Tribolazioni
Romani 5, 3-4 8
Autore: Don Adam Kieltyk
Buongiorno a tutte e a tutti!
Oggi vogliamo continuare la nostra lettura dei versetti della lettera ai Romani 5, 1-5. In realtà vogliamo concludere questa sezione, però riprendiamo tutto il testo:
“1Giustificati dunque per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. 2Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. 3E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, 4la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. 5La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”.
Bene, abbiamo parlato, l’ultima volta, del vanto della speranza e abbiamo detto che la nostra speranza è solida, perché è basata sulla gratuità. Forse si riflette poco che la solidità della nostra vita, della nostra speranza, sta nella gratuità; sulla gratuità dell’amore di Dio Paolo insiste tantissimo e anche noi dobbiamo ritrovare questa dimensione per capire quale sia il vero fondamento sul quale possiamo porre la nostra esistenza.
Dunque, l’esperienza cristiana dell’uomo giustificato suppone un evento passato, una ricca situazione presente, pace, grazia, salda speranza e poi l’attesa di un futuro, la gloria di Dio, di cui anche abbiamo parlato, della sua manifestazione.
Ma ecco, qui – possiamo dire quasi improvvisamente, nel presente della situazione, cioè nel momento in cui possiamo già vivere pace, grazie e speranza – irrompe la possibilità della tribolazione. Il cristiano vive nella pace di essere già giustificato, di essere già amato e di continuare ad esserlo e vive nella speranza certa che sarà salvato dall’ira di Dio e, quindi, tutto questo è già accaduto ed è un presente. Tuttavia, possiamo dire, continua anche a sperimentare la tribolazione, il pericolo e l’incompiutezza e, per un certo senso, possiamo dire che le prime cose che abbiamo detto, cioè quelle che Gesù ci ha donato – il dono della salvezza, la pace possibile e la speranza certa che saremo salvati dall’ira di Dio – tutto questo, in realtà, nella nostra esperienza quotidiana viene spesso molto offuscato, se non nascosto direttamente, da quelle esperienze che facciamo di tribolazione, dalle diverse tribolazioni che ciascuno di noi deve vivere ed affrontare quotidianamente e, quindi, possiamo chiederci: come mai queste tribolazioni? Perché noi, che abbiamo già ricevuto tutto, siamo ancora così tanto fragili, a volte fino al punto di dubitare sulla nostra fede, oppure su quello che questa fede ci propone, quindi una vita nuova, una pace possibile, interiore, molto profonda e, quindi, ci chiediamo: da dove viene questo male, da dove vengono queste tribolazioni? Perché per noi loro sembrano proprio essere una smentita della speranza cristiana.
Mi pare che questa idea, in cui le tribolazioni funzionano come una forza contrastante rispetto alla grazia di Gesù che abbiamo ricevuto tutti, nasce e scaturisce quando si insegue ancora una logica meritoria, cioè che associa la dimensione del dolore e della sofferenza a una 1punizione per le colpe personali e, così, queste tribolazioni possono generare dentro di noi un canto di lamento, di lamentele; noi diciamo: Signore, io ti ho dato così tanto, ho cercato di seguirti, ma tu non mi vieni incontro, ma tu non mi aiuti, ma la mia vita, da quando ti ho incontrato, sembra persino ancora più difficile, come mai? Dove è questa gioia e questa felicità che mi hai promesso? E forse anche qui tocchiamo un argomento molto importante, perché noi ci aspettiamo dal Signore una felicità inscritta praticamente in questo orizzonte della vita.
È certo che noi abbiamo bisogno di alcune esperienze, abbiamo bisogno di gioire: il cristianesimo non è un subire delle punizioni in vista di una possibile redenzione, diciamo alla fine dei tempi. Cristianesimo è una gioia, una gioia che nasce dall’incontro con Cristo risorto. Però dobbiamo anche renderci conto che la promessa di Cristo è molto seria e non riguarda semplicemente delle piccole gioie che ciascuno di noi può vivere nell’arco della sua breve esistenza; la vera gioia è quella della vita eterna; è quella partecipazione alla vita di Dio. Quindi, la serietà della nostra vocazione, della nostra vita cristiana, ci fa capire che tutti viviamo ancora in questo mondo e l’amore di Dio non toglie la tribolazione, ma, se si è consapevoli di essere amati da Dio, cambia il modo di leggerla e di viverla.
In questa visione le tribolazioni non sono un castigo, nemmeno un’occasione per rassegnarsi, ma piuttosto un’opportunità in cui mostrare la gratuità della nostra fiducia in Dio: una fiducia totalmente fondata sulla gratuità dell’amore di Dio, tanto che non si lascia scalfire nella sua sicurezza da nessuna avversità.
Ecco, vedete che credo che le sofferenze e le tribolazioni devono davvero purificare il nostro cuore da qualsiasi interesse personale: Dio si ama perché è Dio.
In realtà, quando tu trovi una ragione per cui ami una persona, si rischia spesso di ridurre questa persona ad un interesse. Dire “io ti voglio bene perché tu ci sei”: questo è già, diciamo, la dichiarazione, la più bella dichiarazione dell’amore.
Quindi, anche con il Signore – anzitutto con il Signore – noi siamo guidati dallo Spirito Santo per approdare a questa conclusione, attraverso le vicissitudini della nostra vita, dire: Signore, io ti amo perché Tu ci sei sempre, con me.
Certo che per arrivare a questa gratuità occorre fare un percorso e, quindi, occorre rendersi conto di quello che Dio ha fatto per noi e anche quello che Dio ci ha promesso; quindi, per arrivare alla vera gratuità noi dobbiamo percorrere un cammino a ritroso, un cammino che pian piano ci fa capire quante meraviglie Dio ha operato per noi.
Care sorelle e cari fratelli, cerchiamo dunque, oggi, di riflettere su questa dimensione della nostra vita in cui sperimentiamo le diverse tribolazioni.
Anzitutto, cerchiamo di nominarle, di capire perché sono così presenti nella nostra vita, cosa toccano, quale paura viene attivata da queste tribolazioni.
Poi cerchiamo anche di riconoscere se dentro di noi non nasce una voce ribelle contro il Signore, quando noi diciamo: ecco, io ho fatto tutto quanto per Te e Tu non mi aiuti, Signore”: va anche detto questo, va confessato perché venga la luce anche dentro di noi in questa piccola ribellione – oppure una ribellione abbastanza grande – e chiediamo allo Spirito Santo perché ci aiuti a inserire tutte queste tribolazioni in un quadro più grande e vedere che tutto quanto ci deve anche condurre ad una gratuità sempre più pura, in cui riconosciamo che io voglio bene al Signore, perché Lui è sempre con me, perché Lui è, semplicemente, qui, sempre con noi.
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