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“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri” (Gv 13,34)

Autore: Letizia Magri

Siamo nel momento dell’ultima cena. Gesù, a mensa coi suoi discepoli, ha appena lavato loro i piedi. Di lì a qualche ora verrà arrestato, condannato a morte, crocifisso. Quando il tempo si fa breve e si avvicina la meta, si dicono le cose più importanti: si lascia il “testamento”.

Il Vangelo di Giovanni, in questo contesto, non ha il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia. Al suo posto vi è la lavanda dei piedi. Ed è a questa luce che va compreso il comandamento nuovo. Gesù prima fa e poi insegna e per questo la sua parola ha autorevolezza.

Il comandamento di amare il prossimo era già presente nell’Antico Testamento: “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Lev 19:18). Gesù ne mette in luce un aspetto nuovo, la reciprocità: è l’amore vicendevole che crea e contraddistingue la comunità dei discepoli.

Esso ha la sua radice nella stessa vita divina, nella dinamica trinitaria che l’uomo è abilitato a condividere grazie al Figlio. Lo esemplifica Chiara Lubich, dandoci un’immagine che ci può illuminare: «Gesù, quando è venuto sulla terra non è partito dal nulla come è di ciascuno di noi, ma è partito dal Cielo. E, come un emigrante, quando va in un Paese lontano, s’adatta senz’altro al nuovo ambiente, ma vi porta i propri usi e costumi e continua spesso a parlare la propria lingua, così Gesù si è adattato qui sulla terra alla vita d’ogni uomo, ma vi ha portato – perché era Dio – il modo di vivere della Trinità che è amore, amore reciproco».

“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri”.

Qui si entra nel cuore del messaggio di Gesù, che ci riporta alla freschezza delle prime comunità cristiane e che può ancora oggi essere il segno distintivo di tutti i nostri gruppi, associazioni. In un ambiente dove la reciprocità è una realtà viva, si sperimenta il senso della nostra esistenza, si trova la forza per andare avanti nei momenti di dolore e di sofferenza, si è sostenuti nelle inevitabili difficoltà, si assapora la gioia.

Sono tante le sfide con cui ogni giorno ci confrontiamo: la pandemia, la polarizzazione, la povertà, i conflitti: immaginiamo per un istante cosa succederebbe, se riuscissimo a mettere in pratica questa Parola nel quotidiano: ci troveremmo di fronte a nuove prospettive, si aprirebbe davanti ai nostri occhi il progetto dell’umanità, motivo di speranza. Ma chi ci impedisce di risvegliare in noi questa Vita? E ravvivare attorno a noi rapporti di fraternità che si estendano a coprire il mondo?

“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri”.

Marta è una giovane volontaria che assiste i detenuti nel preparare gli esami universitari. “La prima volta che sono entrata in carcere, ho incontrato persone con paure e fragilità. Ho cercato di instaurare un rapporto prima professionale, poi d’amicizia, fondato sul rispetto e sull’ascolto. Presto ho capito che non ero solo io che aiutavo i carcerati, ma erano anche loro a sostenermi. Una volta, mentre aiutavo uno studente per un esame, io ho perso una persona della mia famiglia e lui ha avuto la conferma della condanna in corte d’appello. Eravamo entrambi in condizioni pessime. Durante le lezioni vedevo che lui covava dentro di sé un dolore grande, che è riuscito a confidarmi. Portare insieme il peso di quel dolore, ci ha aiutato ad andare avanti. A esame finito è venuto a ringraziarmi, dicendomi che senza di me non ce l’avrebbe fatta. Se da un lato era finita una vita nella mia famiglia, dall’altro sentivo di averne salvata un’altra. Ho capito che la reciprocità permette di creare relazioni vere, d’amicizia e di rispetto”.

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