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Tra voi, però, non sia così

Tra voi, però, non sia così. Per la ricezione diocesana del cammino sinodale - Lettera pastorale 2025-2026 Arcivescovo Mario Delpini (parte 1)

Autore: Mons. Mario Delpini

I discepoli di Gesù, i cristiani, sono originali. Hanno legami familiari e appartenenze specifiche, come tutti, ma si riconoscono fratelli di ogni persona, tutti in cammino verso il Regno del quale hanno il compito di essere, insieme, «segno e strumento» (LG 1).

Vivono come tutti di rapporti buoni o cattivi, ma sono originali: praticano il perdono e il servizio verso gli altri con gratuità. Soprattutto ritengono ogni altro fratello e sorella portatore di una parola di Dio che merita di essere ascoltata. Si sentono responsabili dell’annuncio del Vangelo, ma non presumono di averlo compreso fino in fondo e scoprono nella differenza dell’altro che incontrano una parola che fa comprendere quel Vangelo più in profondità.

Guardano al presente e al futuro come tutti, con interesse, apprensione, senso di responsabilità, ma sono originali. Riconoscono nel presente e nel futuro che il Regno di Dio viene e sono abitati da una invincibile speranza.

Come tutti si organizzano, cercano di essere efficienti e produttivi nelle loro iniziative, si distribuiscono compiti e responsabilità, ma sono originali. Sono guidati dalla persuasione che l’organizzazione, i ruoli, le iniziative non hanno altro fine che quello di aiutare le persone a incontrare Gesù.

Hanno, come tutti, poteri e compiti, autorità e obbedienze, ma sono originali. Interpretano il potere e l’autorità come servizio e si ricordano della parola di Gesù: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,42-45).

Avvertono, come tutti, il peso delle strutture e le lentezze dell’istituzione, ma sono originali. Amano la Chiesa, sono lieti di essere Chiesa, contemplano con commozione i segni del Regno di Dio che la Chiesa rende evidenti, nella capillare prossimità a tutti, nell’audacia dell’annuncio del Vangelo a tutte le genti, nella preghiera incessante per invocare lo Spirito di Dio, Spirito di pace e di comunione, inesauribile sovrabbondanza di doni e di santità. La Chiesa è lì, nella storia dell’umanità, circondata da sospetti e da ostilità, ferita da persecuzioni, santa e peccatrice, ma sempre disponibile al suo Signore.

La riflessione di questi anni, la celebrazione del Sinodo dei Vescovi negli anni 2023-2024, i percorsi sinodali della Chiesa italiana hanno messo in evidenza che i cristiani sono originali anche nell’esercizio del potere. La “sinodalità” è una delle espressioni della comunione che porta a scelte condivise e autorevoli. La parola è stata ripetuta con tale insistenza in questi anni – almeno tra “gli addetti ai lavori” –, a proposito e a sproposito, come una tesi, come una rivendicazione, come un rimprovero, come un’esperienza promettente che forse è finita per logorarsi e venire a noia. Non ci sono però ragioni evangeliche per rinunciare a questa originalità: i cristiani prendono decisioni cristiane con spirito e metodo sinodale. Perciò sono originali rispetto alla pratica del metodo democratico o di quello monarchico.

Papa Leone XIV ha sottolineato l’importanza della sinodalità nel contesto del cammino ecumenico:

Il Documento Finale del Sinodo ha evidenziato che «il dialogo ecumenico è fondamentale per sviluppare la comprensione della sinodalità e dell’unità della Chiesa» e ha incoraggiato lo sviluppo di «pratiche sinodali ecumeniche, fino a forme di consultazione e discernimento su questioni di interesse condiviso e urgente» (Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione, n. 138). Spero che la preparazione e la commemorazione congiunta del 1700° anniversario del Concilio di Nicea saranno un’occasione provvidenziale «per approfondire e confessare insieme la fede cristologica e per mettere in pratica forme di sinodalità tra i Cristiani di tutte le tradizioni» (ivi, n. 139).

(Leone XIV, Ai partecipanti al simposio “Nicea e la Chiesa del terzo millennio: verso l’unità cattolica-ortodossa”, 7 giugno 2025)

1 – LA DIMENSIONE SINODALE, ESSENZIALE PER LA VITA E LA MISSIONE DELLA CHIESA

L’Assemblea sinodale dei Vescovi ha raccolto molte voci e ha dedicato tempo e sapienza per rendere più comprensibile e mostrare la promessa che è iscritta nella dimensione sinodale della Chiesa.1

In termini semplici e sintetici, si può dire che la sinodalità è un cammino di rinnovamento spirituale e di riforma strutturale per rendere la Chiesa più partecipativa e missionaria, per renderla cioè più capace di camminare con ogni uomo e ogni donna irradiando la luce di Cristo.

(DF 28)

A Pentecoste Maria, gli Apostoli, le discepole e i discepoli che erano con loro furono investiti da uno Spirito di unità, che radicava per sempre nell’unico Signore Gesù Cristo le loro diversità. Non molte missioni, ma un’unica missione. Non introversi e litigiosi, ma estroversi e luminosi. […] La sera della mia elezione, guardando con commozione il popolo di Dio qui raccolto, ho ricordato la parola “sinodalità”, che esprime felicemente il modo in cui lo Spirito modella la Chiesa. […] Carissimi, Dio ha creato il mondo perché noi fossimo insieme. “Sinodalità” è il nome ecclesiale di questa consapevolezza. È la via che domanda a ciascuno di riconoscere il proprio debito e il proprio tesoro, sentendosi parte di un intero, fuori dal quale tutto appassisce, anche il più originale dei carismi. Vedete: tutta la creazione esiste solo nella modalità dell’essere insieme, talvolta pericoloso, ma pur sempre un essere insieme.

(Leone XIV, Omelia per la Veglia di Pentecoste per i movimenti, le associazioni e le nuove comunità, 7 giugno 2025)

 

Quest’anno e gli anni a venire sono il tempo opportuno per conoscere, praticare, verificare la ricezione delle indicazioni emerse da questi anni di consultazioni, discussioni e stesura di documenti. Dobbiamo quindi conoscere e accogliere il Documento finale della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Il documento è intitolato Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione.

Papa Francesco ha deciso la pubblicazione del Documento finale in data 24 novembre 2024 assumendolo come atto di magistero ordinario del magistero petrino. Scrive papa Bergoglio:

Ora il cammino prosegue nelle Chiese locali e nei loro raggruppamenti, facendo tesoro del Documento finale che il 26 ottobre scorso è stato votato e approvato dall’Assemblea in tutte le sue parti. Anch’io l’ho approvato e, firmandolo, ne ho disposto la pubblicazione, unendomi al “noi” dell’Assemblea che, attraverso il Documento finale, si rivolge al santo Popolo fedele di Dio.

Riconoscendo il valore del cammino sinodale compiuto, consegno ora alla Chiesa tutta le indicazioni contenute nel Documento finale, come restituzione di quanto maturato nel corso di questi anni, attraverso l’ascolto e il discernimento, e come autorevole orientamento per la sua vita e la sua missione.2

La proposta pastorale diocesana per l’anno 2025-2026 non può che essere l’avvio di quei processi di discernimento e di decisione che papa Francesco richiede. È tempo ora di portare il Sinodo in casa, come una docilità allo Spirito, come un principio di riforma dell’essere Chiesa per essere missione, come stile, come procedure. È quindi necessario che la riflessione e la pratica dei processi richiesti si ispirino al Documento finale e si dispongano ad accogliere le conclusioni dei cammini sinodali della Chiesa italiana. Per quanto riguarda il Documento finale, in diocesi è stata opportunamente curata una pubblicazione edita da ITL Libri – Centro Ambrosiano dal titolo Il Sinodo e noi, con il testo integrale dello stesso Documento, accompagnato da commenti e approfondimenti pertinenti e significativi. È quindi opportuno fare riferimento a quel testo.

 La diocesi di Milano partecipa con creatività e ricchezza di contributi ai cammini sinodali della Chiesa italiana. Grazie alla delegazione diocesana sono stati raccolti i risultati di ampie, ripetute e diversificate consultazioni; sono state offerte al Comitato sintesi e contributi; siamo stati presenti alle due Assemblee sinodali della Chiesa italiana. Il documento finale di questi cammini dovrebbe essere pubblicato a novembre, dopo la terza Assemblea sinodale. I cammini della Chiesa italiana sono in sintonia profonda con il Documento finale, approvato da papa Francesco, ma avremo cura di raccogliere indicazioni ulteriori quando sarà disponibile il documento della Cei.

In questa proposta pastorale l’intenzione è di recepire le indicazioni del Documento finale mettendo in evidenza quali conversioni richiedono, a quale responsabilità chiamano, quali soggetti sono particolarmente interpellati, quale spiritualità alimentano, quali metodologie raccomandano.

 

PRIMO INTERMEZZO

Stavo per scrivere qualche domanda per favorire il lavoro degli operatori pastorali e di tutti i fedeli. Avrei voluto chiedere: quale attenzione si pone nella nostra comunità alla vita e alle proposte della Chiesa diocesana e della Chiesa universale? Con quali forme si comunica nella nostra comunità? Come il Consiglio pastorale coinvolge e aiuta tutti i fedeli ad avvertire l’importanza, la pertinenza, la grazia di cammini sinodali?

Stavo dunque scrivendo qualche domanda, quando mi sono assopito. Infatti certi lavori sono un po’ noiosi. E nel sonno ho fatto un sogno.

 Dialogo immaginario del Piccolo Principe in viaggio nell’universo

 Si dice che su un asteroide smarrito nel grande universo abitasse il Piccolo Principe: era solo e si godeva i tramonti e le albe. No, non era solo: aveva fatto amicizia con una rosa che era spuntata chi sa come sull’asteroide. Se ne curava e le parlava. Non è facile l’amicizia con una rosa: ha le sue spine e i suoi capricci. Un giorno, dopo un battibecco con la rosa, il Piccolo Principe decise di andare a esplorare altri pianeti in cerca di migliore compagnia.

Il Piccolo Principe arrivò sul pianeta abitato dai gaudenti.

Il Piccolo Principe: «È bella la vita sul vostro pianeta. Si canta, si danza, di mangia, si beve. È sempre festa. Perché fate festa? Non avete mai preoccupazioni? Io infatti sono contento del mio pianeta, ma sono molto preoccupato per la rosa che è diventata mia amica.»

 I gaudenti: «Piccolo Principe impertinente! Su questo pianeta tutto è possibile, tutto è lecito. Una cosa sola è proibita: fare domande.»

Il Piccolo Principe riprese pertanto il suo viaggio nell’immenso universo. Arrivò presto sul pianeta di Ego. Ego abitava solo e perciò non aveva motivo di parlare molto. In sostanza il suo vocabolario era ridotto a una parola: io, io, io.

Il Piccolo Principe: «Buon giorno, signore! Non c’è nessuno su questo pianeta?»

Il signor Ego: «Come nessuno? Ci sono io! Io ho fatto, io ho deciso, io ho nominato il sindaco e il parroco, il maestro e il sacerdote.»

Il Piccolo Principe: «Ma chi sono questi personaggi?»

Il signor Ego: «Io, io, io.»

Il Piccolo Principe: «E chi c’era prima? E chi verrà dopo?»

Il signor Ego: «Io, io, io.»

Il Piccolo Principe: «È piuttosto noioso abitare su  questo pianeta.»

Il Piccolo Principe riprese il suo viaggio nell’immenso universo. Dopo aver viaggiato e viaggiato arrivò sul Pianeta triste.

Il Piccolo Principe: «Signora Mestizia, perché mai sono tutti tri-sti su questo pianeta?»

Signora Mestizia: «Qui sono tutti tristi perché sono tutti intelligenti. Perciò non credono a niente che non sia scientifico. L’unica verità indiscutibile è che tutti sono destinati a morire. Qui sono tutti tristi perché sono tutti realisti: c’è poco da stare allegri se si guarda come sono gli uomini, le donne, i giorni, le notti, gli stati e i cittadini. Qui sono tutti tristi perché sono tutti colti: sanno la storia, sanno le statistiche, sanno le malattie e sanno i progetti dei potenti. Perciò hanno imparato a non fidarsi di nessuno e a non aspettarsi niente.»

Il Piccolo Principe: «E pensare che io ero convinto che l’intelligenza, la cultura, il realismo fossero di aiuto per tenere viva la speranza…»

Il Piccolo Principe si rese conto che nell’universo ci sarebbe voluto qualcuno per seminare speranza, fraternità, sapienza. E tra sé e sé meditava: «Forse toccherebbe a me».

(segue)

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