Tempo dell'ascolto della Parola di Dio
2a settimana di Quaresima
Autore: Sant'Agostino d'Ippona
DOMENICA
Ed ecco una voce che diceva:
“Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo”.
(Mt 17, 5)
(Gesù Cristo) ha vinto la morte
e ha fatto risplendere la vita e l’immortalità
per mezzo del vangelo.
(2 Tim 1, 10)
Nel mistero della trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor, la voce del Padre invita i tre discepoli estasiati dalla visione “a mettersi in ascolto di Cristo, a porre in Lui ogni fiducia, a farne il centro della vita” (Giovanni Paolo II). Cristo al tempo stesso svela e rivela la sua verità: è il Figlio eletto dal Padre a portare il lieto annunzio di salvezza; è il Messia atteso dai padri dell’Antico Testamento. La Parola di Dio, che nei tempi antichi era risuonata per il popolo di Israele, ora si è fatta carne. Il discepolo deve porsi in ascolto del Verbo di Dio, se vuole conseguire la vita eterna. “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68) è la professione di fede di Pietro.
L’ascolto della Parola esige da parte dell’uomo la virtù dell’umiltà, la disponibilità ad accogliere (il voler ascoltare parte dal riconoscimento della propria povertà al cospetto di chi parla), la ricerca del silenzio interiore. Ma l’ascolto deve tradursi in azione, invitando a scendere dal monte della contemplazione per lavorare, affaticarsi, soffrire e persino morire per il Regno. Anche Gesù è salito sul Tabor, ma per discendere in vista di una nuova ascesa, quella del Golgota.
DAI “SERMONI”DI SANT’AGOSTINO VESCOVO (Serm. 78, 3-6)
Dio non ti riserva un proprio dono, ma se stesso
Mentre la nube li avvolgeva tutti e in certo qual modo facendo per essi una sola tenda, si fece sentire anche una voce che diceva: Questo è il Figlio mio prediletto. Erano lì Mosè ed Elia, eppure discepoli non fu detto: “Questi sono i figli miei diletti”. Una cosa è il Figlio unigenito, un’altra cosa sono i figli adottivi. Veniva esaltato Colui del quale si gloriavano la Legge e i Profeti. Questo è il Figlio mio prediletto – è detto – nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo! (Mt 17, 5; Lc 9, 35) Poiché lo avete udito attraverso i Profeti e attraverso la Legge. E quando non lo avete udito? A quelle parole i discepoli caddero bocconi a terra. Ci viene già mostrato nella Chiesa il regno di Dio. Qui c’è il Signore, qui c’è la Legge e i Profeti; ma il Signore in quanto è il Signore, la Legge invece in quanto rappresentata da Mosè e la Profezia rappresentata da Elia; ma essi in quanto servi, in quanto esecutori degli ordini. Essi come recipienti, egli come sorgente. Mosè ed i Profeti parlavano e scrivevano, ma da lui proveniva ciò ch’essi proferivano.
Il fatto che i discepoli caddero bocconi a terra significa simbolicamente che moriremo, poiché è stato detto alla carne: Terra sei e nella terra tornerai (Gn 3, 19). Il fatto invece che il Signore li fece rialzare, simboleggiava la risurrezione. Dopo la risurrezione a che ti serve la Legge? a che ti serve la profezia? Ecco perché scompaiono Elia e Mosè. Ti rimane: ln principio era il Verbo e il Verbo era con Dio e il Verbo era Dio (Gv 1, 1). Ti resta che Dio sia tutto in tutti (cf. 1 Cor 15, 28). Vi sarà Mosè ma non vi sarà più la Legge. Vedremo lì anche Elia, ma non più gli scritti del Profeta. Poiché la Legge e i Profeti resero testimonianza a Cristo che doveva patire e il terzo giorno risorgere dai morti ed entrare nella sua gloria (cf. Lc 24, 44-47). Lì si avvererà ciò che ha promesso a coloro che lo amano: Chi mi ama, sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò (Gv 14, 21). E come se gli fosse stato chiesto: “Poiché tu lo amerai, che cosa gli darai?”, risponde: Mi farò conoscere a lui (Gv 14, 21). Gran dono, grande promessa! Dio non ti riserva un proprio dono, ma se stesso. Perché mai, avaro, non ti basta ciò che ti promette Cristo? A te sembra d’esser ricco, ma se non hai Dio, che cosa hai? Un altro invece è povero ma se possiede Dio, che cosa non possiede?
Scendi, Pietro; desideravi riposare sul monte: scendi; predica la parola di Dio, insisti in ogni occasione opportuna e importuna, rimprovera, esorta, incoraggia usando tutta la tua pazienza e la tua capacità d’insegnare (cf. 2 Tim 4, 2). Lavora, affaticati molto, accetta anche sofferenze e supplizi affinché, mediante il candore e la bellezza delle buone opere, tu possegga nella carità ciò ch’è simboleggiato nel candore delle vesti del Signore. Poiché nell’elogio della carità, letto nella lettera dell’Apostolo, abbiamo sentito: Non cerca i propri interessi (1 Cor 13, 5). Non cerca i propri interessi perché dona quel che possiede. ln un altro passo egli usa un’espressione piuttosto pericolosa qualora non sia ben intesa. L’Apostolo infatti facendo ai fedeli membri di Cristo una raccomandazione conforme alla stessa carità, dice: Nessuno cerchi ciò ch’è proprio, ma quello degli altri (1 Cor 10, 24). L’avaro infatti, al sentire tale precetto, prepara tranelli per frodare negli affari, ingannare qualcuno e cercare non quel ch’è proprio ma la roba d’altri. L’avarizia invece reprima questi desideri e venga avanti la giustizia; ascoltiamo e cerchiamo di capire quel precetto. Alla carità è detto: Nessuno cerchi ciò ch’è proprio, ma quello degli altri. Se però tu, o avaro, ti opponi a questo precetto e piuttosto pretendi ridurre questo precetto al permesso di bramare l’altrui, prìvati del tuo. Ma siccome io ti conosco, tu vuoi avere non solo il tuo ma anche l’altrui. Tu compi frodi per appropriarti dell’altrui; allora lasciati derubare, perché in tal modo tu possa disfarti del tuo. Tu però non vuoi cercare quel ch’è tuo ma ti porti via la roba d’altri. Se fai così, non fai bene. Ascolta, o avaro, ascolta bene. ll precetto: Nessuno cerchi quel ch’è suo, ma quello ch’è di altri, l’Apostolo te lo spiega più chiaramente in un altro passo. Di se stesso dice: Non cerco quel ch’è utile a me personalmente, ma quel ch’è utile a tutti, affinché tutti si salvino (1 Cor 10, 33). Ciò Pietro non lo capiva ancora quando sul monte desiderava vivere con Cristo. Questa felicità Cristo te la riservava dopo la morte, o Pietro. Ora invece egli stesso ti dice: “Discendi ad affaticarti sulla terra, a servire sulla terra, ad essere disprezzato, ad essere crocifisso sulla terra”. È discesa la vita per essere uccisa, è disceso il pane per sentire la fame, è discesa la via, perché sentisse la stanchezza nel cammino, è discesa la sorgente per aver sete, e tu rifiuti di soffrire? Non cercare i tuoi propri interessi. Devi avere la carità, predicare la verità; allora giungerai all’eternità, ove troverai la tranquillità.
IN BREVE…
Non essere vuota, o anima mia; non assordare l’orecchio del cuore con il tumultuare delle tue vanità. Ascolta anche tu: la Parola stessa ti grida di ritornare… Poni dunque la tua abitazione in Lui, anima mia, a Lui affida tutto ciò che da Lui ricevi. (Confess. 4, 11)
LUNEDÌ
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui,
perché l’avversario non ti consegni al giudice e tu venga gettato in prigione.
(Mt 5, 25)
Il confronto con la Parola di Dio non si rivela mai accomodante per la coscienza dell’uomo. Vivere la radicalità del Vangelo comporta sempre uno scontro interiore: “gli uomini non vogliono fare ciò vuole la Parola di Dio”. Eppure Dio ha fatto udire dal cielo la sua voce per educare l’uomo (cf. Dt 4, 36), per accordargli felicità, prosperità e lunga vita (cf. Dt 6, 2-3). Come tra due strumenti musicali, dobbiamo sforzarci di armonizzare le nostre azioni con la voce di Dio. Gesù diviene allora il nostro avversario, con il quale si deve trovare un’intesa prima che si compia il suo giudizio sulla storia. Chi si allea con Cristo deve attirare a Lui anche i fratelli, perché ne seguano l’esempio. È questa la preoccupazione continua del pastore, che rischia l’accusa di aver rinnegato Cristo, qualora non abbia esortato i fedeli a mettersi d’accordo con l’avversario.
DAI “SERMONI”DI SANT’AGOSTINO, VESCOVO (Serm. 9, 2-3)
La Parola è il tuo avversario!
Se di giorno in giorno dobbiamo attendere il giorno incerto, accordati con l’avversario, mentre è con te per via 4. Per via s’intende questa vita, per la quale tutti passano. E questo avversario non si ritira.
Ma chi è questo avversario? Non è il diavolo mai la Scrittura ti esorterebbe a metterti d’accordo con il diavolo. È un altro l’avversario, che l’uomo stesso si rende avversario.
Chi è dunque l’avversario? La Parola di Dio. La Parola di Dio è il tuo avversario. Perché è avversario? Perché comanda cose contrarie a quelle che fai tu. Ti dice: Unico è il tuo Dio (Dt 6, 4; cf. Es 20, 2-3), adora l’unico Dio. Tu invece, abbandonato l’unico Dio, che è come il legittimo sposo della tua anima vuoi fornicare con molti demoni e, ciò che è più grave, non lo lasci e non lo ripudi apertamente come fanno gli apostati, ma rimanendo nella casa del tuo sposo, fai entrare gli adulteri. Cioè, come cristiano non abbandoni la Chiesa, ma consulti gli astrologi o gli aruspici o gli indovini o i maghi. Da anima adultera, non abbandoni la casa dello sposo, ma ti dai all’adulterio, pur rimanendo sposata con lui. Ti si dice: Non assumere invano il nome del Signore Dio tuo (Es 20, 7), perché non pensi che sia creatura Cristo, per il fatto che per te ha assunto la creatura. E tu disprezzi lui che è uguale al Padre e una sola cosa con il Padre (cf. Gv 10, 30). Ti si dice di rispettare spiritualmente il sabato (cf. Es 20, 8), non come i giudei che osservano il sabato senza far nulla materialmente. Vogliono infatti astenersi dal lavoro per darsi alle frivolezze e alle loro lussurie.
Sarebbe molto meglio che il giudeo facesse qualcosa di utile nel suo campo anziché stare turbolento nel teatro, e sarebbe meglio che le loro donne nel giorno di sabato lavorassero la lana anziché danzare impudicamente tutto il giorno sotto i loro porticati. A te è detto di rispettare spiritualmente il sabato, nella speranza del riposo futuro che il Signore ti promette. Chiunque, per quel riposo futuro, agisce nei limiti del possibile, benché sembri faticoso quanto fa, tuttavia se lo riferisce alla fede nel riposo promesso, non ancora possiede il sabato nella realtà, ma lo possiede nella speranza. Tu invece vuoi riposare per affaticarti, mentre dovresti lavorare per poterti poi riposare. Ti si dice: Onora tuo padre e tua madre (Es 20, 12). Rechi ingiuria ai genitori, tu che non vuoi avere pene da parte dei tuoi figli. Ti si dice: Non uccidere (Es 20, 13); tu invece vuoi uccidere il tuo nemico; e forse non metti in pratica questo tuo desiderio perché temi il giudice umano, non perché pensi a Dio. Non sai che egli è testimone anche dei pensieri? Anche se continua a vivere colui che tu vorresti che morisse, Dio ti ritiene omicida nel cuore (1 Gv 3, 15). Ti si dice: Non commettere adulterio (Es 20, 14), cioè non andare con alcun’altra donna all’infuori di tua moglie. Tu invece questo comportamento lo esigi da tua moglie ma non lo vuoi rispettare nei confronti di tua moglie. E mentre dovresti precedere la moglie nella virtù – e la castità è una virtù – tu cadi al primo assalto della libidine. Vuoi che tua moglie ne esca vincitrice, tu rimani vinto.
Comandando tutte queste cose, la Parola di Dio è avversario. Infatti gli uomini non vogliono fare ciò che vuole la Parola di Dio. E che cosa dirò del fatto che la Parola di Dio è avversario poiché comanda? Temo di essere avversario anch’io di alcuni, perché dico queste cose. Ma a me che importa? Colui che mi atterrisce spingendomi a parlare mi faccia essere tanto coraggioso da non temere le lagnanze degli uomini. Coloro infatti che non vogliono conservarsi fedeli alle loro mogli – e abbondano questi tali – non vorrebbero che dicessi queste cose. Ma, lo vogliano o non lo vogliano, io parlerò. Se non vi esorto a mettervi d’accordo con l’avversario, rimarrò io in lite con lui. Chi comanda a voi di agire, comanda a me di parlare. Come voi, non facendo quanto comanda di fare, siete suoi avversari, così noi rimarremo suoi avversari se non diciamo quanto comanda di dire.
IN BREVE…
Anzitutto badate a non lasciarvi tentare se non intendete ancora le Scritture sante; se le intendete, a non insuperbirvi; quello che non intendete, rimandate ad altri tempi con rispetto, e quello che intendete, tenetelo con sentimenti di carità. (Serm. 51, 35)
MARTEDÌ
Figlio mio, fa’ attenzione alle mie parole,
porgi l’orecchio ai miei detti;
non perderli mai di vista,
custodiscili nel tuo cuore,
perché essi sono vita per chi li trova
e salute per tutto il suo corpo.
(Pro 4, 20-22)
“Quanto a noi, con la presente opera… ci rivolgiamo a colui che, credendo già in Dio, vuole compiere meglio il suo divino volere. Costui esortiamo a specchiarsi in questo libro per constatare quanto cammino abbia fatto nella santità della vita e nelle opere buone e quanto invece gliene resta da percorrere”. Con queste parole Agostino introduce la sua opera Speculum, una raccolta di precetti, isolati dalla Bibbia, perché siano di rapida consultazione. In tal modo il lettore “potrà ringraziare Dio per le mete conseguite e, per quanto non ha ancora raggiunto, impegnarsi per raggiungerlo, mentre lavora e prega con fede e pietà per conservare quello che possiede e per conseguire ciò che gli manca”. Il cristiano è invitato a riflettere sulla Bibbia, in un cammino di comprensione e meditazione della Parola di Dio, ed a riflettere nella Bibbia, come davanti ad uno specchio, la sua vita, al fine di riconoscerne gli aspetti positivi e negativi.
DAI “SERMONI”DI SANT’AGOSTINO, VESCOVO (Serm. 49, 5-6)
La Parola di Dio è la cartina tornasole di ogni tuo comportamento
Riguardo al giudizio, ne ho trattato domenica scorsa dicendo che tu devi giudicare te stesso e, trovandoti distorto, non lusingarti ma correggerti, diventando dritto, in modo che ti piaccia Dio, il quale è retto. In effetti, Dio, che è retto, non piace a chi è tortuoso. Vuoi che ti piaccia colui che è retto? Sii retto! Giùdicati, non ti risparmiare. Ciò che giustamente in te ti dispiace, castigalo, emendalo, correggilo. Ti sia come specchio la sacra Scrittura. Questo specchio ha un riflesso non menzognero, un riflesso che non adula, che non ha preferenze per alcuno. Se sei bello, lì ti vedrai bello; se sei brutto, lì ti vedrai brutto. Quando però sei brutto e prendi lo specchio e lì ti riscontri essere brutto, non incolpare lo specchio. Torna in te: lo specchio non ti inganna; non essere tu a ingannare te stesso. Giùdicati, rattrìstati della tua bruttezza, di modo che, lasciando lo specchio e allontanandoti rattristato, perché sei brutto, una volta corretto puoi ritornare bello. In primo luogo dunque giudica te stesso e giudicati senza adulazione; successivamente giudica con amore anche il prossimo. Puoi infatti giudicare qualcosa solo sulla base di ciò che vedi. Può succedere, ad esempio, che tu veda la colpa di cui tu sei imbrattato; può succedere che lo stesso tuo prossimo ti confessi la sua colpa e manifesti all’amico ciò che teneva nascosto nel cuore. Giudica come vedi. Ciò che non vedi, lascialo al giudizio di Dio. Quando poi giudichi, ama la persona, odia il vizio. Non amare il vizio per l’amore che devi all’uomo; non odiare l’uomo a motivo dei suoi vizi. L’uomo è tuo prossimo, il vizio è un nemico del tuo prossimo. Amerai veramente l’amico solo se e quando odierai ciò che all’amico nuoce. Se credi, farai questo, poiché il giusto vive di fede (Ab 2, 4; Rm 1, 17).
Sii dunque simile a un medico. Il medico non amerebbe l’ammalato se non odiasse la malattia. Per liberare il malato, si accanisce contro la febbre. Non amate i vizi dei vostri amici, se amate gli amici stessi.
IN BREVE…
A noi è stata data la dolcezza delle Scritture per resistere in questo deserto della vita umana. (Serm. 4, 10)
MERCOLEDÌ
Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in Lui
(Sal 37, 7)
L’ascolto della Parola di Dio non si identifica con il sentire superficiale e distratto, con un suono che percuote le orecchie e lascia indifferenti. Il vero ascolto richiede un’assimilazione interiore della voce divina. Il peccato che è a monte di qualsiasi altro peccato è quello di chiudere il cuore all’ascolto: è la durezza dei cuori, l’incomprensione che interrompe quel silenzio interiore (silentium cordis), che è la condizione necessaria per dialogare con Dio. Nel Serm. 37, 1 Agostino invita al silenzio i suoi fedeli, perché nel silenzio preparino un nido nel quale accogliere degnamente la Parola di Dio. “Se l’anima è attenta, Dio si lascia vedere nella solitudine” (In Io. Ev. 17, 11).
DAI “SERMONI”DI SANT’AGOSTINO, VESCOVO (Serm. 12, 4-5)
Dio parla nel silenzio del cuore
Molti sono i modi con cui Dio parla a noi. A volte ci parla tramite qualche documento, come attraverso il libro delle sacre Scritture. Parla tramite qualche elemento del mondo, come ha parlato ai magi attraverso una stella (cf. Mt 2, 2). Che cosa è il parlare se non la manifestazione della volontà? Parla tramite la sorte, come ha parlato nella scelta di Mattia al posto di Giuda (cf. At 1, 26). Parla tramite l’essere umano, come attraverso il profeta. Parla tramite l’angelo, come sappiamo abbia parlato ad alcuni dei patriarchi (cf. Gn 22, 11), dei profeti (cf. Dan 14, 33) e degli Apostoli (cf . At 5, 19-20). Parla tramite una qualche creatura fatta di voce e di suono, come leggiamo e crediamo siano scese delle voci dal cielo, pur non vedendosi nessuno con gli occhi (cf. Mt 3, 17). Infine all’uomo stesso Dio parla, non esternamente tramite le sue orecchie o gli occhi, ma interiormente, nell’anima, in varie maniere: o in sogno, come è scritto che parlò a Labano l’arameo, perché non facesse alcun male al suo servo Giacobbe (cf. Gn 31, 24), e al faraone per annunciargli sette anni di abbondanza e altrettanti di carestia (cf. Gn 41, 1-7). Oppure inebriando lo spirito dell’uomo, ciò che i greci chiamano estasi, come a Pietro, mentre era intento alla preghiera, apparve un recipiente, che veniva calato dal cielo, pieno di simboli dei pagani che avrebbero creduto (cf. At 10, 10-16); o infine nella stessa mente, quando ciascuno intuisce l’autorità o la volontà di Dio, come Pietro da quella stessa visione conobbe, riflettendo fra sé, quanto il Signore voleva che facesse (cf. At 10, 19).
Nessuno può conoscere ciò che Dio vuole, se interiormente non risuona un certo tacito grido della verità. Dio parla inoltre nella coscienza dei buoni e dei cattivi. Infatti nessuno può rettamente approvare quanto fa di bene e disapprovare quanto fa di male se non per quella voce della verità che loda o disapprova queste cose nel silenzio del cuore. Ma la verità è Dio. E se in tanti modi essa parla agli uomini sia buoni che cattivi – benché non tutti quelli ai quali parla in così diverse maniere possano vedere la sua sostanza e natura – quale uomo può, congetturando o riflettendo, contare in quanti e quali modi questa Verità parli agli angeli: sia ai buoni, i quali godono, contemplandola con singolare carità, del suo ineffabile splendore e bellezza; sia ai cattivi i quali, rovinati dalla loro superbia e condannati all’inferno dalla stessa Verità, possono in qualche modo a noi sconosciuto udire la sua voce, benché non siano degni di vedere il suo volto?
Perciò, dilettissimi fratelli, fedeli di Dio e veri e propri figli della Madre cattolica, nessuno vi inganni con cibi avvelenati, anche se ancora avete bisogno di essere nutriti di latte (cf. 1 Cor 3, 2; Eb 5, 12-14). Camminate ora con perseveranza nella fede della verità (cf. 2 Tess 2, 12), perché a tempo determinato e opportuno possiate arrivare alla visione della stessa verità (Cf. Tt 1, 1-2). Come dice l’Apostolo: Mentre viviamo nel corpo siamo pellegrini lungi dal Signore; camminiamo infatti nella fede e non nella visione(2 Cor 5, 6-7). La fede in Cristo conduce alla visione del Padre. Perciò il Signore dice: Nessuno viene al Padre se non per me (Gv 14, 6-10).
IN BREVE…
Il Signore non si fa sentire alle orecchie del corpo in maniera più forte che nel segreto del pensiero, dove Lui solo ascolta, dove Lui solo è udito. (Serm. 12, 3)
GIOVEDÌ
Uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.
(Mt 23, 10)
Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori.
(Ef 3, 17)
“Noi parliamo, ma è Dio che ammaestra; noi parliamo, ma è Dio che insegna” (Serm. 153, 1). Con grande umiltà Agostino, instancabile predicatore, riconosce la sterilità delle sue parole, a meno che Cristo, che abita nei cuori degli uomini, non si degni di far ascoltare la sua voce nell’intimo dell’uomo. Alla scuola di Cristo si pone lo stesso Agostino: egli sa di dover ammaestrare, ammonire ed aiutare i suoi fedeli; ma sa anche che, mentre esercita tale ministero, lui stesso deve sedere dalla parte dei fedeli, seguendo gli insegnamenti del Maestro interiore. “Entra con me, se puoi, nel santuario di Dio. Forse là, se posso, ti insegnerò; o meglio, impara con me da Colui che mi ammaestra” (Serm. 48, 8).
DAL “COMMENTO ALLA PRIMA LETTERA DI S. GIOVANNI” DI SANT’AGOSTINO, VESCOVO (In 1 Io. Ep. tr. 3, 13)
Sia Cristo a parlare dentro di voi
Il suono delle nostre parole percuote le orecchie, ma il vero maestro sta dentro. Non crediate di poter apprendere qualcosa da un uomo. Noi possiamo esortare con lo strepito della voce ma se dentro non v’è chi insegna, inutile diviene il nostro strepito. Ne volete una prova, o miei fratelli? Ebbene, non è forse vero che tutti avete udito questa mia predica? Quanti saranno quelli che usciranno di qui senza aver nulla appreso? Per quel che mi compete, io ho parlato a tutti; ma coloro dentro i quali non parla quell’unzione, quelli che lo Spirito non istruisce internamente, se ne vanno via senza aver nulla appreso. L’ammaestramento esterno è soltanto un ammonimento, un aiuto. Colui che ammaestra i cuori ha la sua cattedra in cielo. Egli perciò dice nel Vangelo: Non vogliate farvi chiamare maestri sulla terra: uno solo è il vostro maestro: Cristo (Mt 23, 8-9). Sia lui dunque a parlare dentro di voi, perché lì non può esservi alcun maestro umano. Se qualcuno può mettersi al tuo fianco, nessuno può stare nel tuo cuore. Nessuno dunque vi stia; Cristo invece rimanga nel tuo cuore; vi resti la sua unzione, perché il tuo cuore assetato non rimanga solo e manchi delle sorgenti necessarie ad irrigarlo.
È dunque interiore il maestro che veramente istruisce; è Cristo, è la sua ispirazione ad istruire. Quando non vi possiede né la sua ispirazione né la sua unzione, le parole esterne fanno soltanto un inutile strepito. Le parole che noi facciamo risuonare di fuori, o fratelli, sono come un agricoltore rispetto ad un albero. L’agricoltore lavora l’albero dall’esterno: vi porta l’acqua, lo cura con attenzione; ma qualunque sia lo strumento esterno che egli usa, potrà mai dare forma ai frutti dell’albero? È lui che riveste i rami nudi dell’ombra delle foglie? Potrà forse compiere qualcosa di simile nell’interno dell’albero? Chi invece agisce nell’interno? Udite l’Apostolo che si paragona ad un giardiniere e considerate che cosa siamo, onde possiate ascoltare il maestro interiore: Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma Dio procura la crescita. Né colui che pianta né colui che irriga conta qualcosa, ma colui che procura la crescita, Iddio (1 Cor 3, 6-7). Ecco ciò che vi diciamo: noi quando piantiamo ed irrighiamo istruendovi con la nostra parola, non siamo niente; è Dio che procura la crescita, è la sua unzione che di tutto vi istruisce.
IN BREVE…
Rientrate nei vostri cuori, voi che siete lontani da Dio, e aderite a Dio che vi ha creato. Rimanete stabilmente con Lui e sarete salvi; riposate in Lui e avrete pace. Dove volete andare? In cerca di sofferenze? Dove volete andare? Il bene che desiderate viene da Lui. (Confess. 4, 12, 18)
VENERDÌ
Ma Gesù disse: Beati piuttosto coloro
che ascoltano la Parola di Dio e la osservano!.
(Lc 11, 28)
“Al termine della vita (Agostino) si lamenta, recensendo le sue opere, che “dovunque, me presente, vi fosse stato bisogno di parlare al popolo, molto raramente mi fu permesso di tacere e di ascoltare gli altri” (Ritrattazioni, prologo 2). La predicazione costituiva per il vescovo di Ippona una grossa fatica e un continuo tormento: una fatica per lo sforzo fisico che richiedeva – non era raro il caso che dovesse smettere di parlare per la stanchezza o per la completa afonia – e un tormento per l’impossibilità di dedicarsi, come avrebbe voluto, allo studio… (Infatti) per parlare bisogna sapere ascoltare. sarà perciò “un vano predicatore della Parola di Dio all’esterno chi non l’ascolta di dentro” (Serm. 179, 1). Da questo precetto nascono il desiderio insaziabile di studiare le Scritture divine e il carattere eminentemente biblico della sua predicazione. È maestro e si sente discepolo. Vuol nutrire gli altri della stessa mensa di cui si nutre egli stesso. “Da questa cattedra siamo per voi come maestri, ma siamo condiscepoli con voi sotto quell’unico Maestro” (En. in Ps. 126, 3)”. (P. A. Trapè)
DAI “SERMONI”DI SANT’AGOSTINO, VESCOVO (Serm. 179, 1-2)
Riponi la tua gioia nell’ascoltare Dio che ti parla
Il beato apostolo Giacomo si riferisce agli ascoltatori assidui della parola di Dio, dicendo: Ma siate di quelli che mettono in pratica la parola e non ascoltatori soltanto, ingannando voi stessi.(Gc 1, 22). Non ingannate certo colui al quale appartiene la parola, oppure colui che ne è ministro, ma ingannate voi stessi. A motivo dunque di questa affermazione, che sgorga dalla sorgente della verità per la parola veracissima dell’Apostolo, anche noi prendiamo coraggio ad esortarvi e ad esaminare noi stessi, mentre indirizziamo a voi un ammonimento. È indubbiamente senza frutto chi predica all’esterno la parola di Dio e non ascolta nel suo intimo. Non siamo neppure così estranei alla condizione umana ed alla riflessione basata sulla fede da avvertire, noi che predichiamo ai popoli la parola di Dio, i nostri personali pericoli. D’altra parte ci consola il fatto che là, dove siamo in pericolo nell’esercizio dei nostri ministeri, veniamo sostenuti dalle vostre preghiere. Appunto perché sappiate, fratelli, che, rispetto a noi, vi trovate in luogo più sicuro, vi espongo un’altra affermazione dello stesso Apostolo, il quale dice: Ma ognuno di voi sia pronto ad ascoltare, lento però a parlare (Gc 1, 19).
È opportuno che io vi esorti a non essere soltanto ascoltatori della parola, ma di quelli che la mettono in pratica. In conseguenza, poiché vi parliamo spesso, chi non ci giudica, facendo poco conto del fatto che vi siamo obbligati, quando legge: Ma ognuno di voi sia pronto ad ascoltare, lento però a parlare? Ecco, la cura di voi non ci permette di mettere in pratica tale affermazione. Perciò dovete pregare, sostenere chi costringete ad essere nel pericolo. Nondimeno, fratelli miei, vi dirò ciò che voglio crediate, perché non potete vederlo nel mio cuore. Io che parlo frequentemente, per mandato del mio signore e fratello, il vostro vescovo, e perché voi lo domandate, allora sono veramente contento, mentre ascolto, non quando predico. Allora infatti trovo piacere senza timore. Quel godimento non comporta orgoglio. Dove è la roccia della verità autentica, là non si può avere paura del precipizio della vanagloria. E perché sappiate che in realtà è cosí, ascoltate quel che è stato detto: Mi farai sentire gioia e letizia. Allora godo, quando ascolto. Proseguendo ha poi aggiunto: Esulteranno le ossa umiliate (Sal 50, 10). Mentre ascoltiamo, quindi, siamo umili; ma quando predichiamo, se non siamo in pericolo per superbia, per lo meno è certo che ci sentiamo frenati. E se non mi esalto, sono in pericolo in quanto cosciente di non esaltarmi. Quando invece ascolto, godo senza che alcuno m’inganni, mi diletto senza essere notato.
IN BREVE…
Siano le tue Scritture le mie caste delizie: in esse io mi diletto. (Confess. 11, 25)
SABATO
Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli,
questi è per me fratello, sorella e madre.
(Mt 12, 50)
Maria non è resa grande dal dono ricevuto (generare Cristo nella carne), ma dalla fede in Cristo. La Vergine prima ha generato il Figlio di Dio nella fede, nella carne e nel cuore verginale; poi, come forza cogente, lo ha concepito fisicamente. La beatitudine per la Vergine Maria è nell’aver conservato l’integrità della fede, nell’ascolto e nell’obbedienza umile alla Parola di Dio.
La Chiesa guarda a Maria come figura tipologica da imitare nel suo ruolo di madre e vergine: “Maria mise al mondo fisicamente il capo Cristo di questo corpo Chiesa; la Chiesa genera spiritualmente le membra di quel capo” (La verginità consacrata 2, 2). Come madre la Chiesa genera alla fede, nel battesimo, i figli redenti da Cristo, membra del suo corpo mistico; come vergine conserva integra la fede in riferimento a Cristo, suo sposo.
DAI “SERMONI”DI SANT’AGOSTINO, VESCOVO (Serm. 72/A, 7)
Maria custodì la verità nella mente più che la carne di Cristo nel ventre
Ecco, fratelli miei, ponete piuttosto attenzione, ve ne scongiuro, a ciò che dice Cristo Signore stendendo la mano verso i suoi discepoli: Sono questi mia madre e i miei fratelli. E se uno farà la volontà del Padre mio che mi ha inviato, egli è mio fratello, mia sorella e mia madre (Mt 12, 49-50). Non fece forse la volontà del Padre la vergine Maria, la quale per la fede credette, per la fede concepì, fu scelta perché da lei la salvezza nascesse per noi tra gli uomini, e fu creata da Cristo prima che Cristo fosse creato nel suo seno? Santa Maria fece la volontà del Padre e la fece interamente; e perciò vale di più per Maria essere stata discepola di Cristo anziché madre di Cristo; vale di più, è una prerogativa più felice essere stata discepola anziché madre di Cristo. Maria era felice poiché, prima di darlo alla luce, portò nel ventre il Maestro. Vedi se non è come dico. Mentre il Signore passava seguito dalle folle e compiva miracoli propri di Dio, una donna esclamò: Beato il ventre che ti ha portato! (Lc 11, 27). Il Signore però, perché non si cercasse la felicità nella carne, che cosa rispose? Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica (Lc 11, 28). È per questo dunque che anche Maria fu beata, poiché ascoltò la parola di Dio e la mise in pratica. Custodì la verità nella mente più che la carne nel ventre. La verità è Cristo, la carne è Cristo: Cristo verità nella mente di Maria, Cristo carne nel ventre di Maria; vale di più ciò che è nella mente anziché ciò che si porta nel ventre. Santa è Maria, beata è Maria, ma più importante è la Chiesa che non la vergine Maria. Perché? Perché Maria è una parte della Chiesa, un membro santo, eccellente, superiore a tutti gli altri, ma tuttavia un membro di tutto il corpo. Se è un membro di tutto il corpo, senza dubbio più importante d’un membro è il corpo. Il capo è il Signore, e capo e corpo formano il Cristo totale. Che dire? Abbiamo un capo divino, abbiamo Dio per capo.
IN BREVE…
Maria era madre in quanto fece la volontà del Padre. È questo che il Signore volle esaltare in lei: di aver fatto al volontà del Padre, non di aver generato dalla sua carne la carne del Verbo. (In Io. Ev. tr. 10, 3)