto il
riconoscimento dell’esistenza di Dio quanto la risposta di fede alla sua
Parola [14] . Per questi motivi, l’ultimo in modo particolare, è sempre possibile da parte dell’uomo una negazione di Dio [15] .L’ateismo
possiede una manifestazione teorica (pretesa di negare positivamente
Dio, per via razionale) ed una pratica (negare Dio con il proprio
comportamento, vivendo come se non esistesse). Una professione di
ateismo positivo come conseguenza di una analisi razionale di tipo
scientifico, empirico, è contraddittoria, perché Dio non è oggetto del
sapere scientifico-sperimentale. Una negazione positiva di Dio a partire
dalla razionalità filosofica è possibile da parte di specifiche visioni
apriori della realtà, di natura quasi sempre ideologica, prima fra
tutte il materialismo. L’incongruenza di queste visioni può essere messa
in luce con l’aiuto della metafisica e di una gnoseologia realista.Una
causa diffusa di ateismo positivo è ritenere che l’affermazione di Dio
obblighi ad una penalizzazione dell’uomo: se Dio esiste allora l’uomo
non sarebbe libero, né godrebbe di una piena autonomia nella sua
esistenza terrena. Questa visione ignora che la dipendenza della
creatura da Dio fonda la libertà e l’autonomia della creatura [16]
. È vero piuttosto il contrario: come insegna la storia dei popoli,
quando si nega Dio si finisce col negare anche l’uomo e la sua dignità
trascendente.Altri giungono alla negazione di Dio ritenendo che
la religione, il cristianesimo in specifico, rappresenti un ostacolo al
progresso umano perché frutto di ignoranza o di superstizione. A questa
obiezione si può rispondere su basi storiche: è infatti possibile
mostrare l’influenza positiva della Rivelazione cristiana sia sulla
concezione della persona umana e dei suoi diritti, sia sulla nascita e
sul progresso delle scienze. Dalla Chiesa cattolica l’ignoranza è sempre
stata considerata, a ragione, un ostacolo verso la vera fede. In
genere, coloro che negano Dio per affermare il progresso dell’uomo lo
fanno per difendere una visione immanente del progresso storico, avente
come fine una utopia politica o un benessere semplicemente materiale,
incapaci di soddisfare pienamente le aspettative del cuore umano.Fra
le cause dell’ateismo, specialmente dell’ateismo pratico, va incluso
anche il cattivo esempio dei credenti, «in quanto per aver trascurato di
educare la propria fede, o per una presentazione fallace della
dottrina, o anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e
sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il
genuino volto di Dio e della religione» [17]
. In positivo, a partire dal Concilio Vaticano II la Chiesa ha sempre
segnalato nella testimonianza dei cristiani il principale fattore per
realizzare una necessaria, “nuova evangelizzazione” [18] .5. L’agnosticismo e l’indifferenza religiosaL’agnosticismo,
diffuso specie negli ambienti intellettuali, sostiene che la ragione
umana non può concludere nulla su Dio e sulla sua esistenza. Spesso i
loro fautori si propongono un impegno di vita personale e sociale, ma
senza alcun riferimento verso un fine ultimo, cercando così di vivere un
umanesimo senza Dio. La posizione agnostica termina spesso
identificandosi con un ateismo pratico. Inoltre, chi pretendesse di
orientare i fini parziali del proprio vivere quotidiano senza prendere
alcun impegno circa il fine ultimo dei propri atti, in realtà ha quasi
sempre scelto un preciso fine ultimo, di carattere immanente, per la
propria vita. La posizione agnostica merita comunque rispetto, sebbene i
loro assertori vadano aiutati a dimostrare la sincerità della loro
non-negazione di Dio mantenendo una apertura alla possibilità di
riconoscerne l’esistenza e la sua rivelazione nella storia.L’indifferenza
religiosa rappresenta oggi la principale manifestazione di non credenza
e, come tale, ha ricevuto una crescente attenzione da parte del
Magistero della Chiesa [19]
. Il tema di Dio non viene preso in considerazione perché quasi
soffocato da una vita orientata ai beni materiali. L’indifferenza
religiosa coesiste con certa simpatia per il sacro e talvolta per lo
pseudo-religioso, fruiti in modo moralmente disimpegnato, come fossero
beni di consumo. Per mantenere a lungo una posizione di indifferenza
religiosa, l’essere umano ha bisogno di continue distrazioni in modo da
non soffermarsi mai sui problemi esistenziali più importanti,
rimuovendoli sia dalla propria vita quotidiana che dalla propria
coscienza: senso della vita e della morte, valore morale delle proprie
azioni, ecc. Poiché nella vita di una persona esistono sempre eventi
“che fanno la differenza” (innamoramento, paternità, morti premature,
dolori e gioie, ecc.), la posizione di “indifferenza religiosa” non è
sostenibile lungo l’intero arco di una vita umana, perché su Dio non si
può fare a meno, almeno qualche volta, di interrogarsi. Prendendo spunto
dagli eventi esistenzialmente significativi della vita, occorre aiutare
chi è indifferente ad aprirsi alla affermazione di Dio.6. Il pluralismo religioso: vi è un unico e vero Dio, rivelatosi in Gesù CristoLa
religiosità umana, — che quando è autentica, è via verso il
riconoscimento dell’unico Dio — si è espressa e si esprime nella storia e
nella cultura dei popoli in forme diverse e talvolta anche nel culto di
una diversa immagine della divinità. Le religioni della terra che
esprimono la ricerca sincera di Dio e rispettano la dignità trascendente
dell’uomo vanno rispettate: la Chiesa Cattolica ritiene che in esse sia
presente non di rado una scintilla, quasi una partecipazione della
Verità divina [20]
. Nell’accostarsi alle varie religioni della terra, la ragione umana
suggerisce un opportuno discernimento: riconoscere la presenza di
superstizione e di ignoranza, di forme di irrazionalità, di pratiche che
non sono in accordo con la dignità e la libertà della persona umana.Il
dialogo inter-religioso non si oppone alla missione e
all’evangelizzazione. Anzi, nel rispetto della libertà di ciascuno, fine
del dialogo è proprio l’annuncio di Cristo. I semi di verità che le
religioni non cristiane possono contenere sono infatti semi dell’unica
Verità che è Cristo e, pertanto, hanno il diritto di essere rivelati e
condotti a maturazione mediante l’annuncio di Cristo, via, verità e
vita. Tuttavia, Dio non nega la salvezza a coloro i quali, ignorando
incolpevolmente l’annuncio del Vangelo, vivono secondo la legge morale
naturale, riconoscendone il fondamento nell’unico vero Dio [21] .Nel
dialogo inter-religioso il cristianesimo può procedere mostrando che le
religioni della terra, quando espressione autentiche del legame con il
vero e unico Dio, hanno nel cristianesimo il loro compimento. Solo in
Cristo Dio rivela l’uomo all’uomo, offre la soluzione ai suoi enigmi e
gli svela il senso profondo delle sue aspirazioni. Lui è l’unico
mediatore fra Dio e gli uomini [22] .Il
cristiano può affrontare il dialogo inter-religioso con ottimismo e
speranza in quanto sa che ogni essere umano è creato a immagine
dell’unico e vero Dio e che ognuno, se sa fare silenzio in sé stesso,
può ascoltare la testimonianza della propria coscienza, che conduce
anch’essa all’unico Dio rivelatosi in Gesù Cristo. «Per questo io sono
nato e per questo sono venuto nel mondo — afferma Gesù di fronte a
Pilato —; per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla
verità, ascolta la mia voce» ( Gv 18,37). In tal senso, il
cristiano può parlare di Dio senza rischio di intolleranza, perché il
Dio che egli esorta a riconoscere nella natura e in sé stessi, il Dio
che creato il cielo e la terra, è lo stesso Dio della storia della
salvezza, rivelatosi al popolo di Israele e fattosi uomo in Cristo.
Questo fu l’itinerario seguito dai primi cristiani: essi rifiutarono di
far adorare Cristo come uno fra i tanti dèi del Pantheon romano, perché
convinti dell’esistenza di un unico e vero Dio; e si impegnarono allo
stesso tempo per mostrare che il Dio intravisto dai filosofi come causa,
ragione e fondamento del mondo, era ed è lo stesso Dio di Gesù Cristo [23] .