Udienza Generale 4 dicembre 1991
Discorso in occasione dell'Udienza Generale del 4 dicembre 1991
Autore: San Giovanni Paolo II
1. Già nell’Antico Testamento si parla di una sorta di sponsalità tra Dio e il suo popolo, cioè Israele. Così leggiamo nella terza parte delle profezie di Isaia: “Poiché il tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome; tuo redentore è il Santo d’Israele, è chiamato Dio di tutta la terra” (Is 54, 5). La nostra catechesi sulla Chiesa come “sacramento dell’unione con Dio” (Mysterium Ecclesiae: Lumen Gentium, 1) ci riporta a quell’antico fatto dell’alleanza di Dio con Israele, il popolo eletto, che è stata la preparazione al mistero fondamentale della Chiesa, prolungamento del mistero stesso dell’Incarnazione. Lo abbiamo visto nelle catechesi precedenti. In quella odierna vogliamo sottolineare che l’alleanza di Dio con Israele è presentata dai profeti come un legame sponsale. Anche questo particolare aspetto del rapporto di Dio col suo popolo ha un valore figurativo e preparatorio del legame sponsale tra Cristo e la Chiesa, nuovo popolo di Dio, nuovo Israele costituito da Cristo con il sacrificio della Croce.
2. Nell’Antico Testamento, oltre al testo di Isaia citato all’inizio, ne troviamo anche altri, specialmente nei libri di Osea, di Geremia, di Ezechiele, in cui l’alleanza di Dio con Israele è interpretata in analogia al patto matrimoniale degli sposi. Sempre in forza di questo paragone, questi profeti scagliano contro il popolo eletto l’accusa di essere come una sposa infedele e adultera. Così Osea: “Accusate vostra madre, accusatela perché essa non è più mia moglie e io non sono più suo marito” (Os 2, 4). Ugualmente Geremia: “Come una donna è infedele al suo amante così voi, casa d’Israele, siete stati infedeli a me” (Ger 3, 20). E ancora, avendo davanti agli occhi l’infedeltà di Israele alla legge dell’alleanza, e specialmente i ripetuti peccati di idolatria, Geremia aggiunge la rampogna: “Tu ti sei disonorata con molti amanti e osi tornare da me? Oracolo del Signore” (Ger 3, 1). Infine Ezechiele: “Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita concedendo i tuoi favori ad ogni passante” (Ez 16, 15; cf. Ez 16, 29. 32).
Tuttavia bisogna dire che le parole dei profeti non contengono un rifiuto assoluto e definitivo della sposa adultera, bensì piuttosto un invito alla conversione e una promessa di riaccettazione della convertita. Così Osea: “Ti farò (nuovamente) mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore” (Os 2, 21-22). Analogamente Isaia: “Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti riprenderò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore” (Is 54, 7-8).
3. Questi annunci dei profeti vanno oltre il confine storico di Israele, e oltre la dimensione etnica e religiosa del popolo che non ha mantenuto l’alleanza. Essi devono essere collocati nella prospettiva di una nuova alleanza, indicata come cosa che avverrà in futuro. Si veda in particolare Geremia: “Io concluderò un’alleanza con la casa d’Israele dopo quei giorni . . . Porrò la mia legge nel loro animo la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo” (Ger 31, 33). Qualcosa di simile annuncia Ezechiele, dopo aver promesso agli esiliati il ritorno in patria: “Darò loro un cuore nuovo e una spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi, e le mettano in pratica; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio” (Ez 11, 19-20).
4. La realizzazione di questa pro messa di nuova alleanza ha il suo inizio in Maria. L’annunciazione è la prima manifestazione di questo inizio. Infatti in quel momento sentiamo la Vergine di Nazaret rispondere con l’obbedienza della fede all’eterno disegno divino della salvezza dell’uomo mediante l’Incarnazione del Verbo: quella incarnazione del Figlio di Dio significa il compimento degli annunzi messianici, e nello stesso tempo l’albeggiare della Chiesa come popolo della Nuova Alleanza. Maria si rende conto della dimensione messianica dell’annuncio che riceve e del sì con cui vi risponde. L’evangelista Luca sembra voler mettere in rilievo questa dimensione, con la particolareggiata descrizione del dialogo tra l’Angelo e la Vergine, e poi con la formulazione del Magnificat.
5. Dal dialogo e dal cantico traspare l’umiltà di Maria, ma anche l’intensità con cui anch’essa ha vissuto nel suo spirito l’attesa dell’attuazione della promessa messianica fatta ad Israele. Le parole dei profeti sull’alleanza sponsale di Dio con il popolo eletto, raccolte e meditate nel suo cuore, in questi momenti decisivi riferiti da Luca, echeggiano nel suo cuore. Lei stessa desiderava di impersonare in sé l’immagine di quella sposa assolutamente fedele e totalmente donata allo Sposo divino, e perciò diventa l’inizio del nuovo Israele, ossia di quel popolo voluto dal Dio dell’alleanza, nel suo cuore sponsale. Maria, che sia nel dialogo sia nel cantico non usa una terminologia improntata all’analogia della sponsalità, fa ben di più: conferma e consolida una consacrazione già in atto, che diventa l’abituale sua condizione di vita. Replica infatti all’Angelo dell’annunciazione: “Non conosco uomo” (Lc 1, 34). Come a dire: Sono vergine donata a Dio, e non intendo lasciare questo Sposo, perché non penso che Dio lo voglia: Lui, così geloso di Israele, così severo con chi lo ha tradito, così insistente nel suo misericordioso richiamo alla riconciliazione!
6. Maria è ben consapevole dell’infedeltà del suo popolo, e vuole essere personalmente una sposa fedele allo Sposo divino sommamente amato. E l’Angelo le annuncia la realizzazione in lei della nuova alleanza di Dio con l’umanità in una dimensione impensata, come maternità verginale per opera dello Spirito Santo. “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo” (Lc 1, 35). La Vergine di Nazaret per opera dello Spirito Santo diventa in modo verginale la madre del Figlio di Dio. Il mistero dell’Incarnazione comprende nel suo ambito questa maternità di Maria, divinamente operata per virtù dello Spirito Santo. Lì è dunque l’inizio della Nuova Alleanza, nella quale Cristo, quale Sposo divino, unisce a sé l’umanità, chiamata a essere la sua Chiesa come popolo universale della Nuova Alleanza.
7. Già in quel momento dell’Incarnazione, Maria come Vergine Madre diventa figura della Chiesa nel suo carattere ad un tempo verginale e materno. “Infatti – spiega il Concilio Vaticano II – nel mistero della Chiesa, la quale è pure giustamente chiamata madre e vergine, la Beata Vergine Maria è andata innanzi, presentandosi in modo eminente e singolare quale vergine e quale madre” (Lumen Gentium, 63). Ben a ragione il messaggero inviato da Dio fino dal primo momento saluta Maria con la parola “Chaire” (= gioisci). In questo saluto risuona l’eco di tante parole profetiche dell’Antico Testamento: “Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso” (Zc 9, 9). “Rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! . . . È il Signore in mezzo a te . . . Non temere, Sion . . . un salvatore potente . . . ti rinnoverà con il suo amore, si rallegrerà per te con grida di gioia” (Sof 3, 14-17). “Non temere, o terra, ma rallegrati e gioisci, poiché cose grandi ha fatto il Signore . . . Figli di Sion, rallegratevi, gioite nel Signore vostro Dio” (Gl 2, 21-23).
Maria e la Chiesa sono dunque il termine realizzativo di queste profezie, sulla soglia del Nuovo Testamento. Anzi si può dire che su questa soglia si trova la Chiesa in Maria, e Maria nella Chiesa e come Chiesa. È una delle meravigliose opere di Dio che sono oggetto della nostra fede.